Il carcinoma mammario è uno dei carcinomi più diffusi in gravidanza. L'incidenza del carcinoma mammario durante la gravidanza è destinata ad aumentare, a causa dell’insorgenza della neoplasia a un’età media più bassa: in Italia l'incidenza del carcinoma mammario nelle donne non gravide con meno di 45 anni di età è passata dal 16,39% per 100.000 nel 1980 al 26.37 per 100.000 nel 2015. Inoltre, nei paesi occidentali è stato riportato un aumento dell’età materna al momento della gravidanza. Vi è un conflitto tra la chemioterapia materna e il benessere fetale una volta che il carcinoma mammario in gravidanza è diagnosticato. La madre richiederebbe un trattamento immediato, ma la terapia ottimale può comportare dei rischi per il feto. Infatti, la diagnosi di carcinoma mammario nel primo trimestre di gravidanza limita le opzioni di trattamento a causa del potenziale effetto teratogeno della somministrazione di chemioterapia per il feto. Questo è il motivo per cui i trattamenti citotossici sono di solito rinviati al secondo trimestre di gravidanza. La prognosi del carcinoma mammario in gravidanza è di solito considerata sfavorevole, anche se la prognosi infausta può semplicemente riflettere una fase più avanzata della malattia al momento della diagnosi: diagnosi difficile a fare a causa dei cambiamenti fisiologici indotti nella ghiandola mammaria dagli ormoni associati alla gravidanza. Abbiamo condotto uno studio caso-controllo retrospettivo per valutare la sopravvivenza globale di un gruppo di donne in gravidanza rispetto a un gruppo di donne non in gravidanza, abbinate per età e stadio del tumore al seno. Inoltre, abbiamo studiato l'effetto della chemioterapia durante la gravidanza, le complicazioni ostetriche e il timing del parto. Nello studio sono stati inclusi 22 casi di donne in gravidanza con diagnosi di carcinoma mammario. Come controlli per la valutazione della sopravvivenza globale sono state prese in considerazione 45 pazienti di pari età e con stesso stadio della malattia. L’analisi della sopravvivenza globale secondo il metodo Kaplan-Meier, tra le 22 pazienti e i 45 casi controllo non in gravidanza, abbinati e combinati per caratteristiche cliniche, istologiche e ormonali, non ha mostrato differenze statisticamente significative. I nostri dati sulla sopravvivenza sono in accordo con altri dati già disponibili in letteratura: la donna in gravidanza con diagnosi di carcinoma mammario ha una sopravvivenza che dipende dallo stadio della malattia, piuttosto che dalla gravidanza, a condizione che il trattamento sia simile e aderente ai protocolli standard proposti fuori gravidanza. Le pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o tumori con prognosi infausta secondo il profilo immunoistochimico, hanno ricevuto una chemioterapia neoadiuvante durante la gravidanza, seguita da un intervento chirurgico; le pazienti con diagnosi di carcinoma mammario a uno stadio precoce sono state trattate con chirurgia conservativa seguita da chemioterapia adiuvante a seconda del rischio di recidiva. La gravidanza non ha causato ritardi nel cominciare il trattamento o esclusione dai protocolli terapeutici studiati per le pazienti non in gravidanza. Cinque su 9 pazienti che hanno ricevuto cicli di antracicline durante la gravidanza hanno presentato delle complicazioni materne o fetali, ma queste complicazioni sono troppo diverse per essere correlate a una causa comune rappresentata dalla chemioterapia e i nostri dati sono troppo limitati per delineare delle conclusioni definitive. La chemioterapia, se necessario, è stata continuata o cambiata in differenti regimi dopo il parto. La radioterapia è stata eseguita in caso di chirurgia conservativa dopo la chemioterapia e somministrata solo dopo il parto a causa dei potenziali danni fetali all’esposizione di radiazioni ionizzanti durante la gravidanza. Tutte le pazienti con malattia ormone-recettiva hanno ricevuto una terapia ormonale dopo il parto e alla fine di altre terapie adiuvanti. Il principale problema ostetrico associato con le pazienti con diagnosi di carcinoma mammario è stato la frequenza del parto prematuro, la cui incidenza è stata del 54,6%, superiore a quella osservata nella popolazione generale. Questo dato conferma dati recenti che mostrano un’incidenza del 50% di parto prematuro di cui il 23% espletato prima della 35a settimana, come riportato dal Registro Europeo. L'alta percentuale di parto pretermine non correlata a complicanze materne o fetali potrebbe essere ridotta se gli effetti della chemioterapia sono discussi in maniera approfondita con la madre, ponendo l’accento sui rischi e i benefici di un parto anticipato rispetto a un parto a termine (37 settimane) e sottolineando la mancanza di effetti avversi dei farmaci chemioterapici sul feto. Se la chemioterapia è iniziata durante la gravidanza, il rischio di parto pretermine e di ritardo di crescita intrauterino può essere aumentata, e l’equipe medica dovrebbe prestare particolare attenzione al rischio di queste evenienze mettendo in atto un monitoraggio con ecografie ostetriche regolari comprendenti lo studio morfostrutturale del feto e lo studio Doppler dell'arteria ombelicale. Un approccio multidisciplinare resta il punto cardine della presa in carico delle pazienti con diagnosi di carcinoma mammario durante la gravidanza.

Neoplasia mammaria in gravidanza: outcome materno e neonatale / Bevilacqua, Elisa. - (2017 Feb 21).

Neoplasia mammaria in gravidanza: outcome materno e neonatale

BEVILACQUA, ELISA
21/02/2017

Abstract

Il carcinoma mammario è uno dei carcinomi più diffusi in gravidanza. L'incidenza del carcinoma mammario durante la gravidanza è destinata ad aumentare, a causa dell’insorgenza della neoplasia a un’età media più bassa: in Italia l'incidenza del carcinoma mammario nelle donne non gravide con meno di 45 anni di età è passata dal 16,39% per 100.000 nel 1980 al 26.37 per 100.000 nel 2015. Inoltre, nei paesi occidentali è stato riportato un aumento dell’età materna al momento della gravidanza. Vi è un conflitto tra la chemioterapia materna e il benessere fetale una volta che il carcinoma mammario in gravidanza è diagnosticato. La madre richiederebbe un trattamento immediato, ma la terapia ottimale può comportare dei rischi per il feto. Infatti, la diagnosi di carcinoma mammario nel primo trimestre di gravidanza limita le opzioni di trattamento a causa del potenziale effetto teratogeno della somministrazione di chemioterapia per il feto. Questo è il motivo per cui i trattamenti citotossici sono di solito rinviati al secondo trimestre di gravidanza. La prognosi del carcinoma mammario in gravidanza è di solito considerata sfavorevole, anche se la prognosi infausta può semplicemente riflettere una fase più avanzata della malattia al momento della diagnosi: diagnosi difficile a fare a causa dei cambiamenti fisiologici indotti nella ghiandola mammaria dagli ormoni associati alla gravidanza. Abbiamo condotto uno studio caso-controllo retrospettivo per valutare la sopravvivenza globale di un gruppo di donne in gravidanza rispetto a un gruppo di donne non in gravidanza, abbinate per età e stadio del tumore al seno. Inoltre, abbiamo studiato l'effetto della chemioterapia durante la gravidanza, le complicazioni ostetriche e il timing del parto. Nello studio sono stati inclusi 22 casi di donne in gravidanza con diagnosi di carcinoma mammario. Come controlli per la valutazione della sopravvivenza globale sono state prese in considerazione 45 pazienti di pari età e con stesso stadio della malattia. L’analisi della sopravvivenza globale secondo il metodo Kaplan-Meier, tra le 22 pazienti e i 45 casi controllo non in gravidanza, abbinati e combinati per caratteristiche cliniche, istologiche e ormonali, non ha mostrato differenze statisticamente significative. I nostri dati sulla sopravvivenza sono in accordo con altri dati già disponibili in letteratura: la donna in gravidanza con diagnosi di carcinoma mammario ha una sopravvivenza che dipende dallo stadio della malattia, piuttosto che dalla gravidanza, a condizione che il trattamento sia simile e aderente ai protocolli standard proposti fuori gravidanza. Le pazienti con carcinoma mammario localmente avanzato o tumori con prognosi infausta secondo il profilo immunoistochimico, hanno ricevuto una chemioterapia neoadiuvante durante la gravidanza, seguita da un intervento chirurgico; le pazienti con diagnosi di carcinoma mammario a uno stadio precoce sono state trattate con chirurgia conservativa seguita da chemioterapia adiuvante a seconda del rischio di recidiva. La gravidanza non ha causato ritardi nel cominciare il trattamento o esclusione dai protocolli terapeutici studiati per le pazienti non in gravidanza. Cinque su 9 pazienti che hanno ricevuto cicli di antracicline durante la gravidanza hanno presentato delle complicazioni materne o fetali, ma queste complicazioni sono troppo diverse per essere correlate a una causa comune rappresentata dalla chemioterapia e i nostri dati sono troppo limitati per delineare delle conclusioni definitive. La chemioterapia, se necessario, è stata continuata o cambiata in differenti regimi dopo il parto. La radioterapia è stata eseguita in caso di chirurgia conservativa dopo la chemioterapia e somministrata solo dopo il parto a causa dei potenziali danni fetali all’esposizione di radiazioni ionizzanti durante la gravidanza. Tutte le pazienti con malattia ormone-recettiva hanno ricevuto una terapia ormonale dopo il parto e alla fine di altre terapie adiuvanti. Il principale problema ostetrico associato con le pazienti con diagnosi di carcinoma mammario è stato la frequenza del parto prematuro, la cui incidenza è stata del 54,6%, superiore a quella osservata nella popolazione generale. Questo dato conferma dati recenti che mostrano un’incidenza del 50% di parto prematuro di cui il 23% espletato prima della 35a settimana, come riportato dal Registro Europeo. L'alta percentuale di parto pretermine non correlata a complicanze materne o fetali potrebbe essere ridotta se gli effetti della chemioterapia sono discussi in maniera approfondita con la madre, ponendo l’accento sui rischi e i benefici di un parto anticipato rispetto a un parto a termine (37 settimane) e sottolineando la mancanza di effetti avversi dei farmaci chemioterapici sul feto. Se la chemioterapia è iniziata durante la gravidanza, il rischio di parto pretermine e di ritardo di crescita intrauterino può essere aumentata, e l’equipe medica dovrebbe prestare particolare attenzione al rischio di queste evenienze mettendo in atto un monitoraggio con ecografie ostetriche regolari comprendenti lo studio morfostrutturale del feto e lo studio Doppler dell'arteria ombelicale. Un approccio multidisciplinare resta il punto cardine della presa in carico delle pazienti con diagnosi di carcinoma mammario durante la gravidanza.
21-feb-2017
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Tesi dottorato Bevilacqua

accesso aperto

Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Creative commons
Dimensione 15.18 MB
Formato Adobe PDF
15.18 MB Adobe PDF

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/937857
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact