Con un’osservazione perspicua contenuta nei Paradigmi per una metaforologia Hans Blumenberg nota che un’indagine rinnovata sul linguaggio della filosofia – e sulle metafore attraverso cui essa si esprime – si rende necessaria, giacché la logica della fantasia è rimasta troppo a lungo orfana della giusta considerazione che avrebbe meritato da parte della storia delle idee. È difatti proprio concentrando i suoi studi sul linguaggio metaforico che a Blumenberg risulta chiaro come il problema dell’immaginazione abbia pagato, con l’esclusione dalla Begriffsgeschichte, il dazio a un vecchio pregiudizio razionalista. Quel pregiudizio per il quale s’individuava nella chiarezza e nella distinzione concettuale della definizione il punto di arrivo dell’analisi filosofica, e si riconosceva nell’immaginazione solamente una facoltà inferiore dell’animo, in cui cioè si condensano elementi psicologici privi di ogni carattere propriamente scientifico. Ciò, secondo Blumenberg, almeno fino all’avvento del pensiero di Immanuel Kant che, al contrario, assegna all’immaginazione un ruolo centrale nei rapporti fra le facoltà, ne definisce lo statuto epistemologico e ne chiarisce la rilevanza all’interno del processo conoscitivo. Assumiamo le considerazioni di Blumenberg come ipotesi per la nostra breve riflessione. Ne deriveranno due conseguenze. La prima è che se si vuole capire perché il tema dell’immaginazione non possa essere trascurato, là dove a essere messo in questione è il linguaggio proprio della filosofia, bisognerà ripartire dall’indagine kantiana per comprendere quale parte l’immaginazione giochi nell’intero campo dell’interrogazione filosofica. Ciò appare inevitabile dal momento che è stato il filosofo di Königsberg – assegnando alla facultas imaginandi uno specifico ambito operativo e determinando il tipo particolare di esibizione che da essa dipende – ad affermare un ruolo dirimente dell’immaginazione non solo nel contesto della conoscenza scientifica, ma anche nel contesto dell’esperienza e della conoscenza in genere. D’altro canto, se è proprio inserendosi nel solco tracciato dalla filosofia critica che la questione dell’immaginazione sembra esondare da un ambito specifico della conoscenza, ci pare non sia possibile ignorare il rapporto che oggi intercorre tra i processi immaginativi e l’interrogazione antropologica – rapporto favorito dall’incontrovertibile inerenza di entrambi alle repentine modificazioni della tecnologia. Sarà dunque necessario in queste poche pagine rivolgersi anche ad alcuni casi esemplari del pensiero filosofico contemporaneo, proprio là dove esso maggiormente lambisce il problema antropologico o dove addirittura tenta di costituirsi come un’antropologia filosofica.

Appunti sullo schematismo e le sue conseguenze antropologiche / Gianfrancesco, Fabio; Morawski, Tommaso. - In: POLEMOS. - ISSN 2281-9517. - STAMPA. - VIII:6-7(2014), pp. 133-152.

Appunti sullo schematismo e le sue conseguenze antropologiche

GIANFRANCESCO, FABIO
;
MORAWSKI, TOMMASO
2014

Abstract

Con un’osservazione perspicua contenuta nei Paradigmi per una metaforologia Hans Blumenberg nota che un’indagine rinnovata sul linguaggio della filosofia – e sulle metafore attraverso cui essa si esprime – si rende necessaria, giacché la logica della fantasia è rimasta troppo a lungo orfana della giusta considerazione che avrebbe meritato da parte della storia delle idee. È difatti proprio concentrando i suoi studi sul linguaggio metaforico che a Blumenberg risulta chiaro come il problema dell’immaginazione abbia pagato, con l’esclusione dalla Begriffsgeschichte, il dazio a un vecchio pregiudizio razionalista. Quel pregiudizio per il quale s’individuava nella chiarezza e nella distinzione concettuale della definizione il punto di arrivo dell’analisi filosofica, e si riconosceva nell’immaginazione solamente una facoltà inferiore dell’animo, in cui cioè si condensano elementi psicologici privi di ogni carattere propriamente scientifico. Ciò, secondo Blumenberg, almeno fino all’avvento del pensiero di Immanuel Kant che, al contrario, assegna all’immaginazione un ruolo centrale nei rapporti fra le facoltà, ne definisce lo statuto epistemologico e ne chiarisce la rilevanza all’interno del processo conoscitivo. Assumiamo le considerazioni di Blumenberg come ipotesi per la nostra breve riflessione. Ne deriveranno due conseguenze. La prima è che se si vuole capire perché il tema dell’immaginazione non possa essere trascurato, là dove a essere messo in questione è il linguaggio proprio della filosofia, bisognerà ripartire dall’indagine kantiana per comprendere quale parte l’immaginazione giochi nell’intero campo dell’interrogazione filosofica. Ciò appare inevitabile dal momento che è stato il filosofo di Königsberg – assegnando alla facultas imaginandi uno specifico ambito operativo e determinando il tipo particolare di esibizione che da essa dipende – ad affermare un ruolo dirimente dell’immaginazione non solo nel contesto della conoscenza scientifica, ma anche nel contesto dell’esperienza e della conoscenza in genere. D’altro canto, se è proprio inserendosi nel solco tracciato dalla filosofia critica che la questione dell’immaginazione sembra esondare da un ambito specifico della conoscenza, ci pare non sia possibile ignorare il rapporto che oggi intercorre tra i processi immaginativi e l’interrogazione antropologica – rapporto favorito dall’incontrovertibile inerenza di entrambi alle repentine modificazioni della tecnologia. Sarà dunque necessario in queste poche pagine rivolgersi anche ad alcuni casi esemplari del pensiero filosofico contemporaneo, proprio là dove esso maggiormente lambisce il problema antropologico o dove addirittura tenta di costituirsi come un’antropologia filosofica.
2014
estetica; Kant; negazione linguistica; immagginazione
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Appunti sullo schematismo e le sue conseguenze antropologiche / Gianfrancesco, Fabio; Morawski, Tommaso. - In: POLEMOS. - ISSN 2281-9517. - STAMPA. - VIII:6-7(2014), pp. 133-152.
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