A giudizio della Suprema Corte, in assenza di un interesse specifico del datore di lavoro, l’assunzione come lavoratore dipendente, ad opera della società incorporata, dell’amministratore delegato della società incorporante deve reputarsi funzionale alla strumentalizzazione del requisito di operatività costituito dall’imputazione al conto economico, relativo all’esercizio precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, di un ammontare di spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media dei due esercizi anteriori. Appurato che il test di vitalità, al pari di molte altre disposizioni antielusive specifiche, può essere oggetto di aggiramento, la Corte di Cassazione esclude l’esistenza di ostacoli alla possibilità di scrutinare l’operazione (di fusione, nel caso di specie) nell’ottica dell’indebito vantaggio fiscale e dell’assenza delle valide ragioni economiche. Muovendo da queste basi, la Corte giunge a conclusioni piuttosto discutibili: ed invero, l’operazione di fusione, essendo sorretta da valide ragioni economiche, viene giudicata non elusiva. È ritenuto elusivo, invece, il riporto delle perdite ossia la posizione soggettiva che, parafrasando il comma 8 dell’art. 37 bis del D.P.R. n. 600/1973, viene limitata allo scopo di contrastare comportamenti elusivi.
La bussola delle valide ragioni economiche e l'elusione dell'anti-elusione / Cardella, PIER LUCA. - In: RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO TRIBUTARIO. - ISSN 2280-1332. - STAMPA. - 2(2012), pp. 493-509.
La bussola delle valide ragioni economiche e l'elusione dell'anti-elusione
CARDELLA, PIER LUCA
2012
Abstract
A giudizio della Suprema Corte, in assenza di un interesse specifico del datore di lavoro, l’assunzione come lavoratore dipendente, ad opera della società incorporata, dell’amministratore delegato della società incorporante deve reputarsi funzionale alla strumentalizzazione del requisito di operatività costituito dall’imputazione al conto economico, relativo all’esercizio precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, di un ammontare di spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’art. 2425 c.c., superiore al 40% di quello risultante dalla media dei due esercizi anteriori. Appurato che il test di vitalità, al pari di molte altre disposizioni antielusive specifiche, può essere oggetto di aggiramento, la Corte di Cassazione esclude l’esistenza di ostacoli alla possibilità di scrutinare l’operazione (di fusione, nel caso di specie) nell’ottica dell’indebito vantaggio fiscale e dell’assenza delle valide ragioni economiche. Muovendo da queste basi, la Corte giunge a conclusioni piuttosto discutibili: ed invero, l’operazione di fusione, essendo sorretta da valide ragioni economiche, viene giudicata non elusiva. È ritenuto elusivo, invece, il riporto delle perdite ossia la posizione soggettiva che, parafrasando il comma 8 dell’art. 37 bis del D.P.R. n. 600/1973, viene limitata allo scopo di contrastare comportamenti elusivi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


