La ricerca si è posta l’obiettivo di indagare le fasi di formazione, trasformazione e uso di Piazza Navona e di comprenderne le dinamiche formative rispetto alla preesistenza: dall’abbandono dello Stadio di Domiziano alle grandi trasformazioni di età barocca. La piazza, che conserva memoria, nell’evoluzione topografica, dell’antico impianto romano, è caratterizzata da una ricca e complessa stratificazione, leggibile sia negli allineamenti murari e nelle geometrie degli edifici, sia nelle tracce materiali dissimulate tra le fondazioni: i sotterranei e gli scantinati si sono rivelati un prezioso palinsesto, un ‘archivio di pietra’ cui attingere, soprattutto quando le fonti storiche si rivelano carenti o addirittura inesistenti. Lo studio è stato condotto secondo un duplice approccio: da un alto l’indagine più propriamente filologica e materiale delle strutture, dall’altra l’analisi dei tessuti urbani (supportata dalle suddette analisi e dall’esame delle fonti indirette) e offre diverse letture: quella diacronica, stratigrafica, con una specifica riflessione sulle modalità d’inserimento nell’impianto antico, e quella sincronica, orizzontale, che delinea fasi significative dello sviluppo dell’insieme urbano. Lo Stadio di Domiziano (I d.C.) rimane in uso fino al IV sec. ma risulta conservato, almeno in parte, fino al XV sec. Ciò è probabilmente dovuto a un processo di lunga durata, un progressivo adattamento all’antico impianto, che non ha mai rifiutato del tutto la preesistenza, ma ha operato in continuità, secondo dinamiche diverse in relazione alle varie epoche storiche e ai differenti contesti: opere ad integrazione o tamponamento, piccole modifiche funzionali, operazioni di distruzione-livellamento o piuttosto di consolidamento-rinforzo. Lo stesso Borromini, nella grande opera di riedificazione della chiesa di S. Agnese, tiene conto delle sostruzioni dello Stadio e conserva, restaurandoli, alcuni ambienti della chiesa medievale, luoghi sacralizzati dalla tradizione del martirio della Santa. Ancora più evidente è il caso della chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli, cresciuta mantenendo le proporzioni e il ritmo strutturale imposti dalle strutture più antiche. Lo stadio romano era, probabilmente, un luogo destinato a diverse funzioni, anche commerciali, come accade in contesti analoghi e come testimoniano le recenti scoperte archeologiche che ipotizzano, nel IV sec. la presenza di un’officina di marmoraio tra le grandi aule sotto la cavea; nella fase di abbandono (V-VI sec.) il rinvenimento di sepolture in diversi punti della piazza ne attesta invece l’uso funerario, analogamente a quanto avviene in altre aree intramuranee a Roma. Le nuove funzioni, abitative o di culto (le chiesette sorte nel medioevo in griptis agonis) s’innestano sul monumento dapprima secondo una logica di spontanea occupazione, sfruttando i fornici che meglio si prestavano ad accoglierle, poi gradualmente e parallelamente all’espansione urbana e alla crescita d’importanza dell’area, saturando i vuoti e occupando gli antichi percorsi. Il tessuto medievale è disomogeneo, con edifici semplici rivolti verso le vie esterne, accostati o divisi da stretti passaggi; spesso hanno un orto sul retro, sull’antico campus agonis, che si presenta come uno spazio concluso, libero e non coltivato. Il mutare del toponimo da campus a piazza, nella seconda metà del XV sec., testimonia il grande cambiamento urbanistico e sociale di Piazza Navona; le case volgono il fronte principale verso l’interno, divenuto ormai centro della vita economica e sociale. Si assiste a una maggiore progettualità, sia di ‘mano’ pubblica che privata. Le fonti archivistiche attestano modesti interventi di restauro, chiusura di spazi aperti, eliminazione di parti comuni per ottenere spazi abitativi, maggiore articolazione degli ambienti e, soprattutto, la costruzione di palazzi ottenuti, spesso, dalla ‘rifusione’ di cellule abitative più antiche. Nel secolo successivo la strategia patrimoniale di grandi enti religiosi (S. Giacomo) da un lato, l’ascesa sociale delle grandi famiglie (soprattutto i Pamphili) dall’altro, determinano importanti trasformazioni nel tessuto edilizio, a partire dal versante sud, cambiamenti che caratterizzano ancora oggi l’immagine di Piazza Navona. Lo studio intende fornire un contributo sia in relazione alla tematica specifica, sia, più in generale, alla storia dell’architettura e dell’evoluzione delle tecniche costruttive, con particolare riguardo all’atteggiamento, nelle varie epoche, nei confronti dell’antico. Tali strumenti conoscitivi sono fondamentali per la conservazione: sia per l’interpretazione delle forme di degrado e di dissesto (anche in vista di una conservazione programmata), sia in una più ampia prospettiva di valorizzazione, di fruizione e, soprattutto, di rilettura di questi contesti stratificati, nell’ottica di una sistemazione unitaria, di una visione diacronica, anche con la possibilità di un percorso archeologico museale

Ppiazza Navona. Trasformazione e stratificazione / Buonomo, Barbara. - (2012 Dec 14).

Ppiazza Navona. Trasformazione e stratificazione

BUONOMO, BARBARA
14/12/2012

Abstract

La ricerca si è posta l’obiettivo di indagare le fasi di formazione, trasformazione e uso di Piazza Navona e di comprenderne le dinamiche formative rispetto alla preesistenza: dall’abbandono dello Stadio di Domiziano alle grandi trasformazioni di età barocca. La piazza, che conserva memoria, nell’evoluzione topografica, dell’antico impianto romano, è caratterizzata da una ricca e complessa stratificazione, leggibile sia negli allineamenti murari e nelle geometrie degli edifici, sia nelle tracce materiali dissimulate tra le fondazioni: i sotterranei e gli scantinati si sono rivelati un prezioso palinsesto, un ‘archivio di pietra’ cui attingere, soprattutto quando le fonti storiche si rivelano carenti o addirittura inesistenti. Lo studio è stato condotto secondo un duplice approccio: da un alto l’indagine più propriamente filologica e materiale delle strutture, dall’altra l’analisi dei tessuti urbani (supportata dalle suddette analisi e dall’esame delle fonti indirette) e offre diverse letture: quella diacronica, stratigrafica, con una specifica riflessione sulle modalità d’inserimento nell’impianto antico, e quella sincronica, orizzontale, che delinea fasi significative dello sviluppo dell’insieme urbano. Lo Stadio di Domiziano (I d.C.) rimane in uso fino al IV sec. ma risulta conservato, almeno in parte, fino al XV sec. Ciò è probabilmente dovuto a un processo di lunga durata, un progressivo adattamento all’antico impianto, che non ha mai rifiutato del tutto la preesistenza, ma ha operato in continuità, secondo dinamiche diverse in relazione alle varie epoche storiche e ai differenti contesti: opere ad integrazione o tamponamento, piccole modifiche funzionali, operazioni di distruzione-livellamento o piuttosto di consolidamento-rinforzo. Lo stesso Borromini, nella grande opera di riedificazione della chiesa di S. Agnese, tiene conto delle sostruzioni dello Stadio e conserva, restaurandoli, alcuni ambienti della chiesa medievale, luoghi sacralizzati dalla tradizione del martirio della Santa. Ancora più evidente è il caso della chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli, cresciuta mantenendo le proporzioni e il ritmo strutturale imposti dalle strutture più antiche. Lo stadio romano era, probabilmente, un luogo destinato a diverse funzioni, anche commerciali, come accade in contesti analoghi e come testimoniano le recenti scoperte archeologiche che ipotizzano, nel IV sec. la presenza di un’officina di marmoraio tra le grandi aule sotto la cavea; nella fase di abbandono (V-VI sec.) il rinvenimento di sepolture in diversi punti della piazza ne attesta invece l’uso funerario, analogamente a quanto avviene in altre aree intramuranee a Roma. Le nuove funzioni, abitative o di culto (le chiesette sorte nel medioevo in griptis agonis) s’innestano sul monumento dapprima secondo una logica di spontanea occupazione, sfruttando i fornici che meglio si prestavano ad accoglierle, poi gradualmente e parallelamente all’espansione urbana e alla crescita d’importanza dell’area, saturando i vuoti e occupando gli antichi percorsi. Il tessuto medievale è disomogeneo, con edifici semplici rivolti verso le vie esterne, accostati o divisi da stretti passaggi; spesso hanno un orto sul retro, sull’antico campus agonis, che si presenta come uno spazio concluso, libero e non coltivato. Il mutare del toponimo da campus a piazza, nella seconda metà del XV sec., testimonia il grande cambiamento urbanistico e sociale di Piazza Navona; le case volgono il fronte principale verso l’interno, divenuto ormai centro della vita economica e sociale. Si assiste a una maggiore progettualità, sia di ‘mano’ pubblica che privata. Le fonti archivistiche attestano modesti interventi di restauro, chiusura di spazi aperti, eliminazione di parti comuni per ottenere spazi abitativi, maggiore articolazione degli ambienti e, soprattutto, la costruzione di palazzi ottenuti, spesso, dalla ‘rifusione’ di cellule abitative più antiche. Nel secolo successivo la strategia patrimoniale di grandi enti religiosi (S. Giacomo) da un lato, l’ascesa sociale delle grandi famiglie (soprattutto i Pamphili) dall’altro, determinano importanti trasformazioni nel tessuto edilizio, a partire dal versante sud, cambiamenti che caratterizzano ancora oggi l’immagine di Piazza Navona. Lo studio intende fornire un contributo sia in relazione alla tematica specifica, sia, più in generale, alla storia dell’architettura e dell’evoluzione delle tecniche costruttive, con particolare riguardo all’atteggiamento, nelle varie epoche, nei confronti dell’antico. Tali strumenti conoscitivi sono fondamentali per la conservazione: sia per l’interpretazione delle forme di degrado e di dissesto (anche in vista di una conservazione programmata), sia in una più ampia prospettiva di valorizzazione, di fruizione e, soprattutto, di rilettura di questi contesti stratificati, nell’ottica di una sistemazione unitaria, di una visione diacronica, anche con la possibilità di un percorso archeologico museale
14-dic-2012
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