Il lavoro è stato ispirato da un biennio di ricerca effettuato presso l’Unità contratti dell’Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito degli affidamenti delle commesse pubbliche inerenti a servizi di ricerca e sviluppo, esclusi dall’applicazione del codice dei contratti pubblici . In quel ristrettissimo ambito la pubblica amministrazione si serve di strumenti di affidamento flessibili e di schemi contrattuali frutto del concertamento con la controparte privata che meglio si attagliano al particolare fine istituzionale degli enti pubblici di ricerca, in ragione della specificità dello scopo pubblico cui essi tendono. Ciò permette di asserire che nel settore della ricerca e dello sviluppo l’ente pubblico di ricerca goda di ampia discrezionalità nel definire l’iter procedurale di affidamento della commessa ed esercita una certa autonomia contrattuale nel definire i contenuti del contratto e la gestione dello stesso. Si tratta di un settore in cui più di altri il diritto amministrativo perde terreno e l’attività amministrativa vede il sovrapporsi del diritto comune come fonte di indirizzo e di disciplina. Nell’ambito da cui trae ispirazione la presente trattazione, a fronte di un vasto utilizzo di regole ed istituti del diritto civile, si è registrato altresì il forte influsso della normativa europea, che nel 2004 inseriva i servizi di ricerca e sviluppo nella cerchia dei c.d. contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici e dieci anni dopo li relegava in un settore a sé stante, dotato, almeno in base ad una prima lettura della norma, di un’ancora maggiore elasticità nella determinazione dell’iter procedurale di affidamento e di quanto in termini di autonomia contrattuale ne consegue. La pubblica amministrazione si serve costantemente di contratti per il raggiungimento dei propri fini istituzionali e le regole e gli istituti di diritto privato vengono regolarmente utilizzati, pur a fronte di una sempre maggiore pubblicizzazione della normativa sulla contrattualistica pubblica dettata soprattutto dall’influsso del legislatore europeo. In ragione dell’esperienza maturata, ci si è chiesti allora se residuassero, nell’ambito dell’azione amministrativa per contratti, spazi di autonomia privata da riconoscersi in capo alla Pubblica amministrazione, soprattutto alla luce delle recenti trasformazioni della disciplina della contrattualistica pubblica scaturenti dalle direttive europee del 2014. Gli obblighi di pubblicità, la disciplina relativa alle varie tipologie di affidamento e, in particolare, la previa fissazione dei criteri di aggiudicazione immodificabili, e come si avrà modo di considerare, le disposizioni relative all’esecuzione dei contratti, l’imposizione di misure volte al perseguimento di obiettivi diversi dal risparmio di spesa, sono gli strumenti mediante i quali l’ordinamento europeo ha inciso sull’autonomia negoziale della pubblica amministrazione, nelle forme che nel corso della trattazione verranno analizzate. Da un certo punto di vista infatti, l’influenza del diritto comunitario, radicando l’affermarsi del principio dell’evidenza pubblica nell’ottica principale di tutelare la concorrenza, ha prodotto un graduale esaurimento della discrezionalità nella scelta del contraente, agendo in prima battuta sulle procedure selettive. In particolare si registrano da una parte la restrizione della possibilità di ricorrere all’istituto della trattativa privata mediante l’esplicitazione di ipotesi tassative, e una maggiore procedimentalizzazione delle altre procedure, dall’altra l’introduzione di nuove forme di contrattazione che in ragione della particolare natura della commessa pubblica, lasciano maggiori margini di esercizio dell’autonomia negoziale da parte dell’acquirente pubblico. Sin dall’emanazione delle direttive del 2014 si è sostenuto che esse, mediante l’introduzione di nuove forme di contrattazione, come il partenariato per l’innovazione e la promozione delle consultazioni preliminari di mercato, abbiano dato avvio allo sviluppo di un rapporto tra amministrazioni e privati improntato al principio di informalità, favorendo la rimozione di adempimenti formali, vincoli e regole piuttosto rigidi. Del resto la visione stessa e la fiducia che l’ordinamento europeo ripone nei confronti delle amministrazioni e delle imprese operanti nel mercato dei contratti pubblici si differenziano profondamente, per ragioni storico-sociali, da quelle nazionali. La principale conseguenza del diverso approccio nazionale si è concretizzata nell’ultimo decennio in una maggiore tipizzazione delle condotte e ad una preferenza per regole ed istituti del diritto pubblico a discapito della libertà delle forme tipica del diritto privato. Per converso la più recente tendenza dell’ordinamento europeo è stata quella di incentivare i soggetti pubblici ad agire secondo logiche più vicine a quelle dei soggetti privati, tendendo ad incrementare la capacità di scelta delle amministrazioni, ossia l’esercizio della loro discrezionalità. Come si avrà modo di verificare, dall’analisi effettuata emergerà un trend che inverte la rotta dalla privatizzazione delle norme applicabili all’amministrazione per contratti all’attrazione degli istituti civilistici nella disciplina pubblicistica. Si potrà apprezzare una sempre più radicata tendenza alla tipizzazione di schemi contrattuali un tempo considerati atipici e alla procedimentalizzazione estrema tanto delle fasi di selezione del contraente quanto della fase ancora precedente delle consultazioni preliminari di mercato incide profondamente sull’autonomia negoziale della p.a. Le aspettative del 2014 derivanti dalla vocazione e dall’intento dichiarato del legislatore comunitario di attribuire alla p.a. una maggiore flessibilità nella scelta del contraente e riconoscerle una maggiore discrezionalità nella fase selettiva, dovranno considerarsi tradite. L’impostazione adottata dal legislatore nazionale in ordine alla riorganizzazione della disciplina dei contratti pubblici ha completato il quadro, limitando l’autonomia contrattuale dell’ente pubblico mediante l’inserimento di prescrizioni vincolanti anche per l’affidamento e la gestione di contratti non tipizzati. Se da una parte i presupposti per utilizzare taluni istituti, come ad esempio il dialogo competitivo e la procedura competitiva con negoziazione, abbiano subito un ampliamento rispetto alla normativa precedente, da un altro punto di vista si è avuto modo di accertare che la pubblica amministrazione, pur a valle dell’introduzione di più flessibili procedure selettive, rimane limitata dalla normativa di stampo pubblicistico nella scelta del contraente così come nel determinare il contenuto del contratto, salvo limitati casi. L’ispessimento della trama pubblicistica avvolge gli istituti contrattuali, soprattutto in ambito di procedure ad evidenza pubblica. Nei pochi casi in cui l’ente pubblico è libero di identificare l’iter procedurale da seguire per lo svolgimento dell’attività amministrativa di migliore definizione del proprio bisogno, ovvero per l’attività di collaborazione da instaurare con il privato finalizzata alla scelta della tipologia contrattuale maggiormente utile allo scopo, perché manca una normativa cogente in tal senso, essa agisce esercitando comunque discrezionalità, che secondo la giurisprudenza e la dottrina mal si concilia con l’esercizio di autonomia contrattuale. Così già quando l’amministrazione è legittimata a fare ricorso alla consultazione preliminare del mercato al fine di definire in maniera più compiuta l’oggetto dell’appalto, questa agisce scegliendo un iter procedurale più conforme alle proprie esigenze, ma comunque nel rispetto dei principi cardine dell’attività contrattuale pubblica. L’estensione della disciplina pubblica ha avuto un effetto prescrittivo e condizionante che ingessa l’amministrazione anche quando si tratta di procedere alla determinazione delle caratteristiche tecniche dell’oggetto dell’affidamento, contrattando con gli operatori selezionati e addivenendo insieme con essi alla definizione della commessa per poi aggiudicare ad uno di essi, come avviene per il dialogo competitivo, per il partenariato per l’innovazione ed in misura ridotta per le procedure negoziate. L’esercizio della discrezionalità si riduce grandemente e anche la regolamentazione dell’iter procedurale si spessisce rispetto alla mera consultazione. Quella stessa discrezionalità si esaurisce quasi azzerandosi nelle procedure meccaniche. Si conferma così una normativa incentrata anche in ambito contrattuale a presidio dell’imparzialità, della trasparenza e della concorrenza che per tradizione ancora una volta favorisce modelli distanti dalla negoziazione competitiva privata e inclini al massimo abbattimento della discrezionalità amministrativa, tramite automatismi e una rigida regolamentazione del procedimento. Relativamente all’utilizzo di strumenti contrattuali non tipizzati, quel che emergerà è che a partire dalla fenomenologia dei partenariati pubblico-privati, il contratto atipico è passato da strumento osteggiato a modalità operativa standard e anzi, in taluni casi standardizzata. In questo senso si è rilevata una duplice tendenza dell’ordinamento: la procedimentalizzazione della fase prodromica di selezione del contraente e la sempre maggiore tipizzazione dello strumento contrattuale atipico. Tanto la procedimentalizzazione quanto la tipizzazione sono il frutto di un duplice intervento: il primo operato dal legislatore mediante l’estensione della disciplina pubblicistica che produce effetti prescrittivi e vincolanti nei confronti della p.a.; il secondo, dato dall’applicazione automatica del regime amministrativo da parte della giurisprudenza e dell’elaborazione dottrinale. Entrambi hanno per effetto la riduzione dello spazio di esercizio dell’autonomia contrattuale dell’ente pubblico. A livello nazionale si assiste al rafforzarsi della tendenza legislativa tutta italiana alla iper-regolamentazione e alla tipizzazione di quei modelli contrattuali un tempo atipici che di fatto si riverbera negativamente sull’esercizio dell’autonomia contrattuale della p.a. Ancora una volta dunque la tipizzazione settoriale di contratti un tempo atipici e l’irrigidimento delle procedure selettive denota una perdurante sfiducia nella capacità delle amministrazioni di esercitare la loro autonomia e discrezionalità, in completa controtendenza rispetto all’impostazione degli altri Paesi europei e rispetto all’impianto della stessa UE.

L'autonomia contrattuale della pubblica amministrazione tra tipicità e atipicità / Viti, Vanessa. - (2017 Feb 21).

L'autonomia contrattuale della pubblica amministrazione tra tipicità e atipicità

VITI, VANESSA
21/02/2017

Abstract

Il lavoro è stato ispirato da un biennio di ricerca effettuato presso l’Unità contratti dell’Agenzia Spaziale Italiana nell’ambito degli affidamenti delle commesse pubbliche inerenti a servizi di ricerca e sviluppo, esclusi dall’applicazione del codice dei contratti pubblici . In quel ristrettissimo ambito la pubblica amministrazione si serve di strumenti di affidamento flessibili e di schemi contrattuali frutto del concertamento con la controparte privata che meglio si attagliano al particolare fine istituzionale degli enti pubblici di ricerca, in ragione della specificità dello scopo pubblico cui essi tendono. Ciò permette di asserire che nel settore della ricerca e dello sviluppo l’ente pubblico di ricerca goda di ampia discrezionalità nel definire l’iter procedurale di affidamento della commessa ed esercita una certa autonomia contrattuale nel definire i contenuti del contratto e la gestione dello stesso. Si tratta di un settore in cui più di altri il diritto amministrativo perde terreno e l’attività amministrativa vede il sovrapporsi del diritto comune come fonte di indirizzo e di disciplina. Nell’ambito da cui trae ispirazione la presente trattazione, a fronte di un vasto utilizzo di regole ed istituti del diritto civile, si è registrato altresì il forte influsso della normativa europea, che nel 2004 inseriva i servizi di ricerca e sviluppo nella cerchia dei c.d. contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici e dieci anni dopo li relegava in un settore a sé stante, dotato, almeno in base ad una prima lettura della norma, di un’ancora maggiore elasticità nella determinazione dell’iter procedurale di affidamento e di quanto in termini di autonomia contrattuale ne consegue. La pubblica amministrazione si serve costantemente di contratti per il raggiungimento dei propri fini istituzionali e le regole e gli istituti di diritto privato vengono regolarmente utilizzati, pur a fronte di una sempre maggiore pubblicizzazione della normativa sulla contrattualistica pubblica dettata soprattutto dall’influsso del legislatore europeo. In ragione dell’esperienza maturata, ci si è chiesti allora se residuassero, nell’ambito dell’azione amministrativa per contratti, spazi di autonomia privata da riconoscersi in capo alla Pubblica amministrazione, soprattutto alla luce delle recenti trasformazioni della disciplina della contrattualistica pubblica scaturenti dalle direttive europee del 2014. Gli obblighi di pubblicità, la disciplina relativa alle varie tipologie di affidamento e, in particolare, la previa fissazione dei criteri di aggiudicazione immodificabili, e come si avrà modo di considerare, le disposizioni relative all’esecuzione dei contratti, l’imposizione di misure volte al perseguimento di obiettivi diversi dal risparmio di spesa, sono gli strumenti mediante i quali l’ordinamento europeo ha inciso sull’autonomia negoziale della pubblica amministrazione, nelle forme che nel corso della trattazione verranno analizzate. Da un certo punto di vista infatti, l’influenza del diritto comunitario, radicando l’affermarsi del principio dell’evidenza pubblica nell’ottica principale di tutelare la concorrenza, ha prodotto un graduale esaurimento della discrezionalità nella scelta del contraente, agendo in prima battuta sulle procedure selettive. In particolare si registrano da una parte la restrizione della possibilità di ricorrere all’istituto della trattativa privata mediante l’esplicitazione di ipotesi tassative, e una maggiore procedimentalizzazione delle altre procedure, dall’altra l’introduzione di nuove forme di contrattazione che in ragione della particolare natura della commessa pubblica, lasciano maggiori margini di esercizio dell’autonomia negoziale da parte dell’acquirente pubblico. Sin dall’emanazione delle direttive del 2014 si è sostenuto che esse, mediante l’introduzione di nuove forme di contrattazione, come il partenariato per l’innovazione e la promozione delle consultazioni preliminari di mercato, abbiano dato avvio allo sviluppo di un rapporto tra amministrazioni e privati improntato al principio di informalità, favorendo la rimozione di adempimenti formali, vincoli e regole piuttosto rigidi. Del resto la visione stessa e la fiducia che l’ordinamento europeo ripone nei confronti delle amministrazioni e delle imprese operanti nel mercato dei contratti pubblici si differenziano profondamente, per ragioni storico-sociali, da quelle nazionali. La principale conseguenza del diverso approccio nazionale si è concretizzata nell’ultimo decennio in una maggiore tipizzazione delle condotte e ad una preferenza per regole ed istituti del diritto pubblico a discapito della libertà delle forme tipica del diritto privato. Per converso la più recente tendenza dell’ordinamento europeo è stata quella di incentivare i soggetti pubblici ad agire secondo logiche più vicine a quelle dei soggetti privati, tendendo ad incrementare la capacità di scelta delle amministrazioni, ossia l’esercizio della loro discrezionalità. Come si avrà modo di verificare, dall’analisi effettuata emergerà un trend che inverte la rotta dalla privatizzazione delle norme applicabili all’amministrazione per contratti all’attrazione degli istituti civilistici nella disciplina pubblicistica. Si potrà apprezzare una sempre più radicata tendenza alla tipizzazione di schemi contrattuali un tempo considerati atipici e alla procedimentalizzazione estrema tanto delle fasi di selezione del contraente quanto della fase ancora precedente delle consultazioni preliminari di mercato incide profondamente sull’autonomia negoziale della p.a. Le aspettative del 2014 derivanti dalla vocazione e dall’intento dichiarato del legislatore comunitario di attribuire alla p.a. una maggiore flessibilità nella scelta del contraente e riconoscerle una maggiore discrezionalità nella fase selettiva, dovranno considerarsi tradite. L’impostazione adottata dal legislatore nazionale in ordine alla riorganizzazione della disciplina dei contratti pubblici ha completato il quadro, limitando l’autonomia contrattuale dell’ente pubblico mediante l’inserimento di prescrizioni vincolanti anche per l’affidamento e la gestione di contratti non tipizzati. Se da una parte i presupposti per utilizzare taluni istituti, come ad esempio il dialogo competitivo e la procedura competitiva con negoziazione, abbiano subito un ampliamento rispetto alla normativa precedente, da un altro punto di vista si è avuto modo di accertare che la pubblica amministrazione, pur a valle dell’introduzione di più flessibili procedure selettive, rimane limitata dalla normativa di stampo pubblicistico nella scelta del contraente così come nel determinare il contenuto del contratto, salvo limitati casi. L’ispessimento della trama pubblicistica avvolge gli istituti contrattuali, soprattutto in ambito di procedure ad evidenza pubblica. Nei pochi casi in cui l’ente pubblico è libero di identificare l’iter procedurale da seguire per lo svolgimento dell’attività amministrativa di migliore definizione del proprio bisogno, ovvero per l’attività di collaborazione da instaurare con il privato finalizzata alla scelta della tipologia contrattuale maggiormente utile allo scopo, perché manca una normativa cogente in tal senso, essa agisce esercitando comunque discrezionalità, che secondo la giurisprudenza e la dottrina mal si concilia con l’esercizio di autonomia contrattuale. Così già quando l’amministrazione è legittimata a fare ricorso alla consultazione preliminare del mercato al fine di definire in maniera più compiuta l’oggetto dell’appalto, questa agisce scegliendo un iter procedurale più conforme alle proprie esigenze, ma comunque nel rispetto dei principi cardine dell’attività contrattuale pubblica. L’estensione della disciplina pubblica ha avuto un effetto prescrittivo e condizionante che ingessa l’amministrazione anche quando si tratta di procedere alla determinazione delle caratteristiche tecniche dell’oggetto dell’affidamento, contrattando con gli operatori selezionati e addivenendo insieme con essi alla definizione della commessa per poi aggiudicare ad uno di essi, come avviene per il dialogo competitivo, per il partenariato per l’innovazione ed in misura ridotta per le procedure negoziate. L’esercizio della discrezionalità si riduce grandemente e anche la regolamentazione dell’iter procedurale si spessisce rispetto alla mera consultazione. Quella stessa discrezionalità si esaurisce quasi azzerandosi nelle procedure meccaniche. Si conferma così una normativa incentrata anche in ambito contrattuale a presidio dell’imparzialità, della trasparenza e della concorrenza che per tradizione ancora una volta favorisce modelli distanti dalla negoziazione competitiva privata e inclini al massimo abbattimento della discrezionalità amministrativa, tramite automatismi e una rigida regolamentazione del procedimento. Relativamente all’utilizzo di strumenti contrattuali non tipizzati, quel che emergerà è che a partire dalla fenomenologia dei partenariati pubblico-privati, il contratto atipico è passato da strumento osteggiato a modalità operativa standard e anzi, in taluni casi standardizzata. In questo senso si è rilevata una duplice tendenza dell’ordinamento: la procedimentalizzazione della fase prodromica di selezione del contraente e la sempre maggiore tipizzazione dello strumento contrattuale atipico. Tanto la procedimentalizzazione quanto la tipizzazione sono il frutto di un duplice intervento: il primo operato dal legislatore mediante l’estensione della disciplina pubblicistica che produce effetti prescrittivi e vincolanti nei confronti della p.a.; il secondo, dato dall’applicazione automatica del regime amministrativo da parte della giurisprudenza e dell’elaborazione dottrinale. Entrambi hanno per effetto la riduzione dello spazio di esercizio dell’autonomia contrattuale dell’ente pubblico. A livello nazionale si assiste al rafforzarsi della tendenza legislativa tutta italiana alla iper-regolamentazione e alla tipizzazione di quei modelli contrattuali un tempo atipici che di fatto si riverbera negativamente sull’esercizio dell’autonomia contrattuale della p.a. Ancora una volta dunque la tipizzazione settoriale di contratti un tempo atipici e l’irrigidimento delle procedure selettive denota una perdurante sfiducia nella capacità delle amministrazioni di esercitare la loro autonomia e discrezionalità, in completa controtendenza rispetto all’impostazione degli altri Paesi europei e rispetto all’impianto della stessa UE.
21-feb-2017
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