Il contributo è dedicato a un’opera poco conosciuta ma interessante per vari motivi, il Dialogo d’amore (Venezia, Guerra, 1588, ma composto già nel 1541) del friulano Cornelio Frangipane, incentrato sul tema della lontananza dell’amante: in particolare, ci si chiede se, nel caso di una forzata separazione di qualche tempo fra due amanti, soffra di più l’amante che parte oppure quello che resta. Il dialogo è ambientato presso il salotto veneziano della signora Tullia (che identifico con Tullia d’Aragona). Occasione scatenante del dibattito è la partenza del senese Geri, che è costretto a lasciare Venezia per un certo tempo, allontanandosi dall’amata Tullia (che appare ricambiarlo). Il dialogo consiste essenzialmente in un duello oratorio fra Tullia e Geri: secondo Tullia soffre di più l’amante che resta, mentre secondo Geri quello che parte. Al ragionamento assiste un pubblico di gentiluomini, fra cui anche l’autore stesso. Colpisce in particolare il continuo riscorso dei personaggi a citazioni di versi o di interi componimenti per suffragare la propria posizione. Le citazioni provengono in massima parte dai Rerum vulgarium fragmenta, ma è interessante vedere in che modo il ricorso all’autorità di Petrarca si armonizza con il riferimento ad altre autorità (soprattutto l’Ovidio delle Heroides e Cino da Pistoia, ma anche Virgilio, Tibullo, Properzio, Ariosto). Fra l’altro, vale la pena approfondire come il ricorso a Petrarca e alle altre autorità varia in base alla prospettiva di genere (il punto di vista femminile di Tullia vs. quello maschile di Geri).
L’auctoritas di Petrarca e la lontananza dell’amante: il caso del Dialogo d’amore (1588) di Cornelio Frangipane / Favaro, Maiko. - (2018), pp. 17-34. (Intervento presentato al convegno Interdisciplinarità del petrarchismo. Prospettive di ricerca fra Italia e Germania tenutosi a Berlin).
L’auctoritas di Petrarca e la lontananza dell’amante: il caso del Dialogo d’amore (1588) di Cornelio Frangipane
MAIKO FAVARO
2018
Abstract
Il contributo è dedicato a un’opera poco conosciuta ma interessante per vari motivi, il Dialogo d’amore (Venezia, Guerra, 1588, ma composto già nel 1541) del friulano Cornelio Frangipane, incentrato sul tema della lontananza dell’amante: in particolare, ci si chiede se, nel caso di una forzata separazione di qualche tempo fra due amanti, soffra di più l’amante che parte oppure quello che resta. Il dialogo è ambientato presso il salotto veneziano della signora Tullia (che identifico con Tullia d’Aragona). Occasione scatenante del dibattito è la partenza del senese Geri, che è costretto a lasciare Venezia per un certo tempo, allontanandosi dall’amata Tullia (che appare ricambiarlo). Il dialogo consiste essenzialmente in un duello oratorio fra Tullia e Geri: secondo Tullia soffre di più l’amante che resta, mentre secondo Geri quello che parte. Al ragionamento assiste un pubblico di gentiluomini, fra cui anche l’autore stesso. Colpisce in particolare il continuo riscorso dei personaggi a citazioni di versi o di interi componimenti per suffragare la propria posizione. Le citazioni provengono in massima parte dai Rerum vulgarium fragmenta, ma è interessante vedere in che modo il ricorso all’autorità di Petrarca si armonizza con il riferimento ad altre autorità (soprattutto l’Ovidio delle Heroides e Cino da Pistoia, ma anche Virgilio, Tibullo, Properzio, Ariosto). Fra l’altro, vale la pena approfondire come il ricorso a Petrarca e alle altre autorità varia in base alla prospettiva di genere (il punto di vista femminile di Tullia vs. quello maschile di Geri).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.