Lo scopo principale della tesi è quello di analizzare il The Translator's Vade-mecum, raccolta di glossari tecnico-scientifici con testo a fronte inglese-cinese, pubblicati come monografie tra il 1883 e il 1889 e raccolti nel testo edito dal traduttore inglese John Fryer (1839-1929) pubblicato in prima edizione nel 1888 a Shanghai dalla Presbyterian Mission Press. L'obiettivo del lavoro consiste in particolare nel rintracciare i neologismi contenuti all'interno dell'opera, incluse anche alcune versioni successive alla prima, cercando di delineare la diffusione del testo e conseguentemente individuando la sua influenza sul lessico, settoriale ma non solo, del cinese moderno. L'idea che il The Translator's Vade-mecum possa aver influenzato la formazione del lessico tecnico-scientifico del cinese moderno è nata da studi condotti dall'autore della tesi precedentemente e contestualmente al dottorato, con la maggior parte delle ricerche dedicate dal mondo accademico al lavoro di Fryer che hanno invece messo in rilievo solamente il contributo da lui fornito alla creazione di un metodo per la nomenclatura degli elementi chimici tramite la creazione di caratteri. La tesi è strutturata in quattro parti principali, a loro volta divise in varie sezioni e sottosezioni. Nella prima parte del lavoro, nello specifico all'interno del capitolo 1, viene delineato un quadro generale delle fonti primarie disponibili su John Fryer e sulla sua attività traduttiva, in particolare sul The Translator's Vade-mecum, sintetizzando anche lo stato dell'arte della letteratura secondaria prodotta in differenti lingue, in primo luogo cinese, inglese e giapponese. Nel successivo paragrafo 1.1 l'autore mette in evidenza la metodologia di ricerca e il suo approccio complementare e in parte differente rispetto alle ricerche sinora prodotte nel settore, oltre a illustrare le fonti primarie e secondarie raccolte e utilizzate, sottolineando infine le criticità che il lavoro svolto nella tesi ha presentato e le prospettive di ricerca ulteriormente approfondibili. Nel paragrafo 1.2, l'ultimo di tale parte della tesi, viene infine brevemente presentata la vita di Fryer, fornendo tutte le indicazioni necessarie sulla già vasta letteratura primaria e secondaria esistente sull'argomento. Nella seconda parte del lavoro, corrispondente al capitolo 2, è invece studiato a fondo il contesto teorico che ha portato Fryer a stilare il The Translator's Vade-mecum, tramite l'analisi di un testo utilizzato dal traduttore come base per un intervento nel corso della conferenza plenaria dei missionari protestanti in Cina, tenuta a Shanghai nel 1890. Nell'intervento si trovano integrate e perfezionate molte delle teorie sulla traduzione del lessico tecnico-scientifico, ma non solo, del cinese, espresse in differenti circostanze e luoghi dallo stesso Fryer. La parte più consistente del lavoro è la terza, suddivisa a sua volta in numerose sezioni e sottosezioni; nella prima sezione, il capitolo 3 è dedicato alla presentazione del The Translator's Vade-mecum, descrivendone le varie edizioni rintracciate e le principali differenze tra di esse. Nel successivo paragrafo 3.1, viene rintracciata la fase di ideazione e progettazione dell'opera, in particolare tramite riferimenti diretti e indiretti presenti nella letteratura primaria e secondaria. Nella seconda sezione della terza parte, corrispondente al paragrafo 3.2, viene invece analizzato, da un punto di vista filologico e soprattutto lessicologico, ciascuno dei glossari contenuti nel The Translator's Vade-mecum; in particolare, l'autore ha cercato di illustrare il percorso che ha portato alla loro stesura definitiva, confrontando per ogni singolo glossario le scelte traduttive riportate nei manoscritti e nelle versioni finali presenti nell'edizione del 1888 del The Translator's Vade-mecum, oltre che in quelle successive identificate. Nella terza sezione, corrispondente al paragrafo 3.3, vengono quindi presentati per la prima volta in maniera approfondita alcuni manoscritti di glossari, editi per la maggior parte da Fryer, che non sono mai stati pubblicati. Nella terza sezione della terza parte della tesi, corrispondente al paragrafo 3.4, viene invece analizzata complessivamente la bontà delle scelte traduttive di Fryer, suddivise per tipologie, e cercando di mostrare, tramite esempi tratti dai manoscritti dei glossari e dalle loro versioni pubblicate, la propensione costante di Fryer verso alcune di tali scelte. La successiva sezione, il paragrafo 3.5, rappresenta la parte centrale della tesi dell'autore. Nella parte iniziale di tale sezione viene mostrato come Fryer abbia utilizzato in maniera cospicua termini che facessero già parte della nomenclatura tradizionale del cinese, in linea con quanto più volte ribadito sulla coniazione di nuovi termini e adeguatamente illustrato nel corso della tesi. L'autore del lavoro passa successivamente a mostrare invece come molti di quelli che sono considerati neologismi coniati in una fase successiva alla pubblicazione del The Translator's Vade-mecum, siano in realtà attestati per la prima volta esattamente nel testo edito da Fryer. Tali retrodatazioni sono illustrate in due tabelle; la base di tale lavoro è stata la creazione di un database di tutti i termini contenuti all'interno dell'opera di Fryer, toponimi e nomi di persona compresi, per ragioni di spazio non incluso nella tesi, che potrà rivelarsi un contributo prezioso per tutti gli studiosi e quei progetti di ricerca che si occupano della formazione del lessico del cinese moderno. Il lavoro contenuto in tale sezione della terza parte della tesi è strettamente collegato a quella successiva; nel capitolo 3.6 vengono infatti analizzate le opere che hanno utilizzato il The Translator's Vade-mecum. Tramite confronti specifici e numerosi esempi, l'autore illustra tutte quelle opere che è riuscito a rintracciare, pubblicate successivamente alla prima edizione del testo edito da Fryer, che hanno sicuramente utilizzato i termini attestati per la prima volta nella raccolta di glossari, mostrando quindi come l'opera di Fryer abbia influito attivamente sulla formazione del cinese tecnico-scientifico dei primi decenni del ventesimo secolo, lasciando alcune tracce permanenti anche nel lessico contemporaneo del cinese. La quarta e ultima parte del lavoro, corrispondente ai capitoli 4 e 5, è rappresentata invece dalle appendici.

John Fryer, The Translator's Vade-mecum e la formazione del moderno lessico tecnico-scientifico in cinese / Tola, Gabriele. - STAMPA. - (2016 Apr 22).

John Fryer, The Translator's Vade-mecum e la formazione del moderno lessico tecnico-scientifico in cinese

TOLA, GABRIELE
22/04/2016

Abstract

Lo scopo principale della tesi è quello di analizzare il The Translator's Vade-mecum, raccolta di glossari tecnico-scientifici con testo a fronte inglese-cinese, pubblicati come monografie tra il 1883 e il 1889 e raccolti nel testo edito dal traduttore inglese John Fryer (1839-1929) pubblicato in prima edizione nel 1888 a Shanghai dalla Presbyterian Mission Press. L'obiettivo del lavoro consiste in particolare nel rintracciare i neologismi contenuti all'interno dell'opera, incluse anche alcune versioni successive alla prima, cercando di delineare la diffusione del testo e conseguentemente individuando la sua influenza sul lessico, settoriale ma non solo, del cinese moderno. L'idea che il The Translator's Vade-mecum possa aver influenzato la formazione del lessico tecnico-scientifico del cinese moderno è nata da studi condotti dall'autore della tesi precedentemente e contestualmente al dottorato, con la maggior parte delle ricerche dedicate dal mondo accademico al lavoro di Fryer che hanno invece messo in rilievo solamente il contributo da lui fornito alla creazione di un metodo per la nomenclatura degli elementi chimici tramite la creazione di caratteri. La tesi è strutturata in quattro parti principali, a loro volta divise in varie sezioni e sottosezioni. Nella prima parte del lavoro, nello specifico all'interno del capitolo 1, viene delineato un quadro generale delle fonti primarie disponibili su John Fryer e sulla sua attività traduttiva, in particolare sul The Translator's Vade-mecum, sintetizzando anche lo stato dell'arte della letteratura secondaria prodotta in differenti lingue, in primo luogo cinese, inglese e giapponese. Nel successivo paragrafo 1.1 l'autore mette in evidenza la metodologia di ricerca e il suo approccio complementare e in parte differente rispetto alle ricerche sinora prodotte nel settore, oltre a illustrare le fonti primarie e secondarie raccolte e utilizzate, sottolineando infine le criticità che il lavoro svolto nella tesi ha presentato e le prospettive di ricerca ulteriormente approfondibili. Nel paragrafo 1.2, l'ultimo di tale parte della tesi, viene infine brevemente presentata la vita di Fryer, fornendo tutte le indicazioni necessarie sulla già vasta letteratura primaria e secondaria esistente sull'argomento. Nella seconda parte del lavoro, corrispondente al capitolo 2, è invece studiato a fondo il contesto teorico che ha portato Fryer a stilare il The Translator's Vade-mecum, tramite l'analisi di un testo utilizzato dal traduttore come base per un intervento nel corso della conferenza plenaria dei missionari protestanti in Cina, tenuta a Shanghai nel 1890. Nell'intervento si trovano integrate e perfezionate molte delle teorie sulla traduzione del lessico tecnico-scientifico, ma non solo, del cinese, espresse in differenti circostanze e luoghi dallo stesso Fryer. La parte più consistente del lavoro è la terza, suddivisa a sua volta in numerose sezioni e sottosezioni; nella prima sezione, il capitolo 3 è dedicato alla presentazione del The Translator's Vade-mecum, descrivendone le varie edizioni rintracciate e le principali differenze tra di esse. Nel successivo paragrafo 3.1, viene rintracciata la fase di ideazione e progettazione dell'opera, in particolare tramite riferimenti diretti e indiretti presenti nella letteratura primaria e secondaria. Nella seconda sezione della terza parte, corrispondente al paragrafo 3.2, viene invece analizzato, da un punto di vista filologico e soprattutto lessicologico, ciascuno dei glossari contenuti nel The Translator's Vade-mecum; in particolare, l'autore ha cercato di illustrare il percorso che ha portato alla loro stesura definitiva, confrontando per ogni singolo glossario le scelte traduttive riportate nei manoscritti e nelle versioni finali presenti nell'edizione del 1888 del The Translator's Vade-mecum, oltre che in quelle successive identificate. Nella terza sezione, corrispondente al paragrafo 3.3, vengono quindi presentati per la prima volta in maniera approfondita alcuni manoscritti di glossari, editi per la maggior parte da Fryer, che non sono mai stati pubblicati. Nella terza sezione della terza parte della tesi, corrispondente al paragrafo 3.4, viene invece analizzata complessivamente la bontà delle scelte traduttive di Fryer, suddivise per tipologie, e cercando di mostrare, tramite esempi tratti dai manoscritti dei glossari e dalle loro versioni pubblicate, la propensione costante di Fryer verso alcune di tali scelte. La successiva sezione, il paragrafo 3.5, rappresenta la parte centrale della tesi dell'autore. Nella parte iniziale di tale sezione viene mostrato come Fryer abbia utilizzato in maniera cospicua termini che facessero già parte della nomenclatura tradizionale del cinese, in linea con quanto più volte ribadito sulla coniazione di nuovi termini e adeguatamente illustrato nel corso della tesi. L'autore del lavoro passa successivamente a mostrare invece come molti di quelli che sono considerati neologismi coniati in una fase successiva alla pubblicazione del The Translator's Vade-mecum, siano in realtà attestati per la prima volta esattamente nel testo edito da Fryer. Tali retrodatazioni sono illustrate in due tabelle; la base di tale lavoro è stata la creazione di un database di tutti i termini contenuti all'interno dell'opera di Fryer, toponimi e nomi di persona compresi, per ragioni di spazio non incluso nella tesi, che potrà rivelarsi un contributo prezioso per tutti gli studiosi e quei progetti di ricerca che si occupano della formazione del lessico del cinese moderno. Il lavoro contenuto in tale sezione della terza parte della tesi è strettamente collegato a quella successiva; nel capitolo 3.6 vengono infatti analizzate le opere che hanno utilizzato il The Translator's Vade-mecum. Tramite confronti specifici e numerosi esempi, l'autore illustra tutte quelle opere che è riuscito a rintracciare, pubblicate successivamente alla prima edizione del testo edito da Fryer, che hanno sicuramente utilizzato i termini attestati per la prima volta nella raccolta di glossari, mostrando quindi come l'opera di Fryer abbia influito attivamente sulla formazione del cinese tecnico-scientifico dei primi decenni del ventesimo secolo, lasciando alcune tracce permanenti anche nel lessico contemporaneo del cinese. La quarta e ultima parte del lavoro, corrispondente ai capitoli 4 e 5, è rappresentata invece dalle appendici.
22-apr-2016
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