I composti Perfluoroalchilici (PFCs) sono una classe di inquinanti emergenti che a causa delle loro caratteristiche di tossicità e persistenza destano numerose preoccupazioni nella comunità pubblica [1]. Tra i PFCs, l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS) e l’acido perfluoroottanoico (PFOA) sono stati i più studiati. Nel 2009, PFOS e i suoi sali sono stati inclusi nella convenzione di Stoccolma sui composti organici persistenti (POPs) a causa della loro rilevanza tossicologica, persistenza e capacità di bioaccumulare [2]. La produzione e l’utilizzo di PFOA, invece, sono stati gradualmente ridotti e nel 2019 PFOA e i suoi sali sono stati aggiunti all’allegato A della convenzione di Stoccolma [3]. In Italia, la determinazione analitica dei PFCs è iniziata nel 2013, a seguito della massiva contaminazione delle acque di falda scoperta nella regione Veneto. Nonostante la natura di queste sostanze non escluda la distribuzione su vasta scala, la determinazione di PFCs è stata finora condotta solo sulle acque superficiali del nord Italia. In questo studio, è stato applicato il metodo US-EPA 533 per la determinazione di 21 PFCs (C4–C14, C16 e C18 per gli acidi perfluoro carbossilici e C4–C10 e C12 per gli acidi perfluoro solfonici) in campioni di acqua di fiume. Nello specifico, questo metodo è stato utilizzato per investigare la presenza di PFCs target in sei diversi fiumi della regione Umbria durante una campagna di monitoraggio annuale. La maggior parte degli analiti determinati è risultata in linea con gli standard di qualità ambientale stabiliti dal decreto legislativo 172/2015; l’unica eccezione è rappresentata da PFOS, che supera gli EQS nel 47% dei campioni analizzati. La somma dei 21 PFCs nelle acque di fiume è compresa tra 2.0 a 68.5 ng L−1; nello specifico le concentrazioni più alte sono state riscontrate nei mesi estivi, a causa del prolungato periodo di siccità che ha contribuito a diminuire drasticamente la portata dei fiumi oggetto di studio. Considerando i singoli congeneri, PFBA e PFPeA, seguiti da PFHxA e PFOA, sono i composti presenti più abbondantemente nelle acque di fiume. I PFCs a catena corta o media (C4–C9) prevalgono sui composti a lunga catena (C10–C18), probabilmente perché attualmente i congeneri a catena corta sono i più utilizzati dall’industria e più solubili in acqua in confronto ai congeneri a catena lunga. L’ecological risk assessment (ERA), condotto utilizzando il metodo del quoziente di rischio, ha evidenziato un rischio basso o trascurabile per l’habitat acquatico associato alla presenza di PFBA, PFPeA, PFBS, PFHxA e PFOA. Solo per PFOA, c’è un rischio medio in tre fiumi oggetto di studio durante i mesi estivi. Per PFOS, invece, il 47% delle acque di fiume analizzate sono classificate a rischio elevato per l’ambiente acquatico; il restante 53% dei campioni è invece classificato a rischio medio. Questo studio ha quindi confermato la massiva diffusione dei PFCs anche in quelle aree dove non sono direttamente presenti fonti di emissione.

Composti Perfluoroalchilici (PFCs) nelle Acque di Fiume della Regione Umbria: Trend Mensili ed Ecological Risk Assessment (ERA) / Castellani, Federica; Galletti, Mara; Charavgis, Fedra; Cingolani, Alessandra; Renzi, Sonia; Nucci, Mirko; Protano, Carmela; Vitali, Matteo. - (2023), pp. 114-114. (Intervento presentato al convegno Science for the Planet tenutosi a Campobasso, Italy).

Composti Perfluoroalchilici (PFCs) nelle Acque di Fiume della Regione Umbria: Trend Mensili ed Ecological Risk Assessment (ERA)

Federica Castellani;Carmela Protano;Matteo Vitali
2023

Abstract

I composti Perfluoroalchilici (PFCs) sono una classe di inquinanti emergenti che a causa delle loro caratteristiche di tossicità e persistenza destano numerose preoccupazioni nella comunità pubblica [1]. Tra i PFCs, l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS) e l’acido perfluoroottanoico (PFOA) sono stati i più studiati. Nel 2009, PFOS e i suoi sali sono stati inclusi nella convenzione di Stoccolma sui composti organici persistenti (POPs) a causa della loro rilevanza tossicologica, persistenza e capacità di bioaccumulare [2]. La produzione e l’utilizzo di PFOA, invece, sono stati gradualmente ridotti e nel 2019 PFOA e i suoi sali sono stati aggiunti all’allegato A della convenzione di Stoccolma [3]. In Italia, la determinazione analitica dei PFCs è iniziata nel 2013, a seguito della massiva contaminazione delle acque di falda scoperta nella regione Veneto. Nonostante la natura di queste sostanze non escluda la distribuzione su vasta scala, la determinazione di PFCs è stata finora condotta solo sulle acque superficiali del nord Italia. In questo studio, è stato applicato il metodo US-EPA 533 per la determinazione di 21 PFCs (C4–C14, C16 e C18 per gli acidi perfluoro carbossilici e C4–C10 e C12 per gli acidi perfluoro solfonici) in campioni di acqua di fiume. Nello specifico, questo metodo è stato utilizzato per investigare la presenza di PFCs target in sei diversi fiumi della regione Umbria durante una campagna di monitoraggio annuale. La maggior parte degli analiti determinati è risultata in linea con gli standard di qualità ambientale stabiliti dal decreto legislativo 172/2015; l’unica eccezione è rappresentata da PFOS, che supera gli EQS nel 47% dei campioni analizzati. La somma dei 21 PFCs nelle acque di fiume è compresa tra 2.0 a 68.5 ng L−1; nello specifico le concentrazioni più alte sono state riscontrate nei mesi estivi, a causa del prolungato periodo di siccità che ha contribuito a diminuire drasticamente la portata dei fiumi oggetto di studio. Considerando i singoli congeneri, PFBA e PFPeA, seguiti da PFHxA e PFOA, sono i composti presenti più abbondantemente nelle acque di fiume. I PFCs a catena corta o media (C4–C9) prevalgono sui composti a lunga catena (C10–C18), probabilmente perché attualmente i congeneri a catena corta sono i più utilizzati dall’industria e più solubili in acqua in confronto ai congeneri a catena lunga. L’ecological risk assessment (ERA), condotto utilizzando il metodo del quoziente di rischio, ha evidenziato un rischio basso o trascurabile per l’habitat acquatico associato alla presenza di PFBA, PFPeA, PFBS, PFHxA e PFOA. Solo per PFOA, c’è un rischio medio in tre fiumi oggetto di studio durante i mesi estivi. Per PFOS, invece, il 47% delle acque di fiume analizzate sono classificate a rischio elevato per l’ambiente acquatico; il restante 53% dei campioni è invece classificato a rischio medio. Questo studio ha quindi confermato la massiva diffusione dei PFCs anche in quelle aree dove non sono direttamente presenti fonti di emissione.
2023
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1704882
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