Spesso il rapporto tra il corpo e lo spazio si traduce in una corrispondenza mediata da oggetti. Corpo e ambiente costruito sono raramente in contatto diretto ma il più delle volte coesistono in un rapporto tra ospite e riparo, contenitore e spettatore. Negli ultimi anni, concentrandosi sull’esperienza piuttosto che sull’oggetto, alcuni artisti concettuali sono riusciti a ridurre notevolmente le distanze tra la sala, lo spettatore e l’opera. Artisti audiovisivi si sono dimostrati in grado di lavorare sull’ambiente espositivo, alterandone il tempo e lo spazio. James Turrell, all’instancabile inseguimento della giusta luce, ha iniziato a tagliare i muri delle gallerie per ritagliare sguardi sul cielo costruendo esperienze estetiche intime e profonde. L’opera è la luce nel vuoto ma il protagonista principale è un corpo in ricerca costante che attraversa il colore, che insegue un’assenza, che sperimenta lo spazio. La luce naturale, oltre a sostituire l’arredo che media tra il corpo e lo spazio, è lo strumento con cui misurare e il fuoco attorno al quale raccogliersi. Allo stesso modo la piazza coperta del Kanagawa Institute of Tecnology progettata da Junya Ishigami è un luogo morbido in cui il corpo si relaziona direttamente col suolo, col tempo e con lo spazio. Una volta catturati in un vuoto, i fenomeni naturali sono indicatori spaziali che suggeriscono lentezza e contemplazione e “determinano l’insinuarsi di un’atmosfera teatrale” (Holl 2004) in cui lo spazio e l’evento esistono simultaneamente. Che sia riprodotta artificialmente o catturata sapientemente, la luce è una metafora coinvolgente capace di interpretare lo spirito dei luoghi e di stimolare l’incontro con la propria soggettività.
Spazio senza mediazioni. Il fenomeno come metafora dell’incontro / Priore, Ciro. - (2021), pp. 304-311. (Intervento presentato al convegno Congresso Internazionale Espaciar 2021 tenutosi a Venezia, Italia).
Spazio senza mediazioni. Il fenomeno come metafora dell’incontro
Ciro Priore
2021
Abstract
Spesso il rapporto tra il corpo e lo spazio si traduce in una corrispondenza mediata da oggetti. Corpo e ambiente costruito sono raramente in contatto diretto ma il più delle volte coesistono in un rapporto tra ospite e riparo, contenitore e spettatore. Negli ultimi anni, concentrandosi sull’esperienza piuttosto che sull’oggetto, alcuni artisti concettuali sono riusciti a ridurre notevolmente le distanze tra la sala, lo spettatore e l’opera. Artisti audiovisivi si sono dimostrati in grado di lavorare sull’ambiente espositivo, alterandone il tempo e lo spazio. James Turrell, all’instancabile inseguimento della giusta luce, ha iniziato a tagliare i muri delle gallerie per ritagliare sguardi sul cielo costruendo esperienze estetiche intime e profonde. L’opera è la luce nel vuoto ma il protagonista principale è un corpo in ricerca costante che attraversa il colore, che insegue un’assenza, che sperimenta lo spazio. La luce naturale, oltre a sostituire l’arredo che media tra il corpo e lo spazio, è lo strumento con cui misurare e il fuoco attorno al quale raccogliersi. Allo stesso modo la piazza coperta del Kanagawa Institute of Tecnology progettata da Junya Ishigami è un luogo morbido in cui il corpo si relaziona direttamente col suolo, col tempo e con lo spazio. Una volta catturati in un vuoto, i fenomeni naturali sono indicatori spaziali che suggeriscono lentezza e contemplazione e “determinano l’insinuarsi di un’atmosfera teatrale” (Holl 2004) in cui lo spazio e l’evento esistono simultaneamente. Che sia riprodotta artificialmente o catturata sapientemente, la luce è una metafora coinvolgente capace di interpretare lo spirito dei luoghi e di stimolare l’incontro con la propria soggettività.File | Dimensione | Formato | |
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