Il lavoro sviluppato durante il periodo di dottorato si inquadra nel filone di ricerca sul fenomeno di ripopolamento delle aree rurali interne, alimentato in maniera crescente da apporti di studio interdisciplinari interessati a ridefinire il rinnovato ruolo degli spazi aperti per ciò che concerne la pianificazione territoriale, e i processi sociali che qui vengono prodotti, soprattutto grazie agli apporti della sociologia rurale. All’interno dell’eterogeneo orizzonte delle modalità con cui si configurano le attività produttive e le scelte esistenziali dei nuovi rurali, il lavoro approfondisce la storia della valle di Campanara, un’area montana situata sugli appennini tosco romagnoli, sotto la provincia di Firenze. Il carattere peculiare della modalità insediativa sviluppatasi nella valle di Campanara permette di inquadrare l’esperienza locale, una forma abitativa comunitaria a base ecologica, nella più vasta Rete Italiana degli Ecovillaggi. Il moltiplicarsi nell’ultimo decennio di tali progetti di vita agri/culturali e insediativi a carattere intenzionale, quindi comunità non puramente vincolate da legami famigliari, permette di leggere in una chiave rinnovata l’approccio ecologico, economico ed esistenziale, motore di queste pratiche. La scelta di tale campo di studio è stata supportata dall’ipotesi di poter rintracciare nella specificità della località e delle pratiche qui prodotte, elementi efficaci alla decostruzione di due classiche rappresentazioni della ruralità, che hanno spesso portato l’urbanistica tradizionale a non considerarla un ambito di ricerca pertinente. La prima rappresentazione riguarda la ruralità come territorio statico, definito sulla base del suo carattere di marginalità, a cui invece viene opposto quello di un territorio vitale, in grado di riconfigurare l’attuale relazione tra rurale ed urbano, proponendo nuove forme di gestione del patrimonio territoriale e nuove declinazioni di soggettività. Il lavoro sottolinea infatti la possibilità di ritracciare un’ “alternativa di scenario” non necessariamente fondata su un paradigma di produttività economica competitiva, promossa dalle politiche di modernizzazione delle aree rurali a partire dal secondo dopoguerra, ma strutturata intorno ad un principio di creatività della dimensione abitativa comunitaria, che viene qualificata come fruibile “laboratorio di sperimentazione ecologica, sociale e culturale”. L’ “etica della condivisione” riscontrata nel caso studio, permette di leggere la mappatura degli ecovillaggi come una rete di centralità dislocate, operanti nella diffusione di competenze incardinate su presupposti ecologici (dalle pratiche agricole di autosufficienza permacolturale e sinergica, alle conoscenze connesse con l’autocostruzione e l’autosufficienza energetica), relazionali (dibattiti e formazione nel campo della mediazione dei conflitti e nella costruzione di comunità) e personali (attivazione di forme di responsabilizzazione nei confronti del sé, come dimostra la centralità dei temi connessi con la gravidanza e il parto, e nei confronti del territorio, con un principio di “custodia del territorio” a fini non privatistici). La seconda rappresentazione, riguarda quella di un rurale pacificato e potenzialmente omogeneo, laddove emerge invece un luogo conteso, frammentato sotto la spinta di differenti visioni progettuali, soprattutto in riferimento alla proprietà demaniale del territorio in questione che, attraverso una molteplice gestione degli enti istituzionali preposti, complessifica le relazioni tra i nuovi abitanti e il fragile tessuto sociale del comune rurale. Attraverso l’analisi del percorso di concessione degli immobili della valle di Campanara, un processo di negoziazione che ha caratterizzato tutta la storia dell’area, confluito nel progetto pilota della Regione Toscana di “Recupero e valorizzazione dell’area Campanara”, emergono una serie di contraddizioni tra la volontà di ripopolare il territorio e le modalità con cui attuare questo progetto. La possibilità di attivare e sostenere piani di ripopolamento senza che vengano opportunamente declinati nelle specificità locali evidenzia la necessità di abbandonare un approccio alla ruralità come puro dispositivo paesaggistico avulso dal contesto locale, che rischia di depotenziare la portata propositiva delle pratiche di nuova ruralità. Per costruire tali argomentazioni il lavoro si è necessariamente confrontato con alcune categorie dicotomiche ampiamente affrontate all’interno della disciplina urbanistica, quali urbano/rurale, politiche/pratiche, individuo/comunità, società/territorio, le quali declinate in un contesto di pratiche locali perdono la loro rigidità metodologica per evidenziare, invece, il carattere processuale cui vengono quotidianamente sottoposte. L’emersione della continua negoziazione operata da parte dei soggetti nei confronti dei termini di queste relazioni, e il loro necessario ripensamento in termini di analisi, è stata resa possibile dall’approccio interdisciplinare utilizzato nel lavoro di tesi, in cui è dato uno spazio preponderante alla testimonianza dei protagonisti stessi utilizzando la prospettiva metodologica della storia vivente in connubio con tecniche di osservazione più propriamente etnografiche. La possibilità di leggere le traiettorie personali, “la storia vivente che si annida in ognuno di noi” come portatrici di esperienze e impliciti che hanno una interrelazione sociale più ampia, ha permesso da un lato di approfondire attraverso la voce di una delle fondatrici la storia stessa della valle di Campanara, ri-attivatasi nell’ultimo trentennio grazie alla presenza dei nuovi abitanti, e dall’altro di reinterpretare in chiave metodologica l’esperienza di vita nell’ecovillaggio della dottoranda stessa precedente la ricerca dottorale, di due anni circa, e continuata nella fase di ricerca sul campo. Questa prospettiva è stata formalizzata nella ridefinizione della chiave di lettura del “ritorno alla terra” come “ritorno a casa”, o più propriamente come tensione processuale verso la costruzione di una forma di autonomia relazionale in grado di attuare uno “spostamento dei confini”, che pone l’accento non tanto su un’esistenziale ruralizzazione dell’individuo urbano, quanto sulla necessità impellente dei soggetti di ri-appropriarsi, abitando e riempiendo di contenuto la favola del rurale, responsabilizzandosi individualmente e collettivamente, delle sfere connesse con la produzione e la riproduzione di beni materiali e immateriali. È in particolare utilizzando una tale chiave di lettura che l’intero lavoro interpreta adeguatamente il paradosso soggiacente il fenomeno di ripopolamento delle aree rurali interne fondato sull’evidenza che “chi è partito non vuol tornare e chi torna non c’è mai stato”.

Dopo l'abbandono. Riconfigurazioni eco-comunitarie nei territori rurali / Castelli, Elisa. - (2016 Dec 05).

Dopo l'abbandono. Riconfigurazioni eco-comunitarie nei territori rurali

CASTELLI, ELISA
05/12/2016

Abstract

Il lavoro sviluppato durante il periodo di dottorato si inquadra nel filone di ricerca sul fenomeno di ripopolamento delle aree rurali interne, alimentato in maniera crescente da apporti di studio interdisciplinari interessati a ridefinire il rinnovato ruolo degli spazi aperti per ciò che concerne la pianificazione territoriale, e i processi sociali che qui vengono prodotti, soprattutto grazie agli apporti della sociologia rurale. All’interno dell’eterogeneo orizzonte delle modalità con cui si configurano le attività produttive e le scelte esistenziali dei nuovi rurali, il lavoro approfondisce la storia della valle di Campanara, un’area montana situata sugli appennini tosco romagnoli, sotto la provincia di Firenze. Il carattere peculiare della modalità insediativa sviluppatasi nella valle di Campanara permette di inquadrare l’esperienza locale, una forma abitativa comunitaria a base ecologica, nella più vasta Rete Italiana degli Ecovillaggi. Il moltiplicarsi nell’ultimo decennio di tali progetti di vita agri/culturali e insediativi a carattere intenzionale, quindi comunità non puramente vincolate da legami famigliari, permette di leggere in una chiave rinnovata l’approccio ecologico, economico ed esistenziale, motore di queste pratiche. La scelta di tale campo di studio è stata supportata dall’ipotesi di poter rintracciare nella specificità della località e delle pratiche qui prodotte, elementi efficaci alla decostruzione di due classiche rappresentazioni della ruralità, che hanno spesso portato l’urbanistica tradizionale a non considerarla un ambito di ricerca pertinente. La prima rappresentazione riguarda la ruralità come territorio statico, definito sulla base del suo carattere di marginalità, a cui invece viene opposto quello di un territorio vitale, in grado di riconfigurare l’attuale relazione tra rurale ed urbano, proponendo nuove forme di gestione del patrimonio territoriale e nuove declinazioni di soggettività. Il lavoro sottolinea infatti la possibilità di ritracciare un’ “alternativa di scenario” non necessariamente fondata su un paradigma di produttività economica competitiva, promossa dalle politiche di modernizzazione delle aree rurali a partire dal secondo dopoguerra, ma strutturata intorno ad un principio di creatività della dimensione abitativa comunitaria, che viene qualificata come fruibile “laboratorio di sperimentazione ecologica, sociale e culturale”. L’ “etica della condivisione” riscontrata nel caso studio, permette di leggere la mappatura degli ecovillaggi come una rete di centralità dislocate, operanti nella diffusione di competenze incardinate su presupposti ecologici (dalle pratiche agricole di autosufficienza permacolturale e sinergica, alle conoscenze connesse con l’autocostruzione e l’autosufficienza energetica), relazionali (dibattiti e formazione nel campo della mediazione dei conflitti e nella costruzione di comunità) e personali (attivazione di forme di responsabilizzazione nei confronti del sé, come dimostra la centralità dei temi connessi con la gravidanza e il parto, e nei confronti del territorio, con un principio di “custodia del territorio” a fini non privatistici). La seconda rappresentazione, riguarda quella di un rurale pacificato e potenzialmente omogeneo, laddove emerge invece un luogo conteso, frammentato sotto la spinta di differenti visioni progettuali, soprattutto in riferimento alla proprietà demaniale del territorio in questione che, attraverso una molteplice gestione degli enti istituzionali preposti, complessifica le relazioni tra i nuovi abitanti e il fragile tessuto sociale del comune rurale. Attraverso l’analisi del percorso di concessione degli immobili della valle di Campanara, un processo di negoziazione che ha caratterizzato tutta la storia dell’area, confluito nel progetto pilota della Regione Toscana di “Recupero e valorizzazione dell’area Campanara”, emergono una serie di contraddizioni tra la volontà di ripopolare il territorio e le modalità con cui attuare questo progetto. La possibilità di attivare e sostenere piani di ripopolamento senza che vengano opportunamente declinati nelle specificità locali evidenzia la necessità di abbandonare un approccio alla ruralità come puro dispositivo paesaggistico avulso dal contesto locale, che rischia di depotenziare la portata propositiva delle pratiche di nuova ruralità. Per costruire tali argomentazioni il lavoro si è necessariamente confrontato con alcune categorie dicotomiche ampiamente affrontate all’interno della disciplina urbanistica, quali urbano/rurale, politiche/pratiche, individuo/comunità, società/territorio, le quali declinate in un contesto di pratiche locali perdono la loro rigidità metodologica per evidenziare, invece, il carattere processuale cui vengono quotidianamente sottoposte. L’emersione della continua negoziazione operata da parte dei soggetti nei confronti dei termini di queste relazioni, e il loro necessario ripensamento in termini di analisi, è stata resa possibile dall’approccio interdisciplinare utilizzato nel lavoro di tesi, in cui è dato uno spazio preponderante alla testimonianza dei protagonisti stessi utilizzando la prospettiva metodologica della storia vivente in connubio con tecniche di osservazione più propriamente etnografiche. La possibilità di leggere le traiettorie personali, “la storia vivente che si annida in ognuno di noi” come portatrici di esperienze e impliciti che hanno una interrelazione sociale più ampia, ha permesso da un lato di approfondire attraverso la voce di una delle fondatrici la storia stessa della valle di Campanara, ri-attivatasi nell’ultimo trentennio grazie alla presenza dei nuovi abitanti, e dall’altro di reinterpretare in chiave metodologica l’esperienza di vita nell’ecovillaggio della dottoranda stessa precedente la ricerca dottorale, di due anni circa, e continuata nella fase di ricerca sul campo. Questa prospettiva è stata formalizzata nella ridefinizione della chiave di lettura del “ritorno alla terra” come “ritorno a casa”, o più propriamente come tensione processuale verso la costruzione di una forma di autonomia relazionale in grado di attuare uno “spostamento dei confini”, che pone l’accento non tanto su un’esistenziale ruralizzazione dell’individuo urbano, quanto sulla necessità impellente dei soggetti di ri-appropriarsi, abitando e riempiendo di contenuto la favola del rurale, responsabilizzandosi individualmente e collettivamente, delle sfere connesse con la produzione e la riproduzione di beni materiali e immateriali. È in particolare utilizzando una tale chiave di lettura che l’intero lavoro interpreta adeguatamente il paradosso soggiacente il fenomeno di ripopolamento delle aree rurali interne fondato sull’evidenza che “chi è partito non vuol tornare e chi torna non c’è mai stato”.
5-dic-2016
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Tesi dottorato Castelli

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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/924955
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