A poco più di un anno dalla pronuncia n. 10 del 22 ottobre 2019, l’Adunanza Plenaria torna ad esprimersi in tema di strumenti a tutela dell’ambiente e sempre al fine di offrire una precisa e chiara individuazione dei soggetti tenuti alla realizzazione delle operazioni di riparazione ambientale, non mancando al contempo di contribuire a delineare i criteri che presiedono alla imputazione della relativa responsabilità. Chiarito infatti, con la precedente sentenza n. 10/2019, che le attività di bonifica possano essere imposte alla società non responsabile dell’inquinamento che sia subentrata nella precedente società per effetto di una fusione per incorporazione, questa volta con la pronuncia n. 3 del 26 gennaio 2021 al centro dell’analisi si pone l’istituto della curatela fallimentare, rispetto alla quale sussisteva un contrasto giurisprudenziale in merito all’assoggettabilità della stessa alle operazioni di ripristino ambientale. Entrambe le pronunce, indagando le questioni rimesse all’Adunanza Plenaria alla luce delle specifiche normative di settore coinvolte (rispettivamente, in materia societaria e fallimentare) coordinandole con i principi e le norme in materia ambientale, arrivano alla medesima conclusione di estendere il novero dei soggetti tenuti a porre in essere le attività a tutela dell’ambiente. La pronuncia da ultimo resa merita un’attenta lettura anche sotto altro e affine profilo: l’affermazione secondo cui il curatore fallimentare non può considerarsi responsabile della condotta di abbandono dei rifiuti ex articolo 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente, d’ora in avanti anche solo Codice) e tuttavia debba rispondere dei relativi obblighi di rimozione, lungi dal configurare una forzatura del sistema della responsabilità ambientale in senso pro-ambientalistico, pare trovare adeguata rappresentazione nella distinzione, operata dalla dottrina europea e ripresa da quella nazionale, tra i due diversi momenti dell’esecuzione delle opere di riparazione ambientale (definibile in termini di responsibility) e dell’imputazione dei costi finali (definibile in termini di liability), in linea con la distinta e concorrente strategia di tutela concretizzata dal principio di prevenzione e dal principio “chi inquina paga”. Il presente contributo è volto ad inquadrare la pronuncia in esame sotto questa chiave di lettura, tentando di configurare la figura del curatore fallimentare alla stregua di soggetto responsible ma non liable, con ciò permettendo di delineare con maggior chiarezza anche i criteri di imputazione degli obblighi ambientali nell’uno e nell’altro caso.
La posizione della curatela fallimentare tra responsibility e liability per l’esecuzione delle operazioni di rimozione dei rifiuti / Carella, Anna. - In: GIUSTAMM.IT. - ISSN 1972-3431. - 3(2021).
La posizione della curatela fallimentare tra responsibility e liability per l’esecuzione delle operazioni di rimozione dei rifiuti
Anna Carella
2021
Abstract
A poco più di un anno dalla pronuncia n. 10 del 22 ottobre 2019, l’Adunanza Plenaria torna ad esprimersi in tema di strumenti a tutela dell’ambiente e sempre al fine di offrire una precisa e chiara individuazione dei soggetti tenuti alla realizzazione delle operazioni di riparazione ambientale, non mancando al contempo di contribuire a delineare i criteri che presiedono alla imputazione della relativa responsabilità. Chiarito infatti, con la precedente sentenza n. 10/2019, che le attività di bonifica possano essere imposte alla società non responsabile dell’inquinamento che sia subentrata nella precedente società per effetto di una fusione per incorporazione, questa volta con la pronuncia n. 3 del 26 gennaio 2021 al centro dell’analisi si pone l’istituto della curatela fallimentare, rispetto alla quale sussisteva un contrasto giurisprudenziale in merito all’assoggettabilità della stessa alle operazioni di ripristino ambientale. Entrambe le pronunce, indagando le questioni rimesse all’Adunanza Plenaria alla luce delle specifiche normative di settore coinvolte (rispettivamente, in materia societaria e fallimentare) coordinandole con i principi e le norme in materia ambientale, arrivano alla medesima conclusione di estendere il novero dei soggetti tenuti a porre in essere le attività a tutela dell’ambiente. La pronuncia da ultimo resa merita un’attenta lettura anche sotto altro e affine profilo: l’affermazione secondo cui il curatore fallimentare non può considerarsi responsabile della condotta di abbandono dei rifiuti ex articolo 192 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente, d’ora in avanti anche solo Codice) e tuttavia debba rispondere dei relativi obblighi di rimozione, lungi dal configurare una forzatura del sistema della responsabilità ambientale in senso pro-ambientalistico, pare trovare adeguata rappresentazione nella distinzione, operata dalla dottrina europea e ripresa da quella nazionale, tra i due diversi momenti dell’esecuzione delle opere di riparazione ambientale (definibile in termini di responsibility) e dell’imputazione dei costi finali (definibile in termini di liability), in linea con la distinta e concorrente strategia di tutela concretizzata dal principio di prevenzione e dal principio “chi inquina paga”. Il presente contributo è volto ad inquadrare la pronuncia in esame sotto questa chiave di lettura, tentando di configurare la figura del curatore fallimentare alla stregua di soggetto responsible ma non liable, con ciò permettendo di delineare con maggior chiarezza anche i criteri di imputazione degli obblighi ambientali nell’uno e nell’altro caso.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Carella_posizione-della-curatela-fallimentare_2021.pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
309.5 kB
Formato
Adobe PDF
|
309.5 kB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.