(258.904) Finanze e tributi. reati tributari, sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, debito tributario recuperato dall’agente della riscossione mediante pignoramento presso terzi, mantenimento della misura cautelare, esclusione, fondamento

In tema di reati tributari e, particolarmente, di evasione fiscale, è principio consolidato in giurisprudenza che, essendo la confisca per equivalente ex art. 322-ter, 2° co. c.p. una misura di tipo sanzionatorio volta ad eliminare l’ingiustificato arricchimento del colpevole conseguente alla commissione del reato, il sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321, 2° co. c.p.p. non abbia ragion d’essere nel caso di un’eventuale restituzione all’Erario del profitto del reato. La pronuncia in esame, conforme a tale principio, offre lo spunto per affrontare il problema della legittimità o meno del suddetto sequestro, qualora il contribuente abbia presentato un “impegno a pagare” il debito tributario secondo rate concordate con l’amministrazione finanziaria. Ciò in considerazione del novello art. 12-bis, 2° comma d.lgs. n. 74/2000 (così come introdotto dal d.lgs. n. 158/2015), ai cui sensi “La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.”. E’ evidente, infatti, che se l’impegno a pagare da parte dell’imputato rende inoperante la confisca, v’è da chiedersi se ciò valga anche nei confronti del sequestro preventivo funzionale alla confisca. Al riguardo, viene richiamata una recentissima sentenza della Suprema Corte che ha riconosciuto efficacia all’impegno assunto dal contribuente nei limiti in cui esso impegno venga poi rispettato.