Questa pubblicazione muove dal lavoro di ricerca sui possibili esiti territoriali di pratiche artistiche e culturali nelle cosiddette aree interne nata all’interno del DICEA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale) di Sapienza Università di Roma. Dopo una prima fase di mappatura di attività artistiche che lavoravano nei territori in questione e con un intento più o meno esplicito di relazione con essi, abbiamo avviato una serie di conversazioni e approfondimenti con chi, a vario titolo, li portava avanti. Il tentativo era quello di rintracciare, nei racconti che raccoglievamo, alcuni esiti che le pratiche sembravano aver avuto e che potevano essere particolare oggetto di interesse per chi lavora nel nostro ambito disciplinare, quello della pianificazione, e/o per chi scrive politiche e chi le mette in atto. Senza alcuna velleità tassonomica o deterministica, ben consapevoli della difficoltà di rintracciare in maniera univoca le catene causali che hanno collaborato all’avvenire di alcuni fenomeni, e viceversa dell’impossibilità di prevedere le conseguenze esatte di un atto artistico, ci ha mosso il desiderio di contribuire al riconoscimento di quelle che, a nostro parere, sono delle possibilità peculiari che alcune pratiche artistiche vantano. Il libro è la restituzione di una conversazione con la pluralità delle voci convocate, provenienti dalle diverse esperienze che costellano la penisola di questi veri e propri ‘fermenti’. Propone anche alcune riflessioni su come le politiche pubbliche potrebbero – dovrebbero – sostenere tali fermenti, fondamentali per i territori interni italiani. Cosa fare, poi, di un loro riconoscimento è tutto da vedere. Alcuni auspicano l’ingresso di artiste e artisti, curatrici e curatori in quei team di lavoro, fortunatamente sempre più numerosi, che si occupano di territori marginali. Un certo tipo di ‘legittimazione’, inoltre, potrebbe indicare quella finalità pubblica necessaria per sostanziare e strutturare finanziamenti pubblici (e non solo) più solidi, passando per il riconoscimento di tali pratiche tra le modalità di agire con e sui territori. O forse, semplicemente, comprendere le possibilità che aprono le pratiche artistiche permette di mettere maggiormente a fuoco i limiti dell’intervento territoriale per come è tradizionalmente concepito.
In Fermento. Pratiche artistiche e culturali nei territori interni italiani / Olcuire, Serena; Attili, Giovanni. - (2024), pp. 1-190.
In Fermento. Pratiche artistiche e culturali nei territori interni italiani
Serena OlcuirePrimo
;Giovanni AttiliSecondo
2024
Abstract
Questa pubblicazione muove dal lavoro di ricerca sui possibili esiti territoriali di pratiche artistiche e culturali nelle cosiddette aree interne nata all’interno del DICEA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale) di Sapienza Università di Roma. Dopo una prima fase di mappatura di attività artistiche che lavoravano nei territori in questione e con un intento più o meno esplicito di relazione con essi, abbiamo avviato una serie di conversazioni e approfondimenti con chi, a vario titolo, li portava avanti. Il tentativo era quello di rintracciare, nei racconti che raccoglievamo, alcuni esiti che le pratiche sembravano aver avuto e che potevano essere particolare oggetto di interesse per chi lavora nel nostro ambito disciplinare, quello della pianificazione, e/o per chi scrive politiche e chi le mette in atto. Senza alcuna velleità tassonomica o deterministica, ben consapevoli della difficoltà di rintracciare in maniera univoca le catene causali che hanno collaborato all’avvenire di alcuni fenomeni, e viceversa dell’impossibilità di prevedere le conseguenze esatte di un atto artistico, ci ha mosso il desiderio di contribuire al riconoscimento di quelle che, a nostro parere, sono delle possibilità peculiari che alcune pratiche artistiche vantano. Il libro è la restituzione di una conversazione con la pluralità delle voci convocate, provenienti dalle diverse esperienze che costellano la penisola di questi veri e propri ‘fermenti’. Propone anche alcune riflessioni su come le politiche pubbliche potrebbero – dovrebbero – sostenere tali fermenti, fondamentali per i territori interni italiani. Cosa fare, poi, di un loro riconoscimento è tutto da vedere. Alcuni auspicano l’ingresso di artiste e artisti, curatrici e curatori in quei team di lavoro, fortunatamente sempre più numerosi, che si occupano di territori marginali. Un certo tipo di ‘legittimazione’, inoltre, potrebbe indicare quella finalità pubblica necessaria per sostanziare e strutturare finanziamenti pubblici (e non solo) più solidi, passando per il riconoscimento di tali pratiche tra le modalità di agire con e sui territori. O forse, semplicemente, comprendere le possibilità che aprono le pratiche artistiche permette di mettere maggiormente a fuoco i limiti dell’intervento territoriale per come è tradizionalmente concepito.File | Dimensione | Formato | |
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