Civita di Bagnoregio è un piccolo borgo dell’entroterra laziale. Ha una popolazione di soli 6 residenti ed una storia complessa segnata da un tensione dialettica e conflittuale con l’ambiente naturale circostante. Il borgo è infatti situato su una rupe di tufo che si muove e si sgretola. Il progressivo crollo di questa rocca tufacea ed il conseguente abbandono da parte della popolazione nel corso degli ultimi secoli ha accelerato un processo di atrofizzazione sociale che l’ha trasformata in un vero e proprio borgo fantasma. La storia però spesso si contraddice sorprendentemente. Quella fragilità fatta di crolli e smottamenti ha finito con l’isolare Civita dal resto del mondo. L’ha trasformata in un isola che galleggia in maniera surreale all’intero di un mare di calanchi. Ma l’ha anche preservata da stupri urbanistici e colate di cemento. La sua più grande fragilità ha finito col trasformarsi in un’ancora di salvezza. Non solo. L’ineluttabilità della fine ha acceso sguardi curiosi. La città che muore spinge infatti “a compassione e offre persino uno spettacolo – lo spettacolo della morte – a cui si può assistere con sguardo pietoso e caritatevole” (Vulpio 2013). Quest’essere malfermo, scartato della modernità, è diventato nel tempo oggetto di reinvenzione in una prospettiva trans-nazionale che ne sta mutando i caratteri. Civita oggi rivive in funzione di un crescente flusso di turismo globale che vede in questa cittadina un esempio morfologicamente coerente e intatto di borgo medioevale. Sei residenti, circa 3000 visitatori al giorno durante i weekend estivi ed un significativo incremento del mercato di seconde case sono il segno eloquente di una nuova dinamica territoriale.
Civita di Bagnoregio. Un processo di reinvenzione trans-nazionale / Attili, Giovanni. - In: PLANUM. - ISSN 1723-0993. - ELETTRONICO. - (2014), pp. 1515-1521.
Civita di Bagnoregio. Un processo di reinvenzione trans-nazionale
ATTILI, Giovanni
2014
Abstract
Civita di Bagnoregio è un piccolo borgo dell’entroterra laziale. Ha una popolazione di soli 6 residenti ed una storia complessa segnata da un tensione dialettica e conflittuale con l’ambiente naturale circostante. Il borgo è infatti situato su una rupe di tufo che si muove e si sgretola. Il progressivo crollo di questa rocca tufacea ed il conseguente abbandono da parte della popolazione nel corso degli ultimi secoli ha accelerato un processo di atrofizzazione sociale che l’ha trasformata in un vero e proprio borgo fantasma. La storia però spesso si contraddice sorprendentemente. Quella fragilità fatta di crolli e smottamenti ha finito con l’isolare Civita dal resto del mondo. L’ha trasformata in un isola che galleggia in maniera surreale all’intero di un mare di calanchi. Ma l’ha anche preservata da stupri urbanistici e colate di cemento. La sua più grande fragilità ha finito col trasformarsi in un’ancora di salvezza. Non solo. L’ineluttabilità della fine ha acceso sguardi curiosi. La città che muore spinge infatti “a compassione e offre persino uno spettacolo – lo spettacolo della morte – a cui si può assistere con sguardo pietoso e caritatevole” (Vulpio 2013). Quest’essere malfermo, scartato della modernità, è diventato nel tempo oggetto di reinvenzione in una prospettiva trans-nazionale che ne sta mutando i caratteri. Civita oggi rivive in funzione di un crescente flusso di turismo globale che vede in questa cittadina un esempio morfologicamente coerente e intatto di borgo medioevale. Sei residenti, circa 3000 visitatori al giorno durante i weekend estivi ed un significativo incremento del mercato di seconde case sono il segno eloquente di una nuova dinamica territoriale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


