La presente ricerca affronta un’ampia indagine storiografica sulla figura progettuale di Pietro Aschieri (1889-1952), ingegnere e architetto tra i protagonisti della cultura architettonica romana del primo Novecento. La paziente riconfigurazione di un’opera che spazia dalla scala urbanistica a quella scenografica e che risulta intrecciata con alcuni episodi architettonici fondamentali per l’architettonica italiana – basti pensare alla Città Universitaria di Roma e il quartiere dell’E42 – si è sviluppata non solo attraverso l’individuazione di nuovi progetti, ma anche in ottica di nuove interpretazioni critiche. Pur non volendo assumere la dimensione e la profondità di una monografia esaustiva, il lavoro ha avuto come costante obiettivo di promuovere un rinnovato interesse storiografico nei confronti di un architetto a partire dallo studio del fondo archivistico personale conservato presso l’Accademia Nazionale di San Luca. Fino ad oggi lo stato dell’arte era costituito da un lungo articolo monografico a cura di Paolo Marconi (1961-1962) e da una raccolta di saggi elaborati in occasione della mostra realizzata proprio dall’Accademia di San Luca (1977) in relazione al versamento del Fondo Pietro Aschieri. Il primo contributo ha avuto il merito di sistematizzare, a meno di dieci anni dalla morte del progettista, una buona parte dell’opera aschieriana, mentre il secondo ha offerto un’inedita lettura interpretativa a partire dal materiale già studiato dallo stesso Marconi, da Gianfranco Caniggia (Il clima architettonico romano e la città universitaria, 1959) e da Manfredo Tafuri (Dizionario biografico degli italiani, 1962). La successiva carenza di studi, se non in relazione a singoli episodi progettuali o legata ad attività specifiche come la scenografia, non aveva ancora esaurito il margine di sviluppo in merito alla conoscenza di un architetto emblematico per il delicato passaggio del progetto dalla tradizione accademica alla questione del moderno; margine che questo lavoro si propone di cominciare a colmare. Di conseguenza, si è scelto – da un punto di vista metodologico – di non concentrare la ricerca su un singolo aspetto dell’opera o su un fabbricato specifico, bensì portare avanti la ricerca sui fronti d’indagine ritenuti maggiormente significativi: la questione urbanistica, l’architettura pubblica e quella privata hanno permesso un’analisi trasversale e una conseguente impalcatura critica all’interno della quale inerire tutti i progetti, anche quelli minori e non realizzati, col fine di tratteggiare un nuovo regesto e, successivamente, un nuovo disegno interpretativo. La prima fase si è concentrata unendo il materiale custodito presso il Fondo Pietro Aschieri, l’Archivio Storico Capitolino e l’Archivio Progetti al Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma. Il ritrovamento degli elaborati progettuali e lo studio dei documenti archivistici sono stati incrociati con un ampio studio bibliografico per definire i nodi storiografici di partenza: il ruolo svolto dal progettista all’interno della cultura progettuale romana, il rapporto con Giovannoni e con Piacentini, la dimensione politica della sua opera, il legame con la committenza privata (in particolare con la Società Anonima Aquila Romana), la formazione e lo sviluppo della visione scenografica; infine le motivazioni che hanno portato l’ingegnere a dedicarsi quasi esclusivamente alla carriera di scenografo teatrale. In seguito sono stati individuati tre progetti chiave per ogni area tematica definita e sono state condotte indagini specifiche: la ricerca all’archivio di Stato dell’Aquila nella sede sulmonese ha permesso di esplorare la vicenda del piano regolatore di Sulmona (1931-1937) mettendo il progetto in relazione con la visione giovannoniana dello sviluppo urbano e della tutela dei centri storici. Lo studio dei documenti conservati al Fondo Cerur presso l’Archivio Storico della Sapienza ha consentito di ricostruire più precisamente la delicata progettazione della Facoltà di Chimica (1932-1933) che risulta fondamentale per la carriera del progettista e indicativa del suo rapporto con Marcello Piacentini. Infine la consultazione delle carte della Società Anonima Aquila Romana custodite dalla Camera di Commercio di Roma ha rivelato un quadro più chiaro delle dinamiche all’origine della fortuna critica delle palazzine aschieriane realizzate a Roma con la società edilizia tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta a Roma. Nella terza fase si è deciso di esplorare l’aspetto relazione dell’opera di Aschieri individuando i legami e i rapporti collaborativi che hanno conformato la carriera professionale. Oltre allo studio della corrispondenza custodita nel Fondo Pietro Aschieri e la folta documentazione di articoli sono stati consultati i fondi archivistici di Giuseppe Capponi, Mario De Renzi, Gustavo Giovannoni (Roma), Marcello Piacentini, Roberto Papini (Firenze), Margherita Sarfatti (Rovereto), Gaetano Minnucci, Giovanni Battista Milani, Amerigo Bandiera, Enrico Del Debbio, Eugenio Montuori (Roma) e Gio Ponti (Milano). Inoltre altre ricerche sono state effettuate all’Archivio Centrale dello Stato, Centro Studi di Storia dell’Architettura (Fondo Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura), entrambi a Roma, e sono stati consultati gli annuari della Scuola di Applicazione per Ingegneri della Capitale. Il mosaico così composto ha prodotto importanti risultati in termini di numero e qualità. Per prima cosa sono stati ritrovati alcuni progetti inediti presso l’Archivio Storico Capitolino ed è stato possibile effettuare nuove attribuzioni di progetti conservati presso il fondo personale dell’architetto e ritrovarne l’effettiva realizzazione (è il caso della palazzina per la cooperativa dei Mutilati di guerra a Roma); inoltre sono stati tracciati nuove interpretazioni e giudizi critici in merito ai nodi storiografici precedentemente elencati. In particolare il ruolo svolto all’interno della cultura progettuale italiana appare ampliato per i continui rapporti e scambi con Margherita Sarfatti, Roberto Papini, Marcello Piacentini (con cui sviluppa un costante confronto culturale) e Gustavo Giovannoni (dal quale esercita un progressivo affrancamento). La dimensione politica si arricchisce di nuovi elementi che restituiscono un profilo complesso, espresso altresì – livello professionale – dall’ambiguità continua che vede un accurato professionista di architettura civile e un progettista di successo nei concorsi nazionali; un architetto sapiente nell’utilizzo del patrimonio storico e uno scenografo meticoloso nella definizione di spazi d’artificio. In conclusione il nuovo profilo tracciato si rivela come una premessa necessaria, in parte inedita, per l’auspicata ripresa di studi storiografici sulla sua opera: attraverso lo studio delle suoi progetti architettonici è stato possibile ricostruire il profilo di un professionista che – come dimostra l’impostazione stessa della tesi – esercita un continuo dialogo con il contesto e la Storia, assunti come matrici di un progetto che acquisti solidità culturale ed esprima, attraverso un linguaggio altamente comunicativo, una delle possibili declinazioni del codice tradizionale in un universo moderno.

Architettura e città nell'opera di Pietro Aschieri (1889-1952) / Coppo, Alberto. - (2017 Feb 09).

Architettura e città nell'opera di Pietro Aschieri (1889-1952)

COPPO, ALBERTO
09/02/2017

Abstract

La presente ricerca affronta un’ampia indagine storiografica sulla figura progettuale di Pietro Aschieri (1889-1952), ingegnere e architetto tra i protagonisti della cultura architettonica romana del primo Novecento. La paziente riconfigurazione di un’opera che spazia dalla scala urbanistica a quella scenografica e che risulta intrecciata con alcuni episodi architettonici fondamentali per l’architettonica italiana – basti pensare alla Città Universitaria di Roma e il quartiere dell’E42 – si è sviluppata non solo attraverso l’individuazione di nuovi progetti, ma anche in ottica di nuove interpretazioni critiche. Pur non volendo assumere la dimensione e la profondità di una monografia esaustiva, il lavoro ha avuto come costante obiettivo di promuovere un rinnovato interesse storiografico nei confronti di un architetto a partire dallo studio del fondo archivistico personale conservato presso l’Accademia Nazionale di San Luca. Fino ad oggi lo stato dell’arte era costituito da un lungo articolo monografico a cura di Paolo Marconi (1961-1962) e da una raccolta di saggi elaborati in occasione della mostra realizzata proprio dall’Accademia di San Luca (1977) in relazione al versamento del Fondo Pietro Aschieri. Il primo contributo ha avuto il merito di sistematizzare, a meno di dieci anni dalla morte del progettista, una buona parte dell’opera aschieriana, mentre il secondo ha offerto un’inedita lettura interpretativa a partire dal materiale già studiato dallo stesso Marconi, da Gianfranco Caniggia (Il clima architettonico romano e la città universitaria, 1959) e da Manfredo Tafuri (Dizionario biografico degli italiani, 1962). La successiva carenza di studi, se non in relazione a singoli episodi progettuali o legata ad attività specifiche come la scenografia, non aveva ancora esaurito il margine di sviluppo in merito alla conoscenza di un architetto emblematico per il delicato passaggio del progetto dalla tradizione accademica alla questione del moderno; margine che questo lavoro si propone di cominciare a colmare. Di conseguenza, si è scelto – da un punto di vista metodologico – di non concentrare la ricerca su un singolo aspetto dell’opera o su un fabbricato specifico, bensì portare avanti la ricerca sui fronti d’indagine ritenuti maggiormente significativi: la questione urbanistica, l’architettura pubblica e quella privata hanno permesso un’analisi trasversale e una conseguente impalcatura critica all’interno della quale inerire tutti i progetti, anche quelli minori e non realizzati, col fine di tratteggiare un nuovo regesto e, successivamente, un nuovo disegno interpretativo. La prima fase si è concentrata unendo il materiale custodito presso il Fondo Pietro Aschieri, l’Archivio Storico Capitolino e l’Archivio Progetti al Dipartimento di Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma. Il ritrovamento degli elaborati progettuali e lo studio dei documenti archivistici sono stati incrociati con un ampio studio bibliografico per definire i nodi storiografici di partenza: il ruolo svolto dal progettista all’interno della cultura progettuale romana, il rapporto con Giovannoni e con Piacentini, la dimensione politica della sua opera, il legame con la committenza privata (in particolare con la Società Anonima Aquila Romana), la formazione e lo sviluppo della visione scenografica; infine le motivazioni che hanno portato l’ingegnere a dedicarsi quasi esclusivamente alla carriera di scenografo teatrale. In seguito sono stati individuati tre progetti chiave per ogni area tematica definita e sono state condotte indagini specifiche: la ricerca all’archivio di Stato dell’Aquila nella sede sulmonese ha permesso di esplorare la vicenda del piano regolatore di Sulmona (1931-1937) mettendo il progetto in relazione con la visione giovannoniana dello sviluppo urbano e della tutela dei centri storici. Lo studio dei documenti conservati al Fondo Cerur presso l’Archivio Storico della Sapienza ha consentito di ricostruire più precisamente la delicata progettazione della Facoltà di Chimica (1932-1933) che risulta fondamentale per la carriera del progettista e indicativa del suo rapporto con Marcello Piacentini. Infine la consultazione delle carte della Società Anonima Aquila Romana custodite dalla Camera di Commercio di Roma ha rivelato un quadro più chiaro delle dinamiche all’origine della fortuna critica delle palazzine aschieriane realizzate a Roma con la società edilizia tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta a Roma. Nella terza fase si è deciso di esplorare l’aspetto relazione dell’opera di Aschieri individuando i legami e i rapporti collaborativi che hanno conformato la carriera professionale. Oltre allo studio della corrispondenza custodita nel Fondo Pietro Aschieri e la folta documentazione di articoli sono stati consultati i fondi archivistici di Giuseppe Capponi, Mario De Renzi, Gustavo Giovannoni (Roma), Marcello Piacentini, Roberto Papini (Firenze), Margherita Sarfatti (Rovereto), Gaetano Minnucci, Giovanni Battista Milani, Amerigo Bandiera, Enrico Del Debbio, Eugenio Montuori (Roma) e Gio Ponti (Milano). Inoltre altre ricerche sono state effettuate all’Archivio Centrale dello Stato, Centro Studi di Storia dell’Architettura (Fondo Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura), entrambi a Roma, e sono stati consultati gli annuari della Scuola di Applicazione per Ingegneri della Capitale. Il mosaico così composto ha prodotto importanti risultati in termini di numero e qualità. Per prima cosa sono stati ritrovati alcuni progetti inediti presso l’Archivio Storico Capitolino ed è stato possibile effettuare nuove attribuzioni di progetti conservati presso il fondo personale dell’architetto e ritrovarne l’effettiva realizzazione (è il caso della palazzina per la cooperativa dei Mutilati di guerra a Roma); inoltre sono stati tracciati nuove interpretazioni e giudizi critici in merito ai nodi storiografici precedentemente elencati. In particolare il ruolo svolto all’interno della cultura progettuale italiana appare ampliato per i continui rapporti e scambi con Margherita Sarfatti, Roberto Papini, Marcello Piacentini (con cui sviluppa un costante confronto culturale) e Gustavo Giovannoni (dal quale esercita un progressivo affrancamento). La dimensione politica si arricchisce di nuovi elementi che restituiscono un profilo complesso, espresso altresì – livello professionale – dall’ambiguità continua che vede un accurato professionista di architettura civile e un progettista di successo nei concorsi nazionali; un architetto sapiente nell’utilizzo del patrimonio storico e uno scenografo meticoloso nella definizione di spazi d’artificio. In conclusione il nuovo profilo tracciato si rivela come una premessa necessaria, in parte inedita, per l’auspicata ripresa di studi storiografici sulla sua opera: attraverso lo studio delle suoi progetti architettonici è stato possibile ricostruire il profilo di un professionista che – come dimostra l’impostazione stessa della tesi – esercita un continuo dialogo con il contesto e la Storia, assunti come matrici di un progetto che acquisti solidità culturale ed esprima, attraverso un linguaggio altamente comunicativo, una delle possibili declinazioni del codice tradizionale in un universo moderno.
9-feb-2017
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Tesi dottorato Coppo

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Note: Testo integrale con copertina
Tipologia: Tesi di dottorato
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