La piuttosto insolita tripartizione della forma fisica della presente tesi di dottorato è dovuta all’impostazione decisa dal Collegio docenti del dottorato in Architettura e costruzione – spazio e società. Inoltre va precisato che il tema Housing in Germania fa parte di un tema collettivo ovvero del macrotema Housing in Europa obbligatorio per tutti i dottorandi a partire dal XX ciclo, cioè dall’a.a. 2004-2005. Lo scopo era arrivare a una visione il più possibilmente completa di quanto avviene al progetto di housing nelle varie parti d’Europa nel periodo degli ultimi due decenni del XX secolo, per altro un periodo nel quale il progetto dell’edilizia residenziale pubblica e privata subisce mutamenti notevoli perdendo progressivamente la propria importanza e mutando anche le proprie configurazioni. I tre distinti volumi sono collegati tra loro. Le loro relazioni e la gerarchia interna che si stabilisce tra essi permettono infatti approcci che partono da diversi punti di osservazione. Mentre i volumi I e II costituiscono un’unità o un dialogo, uno testuale e l’altro figurativo, il volume III se ne distacca completamente e volutamente. Esso permette uno spazio di riflessione completamente libera, anche lontana dal tema principale, o come lo auspica il coordinatore del dottorato prof. Benedetto Todaro “un discorso sviluppato dalla costola” o più precisamente un excursus. Affrontare il tema dell’edilizia residenziale collettiva in Germania nel periodo dato, offre possibilità di ricerche e rivelazioni che tutti gli altri paesi europei non possono fornire per il mero fatto che durante tutto il primo decennio in questione esistono tuttora due paesi tedeschi, la Germania dell’ovest o BRD e la Germania dell’est o DDR, due paesi uniti storicamente e linguisticamente ma divisi da sistemi politici diametralmente opposti. Di conseguenza si tratta di due approcci al progetto dell’edilizia residenziale ben diversi. La Germania divisa, anzi le due Germanie negli anni 80 possono essere percepite come la scala intermedia della divisione politica dell’Europa, sottolineata più o meno metaforicamente dalla cortina di ferro. La scala ancora più piccola della divisione è rappresentata dalla stessa città di Berlino, divisa dal muro di Berlino in Berlino-Ovest e Berlino-Est. Quindi la situazione di partenza offre il metodo di indagine scientifica più universale ovvero il metodo del confronto. Emerge che negli anni 80 nella Germania dell’est la famosa Wohnungsfrage, ovvero la questione abitativa, era uno dei problemi politici fondamentali. Le impressionanti quantità di nuovi appartamenti erano possibili grazie alla prefabbricazione pesante, a volte, ma non sempre, a scapito della qualità dei materiali edili impiegati. Invece nello stesso decennio nella Germania dell’ovest si può osservare un vero e proprio cambiamento di paradigma: progressivamente viene abbandonata l’idea del grande quartiere periferico realizzato con metodi costruttivi industrializzati. La scala d’intervento si riduce e anche formalmente si possono osservare tendenze post moderne da una parte ed ecologiche o protosostenibili dall’altra. La caduta del muro di Berlino e la scomparsa della cortina di ferro innescano non soltanto le iniziali euforie anche in ambito architettonico ma soprattutto drastici cambiamenti per quanto riguarda il patrimonio residenziale collettivo della ex-DDR. È impressionante osservare come l’annessione della Germania dell’est alla BRD si ripercuote proprio sulla produzione edilizia che cambia radicalmente da un giorno all’altro. A volte in alcuni casi si potrebbe parlare di una specie di colonizzazione stilistico-architettonica. Di particolare interesse appare però la sistematica e pianificata distruzione parziale o addirittura completa di quartieri edilizi costruiti dalla DDR. La distruzione si avvale anche di un affascinante eufemismo: si tratta del cosiddetto Rückbau ovvero della demolizione che viene percepita positivamente, ovvero come progetto di recupero o di rinnovo del quartiere. Una delle ragioni per la distruzione delle unità abitative – talvolta viene ridotto il numero dei piani in edifici residenziali alti – è il cosiddetto Leerstand, ovvero l’elevato numero di appartamenti vuoti o non affittati. Esso è dovuto in gran parte alle ridotte possibilità lavorative intrinsecamente legate alla transizione politica ed economica, ma talvolta anche alla volontà di alzare il proprio standard abitativo. Contemporaneamente alla distruzione del patrimonio residenziale socialista avviene l’espansione delle aree abitative composte da case singole unifamiliari che progressivamente circondano tutte le grandi città della ex-DDR. Complessivamente negli anni 90 il progetto di housing è dominato dalla reintroduzione di due figure storiche che possono essere definite anti-moderniste, cioè l’isolato chiuso ottocentesco e la casa urbana borghese edificata sul lotto stretto. Nell’ultimo caso si tratta quasi di una suburbanizzazione del centro della città che sfocia non di rado nel finto-storico. Mentre il volume I ripercorre vicende, fatti e interpretazioni del periodo trattato nell’area europea che subisce una transizione notevole, il volume II invece è articolato attraverso i concreti casi studio. Si tratta di interventi di edilizia residenziale sia sovvenzionata, sia finanziata privatamente e tutti vengono analizzati attraverso gli stessi parametri. Il volume II dovrebbe anche rafforzare le tesi espresse nel volume I, cioè dovrebbe fungere da espediente principale dell’argomentazione. Il volume III invece si allontana dal tema principale ma soltanto a prima vista. Esso tratta sostanzialmente non l’architettura fissa e costruita, bensì lo spazio interstiziale utilizzato per la mobilità o spostamento fisico delle persone. L’approccio poco ortodosso in quanto multidisciplinare inizia con la breve analisi di un quartiere residenziale amburghese che si definisce il primo quartiere carfree o autofrei cioè letteralmente libero dalle automobili. Una speciale clausola nel contratto d’affitto o di proprietà garantisce la rinuncia al mezzo di trasporto privato. La tappa successiva invece approfondisce i comportamenti della mobilità Berlinese negli anni 20 attraverso l’analisi dei movimenti del film muto di Walther Ruttmann del 1927, Berlin, die Sinfonie der Groβstadt. Dalla mobilità berlinese si fa un salto alle indagini sulla mobilità contemporanea di Roma eseguite dalla sociologa Angela Cattaneo della Sapienza Università di Roma. Il metodo applicato, definito anche biografico e sviluppato dal sociologo francese Daniel Bertaux, permette di constatare il cambiamento radicale della mobilità a Roma che è avvenuto nell’arco degli ultimi decenni. Infine ci si avvicina alle approfonditissime indagini dell’architetto e urbanista danese dell’Università di Aalborg Petter Næss, il quale è riuscito a dimostrare le complesse relazioni tra la progettazione residenziale e le modalità di spostamenti ovvero travel behaviour. Alla fine si arriva alle conclusioni che sono sotto gli occhi di tutti ma nonostante ciò invisibili. Nata come bene di lusso, ma divenuta in breve tempo oggetto di consumo di massa l’automobile è riuscita in pochi decenni a distruggere sia città, sia vasti paesaggi in maniera del tutto irreversibile. Ed essa continua a farlo quotidianamente.

Housing in Germania 1980-2005. Standardizzazioni e Pluralismi / Dabic, Antonija. - (2011 Dec 14).

Housing in Germania 1980-2005. Standardizzazioni e Pluralismi

DABIC, ANTONIJA
14/12/2011

Abstract

La piuttosto insolita tripartizione della forma fisica della presente tesi di dottorato è dovuta all’impostazione decisa dal Collegio docenti del dottorato in Architettura e costruzione – spazio e società. Inoltre va precisato che il tema Housing in Germania fa parte di un tema collettivo ovvero del macrotema Housing in Europa obbligatorio per tutti i dottorandi a partire dal XX ciclo, cioè dall’a.a. 2004-2005. Lo scopo era arrivare a una visione il più possibilmente completa di quanto avviene al progetto di housing nelle varie parti d’Europa nel periodo degli ultimi due decenni del XX secolo, per altro un periodo nel quale il progetto dell’edilizia residenziale pubblica e privata subisce mutamenti notevoli perdendo progressivamente la propria importanza e mutando anche le proprie configurazioni. I tre distinti volumi sono collegati tra loro. Le loro relazioni e la gerarchia interna che si stabilisce tra essi permettono infatti approcci che partono da diversi punti di osservazione. Mentre i volumi I e II costituiscono un’unità o un dialogo, uno testuale e l’altro figurativo, il volume III se ne distacca completamente e volutamente. Esso permette uno spazio di riflessione completamente libera, anche lontana dal tema principale, o come lo auspica il coordinatore del dottorato prof. Benedetto Todaro “un discorso sviluppato dalla costola” o più precisamente un excursus. Affrontare il tema dell’edilizia residenziale collettiva in Germania nel periodo dato, offre possibilità di ricerche e rivelazioni che tutti gli altri paesi europei non possono fornire per il mero fatto che durante tutto il primo decennio in questione esistono tuttora due paesi tedeschi, la Germania dell’ovest o BRD e la Germania dell’est o DDR, due paesi uniti storicamente e linguisticamente ma divisi da sistemi politici diametralmente opposti. Di conseguenza si tratta di due approcci al progetto dell’edilizia residenziale ben diversi. La Germania divisa, anzi le due Germanie negli anni 80 possono essere percepite come la scala intermedia della divisione politica dell’Europa, sottolineata più o meno metaforicamente dalla cortina di ferro. La scala ancora più piccola della divisione è rappresentata dalla stessa città di Berlino, divisa dal muro di Berlino in Berlino-Ovest e Berlino-Est. Quindi la situazione di partenza offre il metodo di indagine scientifica più universale ovvero il metodo del confronto. Emerge che negli anni 80 nella Germania dell’est la famosa Wohnungsfrage, ovvero la questione abitativa, era uno dei problemi politici fondamentali. Le impressionanti quantità di nuovi appartamenti erano possibili grazie alla prefabbricazione pesante, a volte, ma non sempre, a scapito della qualità dei materiali edili impiegati. Invece nello stesso decennio nella Germania dell’ovest si può osservare un vero e proprio cambiamento di paradigma: progressivamente viene abbandonata l’idea del grande quartiere periferico realizzato con metodi costruttivi industrializzati. La scala d’intervento si riduce e anche formalmente si possono osservare tendenze post moderne da una parte ed ecologiche o protosostenibili dall’altra. La caduta del muro di Berlino e la scomparsa della cortina di ferro innescano non soltanto le iniziali euforie anche in ambito architettonico ma soprattutto drastici cambiamenti per quanto riguarda il patrimonio residenziale collettivo della ex-DDR. È impressionante osservare come l’annessione della Germania dell’est alla BRD si ripercuote proprio sulla produzione edilizia che cambia radicalmente da un giorno all’altro. A volte in alcuni casi si potrebbe parlare di una specie di colonizzazione stilistico-architettonica. Di particolare interesse appare però la sistematica e pianificata distruzione parziale o addirittura completa di quartieri edilizi costruiti dalla DDR. La distruzione si avvale anche di un affascinante eufemismo: si tratta del cosiddetto Rückbau ovvero della demolizione che viene percepita positivamente, ovvero come progetto di recupero o di rinnovo del quartiere. Una delle ragioni per la distruzione delle unità abitative – talvolta viene ridotto il numero dei piani in edifici residenziali alti – è il cosiddetto Leerstand, ovvero l’elevato numero di appartamenti vuoti o non affittati. Esso è dovuto in gran parte alle ridotte possibilità lavorative intrinsecamente legate alla transizione politica ed economica, ma talvolta anche alla volontà di alzare il proprio standard abitativo. Contemporaneamente alla distruzione del patrimonio residenziale socialista avviene l’espansione delle aree abitative composte da case singole unifamiliari che progressivamente circondano tutte le grandi città della ex-DDR. Complessivamente negli anni 90 il progetto di housing è dominato dalla reintroduzione di due figure storiche che possono essere definite anti-moderniste, cioè l’isolato chiuso ottocentesco e la casa urbana borghese edificata sul lotto stretto. Nell’ultimo caso si tratta quasi di una suburbanizzazione del centro della città che sfocia non di rado nel finto-storico. Mentre il volume I ripercorre vicende, fatti e interpretazioni del periodo trattato nell’area europea che subisce una transizione notevole, il volume II invece è articolato attraverso i concreti casi studio. Si tratta di interventi di edilizia residenziale sia sovvenzionata, sia finanziata privatamente e tutti vengono analizzati attraverso gli stessi parametri. Il volume II dovrebbe anche rafforzare le tesi espresse nel volume I, cioè dovrebbe fungere da espediente principale dell’argomentazione. Il volume III invece si allontana dal tema principale ma soltanto a prima vista. Esso tratta sostanzialmente non l’architettura fissa e costruita, bensì lo spazio interstiziale utilizzato per la mobilità o spostamento fisico delle persone. L’approccio poco ortodosso in quanto multidisciplinare inizia con la breve analisi di un quartiere residenziale amburghese che si definisce il primo quartiere carfree o autofrei cioè letteralmente libero dalle automobili. Una speciale clausola nel contratto d’affitto o di proprietà garantisce la rinuncia al mezzo di trasporto privato. La tappa successiva invece approfondisce i comportamenti della mobilità Berlinese negli anni 20 attraverso l’analisi dei movimenti del film muto di Walther Ruttmann del 1927, Berlin, die Sinfonie der Groβstadt. Dalla mobilità berlinese si fa un salto alle indagini sulla mobilità contemporanea di Roma eseguite dalla sociologa Angela Cattaneo della Sapienza Università di Roma. Il metodo applicato, definito anche biografico e sviluppato dal sociologo francese Daniel Bertaux, permette di constatare il cambiamento radicale della mobilità a Roma che è avvenuto nell’arco degli ultimi decenni. Infine ci si avvicina alle approfonditissime indagini dell’architetto e urbanista danese dell’Università di Aalborg Petter Næss, il quale è riuscito a dimostrare le complesse relazioni tra la progettazione residenziale e le modalità di spostamenti ovvero travel behaviour. Alla fine si arriva alle conclusioni che sono sotto gli occhi di tutti ma nonostante ciò invisibili. Nata come bene di lusso, ma divenuta in breve tempo oggetto di consumo di massa l’automobile è riuscita in pochi decenni a distruggere sia città, sia vasti paesaggi in maniera del tutto irreversibile. Ed essa continua a farlo quotidianamente.
14-dic-2011
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Note: volume III Autofreies Wohnen e implicazioni dell'utilizzo dell'automobile nella città contemporanea
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/917683
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