SISTEMI INTELLIGENTI / a. XXIII, n. 2, agosto 2011 219 EDITORIALE Classicamente le scienze cognitive sono nate e cresciute focalizzando l’attenzione sul funzionamento dei processi cognitivi individuali. Come è noto, il modello di mente al quale gli scienziati hanno fatto riferimento è stato a lungo influenzato dalla cosiddetta «metafora del computer», un’espressione forse un po’ caricaturale ed abusata ma che ha ben reso l’idea di una mente-software il cui studio poteva sostanzialmente fare a meno di tre elementi: il corpo, l’ambiente, la società. In contrapposizione a questa visione, nelle scienze cognitive contemporanee si assiste oggi all’esigenza, sempre più marcata, di recuperare questi tre elementi al fine di poter studiare la mente e i processi cognitivi in maniera più completa. Nell’ultimo decennio si è ridato valore al ruolo del corpo e dell’ambiente fisico per la cognizione, anche grazie all’affermarsi dell’idea, ampiamente rappresentata da vari contributi nel numero speciale, che la cognizione è «embodied» e «grounded», ovvero incarnata e radicata nei sistemi percettivi, motori ed emozionali. L’interesse degli scienziati cognitivi per il terzo aspetto, la società, è invece una acquisizione relativamente recente. Questo numero speciale di «Sistemi Intelligenti», dedicato al binomio «cognizione e socialità», vuole approfondire le diverse sfaccettature dell’inclusione del dominio sociale all’interno dei vari settori delle scienze cognitive mostrando come, anche in campi di ricerca molto distanti l’uno dall’altro, l’inserimento della dimensione sociale abbia portato ad importanti sviluppi teorici e pratici. Infatti, proprio negli ultimi anni, la dimensione sociale ha acquisito una rilevanza sempre maggiore nella maggior parte delle discipline che ricadono sotto l’etichetta di «scienze e neuroscienze cognitive». Questo spostamento dell’attenzione verso il sociale è chiaramente evidente nello studio delle reti sociali (si veda il capitolo di Arcelli Fontana, Formato e Pareschi), delle istituzioni sociali, dell’economia cognitiva (si vedano il contributo di Terna e Boeri e quello di Viale), e di altri settori per cui la dimensione sociale è il principale oggetto di indagine. In questi contesti, la novità consiste nell’affrontare temi caratteristici delle scienze sociali, come quelli delle istituzioni, della fiducia, 220 e delle norme e dei meccanismi, che le mantengono in una prospettiva radicalmente nuova, volta a comprendere quali sono le abilità sociocognitive alla base della formazione di questi fenomeni sociali (si veda il capitolo di Tummolini e Castelfranchi a proposito delle istituzioni e, in particolare, della proprietà), e di identificare nuovi strumenti di indagine, quali ad esempio la simulazione ad agenti (si vedano i contributi di Andrighetto, Villatoro, Cecconi e Conte, e quello di Boero e T erna). Ma, cosa ancor più sorprendente, l’interesse per questo aspetto si è diffuso persino tra gli studiosi dei processi cognitivi più «hard», tradizionalmente considerati più impermeabili agli aspetti sociali. Si consideri un ambito di ricerca classico della psicologia dei processi cognitivi, lo studio dell’attenzione. Negli ultimi anni, in ambito internazionale ma anche all’interno della comunità dei ricercatori italiani, si sta diffondendo l’interesse per comprendere in che misura le azioni svolte da altri influenzino anche compiti percettivo-motori e attentivi molto semplici (si veda il capitolo di Rubichi, Iani e Nicoletti). Ne sono una dimostrazione gli studi recenti sull’attenzione condivisa, sulla direzione dello sguardo e sulla sua influenza sui processi di orientamento e selezione dell’attenzione (si veda il capitolo di Ricciardelli e Riggio), oltre agli studi che rivelano l’Influenza di variabili di alto livello, come l’affiliazione politica, anche su comportamenti di base, come l’attenzione sociale riflessa (si veda il contributo di Aglioti e Liuzza). Infine, lo dimostra la diffusione di nuovi paradigmi, come ad esempio il cosiddetto «effetto Simon sociale», in cui si inserisce l’«altro» nella situazione di laboratorio, studiandone gli effetti sul comportamento individuale. Più ancora che in psicologia e nelle scienze cognitive, l’interesse per il sociale è dilagato nell’ambito delle neuroscienze cognitive. Lo dimostra il fatto che in ambito internazionale si assiste ad una proliferazione di riviste di neuroscienze interamente focalizzate sull’aspetto sociale, e che nei convegni internazionali è sempre più frequente imbattersi in interi settori espositivi dedicati, di volta in volta, alla «social cognition», alla «social neuroscience», o alla «affective neuroscience». Sempre nell’ambito neuroscientifico, inoltre, si osserva oggi un crescendo di contaminazioni tra neuroscienze e psicologia sociale, e ad una loro sintesi che sfocia nella creazione di ambiti relativamente nuovi, come ad esempio quello della cosiddetta «neuropolitica» (si veda il capitolo di Aglioti e Liuzza). D’altro canto, proprio il nostro paese ha contribuito in maniera determinante all’affermarsi, in ambito internazionale, della dimensione sociale nello studio della mente, allorquando – ormai venti anni fa – sono stati scoperti a Parma i «neuroni specchio», ovvero quei neuroni motori attivi durante l’esecuzione di azioni nonché durante l’osservazione delle stesse azioni eseguite da altri individui. Questo dato ha letteralmente aperto un filone di ricerca (interdisciplinare) incentrato sull’idea, ormai piuttosto accettata, che le azioni, le emozioni, le sensazioni ed il linguaggio degli altri individui vengano sostanzialmente compresi mediante un’automatica 221 e inconscia simulazione degli stessi da parte dell’osservatore (si veda il capitolo di Caruana e Gallese ed il capitolo di Viale; si veda anche, sul corpo e l’empatia, il contributo di Centi). Il «meccanismo specchio» sembrerebbe inoltre giocare un ruolo nell’individuazione delle «affordances », essendo la relazione «individuo-oggetto afferrabile» dipendente non solo dal proprio spazio di raggiungimento motorio ma anche dallo spazio di raggiungimento motorio di altri individui, posti vicino a noi (si vedano il capitolo di Sinigaglia e Costantini, nonché il capitolo di Borghi, Gianelli e Lugli sugli aspetti convenzionali e sociali delle affordance). Al di là dell’ambito strettamente neuroscientifico, in un contesto anzi apparentemente distante, anche nello studio delle simulazioni «agentbased » e della robotica l’interesse per le modalità di aggregazione e per gli aspetti sociali è da sempre condiviso. La novità, in questo contesto, consiste nel considerare i comportamenti di gruppi di animali, ad esempio il modo in cui si muovono nello spazio, come comportamenti cognitivi. Un esempio su tutti è quello della «swarm robotics», un campo in cui si modellano comportamenti collettivi in un’interazione sempre più stretta con le neuroscienze e la psicologia cognitiva e sociale, ad esempio facendo paralleli tra il comportamento animale e le dinamiche neurali (si veda il capitolo di Trianni e Tuci). Più in generale, tutte le prospettive «embodied», così come quelle situate («grounded»), hanno sottolineato sempre più il fatto che ogni organismo è situato in un determinato contesto, e che questo contesto è anche e necessariamente un contesto sociale. Gli effetti di questa pervasiva convinzione ha effettivamente avuto risonanza in discipline che apparentemente solo marginalmente sono interessate dal dibattito teorico delle scienze cognitive, quali ad esempio la psichiatria, o la fisiologia dello stress, che pure trovano voce in questo numero (si vedano i contributi di Sgoifo e di Rossi-Monti). Lo studio del linguaggio, che (ricordiamo) è una pratica sociale, costituisce un buon esempio di come diversi approcci e metodi – dai metodi sperimentali, comportamentali e neuroscientifici, ai metodi simulativi e sintetici – possano convergere nello studiare come l’introduzione della dimensione sociale ha influenzato lo studio di un comportamento. Nel numero speciale ci si sofferma sui processi di sviluppo, mostrando come il linguaggio possa essere internalizzato e quindi influenzare i processi di categorizzazione individuale (si veda il contributo di Mirolli e Parisi); si affronta il tema della possibile evoluzione del linguaggio a partire dai gesti, che sono a loro volta marcatamente sociali (si veda il capitolo di Ferri, Campione e Gentilucci). Infine, si mostra come il linguaggio e i gesti da esso evocati possano rappresentare uno strumento per studiare le affordance sociali (si veda il capitolo di Borghi, Giannelli e Lugli). A partire da una prospettiva piuttosto differente, si illustra come nuovi strumenti concettuali, quali i modelli sintetici, possano contribuire al dibattito nelle scienze cognitive sull’evoluzione della categorizzazione e del linguaggio (si veda il contributo di Loreto e Tria.) 222 Concludendo, i capitoli che compongono il presente volume mostrano che c’è stata, o si prevede per il prossimo futuro, una forte modificazione della struttura delle discipline qui rappresentate, le quali affrontano oggi, con maggiore consapevolezza verso il passato, il tema del ruolo non marginale giocato dal fattore «socialità». In particolare, gli articoli raccolti nel presente numero offrono la risposta che autori tra i più autorevoli nel panorama italiano delle scienze cognitive «sociali» hanno dato a tre domande che i curatori hanno posto loro: perché per studiare la mente è importante prestare attenzione agli aspetti sociali? In che modo l’introduzione della dimensione sociale ha cambiato la tua disciplina negli ultimi anni? E come, invece, la tua disciplina ha cambiato il modo di intendere la dimensione sociale? Ovviamente, il dibattito è aperto. Resta, tra gli scienziati, una distinzione tra chi considera la dimensione sociale come fondante, alla base stessa della cognizione individuale, e chi è interessato a come la dimensione sociale viene a modulare e modificare processi cognitivi sostanzialmente individuali. Con il presente numero monografico «Sistemi Intelligenti» torna dunque ad essere una bussola per il lettore italiano interessato al dibattito interno alle scienze cognitive e al loro mondo dinamico, mostrando i vari aspetti della nuova frontiera dello studio dei processi cognitivi di chi, più di duemila anni fa, Aristotele aveva chiamato «animale sociale».

Cognizione sociale. Numero speciale della rivista Sistemi intelligenti, XXIII, n.2. Editoriale / Borghi, ANNA MARIA; Caruana, F.. - In: SISTEMI INTELLIGENTI. - ISSN 1120-9550. - 2:(2011), pp. 219-222. [10.1422/35346]

Cognizione sociale. Numero speciale della rivista Sistemi intelligenti, XXIII, n.2. Editoriale

BORGHI, ANNA MARIA;
2011

Abstract

SISTEMI INTELLIGENTI / a. XXIII, n. 2, agosto 2011 219 EDITORIALE Classicamente le scienze cognitive sono nate e cresciute focalizzando l’attenzione sul funzionamento dei processi cognitivi individuali. Come è noto, il modello di mente al quale gli scienziati hanno fatto riferimento è stato a lungo influenzato dalla cosiddetta «metafora del computer», un’espressione forse un po’ caricaturale ed abusata ma che ha ben reso l’idea di una mente-software il cui studio poteva sostanzialmente fare a meno di tre elementi: il corpo, l’ambiente, la società. In contrapposizione a questa visione, nelle scienze cognitive contemporanee si assiste oggi all’esigenza, sempre più marcata, di recuperare questi tre elementi al fine di poter studiare la mente e i processi cognitivi in maniera più completa. Nell’ultimo decennio si è ridato valore al ruolo del corpo e dell’ambiente fisico per la cognizione, anche grazie all’affermarsi dell’idea, ampiamente rappresentata da vari contributi nel numero speciale, che la cognizione è «embodied» e «grounded», ovvero incarnata e radicata nei sistemi percettivi, motori ed emozionali. L’interesse degli scienziati cognitivi per il terzo aspetto, la società, è invece una acquisizione relativamente recente. Questo numero speciale di «Sistemi Intelligenti», dedicato al binomio «cognizione e socialità», vuole approfondire le diverse sfaccettature dell’inclusione del dominio sociale all’interno dei vari settori delle scienze cognitive mostrando come, anche in campi di ricerca molto distanti l’uno dall’altro, l’inserimento della dimensione sociale abbia portato ad importanti sviluppi teorici e pratici. Infatti, proprio negli ultimi anni, la dimensione sociale ha acquisito una rilevanza sempre maggiore nella maggior parte delle discipline che ricadono sotto l’etichetta di «scienze e neuroscienze cognitive». Questo spostamento dell’attenzione verso il sociale è chiaramente evidente nello studio delle reti sociali (si veda il capitolo di Arcelli Fontana, Formato e Pareschi), delle istituzioni sociali, dell’economia cognitiva (si vedano il contributo di Terna e Boeri e quello di Viale), e di altri settori per cui la dimensione sociale è il principale oggetto di indagine. In questi contesti, la novità consiste nell’affrontare temi caratteristici delle scienze sociali, come quelli delle istituzioni, della fiducia, 220 e delle norme e dei meccanismi, che le mantengono in una prospettiva radicalmente nuova, volta a comprendere quali sono le abilità sociocognitive alla base della formazione di questi fenomeni sociali (si veda il capitolo di Tummolini e Castelfranchi a proposito delle istituzioni e, in particolare, della proprietà), e di identificare nuovi strumenti di indagine, quali ad esempio la simulazione ad agenti (si vedano i contributi di Andrighetto, Villatoro, Cecconi e Conte, e quello di Boero e T erna). Ma, cosa ancor più sorprendente, l’interesse per questo aspetto si è diffuso persino tra gli studiosi dei processi cognitivi più «hard», tradizionalmente considerati più impermeabili agli aspetti sociali. Si consideri un ambito di ricerca classico della psicologia dei processi cognitivi, lo studio dell’attenzione. Negli ultimi anni, in ambito internazionale ma anche all’interno della comunità dei ricercatori italiani, si sta diffondendo l’interesse per comprendere in che misura le azioni svolte da altri influenzino anche compiti percettivo-motori e attentivi molto semplici (si veda il capitolo di Rubichi, Iani e Nicoletti). Ne sono una dimostrazione gli studi recenti sull’attenzione condivisa, sulla direzione dello sguardo e sulla sua influenza sui processi di orientamento e selezione dell’attenzione (si veda il capitolo di Ricciardelli e Riggio), oltre agli studi che rivelano l’Influenza di variabili di alto livello, come l’affiliazione politica, anche su comportamenti di base, come l’attenzione sociale riflessa (si veda il contributo di Aglioti e Liuzza). Infine, lo dimostra la diffusione di nuovi paradigmi, come ad esempio il cosiddetto «effetto Simon sociale», in cui si inserisce l’«altro» nella situazione di laboratorio, studiandone gli effetti sul comportamento individuale. Più ancora che in psicologia e nelle scienze cognitive, l’interesse per il sociale è dilagato nell’ambito delle neuroscienze cognitive. Lo dimostra il fatto che in ambito internazionale si assiste ad una proliferazione di riviste di neuroscienze interamente focalizzate sull’aspetto sociale, e che nei convegni internazionali è sempre più frequente imbattersi in interi settori espositivi dedicati, di volta in volta, alla «social cognition», alla «social neuroscience», o alla «affective neuroscience». Sempre nell’ambito neuroscientifico, inoltre, si osserva oggi un crescendo di contaminazioni tra neuroscienze e psicologia sociale, e ad una loro sintesi che sfocia nella creazione di ambiti relativamente nuovi, come ad esempio quello della cosiddetta «neuropolitica» (si veda il capitolo di Aglioti e Liuzza). D’altro canto, proprio il nostro paese ha contribuito in maniera determinante all’affermarsi, in ambito internazionale, della dimensione sociale nello studio della mente, allorquando – ormai venti anni fa – sono stati scoperti a Parma i «neuroni specchio», ovvero quei neuroni motori attivi durante l’esecuzione di azioni nonché durante l’osservazione delle stesse azioni eseguite da altri individui. Questo dato ha letteralmente aperto un filone di ricerca (interdisciplinare) incentrato sull’idea, ormai piuttosto accettata, che le azioni, le emozioni, le sensazioni ed il linguaggio degli altri individui vengano sostanzialmente compresi mediante un’automatica 221 e inconscia simulazione degli stessi da parte dell’osservatore (si veda il capitolo di Caruana e Gallese ed il capitolo di Viale; si veda anche, sul corpo e l’empatia, il contributo di Centi). Il «meccanismo specchio» sembrerebbe inoltre giocare un ruolo nell’individuazione delle «affordances », essendo la relazione «individuo-oggetto afferrabile» dipendente non solo dal proprio spazio di raggiungimento motorio ma anche dallo spazio di raggiungimento motorio di altri individui, posti vicino a noi (si vedano il capitolo di Sinigaglia e Costantini, nonché il capitolo di Borghi, Gianelli e Lugli sugli aspetti convenzionali e sociali delle affordance). Al di là dell’ambito strettamente neuroscientifico, in un contesto anzi apparentemente distante, anche nello studio delle simulazioni «agentbased » e della robotica l’interesse per le modalità di aggregazione e per gli aspetti sociali è da sempre condiviso. La novità, in questo contesto, consiste nel considerare i comportamenti di gruppi di animali, ad esempio il modo in cui si muovono nello spazio, come comportamenti cognitivi. Un esempio su tutti è quello della «swarm robotics», un campo in cui si modellano comportamenti collettivi in un’interazione sempre più stretta con le neuroscienze e la psicologia cognitiva e sociale, ad esempio facendo paralleli tra il comportamento animale e le dinamiche neurali (si veda il capitolo di Trianni e Tuci). Più in generale, tutte le prospettive «embodied», così come quelle situate («grounded»), hanno sottolineato sempre più il fatto che ogni organismo è situato in un determinato contesto, e che questo contesto è anche e necessariamente un contesto sociale. Gli effetti di questa pervasiva convinzione ha effettivamente avuto risonanza in discipline che apparentemente solo marginalmente sono interessate dal dibattito teorico delle scienze cognitive, quali ad esempio la psichiatria, o la fisiologia dello stress, che pure trovano voce in questo numero (si vedano i contributi di Sgoifo e di Rossi-Monti). Lo studio del linguaggio, che (ricordiamo) è una pratica sociale, costituisce un buon esempio di come diversi approcci e metodi – dai metodi sperimentali, comportamentali e neuroscientifici, ai metodi simulativi e sintetici – possano convergere nello studiare come l’introduzione della dimensione sociale ha influenzato lo studio di un comportamento. Nel numero speciale ci si sofferma sui processi di sviluppo, mostrando come il linguaggio possa essere internalizzato e quindi influenzare i processi di categorizzazione individuale (si veda il contributo di Mirolli e Parisi); si affronta il tema della possibile evoluzione del linguaggio a partire dai gesti, che sono a loro volta marcatamente sociali (si veda il capitolo di Ferri, Campione e Gentilucci). Infine, si mostra come il linguaggio e i gesti da esso evocati possano rappresentare uno strumento per studiare le affordance sociali (si veda il capitolo di Borghi, Giannelli e Lugli). A partire da una prospettiva piuttosto differente, si illustra come nuovi strumenti concettuali, quali i modelli sintetici, possano contribuire al dibattito nelle scienze cognitive sull’evoluzione della categorizzazione e del linguaggio (si veda il contributo di Loreto e Tria.) 222 Concludendo, i capitoli che compongono il presente volume mostrano che c’è stata, o si prevede per il prossimo futuro, una forte modificazione della struttura delle discipline qui rappresentate, le quali affrontano oggi, con maggiore consapevolezza verso il passato, il tema del ruolo non marginale giocato dal fattore «socialità». In particolare, gli articoli raccolti nel presente numero offrono la risposta che autori tra i più autorevoli nel panorama italiano delle scienze cognitive «sociali» hanno dato a tre domande che i curatori hanno posto loro: perché per studiare la mente è importante prestare attenzione agli aspetti sociali? In che modo l’introduzione della dimensione sociale ha cambiato la tua disciplina negli ultimi anni? E come, invece, la tua disciplina ha cambiato il modo di intendere la dimensione sociale? Ovviamente, il dibattito è aperto. Resta, tra gli scienziati, una distinzione tra chi considera la dimensione sociale come fondante, alla base stessa della cognizione individuale, e chi è interessato a come la dimensione sociale viene a modulare e modificare processi cognitivi sostanzialmente individuali. Con il presente numero monografico «Sistemi Intelligenti» torna dunque ad essere una bussola per il lettore italiano interessato al dibattito interno alle scienze cognitive e al loro mondo dinamico, mostrando i vari aspetti della nuova frontiera dello studio dei processi cognitivi di chi, più di duemila anni fa, Aristotele aveva chiamato «animale sociale».
2011
COGNIZIONE SOCIALE; NEURONI SPECCHIO; LINGUAGGIO; AFFORDANCES; SCIENZE COGNITIVE
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Cognizione sociale. Numero speciale della rivista Sistemi intelligenti, XXIII, n.2. Editoriale / Borghi, ANNA MARIA; Caruana, F.. - In: SISTEMI INTELLIGENTI. - ISSN 1120-9550. - 2:(2011), pp. 219-222. [10.1422/35346]
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/929267
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