Il tinnito rappresenta una delle possibili condizioni cliniche correlate a fenomeni di plasticità maladattativa che si realizzano non solo nelle aree del pathway uditivo primario, ma anche nel contesto di aree cerebrali associative. La deprivazione sensoriale è considerata alla base della patogenesi del tinnito. Si ritiene che nel tentativo di preservare l’efficienza di codifica degli stimoli acustici in presenza di uno stato anche transitorio di ipoacusia si attivino dei meccanismi di compenso (“cental gain” compensatorio o di adattamento) (Norena e Farley, 2013) espressione di una plasticità neuronale che modifica la sensibilità dei neuroni centrali rendendoli iperattivi e quindi responsivi anche a stimoli di bassa intensità (Norena, 2011; Turrigiano, 2011). E’ stato dimostrato, inoltre, che la deprivazione sensoriale può modificare il livello di espressione dei recettori serotoninergici modificando la responsività neuronale di differenti aree cerebrali. La tesi di dottorato si articola in due esperimenti che, attraverso metodiche psicofisiologiche (potenziali evocati uditivi sia stimolo che evento-correlati ossia gli Event Related Potentials-ERPs), hanno confermato la presenza di alterazioni sia in pathway neurotrasmettitoriali specifici che nella funzionalità di selettive aree corticali in corso di tinnito cronico. Nel primo lavoro la valutazione dei parametri ABR e dell’indice elettrofisiologico derivato IDAP (Intensity Dependance of Auditory Evoked Potential) e N1 ASF slope hanno dimostrato la presenza di una disfunzione del tono serotoninergico centrale in presenza di sintomi uditivi fantasma. In particolare, il prolungamento della latenza dell’onda V e dell’interpicco III-V riscontrato nei nostri pazienti è da correlare con l’incrementata attività nel CI associabile ad uno squilibrio tra l’attività dei recettori 5-HT1A e 5-HT1B. Inoltre, la maggiore dipendenza dall’intensità dello stimolo dei potenziali evocati corticali e la compromissione dei processi di abituazione corticale (come mostrato dai valori IDAP) è da imputare alla disfunzione serotoninergica (in particolare ad una riduzione del tono serotoninergico) nell’ambito della corteccia uditiva primaria nei soggetti con tinnito. Tale disfunzione serotoninergica cioè, non solo rallenta il processamento dello stimolo nelle fasi più precoci (aumentate latenze del picco V e interpicco III-V) ma sembra rallentarne anche l’adeguato immagazzinamento corticale automatico (maggiori valori IDAP nei soggetti con tinnito rispetto ai controlli). D’altro canto le modificazioni plastiche maladattative che in corso di tinnito si determinano anche a carico delle aree cerebrali associative possono accompagnarsi a disfunzioni cognitive più o meno complesse. In effetti, nel secondo lavoro lo studio del processamento attentivo dello stimolo acustico attraverso gli ERPs ha permesso di rilevare delle selettive disfunzioni attentive in corso di tinnito cronico. Oltre a confermare un globale rallentamento nelle fasi precoci della percezione dello stimolo si osserva come il tinnito non comprometta la capacità di discriminazione e memorizzazione conscia. La presenza di sintomi uditivi phantom sembra essere invece selettivamente associata a una specifica difficoltà nello switching attentivo verso eventi inattesi durante una risposta di orientamento. La difficoltà a shiftare l’attenzione è verosimilmente dovuta alla minore disponibilità di risorse attentive che si determina in presenza di tinnito. Tale stimolo endogeno, infatti, compete con le risorse attentive disponibili furtandole e impedendo che vengano adeguatamente impiegate per il riconoscimento di stimoli esterni salienti e significanti. Il nostro approccio psicofisiologico ha consentito di obbiettivare e misurare la presenza di tale deficit attentivo selettivo fornendo ipotesi circa le sue basi fisiopatologiche. Tale difficoltà a shiftare l’attenzione è infatti probabilmente legata ad una alterazione funzionale a carico di regioni cortico-sottocorticali (cortecce prefrontali, ACC, cervelletto) che intervengono nella definizione del network attentivo ventrale tipicamente coinvolto nei processi di orientamento allo stimolo (Corbetta e Shulman, 2002; Corbetta et al., 2008) Ulteriori studi sono necessari per confermare i dati relativi sia alla disfunzione serotoninergica centrale che per indagare gli effetti dei cambiamenti plastici maladattativi sulle funzioni cognitive in corso di tinnito cronico. Tuttavia, da un punto di vista clinico, i nostri dati forniscono delle utili prospettive terapeutiche sia farmacologiche che riabilitative. La presenza di una disfunzione serotoninergica potrebbe verosimilmente giovarsi dell’uso di farmaci modulatori (agonisti/antagonisti) della 5-HT. Allo stesso modo, il riscontro di deficit attentivi selettivi consente di programmare interventi di riabilitazione cognitiva più appropriati nel tinnito focalizzandoli sull’abilità a orientare correttamente l’attenzione verso stimoli salienti durante un task cognitivo. Inoltre, le nostre ipotesi relative alla fisiopatologia dei disturbi attentivi nel tinnito potrebbero contribuire all’identificazione di nuove aree neurali target per il trattamento delle disfunzioni cognitive attraverso tecniche di neuro modulazione (ripetitive transcranial magnetic stimulation - rTMS; transcranial direct current stimulation - tDCS) nei soggetti con tinnito cronico.
Studio della plasticità maladattativa del tinnito cronico attraverso metodiche psicofisiologiche / Mannarelli, Daniela. - (2017 Feb 28).
Studio della plasticità maladattativa del tinnito cronico attraverso metodiche psicofisiologiche
MANNARELLI, DANIELA
28/02/2017
Abstract
Il tinnito rappresenta una delle possibili condizioni cliniche correlate a fenomeni di plasticità maladattativa che si realizzano non solo nelle aree del pathway uditivo primario, ma anche nel contesto di aree cerebrali associative. La deprivazione sensoriale è considerata alla base della patogenesi del tinnito. Si ritiene che nel tentativo di preservare l’efficienza di codifica degli stimoli acustici in presenza di uno stato anche transitorio di ipoacusia si attivino dei meccanismi di compenso (“cental gain” compensatorio o di adattamento) (Norena e Farley, 2013) espressione di una plasticità neuronale che modifica la sensibilità dei neuroni centrali rendendoli iperattivi e quindi responsivi anche a stimoli di bassa intensità (Norena, 2011; Turrigiano, 2011). E’ stato dimostrato, inoltre, che la deprivazione sensoriale può modificare il livello di espressione dei recettori serotoninergici modificando la responsività neuronale di differenti aree cerebrali. La tesi di dottorato si articola in due esperimenti che, attraverso metodiche psicofisiologiche (potenziali evocati uditivi sia stimolo che evento-correlati ossia gli Event Related Potentials-ERPs), hanno confermato la presenza di alterazioni sia in pathway neurotrasmettitoriali specifici che nella funzionalità di selettive aree corticali in corso di tinnito cronico. Nel primo lavoro la valutazione dei parametri ABR e dell’indice elettrofisiologico derivato IDAP (Intensity Dependance of Auditory Evoked Potential) e N1 ASF slope hanno dimostrato la presenza di una disfunzione del tono serotoninergico centrale in presenza di sintomi uditivi fantasma. In particolare, il prolungamento della latenza dell’onda V e dell’interpicco III-V riscontrato nei nostri pazienti è da correlare con l’incrementata attività nel CI associabile ad uno squilibrio tra l’attività dei recettori 5-HT1A e 5-HT1B. Inoltre, la maggiore dipendenza dall’intensità dello stimolo dei potenziali evocati corticali e la compromissione dei processi di abituazione corticale (come mostrato dai valori IDAP) è da imputare alla disfunzione serotoninergica (in particolare ad una riduzione del tono serotoninergico) nell’ambito della corteccia uditiva primaria nei soggetti con tinnito. Tale disfunzione serotoninergica cioè, non solo rallenta il processamento dello stimolo nelle fasi più precoci (aumentate latenze del picco V e interpicco III-V) ma sembra rallentarne anche l’adeguato immagazzinamento corticale automatico (maggiori valori IDAP nei soggetti con tinnito rispetto ai controlli). D’altro canto le modificazioni plastiche maladattative che in corso di tinnito si determinano anche a carico delle aree cerebrali associative possono accompagnarsi a disfunzioni cognitive più o meno complesse. In effetti, nel secondo lavoro lo studio del processamento attentivo dello stimolo acustico attraverso gli ERPs ha permesso di rilevare delle selettive disfunzioni attentive in corso di tinnito cronico. Oltre a confermare un globale rallentamento nelle fasi precoci della percezione dello stimolo si osserva come il tinnito non comprometta la capacità di discriminazione e memorizzazione conscia. La presenza di sintomi uditivi phantom sembra essere invece selettivamente associata a una specifica difficoltà nello switching attentivo verso eventi inattesi durante una risposta di orientamento. La difficoltà a shiftare l’attenzione è verosimilmente dovuta alla minore disponibilità di risorse attentive che si determina in presenza di tinnito. Tale stimolo endogeno, infatti, compete con le risorse attentive disponibili furtandole e impedendo che vengano adeguatamente impiegate per il riconoscimento di stimoli esterni salienti e significanti. Il nostro approccio psicofisiologico ha consentito di obbiettivare e misurare la presenza di tale deficit attentivo selettivo fornendo ipotesi circa le sue basi fisiopatologiche. Tale difficoltà a shiftare l’attenzione è infatti probabilmente legata ad una alterazione funzionale a carico di regioni cortico-sottocorticali (cortecce prefrontali, ACC, cervelletto) che intervengono nella definizione del network attentivo ventrale tipicamente coinvolto nei processi di orientamento allo stimolo (Corbetta e Shulman, 2002; Corbetta et al., 2008) Ulteriori studi sono necessari per confermare i dati relativi sia alla disfunzione serotoninergica centrale che per indagare gli effetti dei cambiamenti plastici maladattativi sulle funzioni cognitive in corso di tinnito cronico. Tuttavia, da un punto di vista clinico, i nostri dati forniscono delle utili prospettive terapeutiche sia farmacologiche che riabilitative. La presenza di una disfunzione serotoninergica potrebbe verosimilmente giovarsi dell’uso di farmaci modulatori (agonisti/antagonisti) della 5-HT. Allo stesso modo, il riscontro di deficit attentivi selettivi consente di programmare interventi di riabilitazione cognitiva più appropriati nel tinnito focalizzandoli sull’abilità a orientare correttamente l’attenzione verso stimoli salienti durante un task cognitivo. Inoltre, le nostre ipotesi relative alla fisiopatologia dei disturbi attentivi nel tinnito potrebbero contribuire all’identificazione di nuove aree neurali target per il trattamento delle disfunzioni cognitive attraverso tecniche di neuro modulazione (ripetitive transcranial magnetic stimulation - rTMS; transcranial direct current stimulation - tDCS) nei soggetti con tinnito cronico.File | Dimensione | Formato | |
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Tesi dottorato Mannarelli
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