Nota è la contrapposizione tra Silvio d’Amico e Anton Giulio Bragaglia, le loro rispettive concezioni teatrali maturate tra gli anni Venti e Trenta. Ma ben più articolata fu la diatriba su come rinnovare la scena italiana, quali i testi da rappresentare, come rappresentarli, e chi tra attori, drammaturghi e registi dovesse intestarsi la nascita di una nuova teatralità che pareggiasse quella europea. Alla fine degli anni Trenta – dietro la ridondante pubblicità fascista di una Italia vincente e unitaria – molte cose giungevano alla fine senza aver trovato una piena attuazione e una organica diffusione: il tramonto delle avanguardie storiche, di un teatro di regime e di massa caldeggiato dallo stesso Mussolini, il sostanziale fallimento degli sperimentali degli anni Venti. Il crescente disagio dei drammaturghi nati alla fine dell’Ottocento – risucchiati nel cono d’ombra del teatro allora così detto di “cassetta” – era il risultato di una sperimentazione frustrata dall’asfissia di teatri, dalle compagnie di attori di tradizione che non ne sapevano interpretare la cifra stilistica, e da un pubblico che alternava entusiaste accoglienze (come per Piccola città di Thornton Wilder) a totali fiaschi (come quelli riservati alle prime rappresentazioni di Minnie la candida di Massimo Bontempelli o Frana allo scalo nord di Ugo Betti). Quello che vogliamo evidenziare in questo saggio è il legame lungamente disconosciuto tra due generazioni: quella dei drammaturghi che all’inizio degli anni Quaranta vedevano la loro parabola artistica ormai compiuta, e in qualche modo apparentemente già superata, e quella dei giovanissimi che dovranno aspettare gli anni successivi alla guerra per attuare quanto avevano maturato all’ombra di se stessi, del regime, e di una crisi umana e intellettuale espressa in un’attività parossistica, quest’ultima poi rimossa per molto tempo dagli stessi protagonisti e dalla storiografia teatrale.
Il teatro inumano, il teatro civile, il teatro di poesia. Crisi e furore nel dibattito teatrale alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale in Italia / Berlangieri, MARIA GRAZIA. - In: SINESTESIEONLINE. - ISSN 2280-6849. - ELETTRONICO. - Sinestesieonline, Anno 5, n. 15, Aprile 2016(2016).
Il teatro inumano, il teatro civile, il teatro di poesia. Crisi e furore nel dibattito teatrale alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale in Italia
BERLANGIERI, MARIA GRAZIA
2016
Abstract
Nota è la contrapposizione tra Silvio d’Amico e Anton Giulio Bragaglia, le loro rispettive concezioni teatrali maturate tra gli anni Venti e Trenta. Ma ben più articolata fu la diatriba su come rinnovare la scena italiana, quali i testi da rappresentare, come rappresentarli, e chi tra attori, drammaturghi e registi dovesse intestarsi la nascita di una nuova teatralità che pareggiasse quella europea. Alla fine degli anni Trenta – dietro la ridondante pubblicità fascista di una Italia vincente e unitaria – molte cose giungevano alla fine senza aver trovato una piena attuazione e una organica diffusione: il tramonto delle avanguardie storiche, di un teatro di regime e di massa caldeggiato dallo stesso Mussolini, il sostanziale fallimento degli sperimentali degli anni Venti. Il crescente disagio dei drammaturghi nati alla fine dell’Ottocento – risucchiati nel cono d’ombra del teatro allora così detto di “cassetta” – era il risultato di una sperimentazione frustrata dall’asfissia di teatri, dalle compagnie di attori di tradizione che non ne sapevano interpretare la cifra stilistica, e da un pubblico che alternava entusiaste accoglienze (come per Piccola città di Thornton Wilder) a totali fiaschi (come quelli riservati alle prime rappresentazioni di Minnie la candida di Massimo Bontempelli o Frana allo scalo nord di Ugo Betti). Quello che vogliamo evidenziare in questo saggio è il legame lungamente disconosciuto tra due generazioni: quella dei drammaturghi che all’inizio degli anni Quaranta vedevano la loro parabola artistica ormai compiuta, e in qualche modo apparentemente già superata, e quella dei giovanissimi che dovranno aspettare gli anni successivi alla guerra per attuare quanto avevano maturato all’ombra di se stessi, del regime, e di una crisi umana e intellettuale espressa in un’attività parossistica, quest’ultima poi rimossa per molto tempo dagli stessi protagonisti e dalla storiografia teatrale.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Berlangieri_Teatro-inumano_2016 .pdf
accesso aperto
Note: http://sinestesieonline.it/wp-content/uploads/2018/04/aprile2016-25.pdf
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Creative commons
Dimensione
1.28 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.28 MB | Adobe PDF |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.