La presente indagine si propone di ricostruire e di inquadrare analiticamente, in prospettiva comparata, l’evoluzione del ruolo di alcuni Parlamenti nell’esercizio di quello che nella letteratura scientifica è comunemente definito «treaty-making power»: il potere di concludere i trattati, il quale, nella scienza costituzionalistica, è riferito al complesso delle attribuzioni rilevanti per la formazione della volontà statuale di vincolarsi al rispetto di obblighi pattizi, oggetto di riparto tra i supremi organi costituzionali. Volendo ripercorrere, attraverso il prisma del diritto costituzionale, le origini e lo sviluppo dell’intervento parlamentare nella formazione dei trattati internazionali, la ricerca si focalizza prevalentemente sulle esperienze di cinque grandi ordinamenti costituzionali appartenenti alla tradizione giuridica occidentale, e che maggiormente hanno contribuito a modellare i paradigmi fondamentali dello Stato di democrazia pluralista: quelli di Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Stati Uniti d’America. Il confronto tra i diversi sistemi costituzionali di organizzazione del treaty-making power delineatesi in ciascuno di essi è rivolto all’individuazione e alla disamina dei numerosi e variegati meccanismi istituzionali mediante i quali, secondo una progressione non sempre lineare ma in ultima analisi persistente, si è realizzato – dietro la spinta dell’affermazione del principio della separazione dei poteri e del principio democratico-rappresentativo – l’avanzamento del ruolo delle istituzioni parlamentari. Considerato che il treaty-making power rappresenta una delle manifestazioni più tipiche e qualificanti di quello che viene generalmente denominato «potere estero», l’indagine intende apportare un contributo specifico alla riflessione su quest’ultima categoria, la cui vicenda è la storia di un dilemma con il quale si sono dovuti misurare, fin dai primordi dello Stato costituzionale, poteri costituenti e supremi organi costituzionali, influenzati, nel darvi risposta, da differenti e talvolta opposte concezioni valoriali del modus di conduzione degli affari esteri e del complessivo assetto di governo: il dilemma di come ripartire le attribuzioni istituzionali a esso inerenti (tra le quali, in primis, quelle in cui è articolato il treaty-making power) tra l’Esecutivo e il Parlamento, combinando, rispettivamente, le esigenze di unità, rapidità, efficienza e riservatezza che discendono dal necessario rapportarsi di ogni Stato con la peculiare realtà delle relazioni internazionali, e le istanze di limitazione del potere e di controllo democratico parlamentare scaturite dall’incedere del costituzionalismo.

Parlamenti e trattati internazionali. La partecipazione parlamentare all'esercizio del treaty-making power in prospettiva comparata / Fiorentino, Andrea. - (2022 May 19).

Parlamenti e trattati internazionali. La partecipazione parlamentare all'esercizio del treaty-making power in prospettiva comparata

FIORENTINO, ANDREA
19/05/2022

Abstract

La presente indagine si propone di ricostruire e di inquadrare analiticamente, in prospettiva comparata, l’evoluzione del ruolo di alcuni Parlamenti nell’esercizio di quello che nella letteratura scientifica è comunemente definito «treaty-making power»: il potere di concludere i trattati, il quale, nella scienza costituzionalistica, è riferito al complesso delle attribuzioni rilevanti per la formazione della volontà statuale di vincolarsi al rispetto di obblighi pattizi, oggetto di riparto tra i supremi organi costituzionali. Volendo ripercorrere, attraverso il prisma del diritto costituzionale, le origini e lo sviluppo dell’intervento parlamentare nella formazione dei trattati internazionali, la ricerca si focalizza prevalentemente sulle esperienze di cinque grandi ordinamenti costituzionali appartenenti alla tradizione giuridica occidentale, e che maggiormente hanno contribuito a modellare i paradigmi fondamentali dello Stato di democrazia pluralista: quelli di Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Stati Uniti d’America. Il confronto tra i diversi sistemi costituzionali di organizzazione del treaty-making power delineatesi in ciascuno di essi è rivolto all’individuazione e alla disamina dei numerosi e variegati meccanismi istituzionali mediante i quali, secondo una progressione non sempre lineare ma in ultima analisi persistente, si è realizzato – dietro la spinta dell’affermazione del principio della separazione dei poteri e del principio democratico-rappresentativo – l’avanzamento del ruolo delle istituzioni parlamentari. Considerato che il treaty-making power rappresenta una delle manifestazioni più tipiche e qualificanti di quello che viene generalmente denominato «potere estero», l’indagine intende apportare un contributo specifico alla riflessione su quest’ultima categoria, la cui vicenda è la storia di un dilemma con il quale si sono dovuti misurare, fin dai primordi dello Stato costituzionale, poteri costituenti e supremi organi costituzionali, influenzati, nel darvi risposta, da differenti e talvolta opposte concezioni valoriali del modus di conduzione degli affari esteri e del complessivo assetto di governo: il dilemma di come ripartire le attribuzioni istituzionali a esso inerenti (tra le quali, in primis, quelle in cui è articolato il treaty-making power) tra l’Esecutivo e il Parlamento, combinando, rispettivamente, le esigenze di unità, rapidità, efficienza e riservatezza che discendono dal necessario rapportarsi di ogni Stato con la peculiare realtà delle relazioni internazionali, e le istanze di limitazione del potere e di controllo democratico parlamentare scaturite dall’incedere del costituzionalismo.
19-mag-2022
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1640676
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