L’inquinamento atmosferico non conosce frontiere. I processi di combustione (traffico autoveicolare, produzione di energia, riscaldamento domestico), i processi industriali, le attività vulcaniche e particolari attività microbiche determinano emissioni nell’atmosfera di inquinanti (composti dello zolfo, dell’azoto, metalli pesanti, composti organici volatili, composti organici persistenti) che, anche in seguito a trasformazioni chimiche, vengono trasferiti dall’atmosfera al suolo e alle acque con deposizioni, provocando effetti dannosi sull’ambiente. Le sostanze trasportate in atmosfera fanno sentire i loro effetti negativi sul suolo, sulla vegetazione, sulle acque sia superficiali che sotterranee e sui manufatti, anche a distanze di centinaia e migliaia di chilometri dal punto di emissione, spesso in paesi diversi da quelli in cui sono state prodotte. Se si pensa che all’incirca il 75% dello zolfo, il 70% degli ossidi di azoto e il 10% dell’ammoniaca emessi in Italia viaggiano oltre i confini nazionali, e che invece il 60% dello zolfo, il 30% degli ossidi di azoto e il 10% dell’ammoniaca che si depositano sul nostro territorio provengono da altri paesi, appare evidente come il problema dell’inquinamento atmosferico transfrontaliero non possa essere risolto solo su scala nazionale. La problematica dell’inquinamento transfrontaliero ha cominciato ad assumere peso fin dagli anni ‘60 quando per la prima volta si collegano i danni provocati dal fenomeno dell’acidificazione riscontrati in alcuni laghi scandinavi con le emissioni di ossidi di zolfo provenienti dal continente europeo. Per proteggere l’ambiente e la salute dell’uomo dall’azione transfrontaliera dei vari inquinanti chimici, i paesi membri dell’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe) hanno firmato il 13 novembre 1979 a Ginevra la Convenzione sull’Inquinamento Transfrontaliero a lunga distanza, che ha dato vita ad impegni a livello internazionale di riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici attraverso l’adozione di una serie di Protocolli. In seguito alla Convenzione di Ginevra del 1979, per stabilire le quote di riduzione delle emissioni per ciascun paese è stato messo a punto un approccio basato sulla sensibilità degli elementi recettori alle deposizioni di specie inquinanti: il cosiddetto approccio dei carichi critici su cui si basano i modelli integrati di impatto.
Inquinamento atmosferico transfrontaliero: modello di valutazione integrato / Vinci, Giuliana; D., Restuccia; S. L. M., Eramo. - ELETTRONICO. - 1(2005), pp. 387-392.
Inquinamento atmosferico transfrontaliero: modello di valutazione integrato
VINCI, Giuliana;D. Restuccia;
2005
Abstract
L’inquinamento atmosferico non conosce frontiere. I processi di combustione (traffico autoveicolare, produzione di energia, riscaldamento domestico), i processi industriali, le attività vulcaniche e particolari attività microbiche determinano emissioni nell’atmosfera di inquinanti (composti dello zolfo, dell’azoto, metalli pesanti, composti organici volatili, composti organici persistenti) che, anche in seguito a trasformazioni chimiche, vengono trasferiti dall’atmosfera al suolo e alle acque con deposizioni, provocando effetti dannosi sull’ambiente. Le sostanze trasportate in atmosfera fanno sentire i loro effetti negativi sul suolo, sulla vegetazione, sulle acque sia superficiali che sotterranee e sui manufatti, anche a distanze di centinaia e migliaia di chilometri dal punto di emissione, spesso in paesi diversi da quelli in cui sono state prodotte. Se si pensa che all’incirca il 75% dello zolfo, il 70% degli ossidi di azoto e il 10% dell’ammoniaca emessi in Italia viaggiano oltre i confini nazionali, e che invece il 60% dello zolfo, il 30% degli ossidi di azoto e il 10% dell’ammoniaca che si depositano sul nostro territorio provengono da altri paesi, appare evidente come il problema dell’inquinamento atmosferico transfrontaliero non possa essere risolto solo su scala nazionale. La problematica dell’inquinamento transfrontaliero ha cominciato ad assumere peso fin dagli anni ‘60 quando per la prima volta si collegano i danni provocati dal fenomeno dell’acidificazione riscontrati in alcuni laghi scandinavi con le emissioni di ossidi di zolfo provenienti dal continente europeo. Per proteggere l’ambiente e la salute dell’uomo dall’azione transfrontaliera dei vari inquinanti chimici, i paesi membri dell’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe) hanno firmato il 13 novembre 1979 a Ginevra la Convenzione sull’Inquinamento Transfrontaliero a lunga distanza, che ha dato vita ad impegni a livello internazionale di riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici attraverso l’adozione di una serie di Protocolli. In seguito alla Convenzione di Ginevra del 1979, per stabilire le quote di riduzione delle emissioni per ciascun paese è stato messo a punto un approccio basato sulla sensibilità degli elementi recettori alle deposizioni di specie inquinanti: il cosiddetto approccio dei carichi critici su cui si basano i modelli integrati di impatto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.