Nei quattro capitoli dell’elaborato sono state illustrate le dinamiche e gli aspetti costitutivi dell’azione internazionale della Sede Apostolica. Nel primo capitolo, in chiave prodromica, si sono tracciate le tappe salienti della millenaria storia della Santa Sede: dagli albori del Cristianesimo si sono ripercorsi - con progressiva analiticità - quegli avvenimenti che ne hanno sostanziato la sua unicità giuridica. In primo luogo, si è potuto osservare che il Romano Pontefice, a prender luogo dal declino dell’Impero Romano d’Occidente, ebbe modo di avvantaggiarsi dei vuoti di potere creatisi, riuscendo a porsi quale naturale interlocutore dei sovrani che - di volta in volta - conseguivano il controllo sulla penisola italica. Particolarmente significativo si è rivelato lo studio del Pontificato di Gregorio Magno (590-604), che per primo operò in favore di una piena autonomia della Sede Apostolica, stringendo legami con i nuovi regni barbarici (anche in ottica evangelizzatrice). Tra il VII e l’VIII secolo, del resto, si posero le basi di quello che diverrà lo Stato della Chiesa. Importanti furono le acquisizioni territoriali ottenute nello spazio di pochi decenni: oltre alla Donazione di Sutri (728-743, ad opera del re longobardo Liutprando), meritano menzione la c.d. Donatio Carisiaca (754-756, del franco Pipino il Breve) e la c.d. Promissio Romana (774-781, compiuta da Carlo Magno). Successivamente, al termine di una stagione caratterizzata da una profonda e radicata decadenza, per la Santa Sede si aprì un periodo di assoluta centralità nello scacchiere geopolitico europeo. Immediato è il riferimento a Gregorio VII (al secolo, Ildebrando di Soana), il quale - tra il 1075 e il 1076, con le celebri ventisette proposizioni del “Dictatus Papae” - diede una svolta ben precisa al ruolo di assoluta preminenza che sarebbe spettato alla figura del Pontefice per circa duecentotrenta anni. È lungo tale indirizzo che può leggersi il noto episodio di Canossa, così come la spinta dello stesso Gregorio VII alla nascita di importanti relazioni con numerose entità europee, tra cui poterono annoverarsi il Regno d’Ungheria, i Ducati di Polonia e di Boemia, ed il Regno di Kiev. Una potestà totalizzante - quella cui si è accennato - ma che già sul tramonto del Milleduecento fu oggetto di un primo, serio ridimensionamento, a causa del consolidarsi delle giovani monarchie nazionali; un ridimensionamento che - tra l’altro - si accrebbe negli anni successivi. Con la Pace di Westfalia (1648), poi, all’idealità di una Res Publica Christiana guidata dal Papa e dall’imperatore, andò definitivamente a sostituirsi la frammentarietà di un contesto internazionale - egualitario e laico - dominato dagli Stati. Salvo sporadiche eccezioni di segno contrario, il declino internazionale della Santa Sede fu reso evidente - a partire dal XVIII secolo - da una serie di avvenimenti che ne macchiarono finanche ciò che permaneva del suo antico prestigio. Si pensi, in primis, alle vicissitudini connesse alla Rivoluzione Francese. Ciò detto, precipua parte della ricerca storica è stata rivolta agli ultimi due secoli. Dopo aver affrontato nel dettaglio i plurimi profili afferenti alla “Questione Romana” ed ai molteplici episodi che hanno interessato la Sede Apostolica lungo il Novecento, non si sono risparmiate rapide considerazioni a proposito degli anni più recenti. Nel secondo capitolo, la trattazione si è incentrata sul tema della soggettività internazionale della Santa Sede e, per effetto, dello Stato della Città del Vaticano. Da un lato, si sono ricostruite le principali teorie - di matrice canonistica e internazionalistica - sviluppate dagli insigni giuristi che, specie dagli anni Trenta del Novecento, hanno cercato di sistematizzare quelle singolari “anomalie” generatesi con la Breccia di Porta Pia e con la susseguente Conciliazione. Dall’altro, si è guardato con interesse ad alcune fattispecie concrete che hanno permesso una migliore esplicitazione della problematica in esame (emblematica può definirsi la nota vicenda “Theodoli-Martinucci”). Al contempo, si sono analizzate le prerogative attualmente fondanti la soggettività in seno alla Comunità internazionale, sulla base di un prisma esegetico che ha permesso di cogliere i tratti comuni alle altre entità giuridiche ivi presenti, nonché le distintive peculiarità proprie della Sede Apostolica. L’esame dello ius legationis, dello ius contrahendi, e delle attività di arbitrato e mediazione posti in essere dalla Sede Apostolica, ha quindi consentito di delineare la partecipazione vaticana ad una realtà cui essa, oggigiorno, prende parte in termini ordinari. Sul punto, si è tuttavia sottolineato come - pur adoperando strumenti coincidenti con quelli utilizzati dagli altri soggetti presenti nell’ordinamento internazionale - le frequenze di operatività della Santa Sede si sostanzino oggettivamente di una prospettiva atipica, segnata dal carattere religioso e morale della sua potenza. Al riguardo, non è sfuggita la straordinaria incidenza - di carattere storico e giuridico - dettata dal Concilio Vaticano II. Non si può dubitare, invero, che fu proprio l’impianto programmatico conciliare a rimodulare le forme ed il senso della presenza della Santa Sede nella Comunità delle Nazioni. Nelle pagine del terzo capitolo si è proceduto all’esame del rapporto tra la Sedes Romana e le principali organizzazioni intergovernative. Entrando nel merito della ricerca, ci si è soffermati sullo studio dei legami - maturati nel tempo - con IGOs di carattere universale e regionale. In primo luogo, si è potuto rilevare come attualmente - nonostante l’iniziale insorgere di “incomprensioni” con alcuni organismi internazionali ante litteram, sorti tra il XIX e gli inizi del XX secolo - la Santa Sede agisca quotidianamente nel settore delle relazioni multilaterali. In particolare, si è rivelato focale il vaglio dei rapporti instaurati da quest’ultima, rispettivamente, con le Nazioni Unite e con le organizzazioni presenti sul suolo europeo. Sul tema, una vera e propria svolta si ebbe con l’elezione al soglio petrino di Giovanni XXIII; così come sviluppi ancor più pregnanti si ebbero lungo il Pontificato di Paolo VI. Questi, sull’onda degli incoraggiamenti dichiarati dal suo predecessore, si rese artefice di un assiduo confronto con i dirigenti delle Nazioni Unite, che condusse - nelle date del 23 marzo e del 6 aprile 1964 - ad uno scambio di note volto ad accreditare un rappresentante pontificio presso il quartier generale newyorkese dell’ONU. A partire dagli anni Novanta, nondimeno, si è osservato come - simmetricamente ad una mirata campagna di protesta, animata da NGOs ideologicamente schierate - taluni studiosi abbiano criticato la presenza stessa della Santa Sede presso le Nazioni Unite; perplessità cui l’Assemblea Generale ha comunque replicato con l’adozione della Risoluzione n. 58/314, del 1° luglio 2004. Nel quarto capitolo si è cercato di inquadrare le ragioni che spingono la Sede Apostolica all’impegno nei vari campi dell’agire multilaterale; ragioni mosse da chiari indici spirituali, ma non di rado sostenute da valutazioni prettamente politiche. Sull’argomento, si sono verificati i tre principali macro-obiettivi entro i quali è possibile affrontare lo studio dell’“action humanisante” della Santa Sede. Si è dunque fatto riferimento: - alla difesa dei diritti dell’uomo; - all’impegno per la pace; - alla promozione del diritto allo sviluppo. Da ultimo, dopo aver esaminato la partecipazione vaticana nelle principali conferenze internazionali tenutesi nel corso del Novecento, si sono passate in rassegna le convenzioni multilaterali cui la Santa Sede ha prestato la propria adesione: a tal proposito, data la ingente congerie di materie che vedono direttamente coinvolta la Sede Apostolica, l’indagine si è volutamente concentrata sui patti stipulati a tutela dei diritti umani. In conclusione, si è visto come - a prender vita dall’inizio del Pontificato di Papa Francesco - la Santa Sede stia provando a riesercitare quel ruolo di assoluta centralità nelle dinamiche internazionali, che l’aveva resa protagonista nella seconda metà del secolo scorso.

L'attività internazionale della Santa Sede / Carbonara, Raffaele. - (2017 Jul 07).

L'attività internazionale della Santa Sede

CARBONARA, RAFFAELE
07/07/2017

Abstract

Nei quattro capitoli dell’elaborato sono state illustrate le dinamiche e gli aspetti costitutivi dell’azione internazionale della Sede Apostolica. Nel primo capitolo, in chiave prodromica, si sono tracciate le tappe salienti della millenaria storia della Santa Sede: dagli albori del Cristianesimo si sono ripercorsi - con progressiva analiticità - quegli avvenimenti che ne hanno sostanziato la sua unicità giuridica. In primo luogo, si è potuto osservare che il Romano Pontefice, a prender luogo dal declino dell’Impero Romano d’Occidente, ebbe modo di avvantaggiarsi dei vuoti di potere creatisi, riuscendo a porsi quale naturale interlocutore dei sovrani che - di volta in volta - conseguivano il controllo sulla penisola italica. Particolarmente significativo si è rivelato lo studio del Pontificato di Gregorio Magno (590-604), che per primo operò in favore di una piena autonomia della Sede Apostolica, stringendo legami con i nuovi regni barbarici (anche in ottica evangelizzatrice). Tra il VII e l’VIII secolo, del resto, si posero le basi di quello che diverrà lo Stato della Chiesa. Importanti furono le acquisizioni territoriali ottenute nello spazio di pochi decenni: oltre alla Donazione di Sutri (728-743, ad opera del re longobardo Liutprando), meritano menzione la c.d. Donatio Carisiaca (754-756, del franco Pipino il Breve) e la c.d. Promissio Romana (774-781, compiuta da Carlo Magno). Successivamente, al termine di una stagione caratterizzata da una profonda e radicata decadenza, per la Santa Sede si aprì un periodo di assoluta centralità nello scacchiere geopolitico europeo. Immediato è il riferimento a Gregorio VII (al secolo, Ildebrando di Soana), il quale - tra il 1075 e il 1076, con le celebri ventisette proposizioni del “Dictatus Papae” - diede una svolta ben precisa al ruolo di assoluta preminenza che sarebbe spettato alla figura del Pontefice per circa duecentotrenta anni. È lungo tale indirizzo che può leggersi il noto episodio di Canossa, così come la spinta dello stesso Gregorio VII alla nascita di importanti relazioni con numerose entità europee, tra cui poterono annoverarsi il Regno d’Ungheria, i Ducati di Polonia e di Boemia, ed il Regno di Kiev. Una potestà totalizzante - quella cui si è accennato - ma che già sul tramonto del Milleduecento fu oggetto di un primo, serio ridimensionamento, a causa del consolidarsi delle giovani monarchie nazionali; un ridimensionamento che - tra l’altro - si accrebbe negli anni successivi. Con la Pace di Westfalia (1648), poi, all’idealità di una Res Publica Christiana guidata dal Papa e dall’imperatore, andò definitivamente a sostituirsi la frammentarietà di un contesto internazionale - egualitario e laico - dominato dagli Stati. Salvo sporadiche eccezioni di segno contrario, il declino internazionale della Santa Sede fu reso evidente - a partire dal XVIII secolo - da una serie di avvenimenti che ne macchiarono finanche ciò che permaneva del suo antico prestigio. Si pensi, in primis, alle vicissitudini connesse alla Rivoluzione Francese. Ciò detto, precipua parte della ricerca storica è stata rivolta agli ultimi due secoli. Dopo aver affrontato nel dettaglio i plurimi profili afferenti alla “Questione Romana” ed ai molteplici episodi che hanno interessato la Sede Apostolica lungo il Novecento, non si sono risparmiate rapide considerazioni a proposito degli anni più recenti. Nel secondo capitolo, la trattazione si è incentrata sul tema della soggettività internazionale della Santa Sede e, per effetto, dello Stato della Città del Vaticano. Da un lato, si sono ricostruite le principali teorie - di matrice canonistica e internazionalistica - sviluppate dagli insigni giuristi che, specie dagli anni Trenta del Novecento, hanno cercato di sistematizzare quelle singolari “anomalie” generatesi con la Breccia di Porta Pia e con la susseguente Conciliazione. Dall’altro, si è guardato con interesse ad alcune fattispecie concrete che hanno permesso una migliore esplicitazione della problematica in esame (emblematica può definirsi la nota vicenda “Theodoli-Martinucci”). Al contempo, si sono analizzate le prerogative attualmente fondanti la soggettività in seno alla Comunità internazionale, sulla base di un prisma esegetico che ha permesso di cogliere i tratti comuni alle altre entità giuridiche ivi presenti, nonché le distintive peculiarità proprie della Sede Apostolica. L’esame dello ius legationis, dello ius contrahendi, e delle attività di arbitrato e mediazione posti in essere dalla Sede Apostolica, ha quindi consentito di delineare la partecipazione vaticana ad una realtà cui essa, oggigiorno, prende parte in termini ordinari. Sul punto, si è tuttavia sottolineato come - pur adoperando strumenti coincidenti con quelli utilizzati dagli altri soggetti presenti nell’ordinamento internazionale - le frequenze di operatività della Santa Sede si sostanzino oggettivamente di una prospettiva atipica, segnata dal carattere religioso e morale della sua potenza. Al riguardo, non è sfuggita la straordinaria incidenza - di carattere storico e giuridico - dettata dal Concilio Vaticano II. Non si può dubitare, invero, che fu proprio l’impianto programmatico conciliare a rimodulare le forme ed il senso della presenza della Santa Sede nella Comunità delle Nazioni. Nelle pagine del terzo capitolo si è proceduto all’esame del rapporto tra la Sedes Romana e le principali organizzazioni intergovernative. Entrando nel merito della ricerca, ci si è soffermati sullo studio dei legami - maturati nel tempo - con IGOs di carattere universale e regionale. In primo luogo, si è potuto rilevare come attualmente - nonostante l’iniziale insorgere di “incomprensioni” con alcuni organismi internazionali ante litteram, sorti tra il XIX e gli inizi del XX secolo - la Santa Sede agisca quotidianamente nel settore delle relazioni multilaterali. In particolare, si è rivelato focale il vaglio dei rapporti instaurati da quest’ultima, rispettivamente, con le Nazioni Unite e con le organizzazioni presenti sul suolo europeo. Sul tema, una vera e propria svolta si ebbe con l’elezione al soglio petrino di Giovanni XXIII; così come sviluppi ancor più pregnanti si ebbero lungo il Pontificato di Paolo VI. Questi, sull’onda degli incoraggiamenti dichiarati dal suo predecessore, si rese artefice di un assiduo confronto con i dirigenti delle Nazioni Unite, che condusse - nelle date del 23 marzo e del 6 aprile 1964 - ad uno scambio di note volto ad accreditare un rappresentante pontificio presso il quartier generale newyorkese dell’ONU. A partire dagli anni Novanta, nondimeno, si è osservato come - simmetricamente ad una mirata campagna di protesta, animata da NGOs ideologicamente schierate - taluni studiosi abbiano criticato la presenza stessa della Santa Sede presso le Nazioni Unite; perplessità cui l’Assemblea Generale ha comunque replicato con l’adozione della Risoluzione n. 58/314, del 1° luglio 2004. Nel quarto capitolo si è cercato di inquadrare le ragioni che spingono la Sede Apostolica all’impegno nei vari campi dell’agire multilaterale; ragioni mosse da chiari indici spirituali, ma non di rado sostenute da valutazioni prettamente politiche. Sull’argomento, si sono verificati i tre principali macro-obiettivi entro i quali è possibile affrontare lo studio dell’“action humanisante” della Santa Sede. Si è dunque fatto riferimento: - alla difesa dei diritti dell’uomo; - all’impegno per la pace; - alla promozione del diritto allo sviluppo. Da ultimo, dopo aver esaminato la partecipazione vaticana nelle principali conferenze internazionali tenutesi nel corso del Novecento, si sono passate in rassegna le convenzioni multilaterali cui la Santa Sede ha prestato la propria adesione: a tal proposito, data la ingente congerie di materie che vedono direttamente coinvolta la Sede Apostolica, l’indagine si è volutamente concentrata sui patti stipulati a tutela dei diritti umani. In conclusione, si è visto come - a prender vita dall’inizio del Pontificato di Papa Francesco - la Santa Sede stia provando a riesercitare quel ruolo di assoluta centralità nelle dinamiche internazionali, che l’aveva resa protagonista nella seconda metà del secolo scorso.
7-lug-2017
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Tesi dottorato Carbonara

Open Access dal 01/08/2019

Note: Tesi di dottorato
Tipologia: Tesi di dottorato
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