Se la Sarraute ammette nell’opera solo dei «rares cas où la femme joue un rôle de femme» il numero cospicuo di presenze femminili, oltre ad indurre alcune riflessioni, suscita inevitabilmente una qualche interrogazione. A titolo di esempio basti ricordare Tropismes. Sul numero complessivo di ventiquattro tropismi, quattordici sono dedicati a delle “Elles”, in quattro delle “Elles” sono citate e soltanto nei rimanenti sei non ne compare nessuna. Pur essendo all’insegna dell’anonimato Tropismes appare immerso, e non solo da un punto di vista quantitativo, nell’universo femminile di cui regala diversi scorci alternando micro scenette di quotidianità a profili appena tracciati ma comunque riconducibili a categorie ben precise. Si va dalla «femme-ménagère», alla «intellectuelle rapace» , dalla «femme seule et insatisfaite» a colei che lavora a maglia: «[…] “C’est servi, c’est servi”, disait-elle. Elle rassemblait à table la famille, chacun caché dans son antre, solitaire, hargneux, épuisé. “Mais qu’ont-ils donc pour avoir l’air toujours vannés?” disait-elle quand elle parlait à la cuisinière.» «Et elle restait sans bouger sur le bord du lit, occupant le plus petit espace possible, tendue, comme attendant que quelque chose éclate, s’abatte sur elle dans ce silence menaçant.» «Elle connaissait “l’échelle des valeurs”. Pour elle, pas de conversations sur la forme des chapeaux et les tissus de chez Rémond. […] les galeries de tableaux, tous les livres qui paraissaient… Elle connaissait tout cela. Elle avait commencé par “Les Annales”, maintenant elle se glissait vers Gide, bientôt elle irait prendre des notes, l’œil intense et cupide, à “L’Union pour la Vérité”.» «Bien qu’elle se tût toujours et se tînt à l’écart, modestement penchée, comptant tout bas un nouveau point, deux mailles à l’endroit, maintenant trois à l’envers et puis maintenant un rang tout à l’endroit […] ils sentaient […] sa presence.» Pertanto sebbene la Sarraute si adoperi, nell’apparato paratestuale, per rendere il personaggio il più etereo possibile e in particolare giustifichi l’uso spropositato del pronome femminile adducendo motivazioni linguistiche , nell’opera pare però avvenire dell’altro. Il romanzo è, in fondo, una sorta di terra di mezzo dove si scontrano le intenzioni dell’autore e le interpretazioni del lettore: «Mais il faut là […] sans doute donner tort à l’auteur, dont le projet ne peut tout à fait contredire l’impression authentique ressentie par tout lecteur sans prévention. Nous croyons dans les personnages inventés par Nathalie Sarraute […] alors même que l’auteur voudrait nous convaincre qu’il ne s’agit que de simulacres sans épaisseur.» Indipendentemente dalla sua volontà i personaggi paiono, infatti, sfuggire a Nathalie Sarraute, ovvero, come spiega Pierrot, la demistificazione produce un effetto contrario, finisce cioè con il rafforzare lo stereotipo dando credibilità ai personaggi: «Au moment même où elle croit forcer le trait, pour lui donner un caractère nettement outré et caricatural, remplacer les personnages par des fantoches anonymes, par des voix sans consistance, Nathalie Sarraute ne fait, par l’effet bien connu de la stylisation, que renforcer la généralité et la puissance de sa peinture.» I personaggi femminili in particolar modo si presentano come maggiormente soggetti a questo processo rispetto ai loro antagonisti maschili. Per decenni la critica, confortata dall’idea della dissoluzione del personaggio, inteso come entità indifferenziata e plurale, non si è curata dei “personaggi femminili”. Non si è dunque occupata del ruolo che essi ricoprono nell’opera. Con gli anni ’90 e soprattutto con il nuovo secolo qualcosa cambia. L’importanza e ancor prima la presenza dei personaggi femminili diventa innegabile e inizia a suscitare un qualche interesse. Da un certo momento in poi, cioè, la questione incomincia ad affermarsi e a rendere necessario uno studio più approfondito e indipendente. Tuttavia la relativa disamina viene generalmente affrontata sotto una luce di tipo psicoanalitico, oppure da una prospettiva femminista e da un’angolazione peculiare ai gender-studies . Questo lavoro si propone, al contrario, di mostrare i personaggi femminili senza appoggiarsi a griglie interpretative preesistenti. L’intento è quello di porre in rilievo un aspetto poco o male indagato o, semplicemente, esplorato da un punto di vista diverso da quello puramente letterario. Questo studio prende il via dalla consapevolezza che il personaggio inteso in senso tradizionale in Nathalie Sarraute non esiste, ma esiste in un senso nuovo o in dei sensi nuovi. Quella sarrautiana non è esclusivamente un’opera in cui il personaggio, dotato di ipertrofia interiore, finisce per dissolversi, oppure un’opera intimista in cui il soggetto spezzettato lascia libero sfogo a elucubrazioni endofasiche. La Sarraute segue, invece, un duplice movimento: s’installa dentro la coscienza frantumata ma si proietta anche all’esterno, per analizzare come viene vista dal di fuori. Si assiste a un movimento centrifugo, per il quale il personaggio si relaziona con il mondo reale, entra in contatto con l’altro attraverso la «conversation», e a uno centripeto, per il quale tutto ciò che coglie all’esterno viene accolto e metabolizzato interiormente (sfera della «sous-conversation»). Se all’interno avviene lo sgretolamento del personaggio in piena crisi d’identità, all’esterno ciò che rimane è una carcassa vuota, uno stampo nel quale il personaggio è rinchiuso dagli altri. “Il personaggio” così concepito coincide con l’immagine attribuitagli da chi l’osserva. In altri termini l’essere sarrautiano esiste ed è visibile esteriormente in quanto esiste qualcuno che lo vede lo giudica e ne inventa il personaggio. Del processo di stereotipizzazione che ne deriva pare risentire in modo speciale la donna. Malgrado il fenomeno di riduzione che investe il personaggio sarrautiano persiste, dunque, una differenziazione di tipo sessuale. Senza entrare nel merito di interpretazioni e forzature, sembra inoltre innegabile il fascino che le presenze femminili suscitano in chi legge. Gli esempi non sono rari. Si pensi alla nonna di «disent les imbéciles», alla madre di Usage de la Parole e a quelle dei primi romanzi come la “Elle” del Portrait, la zia e la cugina di Martereau, la suocera, Gisèle, Germaine Lemaire ne Le Planétarium. Questi personaggi appaiono maggiormente qualificati e contraddistinti da capricci e atteggiamenti esacerbati che richiamano comportamenti femminili standardizzati. È bene precisare come questa analisi non sia mossa dalla ricerca impervia e disperata di caratteri, ricerca che finirebbe con lo snaturare il progetto sarrautiano, bensì si prefigga l’osservazione di ciò che pare trasparire, più che dall’apparato ipertestuale, dall’opera stessa e cioè l’utilizzo particolare di questi personaggi. Esiste inoltre una difficoltà terminologica presentata dalla Sarraute stessa e di cui occorre tener conto. Il lemma “personaggio” non viene impiegato in senso pertinente nemmeno dalla scrittrice. L’uso del termine in Sarraute è comparabile a una «commodité mensongère» . Ne L’Ère du soupçon, la scrittrice considera il “caractère” come «une étiquette grossière» : «il est réducteur parce qu’il faut qu’il se tienne, qu’il soit vraisemblable» , infatti è presente nel romanzo del passato in quanto figura riconoscibile e facilmente individuabile dall’esterno mentre in Sarraute è piuttosto un «porteur d’états». La concezione sarrautiana sembrerebbe allora avvicinare la scrittrice alle teorie strutturaliste. Philippe Hamon spiega, ad esempio, come la scelta di studiare il personaggio prevalentemente alla luce del modello psicologico abbia generato la confusione tra persona e personaggio e abbia portato a considerare i personaggi come reali. Il personaggio va invece trattato come «signe» , esso è un «support permanent de traits distinctifs et de transformations narratives» . Dello stesso parere è Roland Barthes che ritenendo il personaggio un agente testuale lo definisce non come «être» ma come «participant» all’interno del testo. Anche il personaggio sarrautiano può dirsi privo di spessore psicologico . Pertanto la Sarraute adopera il vocabolo prendendo le distanze dall’uso fattone dall’autore tradizionale. Questo giustifica la scelta delle virgolette nel titolo di questo studio “personaggi” femminili, posto in rilievo per evitare una lettura fuorviante. Tuttavia il titolo pare rappresentativo di questa tesi che non può prescindere dalla questione del personaggio e che volge nello specifico verso quello della “femme”. Il discorso sul femminile s’intreccia inevitabilmente con la questione del genere maschile/femminile che assume grande importanza nell’analisi. Nonostante la Sarraute proceda verso l’abolizione del genere sul piano teorico, la differenza sessuale pare imprescindibile a livello linguistico, come si vedrà nel capitolo secondo, e sembra ritornare prepotentemente nelle relazioni interpersonali descritte nell’opera, prese in esame nel capitolo terzo. Riassumendo e prendendo in prestito la terminologia di Hamon in Le personnel du roman è possibile affermare che in questo studio rientrano almeno tre piani diversi : -un niveau grammatical et lexical: masculin/féminin -un niveau des rôles thématiques: l’homme/la femme/l’amour -un niveau des rôles actantiels: relation entre les personnages Lo studio verte sull’analisi dell’intero corpus romanzesco, anche se la maggiore attenzione prestata ad alcuni romanzi rispetto ad altri risponde a delle scelte funzionali all’argomento. La tesi consta di tre capitoli ciascuno formato da tre paragrafi ad eccezione dell’ultimo che ne contiene quattro. Il primo capitolo è di tipo teorico, opera una contestualizzazione e affronta questioni preliminari inerenti la poetica sarrautiana. Più da vicino il paragrafo iniziale si propone come obiettivo la collocazione di Nathalie Sarraute fuori da un’ottica femminista e affronta problematiche relative a questo aspetto; tenendo conto anche delle considerazioni e delle dichiarazioni della scrittrice in merito. Il secondo paragrafo indaga le ragioni che hanno portato, a torto, alcune femministe, tra cui la Wittig, a designare la Sarraute come precorritrice. Nelle scienze umane l’introduzione del “gender” cerca di articolare la specificità del soggetto maschile come coscienza universale e quello del soggetto femminile come dato socio-culturale. Il soggetto viene messo duramente in discussione dalla femministe con motivazioni politiche e sociali. Al contrario se la Sarraute pensa il soggetto in termini di problematica sessuale la sua interpretazione differisce però dalla corrente femminista dell’epoca. In altri termini l’aspirazione all’indifferenziazione delle soggettività pare avere ragioni meramente letterarie. Il paragrafo intende, infatti, sottolineare la specificità del personaggio femminile sarrautiano allontanandolo da eventuali componenti sociali. L’ultimo paragrafo precisa lo statuto del personaggio in Nathalie Sarraute. Una breve ricognizione linguistica ed etimologica mostra l’origine dell’aspetto illusionistico del personaggio. Il paragrafo muove quindi dalla contestazione della nozione di personaggio in quanto asse portante del romanzo tradizionale. Esso spiega le motivazioni del rifiuto da parte della scrittrice. Segue la presentazione dell’universo nel quale si muovono i “personaggi” sarrautiani. Un universo totalmente innovativo ai margini del monologo interiore. Viene inoltre affrontata l’impossibilità per il personaggio tradizionale di attecchire sul terreno “tropismique” e la conseguente necessità di un personaggio maggiormente risolto nella sua designazione linguistica. Il capitolo secondo si occupa di aspetti linguistico-formali. Anch’esso costituito da tre paragrafi. Quello sarrautiano è un percorso che va dal pronome singolare dei primi romanzi a quello plurale degli ultimi, con il fine di permettere una libera circolazione tra le coscienze facendo sì che “il” e “elle” entrino in un “ils plus large”. Tuttavia permane la massa di “ils” e di “elles”, che si vorrebbe indistinta, ma che presenta comunque delle caratteristiche circoscritte alla categoria d’appartenenza M/F. Il primo paragrafo rivela come l’utilizzo dei pronomi sia conseguente alla riduzione del numero di nomi propri e come sia associato alla questione dell’identità-universalità. La loro diffusione, che diventa eccessiva negli ultimi romanzi, pone di fronte non solo alla questione dell’anonimato ma anche al problema della referenzialità. Frequentemente i pronomi compaiono prima del referente e indicano oggetti e stati d’animo generando indecisione tra referente-animato e referente-inanimato. Nel secondo paragrafo viene allora mostrata la difficoltà d’individuazione del personaggio. Esiste dunque un problema di “lisibilité” che rientra nell’idea sarrautiana dell’indefinito. Qualora il referente indichi qualcosa di non animato il testo trascina il pronome corrispondente per pagine e pagine fino a produrre l’oblio del referente stesso e a originare un gran numero di personalizzazioni. Il terzo paragrafo, operando il passaggio dal pronome al personaggio, rappresenta un’apertura verso il capitolo successivo. Nonostante la Sarraute cerchi di scongiurarne il rischio, secondo Bernard Pingaud, non è sufficiente sostituire il pronome al nome per evitare che il lettore rintracci il personaggio. Il pronome ripetuto è pur sempre qualcuno: «Mais il ne suffit pas de remplacer le père Goriot ou Madame Bovary par “il” ou “elle” pour que leur figure fascinante cesse de fasciner […]. Le pronom lui-même, suffisamment répété, localisé, peut tenir lieu d’identité […]. “Il”, c’est encore quelqu’un, dont les manies, le caractère, les biens sont seulement estompés derrière l’abstraction apparente du pronom. » Sebbene nella dimensione psichica il sesso non intervenga, da un punto di vista grammaticale quella tra maschile e femminile si configura come la prima differenza da affrontare. Il paragrafo esamina inoltre da vicino il processo di adesione al “personaggio-femme”. La donna si compiace dell’immagine che le viene attribuita tanto da coincidere con essa. Il capitolo terzo affronta questioni d’analisi narratologica e tematica. Nello specifico s’incentra sulla stereotipizzazione femminile. Già il titolo “Vita di donne” risulta evocativo in quanto ricalca l’espressione francese «la vie des femmes» usata dalla Sarraute stessa nel Tropisme numero X. Si tratta di un’espressione che riassume le abitudini e gli atteggiamenti più stereotipati. In generale i personaggi femminili appaiono caratterizzati da manie esasperanti, la coesistenza di debolezza e forza non viene mai apertamente denunciata ma rimane peculiarità intrinseca dell’essere donna. Nel primo paragrafo, alla luce dei casi riscontrati nell’opera, la frivolezza e l’attitudine alla chiacchiera vengono analizzate come caratteristiche prettamente rappresentative del genere femminile. Il paragrafo secondo indaga sulle ragioni dei rimandi a soggetti ben definiti. Infatti gli esseri femminili in Nathalie Sarraute paiono risplendere di luce altrui, si appoggiano cioè a personaggi già codificati appartenenti anche ad altre arti. Rimandando così a suggestioni già note lasciano un sapore stucchevole di qualcosa di falso e ripetuto. Il paragrafo terzo tratta della descrizione dei personaggi femminili che, colta in movimento, fatta di dettagli e sfuggente, ricrea un effetto sfumato. Inoltre proprio quando un carattere pare definirsi la scrittrice interviene dando vita a una serie di trasformazioni improvvise. Nel paragrafo vengono seguiti da vicino il caso della “Fille” del Portrait e quello della nonna di «disent les imbéciles». L’ultimo paragrafo approfondisce le dinamiche che governano i rapporti interpersonali. Nello specifico si sofferma sulla relazione uomo/donna e sulla diversa concezione dell’amore. Se quella femminile è una visione letteraria e colorata di luoghi comuni, l’amore visto dagli uomini rivela risvolti cupi e sgradevoli che ricalcano l’idea negativa che hanno del sesso opposto. La trattazione del tema risulta innovativa e insolita. In Nathalie Sarraute, infatti, l’amore è sondato a un livello profondo, percettivo, “tropismique”. «Musicienne de nos silences» , Nathalie Sarraute sperimenta una scrittura dell’amore indiscreta e invadente di tipo telepatico, che permette al lettore di ascoltare le parole pronunciate dai personaggi e allo stesso tempo di vedere cosa si cela dietro di esse. Capta, inoltre, i movimenti psicologici che precedono il pensiero formulato e rivela le esitazioni, gli impulsi e gli atti larvali che si muovono alle porte della coscienza. L’amore serve a cementare la differenza tra maschile e femminile rivelando due mondi tra loro inconciliabili.

Nathalie Sarraute: i "personaggi" femminili. Dal neutro alla differenziazione / Iaquinta, TERESA MANUELA. - (2010).

Nathalie Sarraute: i "personaggi" femminili. Dal neutro alla differenziazione

IAQUINTA, TERESA MANUELA
01/01/2010

Abstract

Se la Sarraute ammette nell’opera solo dei «rares cas où la femme joue un rôle de femme» il numero cospicuo di presenze femminili, oltre ad indurre alcune riflessioni, suscita inevitabilmente una qualche interrogazione. A titolo di esempio basti ricordare Tropismes. Sul numero complessivo di ventiquattro tropismi, quattordici sono dedicati a delle “Elles”, in quattro delle “Elles” sono citate e soltanto nei rimanenti sei non ne compare nessuna. Pur essendo all’insegna dell’anonimato Tropismes appare immerso, e non solo da un punto di vista quantitativo, nell’universo femminile di cui regala diversi scorci alternando micro scenette di quotidianità a profili appena tracciati ma comunque riconducibili a categorie ben precise. Si va dalla «femme-ménagère», alla «intellectuelle rapace» , dalla «femme seule et insatisfaite» a colei che lavora a maglia: «[…] “C’est servi, c’est servi”, disait-elle. Elle rassemblait à table la famille, chacun caché dans son antre, solitaire, hargneux, épuisé. “Mais qu’ont-ils donc pour avoir l’air toujours vannés?” disait-elle quand elle parlait à la cuisinière.» «Et elle restait sans bouger sur le bord du lit, occupant le plus petit espace possible, tendue, comme attendant que quelque chose éclate, s’abatte sur elle dans ce silence menaçant.» «Elle connaissait “l’échelle des valeurs”. Pour elle, pas de conversations sur la forme des chapeaux et les tissus de chez Rémond. […] les galeries de tableaux, tous les livres qui paraissaient… Elle connaissait tout cela. Elle avait commencé par “Les Annales”, maintenant elle se glissait vers Gide, bientôt elle irait prendre des notes, l’œil intense et cupide, à “L’Union pour la Vérité”.» «Bien qu’elle se tût toujours et se tînt à l’écart, modestement penchée, comptant tout bas un nouveau point, deux mailles à l’endroit, maintenant trois à l’envers et puis maintenant un rang tout à l’endroit […] ils sentaient […] sa presence.» Pertanto sebbene la Sarraute si adoperi, nell’apparato paratestuale, per rendere il personaggio il più etereo possibile e in particolare giustifichi l’uso spropositato del pronome femminile adducendo motivazioni linguistiche , nell’opera pare però avvenire dell’altro. Il romanzo è, in fondo, una sorta di terra di mezzo dove si scontrano le intenzioni dell’autore e le interpretazioni del lettore: «Mais il faut là […] sans doute donner tort à l’auteur, dont le projet ne peut tout à fait contredire l’impression authentique ressentie par tout lecteur sans prévention. Nous croyons dans les personnages inventés par Nathalie Sarraute […] alors même que l’auteur voudrait nous convaincre qu’il ne s’agit que de simulacres sans épaisseur.» Indipendentemente dalla sua volontà i personaggi paiono, infatti, sfuggire a Nathalie Sarraute, ovvero, come spiega Pierrot, la demistificazione produce un effetto contrario, finisce cioè con il rafforzare lo stereotipo dando credibilità ai personaggi: «Au moment même où elle croit forcer le trait, pour lui donner un caractère nettement outré et caricatural, remplacer les personnages par des fantoches anonymes, par des voix sans consistance, Nathalie Sarraute ne fait, par l’effet bien connu de la stylisation, que renforcer la généralité et la puissance de sa peinture.» I personaggi femminili in particolar modo si presentano come maggiormente soggetti a questo processo rispetto ai loro antagonisti maschili. Per decenni la critica, confortata dall’idea della dissoluzione del personaggio, inteso come entità indifferenziata e plurale, non si è curata dei “personaggi femminili”. Non si è dunque occupata del ruolo che essi ricoprono nell’opera. Con gli anni ’90 e soprattutto con il nuovo secolo qualcosa cambia. L’importanza e ancor prima la presenza dei personaggi femminili diventa innegabile e inizia a suscitare un qualche interesse. Da un certo momento in poi, cioè, la questione incomincia ad affermarsi e a rendere necessario uno studio più approfondito e indipendente. Tuttavia la relativa disamina viene generalmente affrontata sotto una luce di tipo psicoanalitico, oppure da una prospettiva femminista e da un’angolazione peculiare ai gender-studies . Questo lavoro si propone, al contrario, di mostrare i personaggi femminili senza appoggiarsi a griglie interpretative preesistenti. L’intento è quello di porre in rilievo un aspetto poco o male indagato o, semplicemente, esplorato da un punto di vista diverso da quello puramente letterario. Questo studio prende il via dalla consapevolezza che il personaggio inteso in senso tradizionale in Nathalie Sarraute non esiste, ma esiste in un senso nuovo o in dei sensi nuovi. Quella sarrautiana non è esclusivamente un’opera in cui il personaggio, dotato di ipertrofia interiore, finisce per dissolversi, oppure un’opera intimista in cui il soggetto spezzettato lascia libero sfogo a elucubrazioni endofasiche. La Sarraute segue, invece, un duplice movimento: s’installa dentro la coscienza frantumata ma si proietta anche all’esterno, per analizzare come viene vista dal di fuori. Si assiste a un movimento centrifugo, per il quale il personaggio si relaziona con il mondo reale, entra in contatto con l’altro attraverso la «conversation», e a uno centripeto, per il quale tutto ciò che coglie all’esterno viene accolto e metabolizzato interiormente (sfera della «sous-conversation»). Se all’interno avviene lo sgretolamento del personaggio in piena crisi d’identità, all’esterno ciò che rimane è una carcassa vuota, uno stampo nel quale il personaggio è rinchiuso dagli altri. “Il personaggio” così concepito coincide con l’immagine attribuitagli da chi l’osserva. In altri termini l’essere sarrautiano esiste ed è visibile esteriormente in quanto esiste qualcuno che lo vede lo giudica e ne inventa il personaggio. Del processo di stereotipizzazione che ne deriva pare risentire in modo speciale la donna. Malgrado il fenomeno di riduzione che investe il personaggio sarrautiano persiste, dunque, una differenziazione di tipo sessuale. Senza entrare nel merito di interpretazioni e forzature, sembra inoltre innegabile il fascino che le presenze femminili suscitano in chi legge. Gli esempi non sono rari. Si pensi alla nonna di «disent les imbéciles», alla madre di Usage de la Parole e a quelle dei primi romanzi come la “Elle” del Portrait, la zia e la cugina di Martereau, la suocera, Gisèle, Germaine Lemaire ne Le Planétarium. Questi personaggi appaiono maggiormente qualificati e contraddistinti da capricci e atteggiamenti esacerbati che richiamano comportamenti femminili standardizzati. È bene precisare come questa analisi non sia mossa dalla ricerca impervia e disperata di caratteri, ricerca che finirebbe con lo snaturare il progetto sarrautiano, bensì si prefigga l’osservazione di ciò che pare trasparire, più che dall’apparato ipertestuale, dall’opera stessa e cioè l’utilizzo particolare di questi personaggi. Esiste inoltre una difficoltà terminologica presentata dalla Sarraute stessa e di cui occorre tener conto. Il lemma “personaggio” non viene impiegato in senso pertinente nemmeno dalla scrittrice. L’uso del termine in Sarraute è comparabile a una «commodité mensongère» . Ne L’Ère du soupçon, la scrittrice considera il “caractère” come «une étiquette grossière» : «il est réducteur parce qu’il faut qu’il se tienne, qu’il soit vraisemblable» , infatti è presente nel romanzo del passato in quanto figura riconoscibile e facilmente individuabile dall’esterno mentre in Sarraute è piuttosto un «porteur d’états». La concezione sarrautiana sembrerebbe allora avvicinare la scrittrice alle teorie strutturaliste. Philippe Hamon spiega, ad esempio, come la scelta di studiare il personaggio prevalentemente alla luce del modello psicologico abbia generato la confusione tra persona e personaggio e abbia portato a considerare i personaggi come reali. Il personaggio va invece trattato come «signe» , esso è un «support permanent de traits distinctifs et de transformations narratives» . Dello stesso parere è Roland Barthes che ritenendo il personaggio un agente testuale lo definisce non come «être» ma come «participant» all’interno del testo. Anche il personaggio sarrautiano può dirsi privo di spessore psicologico . Pertanto la Sarraute adopera il vocabolo prendendo le distanze dall’uso fattone dall’autore tradizionale. Questo giustifica la scelta delle virgolette nel titolo di questo studio “personaggi” femminili, posto in rilievo per evitare una lettura fuorviante. Tuttavia il titolo pare rappresentativo di questa tesi che non può prescindere dalla questione del personaggio e che volge nello specifico verso quello della “femme”. Il discorso sul femminile s’intreccia inevitabilmente con la questione del genere maschile/femminile che assume grande importanza nell’analisi. Nonostante la Sarraute proceda verso l’abolizione del genere sul piano teorico, la differenza sessuale pare imprescindibile a livello linguistico, come si vedrà nel capitolo secondo, e sembra ritornare prepotentemente nelle relazioni interpersonali descritte nell’opera, prese in esame nel capitolo terzo. Riassumendo e prendendo in prestito la terminologia di Hamon in Le personnel du roman è possibile affermare che in questo studio rientrano almeno tre piani diversi : -un niveau grammatical et lexical: masculin/féminin -un niveau des rôles thématiques: l’homme/la femme/l’amour -un niveau des rôles actantiels: relation entre les personnages Lo studio verte sull’analisi dell’intero corpus romanzesco, anche se la maggiore attenzione prestata ad alcuni romanzi rispetto ad altri risponde a delle scelte funzionali all’argomento. La tesi consta di tre capitoli ciascuno formato da tre paragrafi ad eccezione dell’ultimo che ne contiene quattro. Il primo capitolo è di tipo teorico, opera una contestualizzazione e affronta questioni preliminari inerenti la poetica sarrautiana. Più da vicino il paragrafo iniziale si propone come obiettivo la collocazione di Nathalie Sarraute fuori da un’ottica femminista e affronta problematiche relative a questo aspetto; tenendo conto anche delle considerazioni e delle dichiarazioni della scrittrice in merito. Il secondo paragrafo indaga le ragioni che hanno portato, a torto, alcune femministe, tra cui la Wittig, a designare la Sarraute come precorritrice. Nelle scienze umane l’introduzione del “gender” cerca di articolare la specificità del soggetto maschile come coscienza universale e quello del soggetto femminile come dato socio-culturale. Il soggetto viene messo duramente in discussione dalla femministe con motivazioni politiche e sociali. Al contrario se la Sarraute pensa il soggetto in termini di problematica sessuale la sua interpretazione differisce però dalla corrente femminista dell’epoca. In altri termini l’aspirazione all’indifferenziazione delle soggettività pare avere ragioni meramente letterarie. Il paragrafo intende, infatti, sottolineare la specificità del personaggio femminile sarrautiano allontanandolo da eventuali componenti sociali. L’ultimo paragrafo precisa lo statuto del personaggio in Nathalie Sarraute. Una breve ricognizione linguistica ed etimologica mostra l’origine dell’aspetto illusionistico del personaggio. Il paragrafo muove quindi dalla contestazione della nozione di personaggio in quanto asse portante del romanzo tradizionale. Esso spiega le motivazioni del rifiuto da parte della scrittrice. Segue la presentazione dell’universo nel quale si muovono i “personaggi” sarrautiani. Un universo totalmente innovativo ai margini del monologo interiore. Viene inoltre affrontata l’impossibilità per il personaggio tradizionale di attecchire sul terreno “tropismique” e la conseguente necessità di un personaggio maggiormente risolto nella sua designazione linguistica. Il capitolo secondo si occupa di aspetti linguistico-formali. Anch’esso costituito da tre paragrafi. Quello sarrautiano è un percorso che va dal pronome singolare dei primi romanzi a quello plurale degli ultimi, con il fine di permettere una libera circolazione tra le coscienze facendo sì che “il” e “elle” entrino in un “ils plus large”. Tuttavia permane la massa di “ils” e di “elles”, che si vorrebbe indistinta, ma che presenta comunque delle caratteristiche circoscritte alla categoria d’appartenenza M/F. Il primo paragrafo rivela come l’utilizzo dei pronomi sia conseguente alla riduzione del numero di nomi propri e come sia associato alla questione dell’identità-universalità. La loro diffusione, che diventa eccessiva negli ultimi romanzi, pone di fronte non solo alla questione dell’anonimato ma anche al problema della referenzialità. Frequentemente i pronomi compaiono prima del referente e indicano oggetti e stati d’animo generando indecisione tra referente-animato e referente-inanimato. Nel secondo paragrafo viene allora mostrata la difficoltà d’individuazione del personaggio. Esiste dunque un problema di “lisibilité” che rientra nell’idea sarrautiana dell’indefinito. Qualora il referente indichi qualcosa di non animato il testo trascina il pronome corrispondente per pagine e pagine fino a produrre l’oblio del referente stesso e a originare un gran numero di personalizzazioni. Il terzo paragrafo, operando il passaggio dal pronome al personaggio, rappresenta un’apertura verso il capitolo successivo. Nonostante la Sarraute cerchi di scongiurarne il rischio, secondo Bernard Pingaud, non è sufficiente sostituire il pronome al nome per evitare che il lettore rintracci il personaggio. Il pronome ripetuto è pur sempre qualcuno: «Mais il ne suffit pas de remplacer le père Goriot ou Madame Bovary par “il” ou “elle” pour que leur figure fascinante cesse de fasciner […]. Le pronom lui-même, suffisamment répété, localisé, peut tenir lieu d’identité […]. “Il”, c’est encore quelqu’un, dont les manies, le caractère, les biens sont seulement estompés derrière l’abstraction apparente du pronom. » Sebbene nella dimensione psichica il sesso non intervenga, da un punto di vista grammaticale quella tra maschile e femminile si configura come la prima differenza da affrontare. Il paragrafo esamina inoltre da vicino il processo di adesione al “personaggio-femme”. La donna si compiace dell’immagine che le viene attribuita tanto da coincidere con essa. Il capitolo terzo affronta questioni d’analisi narratologica e tematica. Nello specifico s’incentra sulla stereotipizzazione femminile. Già il titolo “Vita di donne” risulta evocativo in quanto ricalca l’espressione francese «la vie des femmes» usata dalla Sarraute stessa nel Tropisme numero X. Si tratta di un’espressione che riassume le abitudini e gli atteggiamenti più stereotipati. In generale i personaggi femminili appaiono caratterizzati da manie esasperanti, la coesistenza di debolezza e forza non viene mai apertamente denunciata ma rimane peculiarità intrinseca dell’essere donna. Nel primo paragrafo, alla luce dei casi riscontrati nell’opera, la frivolezza e l’attitudine alla chiacchiera vengono analizzate come caratteristiche prettamente rappresentative del genere femminile. Il paragrafo secondo indaga sulle ragioni dei rimandi a soggetti ben definiti. Infatti gli esseri femminili in Nathalie Sarraute paiono risplendere di luce altrui, si appoggiano cioè a personaggi già codificati appartenenti anche ad altre arti. Rimandando così a suggestioni già note lasciano un sapore stucchevole di qualcosa di falso e ripetuto. Il paragrafo terzo tratta della descrizione dei personaggi femminili che, colta in movimento, fatta di dettagli e sfuggente, ricrea un effetto sfumato. Inoltre proprio quando un carattere pare definirsi la scrittrice interviene dando vita a una serie di trasformazioni improvvise. Nel paragrafo vengono seguiti da vicino il caso della “Fille” del Portrait e quello della nonna di «disent les imbéciles». L’ultimo paragrafo approfondisce le dinamiche che governano i rapporti interpersonali. Nello specifico si sofferma sulla relazione uomo/donna e sulla diversa concezione dell’amore. Se quella femminile è una visione letteraria e colorata di luoghi comuni, l’amore visto dagli uomini rivela risvolti cupi e sgradevoli che ricalcano l’idea negativa che hanno del sesso opposto. La trattazione del tema risulta innovativa e insolita. In Nathalie Sarraute, infatti, l’amore è sondato a un livello profondo, percettivo, “tropismique”. «Musicienne de nos silences» , Nathalie Sarraute sperimenta una scrittura dell’amore indiscreta e invadente di tipo telepatico, che permette al lettore di ascoltare le parole pronunciate dai personaggi e allo stesso tempo di vedere cosa si cela dietro di esse. Capta, inoltre, i movimenti psicologici che precedono il pensiero formulato e rivela le esitazioni, gli impulsi e gli atti larvali che si muovono alle porte della coscienza. L’amore serve a cementare la differenza tra maschile e femminile rivelando due mondi tra loro inconciliabili.
2010
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