Ripercorse le tappe della vicenda politico-legislativa che ha portato prima alla revisione dell’art. 68, comma 3, Cost. – con l’introduzione di una inopinata autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza “per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza” – e poi alla discutibile attuazione ad opera dell’art. 6 l. n. 140 del 2003, il contributo si concentra sui contenuti della sentenza costituzionale n. 390 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità dell’obbligo per l’autorità giudiziaria, quando a una conversazione intercettata prenda parte fortuitamente un membro del Parlamento, di munirsi dell’autorizzazione politica anche ove intenda avvalersene nei confronti dell’interlocutore non parlamentare, e di procedere, in caso di diniego, alla immediata distruzione del supporto materiale che conserva la traccia fonica della conversazione. Di quella decisione l’Autore mostra di condividere l’impianto argomentativo, ancorato all’ineccepibile presupposto che la disposizione censurata sia estranea tanto al contenuto precettivo dell’art. 68, comma 3, Cost., quanto alla sua ratio ispiratrice: evitare che l’ascolto di colloqui riservati del parlamentare da parte dell’autorità giudiziaria possa risultare funzionale a indebiti condizionamenti nell’esercizio del suo mandato; esigenza che non sussiste, evidentemente, quando l’ingresso di quest’ultimo nell’area di ascolto sia accidentale. Parimenti condivisa è la risposta che la Corte costituzionale fornisce, nel suo procedere argomentativo, all’obiezione più frequentemente formulata a sostegno dell’autorizzazione postuma all’uso delle conversazioni che coinvolgono un parlamentare, e cioè la necessità di evitare che l’inquirente abbia scientemente scelto di sottoporre ad intercettazioni i suoi abituali collocutori, per eludere la garanzia dell’art. 68, comma 3, Cost. In quel caso, infatti, trattandosi di una intercettazione comunque rivolta al parlamentare, ancorché in via “indiretta”, dovrebbe trovare applicazione l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preventiva ex art. 4 l. n. 140 del 2003. Proiettando le premesse del ragionamento della Consulta sulla residua disciplina delle captazioni concernenti il parlamentare, l’Autore preconizza future declaratorie di incostituzionalità, destinate ad investire tanto l’art. 6 l. n. 140 del 2003 – là dove richiede l’autorizzazione ex post per l’impiego nei riguardi del parlamentare di intercettazioni che lo vedano protagonista fortuito – quanto l’art. 4 della stessa legge, nella parte in cui impone il placet politico per un catalogo di atti non riconducibili alle prescrizioni dell’art. 68 Cost. Prescrizioni – queste ultime - delle quali l’Autore auspica comunque una rimeditazione legislativa, nella convinzione che la figura degli “atti a sorpresa con preavviso” violi il principio di ragionevolezza e vilipenda la funzione giurisdizionale.
La disciplina delle intercettazioni fortuite del parlamentare è ormai una dead rule walking / Giostra, Glauco. - In: CASSAZIONE PENALE. - ISSN 1125-856X. - STAMPA. - 2008:(2008), pp. 57-68.
La disciplina delle intercettazioni fortuite del parlamentare è ormai una dead rule walking
GIOSTRA, GLAUCO
2008
Abstract
Ripercorse le tappe della vicenda politico-legislativa che ha portato prima alla revisione dell’art. 68, comma 3, Cost. – con l’introduzione di una inopinata autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza “per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza” – e poi alla discutibile attuazione ad opera dell’art. 6 l. n. 140 del 2003, il contributo si concentra sui contenuti della sentenza costituzionale n. 390 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità dell’obbligo per l’autorità giudiziaria, quando a una conversazione intercettata prenda parte fortuitamente un membro del Parlamento, di munirsi dell’autorizzazione politica anche ove intenda avvalersene nei confronti dell’interlocutore non parlamentare, e di procedere, in caso di diniego, alla immediata distruzione del supporto materiale che conserva la traccia fonica della conversazione. Di quella decisione l’Autore mostra di condividere l’impianto argomentativo, ancorato all’ineccepibile presupposto che la disposizione censurata sia estranea tanto al contenuto precettivo dell’art. 68, comma 3, Cost., quanto alla sua ratio ispiratrice: evitare che l’ascolto di colloqui riservati del parlamentare da parte dell’autorità giudiziaria possa risultare funzionale a indebiti condizionamenti nell’esercizio del suo mandato; esigenza che non sussiste, evidentemente, quando l’ingresso di quest’ultimo nell’area di ascolto sia accidentale. Parimenti condivisa è la risposta che la Corte costituzionale fornisce, nel suo procedere argomentativo, all’obiezione più frequentemente formulata a sostegno dell’autorizzazione postuma all’uso delle conversazioni che coinvolgono un parlamentare, e cioè la necessità di evitare che l’inquirente abbia scientemente scelto di sottoporre ad intercettazioni i suoi abituali collocutori, per eludere la garanzia dell’art. 68, comma 3, Cost. In quel caso, infatti, trattandosi di una intercettazione comunque rivolta al parlamentare, ancorché in via “indiretta”, dovrebbe trovare applicazione l’obbligo di chiedere l’autorizzazione preventiva ex art. 4 l. n. 140 del 2003. Proiettando le premesse del ragionamento della Consulta sulla residua disciplina delle captazioni concernenti il parlamentare, l’Autore preconizza future declaratorie di incostituzionalità, destinate ad investire tanto l’art. 6 l. n. 140 del 2003 – là dove richiede l’autorizzazione ex post per l’impiego nei riguardi del parlamentare di intercettazioni che lo vedano protagonista fortuito – quanto l’art. 4 della stessa legge, nella parte in cui impone il placet politico per un catalogo di atti non riconducibili alle prescrizioni dell’art. 68 Cost. Prescrizioni – queste ultime - delle quali l’Autore auspica comunque una rimeditazione legislativa, nella convinzione che la figura degli “atti a sorpresa con preavviso” violi il principio di ragionevolezza e vilipenda la funzione giurisdizionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.