Nel suo ormai classico testo La rivoluzione urbana, Lefebvre, più recentemente riletto e riattualizzato da Brenner (2014, 2016), ci invitava, già nel 1970, a porre attenzione a quel «campo cieco» (Lefebvre, 1970: 41) in cui si stavano già virtualmente delineando i tratti di una maniera nuova di abitare il tempo e lo spazio, non riducibile a quella opposizione città/campagna con cui eravamo stati abituati ad ordinare universalmente il mondo. L’autore, nel delineare il divenire e l’emergere di questa nuova realtà in formazione a cui lui stesso dava l’appellativo di urbano, ci metteva tuttavia in guardia dall’attribuire a questo sostantivo il significato familiare, incarnato – come direbbe Brenner – esclusivamente «nel nocciolo fondamentale» (Brenner, 2016:141) di quella idea di città delimitata e circoscritta con cui siamo abituati a pensarlo; ma ci suggeriva di utilizzare questo termine per traguardare e cominciare a dare espressione ad un fenomeno nuovo in divenire determinato da un processo di ‘implosione-esplosione’ della città tradizionalmente intesa. Un processo che, come le più recenti letture di Keil ed altri geografi critici (Keil, 2020; Keil e Wu, 2022) ci hanno aiutato a comprendere, ma di cui già lo stesso Lefebvre era molto consapevole, non avrebbe portato ad una semplice omogeneizzazione dei diversi modi di abitare la terra, ma piuttosto ad un «un vasto e variegato terreno di situazioni urbane territorialmente differenziate, morfologicamente variabili, multiscalari e processuali» (Lefebvre, 1970: 142).
Riconfigurazioni dell'urbano. Pratiche inedite di un abitare territoriale / Decandia, Lidia; Attili, Giovanni; Agati, Natalia; Marzo, Alberto; Olcuire, Serena; Satta, Caterina. - In: TRACCE URBANE. - ISSN 2532-6562. - 15:(2024), pp. 7-33.
Riconfigurazioni dell'urbano. Pratiche inedite di un abitare territoriale
Lidia DecandiaPrimo
;Giovanni Attili
Secondo
;Natalia Agati;Alberto Marzo;Serena Olcuire;
2024
Abstract
Nel suo ormai classico testo La rivoluzione urbana, Lefebvre, più recentemente riletto e riattualizzato da Brenner (2014, 2016), ci invitava, già nel 1970, a porre attenzione a quel «campo cieco» (Lefebvre, 1970: 41) in cui si stavano già virtualmente delineando i tratti di una maniera nuova di abitare il tempo e lo spazio, non riducibile a quella opposizione città/campagna con cui eravamo stati abituati ad ordinare universalmente il mondo. L’autore, nel delineare il divenire e l’emergere di questa nuova realtà in formazione a cui lui stesso dava l’appellativo di urbano, ci metteva tuttavia in guardia dall’attribuire a questo sostantivo il significato familiare, incarnato – come direbbe Brenner – esclusivamente «nel nocciolo fondamentale» (Brenner, 2016:141) di quella idea di città delimitata e circoscritta con cui siamo abituati a pensarlo; ma ci suggeriva di utilizzare questo termine per traguardare e cominciare a dare espressione ad un fenomeno nuovo in divenire determinato da un processo di ‘implosione-esplosione’ della città tradizionalmente intesa. Un processo che, come le più recenti letture di Keil ed altri geografi critici (Keil, 2020; Keil e Wu, 2022) ci hanno aiutato a comprendere, ma di cui già lo stesso Lefebvre era molto consapevole, non avrebbe portato ad una semplice omogeneizzazione dei diversi modi di abitare la terra, ma piuttosto ad un «un vasto e variegato terreno di situazioni urbane territorialmente differenziate, morfologicamente variabili, multiscalari e processuali» (Lefebvre, 1970: 142).File | Dimensione | Formato | |
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