Il contributo ripercorre approfonditamente i contenuti della sentenza costituzionale n. 262 del 2009, che ha dichiarato illegittima la sospensione dei processi penali riguardanti le alte cariche dello Stato introdotta dalla legge n. 124 del 2008 (il c.d. lodo Alfano) per violazione degli artt. 3 e 138 Cost. Esclusa la plausibilità della tesi sostenuta dalla difesa dell’imputato – secondo cui l’istituto della sospensione sarebbe stato funzionale a garantirne la possibilità di preparare adeguatamente la difesa in giudizio – l’Autore ripercorre analiticamente le argomentazioni addotte dalla Consulta a sostegno della diagnosi di illegittimità costituzionale, condividendo tanto il denunciato contrasto con l’art. 138 Cost. (eventuali trattamenti differenziati rispetto alla giurisdizione in ragione dell’alta carica ricoperta dall’imputato, incidendo sull’assetto delle prerogative costituzionali, devono essere introdotti da legge di rango costituzionale), quanto la affermata lesione dell’art. 3 Cost., traducendosi la sospensione in una evidente disparità di trattamento dei titolari delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini. Intuendo tuttavia che alcuni passaggi dell’impianto argomentativo potrebbero prestarsi a equivoci interpretativi, l’Autore chiarisce come rispetto all’introduzione di trattamenti differenziati dinanzi alla giurisdizione penale il veicolo della legge costituzionale rappresenti una condizione necessaria, ma non sufficiente: pena la violazione del principio di uguaglianza, infatti, neppure la procedura descritta dall’art. 138 Cost. potrebbe legittimare regimi peculiari che non trovino giustificazione in una effettiva esigenza di protezione degli organi costituzionali. In quest’ottica, il contributo si fa carico di individuare de iure condendo quali, fra gli strumenti configurabili a tutela delle cariche apicali, possano dirsi conformi al principio di “ragionevolezza funzionale”, prevedendo deroghe alla giurisdizione ordinaria strettamente necessarie e proporzionate all’obbiettivo che le legittima. Mentre non si escludono aprioristicamente soluzioni legislative attentamente calibrate in grado di proteggere il funzionamento degli organi pubblici da possibili “vulnera da giurisdizione”, si esclude radicalmente – per più ragioni – che fra di esse possa essere annoverata la sospensione automatica dei procedimenti penali: uno strumento che viene ritenuto dall’Autore non solo politicamente inopportuno, ma anche costituzionalmente indifendibile e affetto da vistose controindicazioni sul piano tecnico-processuale.

Repetita non iuvant / Giostra, Glauco. - In: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. - ISSN 0436-0222. - STAMPA. - 5:(2009), pp. 3708-3718.

Repetita non iuvant

GIOSTRA, GLAUCO
2009

Abstract

Il contributo ripercorre approfonditamente i contenuti della sentenza costituzionale n. 262 del 2009, che ha dichiarato illegittima la sospensione dei processi penali riguardanti le alte cariche dello Stato introdotta dalla legge n. 124 del 2008 (il c.d. lodo Alfano) per violazione degli artt. 3 e 138 Cost. Esclusa la plausibilità della tesi sostenuta dalla difesa dell’imputato – secondo cui l’istituto della sospensione sarebbe stato funzionale a garantirne la possibilità di preparare adeguatamente la difesa in giudizio – l’Autore ripercorre analiticamente le argomentazioni addotte dalla Consulta a sostegno della diagnosi di illegittimità costituzionale, condividendo tanto il denunciato contrasto con l’art. 138 Cost. (eventuali trattamenti differenziati rispetto alla giurisdizione in ragione dell’alta carica ricoperta dall’imputato, incidendo sull’assetto delle prerogative costituzionali, devono essere introdotti da legge di rango costituzionale), quanto la affermata lesione dell’art. 3 Cost., traducendosi la sospensione in una evidente disparità di trattamento dei titolari delle alte cariche rispetto a tutti gli altri cittadini. Intuendo tuttavia che alcuni passaggi dell’impianto argomentativo potrebbero prestarsi a equivoci interpretativi, l’Autore chiarisce come rispetto all’introduzione di trattamenti differenziati dinanzi alla giurisdizione penale il veicolo della legge costituzionale rappresenti una condizione necessaria, ma non sufficiente: pena la violazione del principio di uguaglianza, infatti, neppure la procedura descritta dall’art. 138 Cost. potrebbe legittimare regimi peculiari che non trovino giustificazione in una effettiva esigenza di protezione degli organi costituzionali. In quest’ottica, il contributo si fa carico di individuare de iure condendo quali, fra gli strumenti configurabili a tutela delle cariche apicali, possano dirsi conformi al principio di “ragionevolezza funzionale”, prevedendo deroghe alla giurisdizione ordinaria strettamente necessarie e proporzionate all’obbiettivo che le legittima. Mentre non si escludono aprioristicamente soluzioni legislative attentamente calibrate in grado di proteggere il funzionamento degli organi pubblici da possibili “vulnera da giurisdizione”, si esclude radicalmente – per più ragioni – che fra di esse possa essere annoverata la sospensione automatica dei procedimenti penali: uno strumento che viene ritenuto dall’Autore non solo politicamente inopportuno, ma anche costituzionalmente indifendibile e affetto da vistose controindicazioni sul piano tecnico-processuale.
2009
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Repetita non iuvant / Giostra, Glauco. - In: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. - ISSN 0436-0222. - STAMPA. - 5:(2009), pp. 3708-3718.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/93393
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact