La ricerca è stata prioritariamente indirizzata all’approfondimento dei caratteri essenziali dell’istruttoria tributaria generalmente intesa, onde procedere, successivamente, allo studio delle indagini finanziarie quale categoria di poteri istruttori autonomamente classificabile. Nel lavoro di tesi sono state quindi analizzate le principali tappe del percorso evolutivo verso il superamento del segreto bancario, ed in forza del quale, ad oggi, l’istruttoria tributaria sui dati finanziari è divenuta una delle modalità ispettive maggiormente efficaci nel contrasto all’evasione. Dall’attività di ricerca è infatti da subito emerso come la vigente disciplina dell’attività di indagine sui dati finanziari ai fini fiscali, sia di per sé idonea a sublimare l’importanza nodale dell’istruttoria nel procedimento di imposizione. D’altro canto è evidente come le indagini finanziarie risultino un ausilio essenziale per la ricostruzione della verità fiscale prodromica all’accertamento, e si configurino, pertanto, come uno degli strumenti maggiormente idonei a garantire la preminenza dell’interesse erariale sui diritti dei singoli consociati. Proprio a tal riguardo, nel corso della trattazione è stata offerta una completa disamina della disciplina relativa all’istruttoria sui dati finanziari, onde evidenziare l’evoluzione di una normativa che ha sancito il superamento del segreto bancario, e ha inaugurato una nuova stagione caratterizzata della trasparenza nei rapporti col Fisco. È tuttavia palese come le ragioni sottese al reperimento del gettito non possano prescindere da un corretto bilanciamento tra autorità e libertà, nonché dal riconoscimento di un adeguato sistema di tutele al soggetto sottoposto a verifica. Si tratta, con tutta evidenza, dei presupposti imprescindibili per il legittimo esercizio di poteri istruttori così penetranti, in relazione ai quali emergono le criticità più manifeste della tematica oggetto della ricerca. Sotto tale profilo, è emerso come meccanismi presuntivi iuris tantum di cui agli artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, volti alla determinazione inferenziale del reddito e/o dell’imponibile in base alle movimentazioni finanziarie imputabili al contribuente, abbiano destato molteplici perplessità, tanto da esser sottoposti più volte al vaglio della Corte Costituzionale. Gli ultimi interventi della Consulta in materia di indagini finanziarie, evidenziano una tendenza all’abolizione di quelle presunzioni legali che violino il canone della ragionevolezza. Proprio in tal senso si è infatti espressa la Corte Costituzionale con la pronuncia 6 ottobre 2014, n. 228, con la quale è stato ridotto l’ambito applicativo della presunzione sui prelevamenti, escludendone l’operatività in relazione ai professionisti. Tale impostazione, fortemente sostenuta anche dalla dottrina, è stata peraltro confermata dallo stesso Legislatore che con il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (c.d. Decreto Fiscale) convertito nella L. 2 dicembre 2016, n. 225, ha recepito i principi già espressi dalla giurisprudenza costituzionale per i lavoratori autonomi, e ha altresì circoscritto l’ambito applicativo delle presunzioni sui prelevamenti per i percettori di reddito di impresa, alle sole operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili. Dallo studio è tuttavia emerso come, nonostante i predetti interventi della Consulta e del Legislatore siano indirizzati verso una sempre maggior limitazione delle presunzioni legali nelle indagini finanziarie, non sia stata ancora fornita una risposta esaustiva ai molteplici dubbi ermeneutici sorti in relazione a una disciplina che continua a presentare molteplici profili di criticità, e ciò in particolar modo per quanto riguarda la tematica della tutela del contribuente. Quella della tutela dei diritti del soggetto sottoposto a verifica si configura, con tutta evidenza, come una tematica di grande attualità, specie alla luce del fenomeno della moltiplicazione delle fonti di prova di cui può disporre il Fisco per fondare la propria pretesa tributaria. A tal riguardo è stato infatti evidenziato come, ad oggi, l’Amministrazione disponga di una rilevantissima mole di dati finanziari. Si è infatti delineato uno scenario in cui l’istruttoria tributaria può trarre impulso, indifferentemente, sia dai dati raccolti ai sensi degli artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, idonei a fondare le presunzioni iuris tantum più volte richiamate, sia dalle informazioni acquisite fuori dai predetti schemi normativi idonee a fondare delle presunzioni semplici, tra le quali rientrano quelle acquisite a seguito della mutua cooperazione amministrativa tra Stati. È stato quindi delineato un quadro d’insieme delle discipline della circolazione automatica tramite standard dei dati finanziari, così come delineati dal Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), e dal Common Reporting Standard OCSE (C.R.S.). Può infatti affermarsi come lo snello regime di circolazione transnazionale tramite standard dei dati finanziari attuato dagli Stati nell’ambito della mutua assistenza amministrativa, abbia delineato nuovi e assai interessanti scenari applicavi per l’attività istruttoria fiscale, di guisa che il percorso verso trasparenza nei rapporti col Fisco intrapreso negli anni ’50 del secolo scorso, risulta oggi esteso oltre i confini nazionali. É stato infatti sottolineato come, a prescindere dell’operatività delle citate presunzioni legali relative delineate dalla normativa nazionale, i dati finanziari possano in ogni caso assurgere a fattori indizianti cui fare ricorso nell’ambito dei metodi di accertamento per la ricostruzione induttiva del debito tributario ascrivibile al soggetto sottoposto a verifica, e ciò sia nell’ipotesi in cui gli stessi siano stati raccolti sul territorio nazionale, sia che gli stessi siano pervenuti all’Amministrazione a seguito dello scambio transnazionale di informazioni. A tal proposito, si è posto in rilievo come nanti all’importanza sempre più nodale assunta dall’istruttoria sui dati finanziari nel procedimento di imposizione, debba essere garantita l’effettività della tutela dei contribuenti sottoposti ad indagine, sia nei casi in cui dati finanziari siano stati acquisiti secondo le norme di diritto interno, sia per quanto riguarda le verifiche fondate sulle risultanze finanziarie ottenute per mezzo della mutua cooperazione tra Stati. Sul punto non può infatti negarsi come, in effetti, sia la normativa interna sulle indagini finanziarie, che quella pattizia e comunitaria sullo scambio di informazioni, presentino delle evidenti carenze per ciò che concerne la tutela dei diritti dei soggetti i cui dati finanziari siano posti al fondamento dell’attività di indagine degli Uffici. Proprio in tal senso è stato quindi affermato come la chiave di volta per superare le criticità che caratterizzano l’istruttoria sui dati finanziari, debba essere in primo luogo individuata nell’auspicato ingresso nel nostro ordinamento di una clausola generale sul contraddittorio anticipato. Il suindicato assunto risulta valido, sia nell’ipotesi in cui operino le presunzioni iuris tantum sopra citate, per le quali, a ben vedere, la partecipazione pre-contenziosa costituisce il parametro di conformità del meccanismo inferenziale all’art. 53 Cost., sia nel caso in cui i dati finanziari, acquisiti sul territorio nazionale o per mezzo dello scambio di informazioni tra Stati, debbano considerarsi alla stregua di meri fatti indizianti idonei a integrare delle presunzioni semplici. Non vi è infatti chi non veda, come la partecipazione difensiva del contribuente all’attività istruttoria si configuri come un imprescindibile baluardo di civiltà giuridica. È stato peraltro posto in rilievo come il necessario riconoscimento del contraddittorio endoprocedimentale nelle indagini tributarie sia affermato dagli stessi principi che promanano dall’ordinamento internazionale e comunitario, i quali, tuttavia, non risultano direttamente applicabili negli ordinamenti domestici a cagione della loro natura organizzatoria. In tal senso si è quindi auspicato che il Legislatore nazionale introduca ex novo una disciplina dell’istruttoria sui dati finanziari, riservando alla tematica dell’istruttoria sui dati finanziari un intervento maggiormente incisivo rispetto alla mera novella della normativa esistente, di recente operata con D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito nella Legge 2 dicembre 2016, n. 225. Se infatti, da un lato, possono condividersi le ragioni che hanno condotto al superamento del segreto bancario e all’affermazione della trasparenza nei rapporti col Fisco in materia finanziaria e creditizia, dall’altro non può negarsi che la disciplina delle indagini finanziarie necessiti di un intervento che vada ben oltre il semplice maquillage normativo, e ciò a cagione dell’incisività e della trasversalità dei poteri riconosciuti all’Amministrazione. In particolare dovrà essere superata l’astrusità degli attuali artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, garantendo che le presunzioni legali, ove permangano nella struttura dell’impianto normativo, siano pienamente conformi al canone di ragionevolezza, e che, a prescindere dall’operare dei meccanismi inferenziali, sia assicurata l’effettività della tutela dei diritti del contribuente per mezzo del contraddittorio pre-contenzioso.
L’istruttoria tributaria sui dati finanziari. Dal segreto bancario alla trasparenza nei rapporti col fisco / Carta, Davide. - (2017 Feb 27).
L’istruttoria tributaria sui dati finanziari. Dal segreto bancario alla trasparenza nei rapporti col fisco
CARTA, DAVIDE
27/02/2017
Abstract
La ricerca è stata prioritariamente indirizzata all’approfondimento dei caratteri essenziali dell’istruttoria tributaria generalmente intesa, onde procedere, successivamente, allo studio delle indagini finanziarie quale categoria di poteri istruttori autonomamente classificabile. Nel lavoro di tesi sono state quindi analizzate le principali tappe del percorso evolutivo verso il superamento del segreto bancario, ed in forza del quale, ad oggi, l’istruttoria tributaria sui dati finanziari è divenuta una delle modalità ispettive maggiormente efficaci nel contrasto all’evasione. Dall’attività di ricerca è infatti da subito emerso come la vigente disciplina dell’attività di indagine sui dati finanziari ai fini fiscali, sia di per sé idonea a sublimare l’importanza nodale dell’istruttoria nel procedimento di imposizione. D’altro canto è evidente come le indagini finanziarie risultino un ausilio essenziale per la ricostruzione della verità fiscale prodromica all’accertamento, e si configurino, pertanto, come uno degli strumenti maggiormente idonei a garantire la preminenza dell’interesse erariale sui diritti dei singoli consociati. Proprio a tal riguardo, nel corso della trattazione è stata offerta una completa disamina della disciplina relativa all’istruttoria sui dati finanziari, onde evidenziare l’evoluzione di una normativa che ha sancito il superamento del segreto bancario, e ha inaugurato una nuova stagione caratterizzata della trasparenza nei rapporti col Fisco. È tuttavia palese come le ragioni sottese al reperimento del gettito non possano prescindere da un corretto bilanciamento tra autorità e libertà, nonché dal riconoscimento di un adeguato sistema di tutele al soggetto sottoposto a verifica. Si tratta, con tutta evidenza, dei presupposti imprescindibili per il legittimo esercizio di poteri istruttori così penetranti, in relazione ai quali emergono le criticità più manifeste della tematica oggetto della ricerca. Sotto tale profilo, è emerso come meccanismi presuntivi iuris tantum di cui agli artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, volti alla determinazione inferenziale del reddito e/o dell’imponibile in base alle movimentazioni finanziarie imputabili al contribuente, abbiano destato molteplici perplessità, tanto da esser sottoposti più volte al vaglio della Corte Costituzionale. Gli ultimi interventi della Consulta in materia di indagini finanziarie, evidenziano una tendenza all’abolizione di quelle presunzioni legali che violino il canone della ragionevolezza. Proprio in tal senso si è infatti espressa la Corte Costituzionale con la pronuncia 6 ottobre 2014, n. 228, con la quale è stato ridotto l’ambito applicativo della presunzione sui prelevamenti, escludendone l’operatività in relazione ai professionisti. Tale impostazione, fortemente sostenuta anche dalla dottrina, è stata peraltro confermata dallo stesso Legislatore che con il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 (c.d. Decreto Fiscale) convertito nella L. 2 dicembre 2016, n. 225, ha recepito i principi già espressi dalla giurisprudenza costituzionale per i lavoratori autonomi, e ha altresì circoscritto l’ambito applicativo delle presunzioni sui prelevamenti per i percettori di reddito di impresa, alle sole operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili. Dallo studio è tuttavia emerso come, nonostante i predetti interventi della Consulta e del Legislatore siano indirizzati verso una sempre maggior limitazione delle presunzioni legali nelle indagini finanziarie, non sia stata ancora fornita una risposta esaustiva ai molteplici dubbi ermeneutici sorti in relazione a una disciplina che continua a presentare molteplici profili di criticità, e ciò in particolar modo per quanto riguarda la tematica della tutela del contribuente. Quella della tutela dei diritti del soggetto sottoposto a verifica si configura, con tutta evidenza, come una tematica di grande attualità, specie alla luce del fenomeno della moltiplicazione delle fonti di prova di cui può disporre il Fisco per fondare la propria pretesa tributaria. A tal riguardo è stato infatti evidenziato come, ad oggi, l’Amministrazione disponga di una rilevantissima mole di dati finanziari. Si è infatti delineato uno scenario in cui l’istruttoria tributaria può trarre impulso, indifferentemente, sia dai dati raccolti ai sensi degli artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, idonei a fondare le presunzioni iuris tantum più volte richiamate, sia dalle informazioni acquisite fuori dai predetti schemi normativi idonee a fondare delle presunzioni semplici, tra le quali rientrano quelle acquisite a seguito della mutua cooperazione amministrativa tra Stati. È stato quindi delineato un quadro d’insieme delle discipline della circolazione automatica tramite standard dei dati finanziari, così come delineati dal Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), e dal Common Reporting Standard OCSE (C.R.S.). Può infatti affermarsi come lo snello regime di circolazione transnazionale tramite standard dei dati finanziari attuato dagli Stati nell’ambito della mutua assistenza amministrativa, abbia delineato nuovi e assai interessanti scenari applicavi per l’attività istruttoria fiscale, di guisa che il percorso verso trasparenza nei rapporti col Fisco intrapreso negli anni ’50 del secolo scorso, risulta oggi esteso oltre i confini nazionali. É stato infatti sottolineato come, a prescindere dell’operatività delle citate presunzioni legali relative delineate dalla normativa nazionale, i dati finanziari possano in ogni caso assurgere a fattori indizianti cui fare ricorso nell’ambito dei metodi di accertamento per la ricostruzione induttiva del debito tributario ascrivibile al soggetto sottoposto a verifica, e ciò sia nell’ipotesi in cui gli stessi siano stati raccolti sul territorio nazionale, sia che gli stessi siano pervenuti all’Amministrazione a seguito dello scambio transnazionale di informazioni. A tal proposito, si è posto in rilievo come nanti all’importanza sempre più nodale assunta dall’istruttoria sui dati finanziari nel procedimento di imposizione, debba essere garantita l’effettività della tutela dei contribuenti sottoposti ad indagine, sia nei casi in cui dati finanziari siano stati acquisiti secondo le norme di diritto interno, sia per quanto riguarda le verifiche fondate sulle risultanze finanziarie ottenute per mezzo della mutua cooperazione tra Stati. Sul punto non può infatti negarsi come, in effetti, sia la normativa interna sulle indagini finanziarie, che quella pattizia e comunitaria sullo scambio di informazioni, presentino delle evidenti carenze per ciò che concerne la tutela dei diritti dei soggetti i cui dati finanziari siano posti al fondamento dell’attività di indagine degli Uffici. Proprio in tal senso è stato quindi affermato come la chiave di volta per superare le criticità che caratterizzano l’istruttoria sui dati finanziari, debba essere in primo luogo individuata nell’auspicato ingresso nel nostro ordinamento di una clausola generale sul contraddittorio anticipato. Il suindicato assunto risulta valido, sia nell’ipotesi in cui operino le presunzioni iuris tantum sopra citate, per le quali, a ben vedere, la partecipazione pre-contenziosa costituisce il parametro di conformità del meccanismo inferenziale all’art. 53 Cost., sia nel caso in cui i dati finanziari, acquisiti sul territorio nazionale o per mezzo dello scambio di informazioni tra Stati, debbano considerarsi alla stregua di meri fatti indizianti idonei a integrare delle presunzioni semplici. Non vi è infatti chi non veda, come la partecipazione difensiva del contribuente all’attività istruttoria si configuri come un imprescindibile baluardo di civiltà giuridica. È stato peraltro posto in rilievo come il necessario riconoscimento del contraddittorio endoprocedimentale nelle indagini tributarie sia affermato dagli stessi principi che promanano dall’ordinamento internazionale e comunitario, i quali, tuttavia, non risultano direttamente applicabili negli ordinamenti domestici a cagione della loro natura organizzatoria. In tal senso si è quindi auspicato che il Legislatore nazionale introduca ex novo una disciplina dell’istruttoria sui dati finanziari, riservando alla tematica dell’istruttoria sui dati finanziari un intervento maggiormente incisivo rispetto alla mera novella della normativa esistente, di recente operata con D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito nella Legge 2 dicembre 2016, n. 225. Se infatti, da un lato, possono condividersi le ragioni che hanno condotto al superamento del segreto bancario e all’affermazione della trasparenza nei rapporti col Fisco in materia finanziaria e creditizia, dall’altro non può negarsi che la disciplina delle indagini finanziarie necessiti di un intervento che vada ben oltre il semplice maquillage normativo, e ciò a cagione dell’incisività e della trasversalità dei poteri riconosciuti all’Amministrazione. In particolare dovrà essere superata l’astrusità degli attuali artt. 32, 1°co., n. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e 51, 2°co., n. 2, del D.P.R. n. 633/1972, garantendo che le presunzioni legali, ove permangano nella struttura dell’impianto normativo, siano pienamente conformi al canone di ragionevolezza, e che, a prescindere dall’operare dei meccanismi inferenziali, sia assicurata l’effettività della tutela dei diritti del contribuente per mezzo del contraddittorio pre-contenzioso.File | Dimensione | Formato | |
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Note: Davide Carta - Tesi Dottorale L’istruttoria tributaria sui dati finanziari. Dal segreto bancario alla trasparenza nei rapporti col Fisco.
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