L’obiettivo centrale de la tesi è comprendere il fenomeno dell’Esperienza Migratoria dei colombiani in Italia tanto a livello individuale quanto a livello collettivo. Perciò, il primo capitolo è dedicato alla definizione del concetto: “esperienza”. Qui, innanzitutto, si prende un distanziamento dalla concezione psico-comportamentale la quale ritiene l’essere umano come un soggetto passivo e come una vittima che adotta un atteggiamento reattivo di fronte ai fatti che vive. Invece, si abbraccia una in cui l’esperienza viene concepita come una conoscenza pratica dalla quale si estraggono lezioni di vita e come una forma di azione sociale che implica l’uso potenziale o effettivo delle lezioni apprese. Questa duplice accezione si accompagna da un supporto teorico formulato da un insieme di autori (Alfred Schutz, Peter Berger e Thomas Luckmann, Erving Goffman e Paolo Jedlowski, tra altri) che, dalla sociologia comprensiva e interpretativa, si sono preoccupati di comprendere come si configura l’esperienza umana in contesti storici recenti e attuali e come essa diventa uno strumento importante per costruire la realtà sociale del soggetto. D’altra parte, questa prospettiva sociologica mette in evidenza che l’esperienza è un’operazione mentale nella quale tre dimensioni temporali sono connesse (ieri-oggi-domani) e che predispongono le persone –che hanno vissuto l’esperienza- all’Azione Sociale. Applicato quanto detto al fenomeno sociale osservato, si può dire che gli immigrati sono capaci di rilevare la flessibilità tanto della realtà quanto del loro equipaggio mentale e di approfittarne come di un insieme di opportunità per gestire le loro vite in un ambiente che storicamente gli è alieno e nel quale, inoltre, hanno difficoltà permanenti a sentirsi integrati. In fondo la questione è che anche se il migrante non raggiunge lo status pieno di cittadino, con tutte le garanzie e i diritti legali ma anche culturali che tale riconoscimento comporta, può comunque rendersi un soggetto facendo uso della propria esperienza e superare, in buona parte, la percezione abituale di essere considerato e trattato come una vittima del tempo presente, ossia della cosiddetta “Era della Migrazione” che si sviluppa nella cornice di una globalizzazione squilibrata, di incertezza, di barriere alla libera circolazione delle persone. Per cogliere l’esperienza migratoria collettiva (capitolo 3: che si occupa di come si vive la politica colombiana in situazione di migrazione, e capitolo 4: dedicato a comprendere come i colombiani vivono la religione fuori dal loro paese), partiamo dalla considerazione sociologica che la vita quotidiana delle persone non si sviluppa nell’isolamento sociale ma nella cornice di connessione e vincoli con altre persone in spazi concreti. In questo scenario hanno luogo i fenomeni dell’Interazione sociale o contatto faccia a faccia in cui si presenta un’influenza reciproca tra i partecipante dell’interazione e dell’Intersoggettività o intersezione di diverse correnti di coscienza che permette di percepire una corrispondenza tra significati individuali e significati collettivi e nei quali discorrono sugli orientamenti verso la vita o gli Habitus. Questi tre elementi qui sottolineati, incorniciati in realtà sociali di ampia durata temporale come la cultura politica e la cultura religiosa ci hanno permesso di avvicinarci meglio all’esperienza collettiva significativa del fatto migratorio. Sebbene si parta dall’idea base di “cultura politica” che si replica per la “cultura religiosa” degli autori nordamericani Gabriel Almond y Sidney Verba, in questa trattazione si prendono alcune distanze. Da ultimo, il capitolo 5 è dedicato a mostrare l’esperienza migratoria individuale dalla prospettiva delle donne per due ragioni: 1) per contrapporla alla collettiva e 2) perché la figura femminile è fondamentale per comprendere la migrazione colombiana in Italia data la sua assoluta predominanza numerica. L’approccio teorico è quello denominato “Critica poscoloniale”. Metodologicamente, questa tesi si basa in un percorso storico e la raccolta d’informazione statistica (Capitolo 2); l’uso di un questionario, dell’osservazione e delle interviste informali (Capitoli 3 e 4) e, infine, di interviste qualitative (Capitolo 5).

Colombiani in Italia. Esperienza collettiva ed esperienza individuale della migrazione / CAICEDO OSORIO, Amanda. - (2016 Jun 16).

Colombiani in Italia. Esperienza collettiva ed esperienza individuale della migrazione

CAICEDO OSORIO, AMANDA
16/06/2016

Abstract

L’obiettivo centrale de la tesi è comprendere il fenomeno dell’Esperienza Migratoria dei colombiani in Italia tanto a livello individuale quanto a livello collettivo. Perciò, il primo capitolo è dedicato alla definizione del concetto: “esperienza”. Qui, innanzitutto, si prende un distanziamento dalla concezione psico-comportamentale la quale ritiene l’essere umano come un soggetto passivo e come una vittima che adotta un atteggiamento reattivo di fronte ai fatti che vive. Invece, si abbraccia una in cui l’esperienza viene concepita come una conoscenza pratica dalla quale si estraggono lezioni di vita e come una forma di azione sociale che implica l’uso potenziale o effettivo delle lezioni apprese. Questa duplice accezione si accompagna da un supporto teorico formulato da un insieme di autori (Alfred Schutz, Peter Berger e Thomas Luckmann, Erving Goffman e Paolo Jedlowski, tra altri) che, dalla sociologia comprensiva e interpretativa, si sono preoccupati di comprendere come si configura l’esperienza umana in contesti storici recenti e attuali e come essa diventa uno strumento importante per costruire la realtà sociale del soggetto. D’altra parte, questa prospettiva sociologica mette in evidenza che l’esperienza è un’operazione mentale nella quale tre dimensioni temporali sono connesse (ieri-oggi-domani) e che predispongono le persone –che hanno vissuto l’esperienza- all’Azione Sociale. Applicato quanto detto al fenomeno sociale osservato, si può dire che gli immigrati sono capaci di rilevare la flessibilità tanto della realtà quanto del loro equipaggio mentale e di approfittarne come di un insieme di opportunità per gestire le loro vite in un ambiente che storicamente gli è alieno e nel quale, inoltre, hanno difficoltà permanenti a sentirsi integrati. In fondo la questione è che anche se il migrante non raggiunge lo status pieno di cittadino, con tutte le garanzie e i diritti legali ma anche culturali che tale riconoscimento comporta, può comunque rendersi un soggetto facendo uso della propria esperienza e superare, in buona parte, la percezione abituale di essere considerato e trattato come una vittima del tempo presente, ossia della cosiddetta “Era della Migrazione” che si sviluppa nella cornice di una globalizzazione squilibrata, di incertezza, di barriere alla libera circolazione delle persone. Per cogliere l’esperienza migratoria collettiva (capitolo 3: che si occupa di come si vive la politica colombiana in situazione di migrazione, e capitolo 4: dedicato a comprendere come i colombiani vivono la religione fuori dal loro paese), partiamo dalla considerazione sociologica che la vita quotidiana delle persone non si sviluppa nell’isolamento sociale ma nella cornice di connessione e vincoli con altre persone in spazi concreti. In questo scenario hanno luogo i fenomeni dell’Interazione sociale o contatto faccia a faccia in cui si presenta un’influenza reciproca tra i partecipante dell’interazione e dell’Intersoggettività o intersezione di diverse correnti di coscienza che permette di percepire una corrispondenza tra significati individuali e significati collettivi e nei quali discorrono sugli orientamenti verso la vita o gli Habitus. Questi tre elementi qui sottolineati, incorniciati in realtà sociali di ampia durata temporale come la cultura politica e la cultura religiosa ci hanno permesso di avvicinarci meglio all’esperienza collettiva significativa del fatto migratorio. Sebbene si parta dall’idea base di “cultura politica” che si replica per la “cultura religiosa” degli autori nordamericani Gabriel Almond y Sidney Verba, in questa trattazione si prendono alcune distanze. Da ultimo, il capitolo 5 è dedicato a mostrare l’esperienza migratoria individuale dalla prospettiva delle donne per due ragioni: 1) per contrapporla alla collettiva e 2) perché la figura femminile è fondamentale per comprendere la migrazione colombiana in Italia data la sua assoluta predominanza numerica. L’approccio teorico è quello denominato “Critica poscoloniale”. Metodologicamente, questa tesi si basa in un percorso storico e la raccolta d’informazione statistica (Capitolo 2); l’uso di un questionario, dell’osservazione e delle interviste informali (Capitoli 3 e 4) e, infine, di interviste qualitative (Capitolo 5).
16-giu-2016
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Tesi dottorato Caicedo Osorio

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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/926429
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