La tesi vuole focalizzarsi sull'interdipendenza tra le nuove pratiche di consumo che emergono all'interno del paradigma della Sharing Economy, e le politiche della Smart city, unite allo sviluppo delle ICT. Attraverso un approccio di ricerca allo stesso tempo teorico ed empirico, l'obiettivo è di mettere al centro le persone all'interno dei discorsi sulle città intelligenti. Attraverso un'analisi ad ampio raggio sugli utenti di servizi di "Sharing mobility" (intesi come servizi "smart"), l'obiettivo della ricerca è stato indagare a vari livelli l'universo dei bisogni e dei valori a cui questi attingono e l'impatto sugli stili di vita e di mobilità. Partendo dagli utilizzatori finali di questi servizi di Smart mobility, è stato possibile comparare il profilo dell'utenza con il profilo delle "Smart People" così come delineato nei discorsi istituzionali, accademici e delle corporate all'interno delle differenti visioni di Smart city.La città è oggi, più di sempre, il luogo del cambiamento, della rivoluzione dell’abitare e del consumare, dei nuovi movimenti sociali urbani. Basti pensare al movimento #occupy, alle forme di autogestione degli spazi culturali (si pensi ai tanti spazi occupati come teatri, cinema, etc.), ai GAS (gruppi di acquisto solidale), alle iniziative dal basso di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità ambientale e mobilità sostenibile, e a favore dell’interculturalità e accoglienza degli immigrati. La città è il luogo di hackaton, fiere ed eventi internazionali, invasa dai maker come dai cosplayer, in un flusso continuo di riappropriazione e risemantizzazione degli spazi, che vede nella condivisione di conoscenza e idee (ma anche di beni e servizi) uno dei suoi valori fondanti. Lo studio di questi fenomeni sociali deve interessarci, dobbiamo in qualche modo interpretarne le motivazioni e canalizzare queste spinte dal basso, coglierne le connessioni, affinché esse vengano incluse e integrate come fattore strategico in un una nuova visione di città. L’importanza di uno sguardo sociologico pervade questa ricerca:  I Parte - "Urban places, electronic spaces and human activities": l'obiettivo è comprendere la città per come si mostra oggi, ovvero nella sua notevole e crescente complessità, passando in rassegna le caratteristiche degli organismi urbani per come essi si mostrano, luogo di contraddizioni e libertà, diritti e costrizioni. La città è il luogo della cittadinanza e di una nuova “abitanza precaria” vissuta in modo sempre più fluido tra gli spazi dei flussi e quelli dei luoghi.  II Parte - "Beyond the definition of Smart city: finding Smart People": si utilizza un approccio basato sull’importanza della centralità delle “persone” al fine di analizzare il concetto di Smart city per come si è prodotto nei discorsi istituzionali, corporativi e accademici. Inoltre sono stati utilizzati gli strumenti teoretici emersi nell’ambito delle scienze sociali per comprendere e teorizzare il fenomeno della Smart city e soprattutto per provare a definire chi sono le Smart People.  III Parte - "An Evaluation of people smartness: research design, methods and perspectives": viene proposta una ricerca empirica che vuole porsi come base per ricerche future e nuove riflessioni metodologiche, ancora scarse nelle scienze sociali rispetto a questo fenomeno. Attraverso l’individuazione di un “servizio smart” (nello specifico: i servizi di sharing mobility) si è tentato di analizzare il profilo degli utilizzatori che abbiamo definito “persone smart” per distinguerle dalle Smart people, ovvero il modello ideologizzato e idealizzato proposto dalle istituzioni, dalle corporate e dall’accademia. Le evidenze della ricerca esplorativa condotta attraverso una web survey hanno confermato che è importante partire dalle pratiche per comprendere le dinamiche simboliche e comportamentali delle persone. E’ emerso il profilo degli “Smart city user” nel tentativo di affrancare la visione delle persone che realmente hanno comportamenti smart dall’idealtipo di Smart people costruito a monte nelle narrazioni sulle Smart city. La spinta conoscitiva di questa tesi, e probabilmente il suo obiettivo e merito scientifico principale, è stata proporre un focus sulle persone, nell’ambito di ricerca sulle Smart city. Dopo una disamina della letteratura scientifica prodotta sul tema il percorso si è fatto volutamente più esplorativo e ha condotto a: 1. Comprendere qual è il “modello”, il “progetto”, di persone (Smart people) che la visione urbana sottesa alla Smart city definisce o che vorrebbe contribuire a costruire (attraverso le narrazioni e le attuazioni, ovvero le iniziative implementate); 2. Individuare, da una prospettiva teoretica, le diverse spinte culturali e i fenomeni sociali che stanno dietro all’idea di Smart people (così come emerge dai discorsi istituzionali, delle corporate e accademici); 3. Promuovere (cogliendone le opportunità e potenzialità, quanto la necessità) nuovi obiettivi di ricerca sociale in grado di: a. Riabilitare la presenza delle persone (siano esse smart o meno) nella visione, nella costruzione identitaria, di un nuovo modello di città; b. Proporre una prospettiva human-centred di progettazione dei servizi, che permetta di considerare gli effettivi bisogni delle persone e abbattere le barriere che creano esclusione; c. Analizzare le pratiche di azione urbana bottom-up (iniziative e progetti “smart” provenienti dai cittadini-abitanti), in modo da comprenderne l’universo di valori a cui fanno riferimento i “comportamenti sostenibili”; Ma ha senso parlare di Smart city? La maggior parte dei problemi urbani sono sociali, come la povertà, le discriminazioni, la disuguaglianza, il crimine e la marginalità, problematiche molto spesso esacerbate da certe strategie politiche ed economiche. Una risoluzione di questi tratti critici non sembra poter provenire solamente dall’implementazioni di soluzioni tecnologiche, anche le più innovative e sofisticate. Il modello “Smart city” si pone come risposta a questa complessità e a questi problemi, ma, come si è già sottolineato, finisce per non risolverli ma con il perpetuare (sebbene in forme diverse), disuguaglianze e disparità. La mancanza di interesse, da parte delle istituzioni, nell’includere effettivamente i cittadini in un processo decisionale davvero democratico, e l’assenza di un loro reale coinvolgimento, partecipazione e controllo negli Smart city project, ha portato ad aspre critiche al modello Smart city (Holland, 2015). I limiti della smartness, così come intesa nel discorso sulle smart city, come abbiamo visto sono proiettati di riflesso sulle Smart People. È possibile considerare un’alternativa, ovvero un nuovo di pensare la “smartness” (sia in riferimento alla città che alle persone) oltre alle forme che sono emerse fino ad oggi? Una narrazione alternativa è possibile se si è pronti a dare voce ai discorsi delle persone che le città le abitano, le vivono, le consumano, ne rimescolano le dimensioni simboliche e spaziali attraverso le loro pratiche quotidiane. Bisogna ripartire dalle pratiche, dai progetti, dagli esperimenti di successo o innescati da iniziative dal basso, per capirne le logiche e creare un discorso alternativo a quelli portati avanti finora dalle istituzioni, dalle corporation e dal mondo accademico. Questa operazione è possibile all’interno stesso del “paradigma” Smart city una volta che si sono comprese le sue dinamiche economiche, politiche e di potere, ma anche le sue potenzialità. Qual è, dunque, il vero valore del concetto di Smart city? La sua vera portata innovativa, ci verrebbe da dire, è che essa non è affatto una novità: la visione che disegna non è stata introdotta ex abrupto da chi l’ha progettata e/o definita. Quello che è paradigmatico nella Smart city è la capacità di aggregare, riorganizzare, mettere a sistema, riunire, risemantizzare e far incontrare/scontrare concetti e paradigmi preesistenti (Marciano, 2015). Ogni tipo di narrazione prodotta sulla smart city, sia essa istituzionale, corporativa, accademica o critica, evidenzia il bisogno, se non la necessità, di un nuovo paradigma urbano alla luce di alcuni processi in atto: l’aumento della popolazione nelle aree urbane, l’eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali, l’aumento delle diseguaglianze sociali. Di sicuro i driver del cambiamento sono le persone: con le loro scelte politiche, di consumo, di mobilità, di stili di vita. Una delle frasi che ho ascoltato e letto più frequentemente in questi anni è “Le Smart City le fanno le Smart People”, oppure “Non ci sono Smart City senza Smart Citizen”; il tentativo di questa ricerca è di affermare in modo più consapevole che è ora di partire dalle persone, di capire chi sono coloro che cambieranno, o forse stanno già cambiando, il volto delle città.

Smart people / Smart cities. ICT, sostenibilità sociale e sviluppo urbano: un’analisi degli “Smart city users” / Pizza, Stefania. - (2016 Dec 15).

Smart people / Smart cities. ICT, sostenibilità sociale e sviluppo urbano: un’analisi degli “Smart city users”

PIZZA, STEFANIA
15/12/2016

Abstract

La tesi vuole focalizzarsi sull'interdipendenza tra le nuove pratiche di consumo che emergono all'interno del paradigma della Sharing Economy, e le politiche della Smart city, unite allo sviluppo delle ICT. Attraverso un approccio di ricerca allo stesso tempo teorico ed empirico, l'obiettivo è di mettere al centro le persone all'interno dei discorsi sulle città intelligenti. Attraverso un'analisi ad ampio raggio sugli utenti di servizi di "Sharing mobility" (intesi come servizi "smart"), l'obiettivo della ricerca è stato indagare a vari livelli l'universo dei bisogni e dei valori a cui questi attingono e l'impatto sugli stili di vita e di mobilità. Partendo dagli utilizzatori finali di questi servizi di Smart mobility, è stato possibile comparare il profilo dell'utenza con il profilo delle "Smart People" così come delineato nei discorsi istituzionali, accademici e delle corporate all'interno delle differenti visioni di Smart city.La città è oggi, più di sempre, il luogo del cambiamento, della rivoluzione dell’abitare e del consumare, dei nuovi movimenti sociali urbani. Basti pensare al movimento #occupy, alle forme di autogestione degli spazi culturali (si pensi ai tanti spazi occupati come teatri, cinema, etc.), ai GAS (gruppi di acquisto solidale), alle iniziative dal basso di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità ambientale e mobilità sostenibile, e a favore dell’interculturalità e accoglienza degli immigrati. La città è il luogo di hackaton, fiere ed eventi internazionali, invasa dai maker come dai cosplayer, in un flusso continuo di riappropriazione e risemantizzazione degli spazi, che vede nella condivisione di conoscenza e idee (ma anche di beni e servizi) uno dei suoi valori fondanti. Lo studio di questi fenomeni sociali deve interessarci, dobbiamo in qualche modo interpretarne le motivazioni e canalizzare queste spinte dal basso, coglierne le connessioni, affinché esse vengano incluse e integrate come fattore strategico in un una nuova visione di città. L’importanza di uno sguardo sociologico pervade questa ricerca:  I Parte - "Urban places, electronic spaces and human activities": l'obiettivo è comprendere la città per come si mostra oggi, ovvero nella sua notevole e crescente complessità, passando in rassegna le caratteristiche degli organismi urbani per come essi si mostrano, luogo di contraddizioni e libertà, diritti e costrizioni. La città è il luogo della cittadinanza e di una nuova “abitanza precaria” vissuta in modo sempre più fluido tra gli spazi dei flussi e quelli dei luoghi.  II Parte - "Beyond the definition of Smart city: finding Smart People": si utilizza un approccio basato sull’importanza della centralità delle “persone” al fine di analizzare il concetto di Smart city per come si è prodotto nei discorsi istituzionali, corporativi e accademici. Inoltre sono stati utilizzati gli strumenti teoretici emersi nell’ambito delle scienze sociali per comprendere e teorizzare il fenomeno della Smart city e soprattutto per provare a definire chi sono le Smart People.  III Parte - "An Evaluation of people smartness: research design, methods and perspectives": viene proposta una ricerca empirica che vuole porsi come base per ricerche future e nuove riflessioni metodologiche, ancora scarse nelle scienze sociali rispetto a questo fenomeno. Attraverso l’individuazione di un “servizio smart” (nello specifico: i servizi di sharing mobility) si è tentato di analizzare il profilo degli utilizzatori che abbiamo definito “persone smart” per distinguerle dalle Smart people, ovvero il modello ideologizzato e idealizzato proposto dalle istituzioni, dalle corporate e dall’accademia. Le evidenze della ricerca esplorativa condotta attraverso una web survey hanno confermato che è importante partire dalle pratiche per comprendere le dinamiche simboliche e comportamentali delle persone. E’ emerso il profilo degli “Smart city user” nel tentativo di affrancare la visione delle persone che realmente hanno comportamenti smart dall’idealtipo di Smart people costruito a monte nelle narrazioni sulle Smart city. La spinta conoscitiva di questa tesi, e probabilmente il suo obiettivo e merito scientifico principale, è stata proporre un focus sulle persone, nell’ambito di ricerca sulle Smart city. Dopo una disamina della letteratura scientifica prodotta sul tema il percorso si è fatto volutamente più esplorativo e ha condotto a: 1. Comprendere qual è il “modello”, il “progetto”, di persone (Smart people) che la visione urbana sottesa alla Smart city definisce o che vorrebbe contribuire a costruire (attraverso le narrazioni e le attuazioni, ovvero le iniziative implementate); 2. Individuare, da una prospettiva teoretica, le diverse spinte culturali e i fenomeni sociali che stanno dietro all’idea di Smart people (così come emerge dai discorsi istituzionali, delle corporate e accademici); 3. Promuovere (cogliendone le opportunità e potenzialità, quanto la necessità) nuovi obiettivi di ricerca sociale in grado di: a. Riabilitare la presenza delle persone (siano esse smart o meno) nella visione, nella costruzione identitaria, di un nuovo modello di città; b. Proporre una prospettiva human-centred di progettazione dei servizi, che permetta di considerare gli effettivi bisogni delle persone e abbattere le barriere che creano esclusione; c. Analizzare le pratiche di azione urbana bottom-up (iniziative e progetti “smart” provenienti dai cittadini-abitanti), in modo da comprenderne l’universo di valori a cui fanno riferimento i “comportamenti sostenibili”; Ma ha senso parlare di Smart city? La maggior parte dei problemi urbani sono sociali, come la povertà, le discriminazioni, la disuguaglianza, il crimine e la marginalità, problematiche molto spesso esacerbate da certe strategie politiche ed economiche. Una risoluzione di questi tratti critici non sembra poter provenire solamente dall’implementazioni di soluzioni tecnologiche, anche le più innovative e sofisticate. Il modello “Smart city” si pone come risposta a questa complessità e a questi problemi, ma, come si è già sottolineato, finisce per non risolverli ma con il perpetuare (sebbene in forme diverse), disuguaglianze e disparità. La mancanza di interesse, da parte delle istituzioni, nell’includere effettivamente i cittadini in un processo decisionale davvero democratico, e l’assenza di un loro reale coinvolgimento, partecipazione e controllo negli Smart city project, ha portato ad aspre critiche al modello Smart city (Holland, 2015). I limiti della smartness, così come intesa nel discorso sulle smart city, come abbiamo visto sono proiettati di riflesso sulle Smart People. È possibile considerare un’alternativa, ovvero un nuovo di pensare la “smartness” (sia in riferimento alla città che alle persone) oltre alle forme che sono emerse fino ad oggi? Una narrazione alternativa è possibile se si è pronti a dare voce ai discorsi delle persone che le città le abitano, le vivono, le consumano, ne rimescolano le dimensioni simboliche e spaziali attraverso le loro pratiche quotidiane. Bisogna ripartire dalle pratiche, dai progetti, dagli esperimenti di successo o innescati da iniziative dal basso, per capirne le logiche e creare un discorso alternativo a quelli portati avanti finora dalle istituzioni, dalle corporation e dal mondo accademico. Questa operazione è possibile all’interno stesso del “paradigma” Smart city una volta che si sono comprese le sue dinamiche economiche, politiche e di potere, ma anche le sue potenzialità. Qual è, dunque, il vero valore del concetto di Smart city? La sua vera portata innovativa, ci verrebbe da dire, è che essa non è affatto una novità: la visione che disegna non è stata introdotta ex abrupto da chi l’ha progettata e/o definita. Quello che è paradigmatico nella Smart city è la capacità di aggregare, riorganizzare, mettere a sistema, riunire, risemantizzare e far incontrare/scontrare concetti e paradigmi preesistenti (Marciano, 2015). Ogni tipo di narrazione prodotta sulla smart city, sia essa istituzionale, corporativa, accademica o critica, evidenzia il bisogno, se non la necessità, di un nuovo paradigma urbano alla luce di alcuni processi in atto: l’aumento della popolazione nelle aree urbane, l’eccessivo sfruttamento delle risorse ambientali, l’aumento delle diseguaglianze sociali. Di sicuro i driver del cambiamento sono le persone: con le loro scelte politiche, di consumo, di mobilità, di stili di vita. Una delle frasi che ho ascoltato e letto più frequentemente in questi anni è “Le Smart City le fanno le Smart People”, oppure “Non ci sono Smart City senza Smart Citizen”; il tentativo di questa ricerca è di affermare in modo più consapevole che è ora di partire dalle persone, di capire chi sono coloro che cambieranno, o forse stanno già cambiando, il volto delle città.
15-dic-2016
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Tipologia: Tesi di dottorato
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