Nella mentalità tradizionale romana l’incesto, inteso latamente come unione fra parenti, non necessariamente consanguinei, è considerato, come indica l’etimologia stessa del termine fornita da grammatici e studiosi antichi e tardoantichi, un’inammissibile violazione delle prescrizioni religiose, un nefas la cui perpetrazione comporta uno stravolgimento dell’ordinamento civile e divino. Pruriginose storie di incesto sono infatti tramandate nella storiografia e biografia di epoca imperiale per tratteggiare negativamente figure di despoti e tiranni, ed allusioni a relazioni incestuose, spesso condotte tramite più o meno espliciti paragoni con episodi del mito o con l’attualità storica, ricorrono all’interno del genere letterario che più di tutti è legato alla morale tradizionale e che può essere considerato genuinamente ed imprescindibilmente romano, la satira. Lo scrittore satirico è sempre un conservatore, un vagheggiatore nostalgico del buon tempo antico, e nella visione moraleggiante del satirico romano tutto ciò che costituisce una devianza dalla norma costituita dal mos maiorum è spesso in un modo o nell’altro riconducibile all’influenza negativa esercitata dalla cultura greca e orientale. Nel mio intervento intendo dunque proporre una panoramica di come la tematica dell’incesto sia stata affrontata nella produzione satirica romana, al fine di mostrare come essa, seppure variamente adoperata come stigma infamante in ambito etico-morale, come strumento di invettiva socio-politica o come semplice espediente comico-parodico, ricorra sempre per caratterizzare tutto ciò che, agli occhi del romano tradizionalista, appaia barbaro e inconciliabilmente “altro”.
Athenis dimidium licet, Alexandriae totum. Il motivo dell’incesto nella produzione satirica romana / Farese, Martina. - (2020), pp. 77-85. (Intervento presentato al convegno Giornata di Studi "I figli di Eolo. Il motivo mitico e letterario dell'incesto nel passaggio tra culture e epoche diverse" tenutosi a L'Aquila).
Athenis dimidium licet, Alexandriae totum. Il motivo dell’incesto nella produzione satirica romana
Martina Farese
2020
Abstract
Nella mentalità tradizionale romana l’incesto, inteso latamente come unione fra parenti, non necessariamente consanguinei, è considerato, come indica l’etimologia stessa del termine fornita da grammatici e studiosi antichi e tardoantichi, un’inammissibile violazione delle prescrizioni religiose, un nefas la cui perpetrazione comporta uno stravolgimento dell’ordinamento civile e divino. Pruriginose storie di incesto sono infatti tramandate nella storiografia e biografia di epoca imperiale per tratteggiare negativamente figure di despoti e tiranni, ed allusioni a relazioni incestuose, spesso condotte tramite più o meno espliciti paragoni con episodi del mito o con l’attualità storica, ricorrono all’interno del genere letterario che più di tutti è legato alla morale tradizionale e che può essere considerato genuinamente ed imprescindibilmente romano, la satira. Lo scrittore satirico è sempre un conservatore, un vagheggiatore nostalgico del buon tempo antico, e nella visione moraleggiante del satirico romano tutto ciò che costituisce una devianza dalla norma costituita dal mos maiorum è spesso in un modo o nell’altro riconducibile all’influenza negativa esercitata dalla cultura greca e orientale. Nel mio intervento intendo dunque proporre una panoramica di come la tematica dell’incesto sia stata affrontata nella produzione satirica romana, al fine di mostrare come essa, seppure variamente adoperata come stigma infamante in ambito etico-morale, come strumento di invettiva socio-politica o come semplice espediente comico-parodico, ricorra sempre per caratterizzare tutto ciò che, agli occhi del romano tradizionalista, appaia barbaro e inconciliabilmente “altro”.| File | Dimensione | Formato | |
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