Il nostro tempo è caratterizzato da una forte polarizzazione dell’atteggiamento individuale e sociale nei confronti dell’inquinamento in tutte le sue forme e, di converso, riguardo alla tutela sanitaria e ambientale. Da una parte ci sono i “negazionisti”, che confidano in una qualche “autotutela” del sistema-Terra per tamponare gli effetti disastrosi delle trasformazioni chimiche, biologiche e fisiche imposte dall’uomo al mondo che lo circonda, oppure darwinisticamente scaricano il problema sui posteri e sulle popolazioni e classi che non hanno accesso alle nuove tecnologie. Dall’altra, gli “ecologisti d’assalto duri e puri”, predicano un “ritorno alla natura” e il “regresso felice” senza peraltro rinunciare a molta della tecnologia che aborriscono. Sono voci forti, che rappresentano percentuali infinitesime della società ma ne condizionano pesantemente la vita attraverso il potere dei mercati, della politica e dei mass media: basti pensare a Trump e ai Gruppi Verdi con venature eco-terroristiche. La stragrande parte dei cittadini sembra poco coinvolta, per un deficit d’informazione corretta e completa. Alla Chimica e alla categoria dei chimici, si attribuisce una grande parte dell’inquinamento ambientale: mari interdetti alla balneazione e fiumi maleodoranti schiumosi, terreni “bruciati” alle coltivazioni e all’allevamento, cieli con le fantomatiche “scie chimiche”, falde acquifere imbevibili, aria che puzza e fa venire i tumori… dietro tutto ciò si cerca e si trova quasi sempre un chimico che ha inventato e messo sul mercato sostanze dannose. Purtroppo ciò è quasi sempre vero, anche se i chimici sono in buona compagnia di politici, industriali, agricoltori, ma anche turisti, consumatori… Come se ne esce? Non sembra sufficiente operare sulla difensiva, ma è impellente una presa di coscienza e assunzione di responsabilità a livello sociale: operare nel rispetto della creazione (o, per chi non crede, del mondo di cui siamo parte) ponendosi al servizio del bene comune; farsi attori di una (in)formazione seria, oggettiva, senza reticenze né cadute di stile; non prescindere dai contributi delle altre scienze, sia naturali che umane (filosofi, teologia, etica, sociologia…). Riporto qui un esempio: l’opinione pubblica è spesso orientata (manipolata) verso temi ambientali di scarsa valenza, almeno oggi e in termini globali (pensiamo alle diossine, al particolato diesel), mentre non è affatto informata dei rischi connessi alla presenza e all’uso quotidiano di numerosissimi prodotti e sostanze dannosi (plastificanti, detergenti, sanificanti, pesticidi, ignifughi; si dà importanza all’inquinamento esterno e si tace su quello degli ambienti interni, dove pure trascorriamo almeno l’80% della vita: in Italia manca persino una legislazione specifica per l’inquinamento indoor. Se individualmente si può fare e incidere poco, unendo le voci e le forze, anche attraverso Organi che già sono presenti nella comunità scientifica e dislocati sul territorio (Università, Istituti CNR, Centri di Ricerca, ISS, Ministeri della Salute e dell’Ambiente…) si può fare massa critica sufficiente ad incidere sulla società e la politica. La comunicazione vuol proporre uno stimolo alla riflessione personale e, eventualmente, alla condivisione di opinioni ed esperienze.

Chimica, Chimici ed Etica Ambientale: un connubio possibile / Cecinato, A; Bacaloni, A; Romagnoli, P; Perilli, M; Balducci, C. - (2020), pp. 111-111. (Intervento presentato al convegno PM 2020 tenutosi a Lecce).

Chimica, Chimici ed Etica Ambientale: un connubio possibile

Cecinato A;
2020

Abstract

Il nostro tempo è caratterizzato da una forte polarizzazione dell’atteggiamento individuale e sociale nei confronti dell’inquinamento in tutte le sue forme e, di converso, riguardo alla tutela sanitaria e ambientale. Da una parte ci sono i “negazionisti”, che confidano in una qualche “autotutela” del sistema-Terra per tamponare gli effetti disastrosi delle trasformazioni chimiche, biologiche e fisiche imposte dall’uomo al mondo che lo circonda, oppure darwinisticamente scaricano il problema sui posteri e sulle popolazioni e classi che non hanno accesso alle nuove tecnologie. Dall’altra, gli “ecologisti d’assalto duri e puri”, predicano un “ritorno alla natura” e il “regresso felice” senza peraltro rinunciare a molta della tecnologia che aborriscono. Sono voci forti, che rappresentano percentuali infinitesime della società ma ne condizionano pesantemente la vita attraverso il potere dei mercati, della politica e dei mass media: basti pensare a Trump e ai Gruppi Verdi con venature eco-terroristiche. La stragrande parte dei cittadini sembra poco coinvolta, per un deficit d’informazione corretta e completa. Alla Chimica e alla categoria dei chimici, si attribuisce una grande parte dell’inquinamento ambientale: mari interdetti alla balneazione e fiumi maleodoranti schiumosi, terreni “bruciati” alle coltivazioni e all’allevamento, cieli con le fantomatiche “scie chimiche”, falde acquifere imbevibili, aria che puzza e fa venire i tumori… dietro tutto ciò si cerca e si trova quasi sempre un chimico che ha inventato e messo sul mercato sostanze dannose. Purtroppo ciò è quasi sempre vero, anche se i chimici sono in buona compagnia di politici, industriali, agricoltori, ma anche turisti, consumatori… Come se ne esce? Non sembra sufficiente operare sulla difensiva, ma è impellente una presa di coscienza e assunzione di responsabilità a livello sociale: operare nel rispetto della creazione (o, per chi non crede, del mondo di cui siamo parte) ponendosi al servizio del bene comune; farsi attori di una (in)formazione seria, oggettiva, senza reticenze né cadute di stile; non prescindere dai contributi delle altre scienze, sia naturali che umane (filosofi, teologia, etica, sociologia…). Riporto qui un esempio: l’opinione pubblica è spesso orientata (manipolata) verso temi ambientali di scarsa valenza, almeno oggi e in termini globali (pensiamo alle diossine, al particolato diesel), mentre non è affatto informata dei rischi connessi alla presenza e all’uso quotidiano di numerosissimi prodotti e sostanze dannosi (plastificanti, detergenti, sanificanti, pesticidi, ignifughi; si dà importanza all’inquinamento esterno e si tace su quello degli ambienti interni, dove pure trascorriamo almeno l’80% della vita: in Italia manca persino una legislazione specifica per l’inquinamento indoor. Se individualmente si può fare e incidere poco, unendo le voci e le forze, anche attraverso Organi che già sono presenti nella comunità scientifica e dislocati sul territorio (Università, Istituti CNR, Centri di Ricerca, ISS, Ministeri della Salute e dell’Ambiente…) si può fare massa critica sufficiente ad incidere sulla società e la politica. La comunicazione vuol proporre uno stimolo alla riflessione personale e, eventualmente, alla condivisione di opinioni ed esperienze.
2020
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1615801
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