Il presente lavoro mira a chiarire la funzione dei suffissi verbali ittiti -anna/i- e -(e/i)šš(a)-, spesso interpretati come suffissi azionali (durativi, iterativi o intensivi), ma che, in alcuni contesti, sembrano veicolare anche un significato aspettuale imperfettivo. Nel primo capitolo, dopo aver presentato il quadro teorico di riferimento per le categorie dell’aspetto e dell’Aktionsart, si illustrano dapprima le modalità di espressione di tali categorie in indoeuropeo e nelle lingue storiche e si discutono i problemi relativi alla loro ricostruzione e alla loro cronologia; si passa poi al sistema verbale ittita, che ha avuto un’importanza cruciale nell’elaborazione di modelli ricostruttivi per il sistema verbale indoeuropeo. È noto infatti che l’ittita ha un sistema verbale piuttosto semplice, specialmente se confrontato con quelli del vedico e del greco antico, e ciò ha portato diversi studiosi a ritenere che la situazione preistorica fosse simile a quella attestata dalla lingua indoeuropea di più antica documentazione. Tuttavia, studi recenti hanno mostrato, da una parte, che l’assenza di categorie nel sistema verbale ittita non riflette una situazione preistorica, ma si spiega meglio in termini di innovazione; dall’altra, che la “semplicità” del sistema verbale ittita non deve essere sovrastimata: alcune categorie morfologiche, che si riteneva fossero assenti in ittita, sono invece individuabili nel sistema, in particolare l’aspetto verbale, la cui espressione era affidata ad elementi suffissali. Nel secondo capitolo si presentano i paradigmi dei suffissi -anna/i- e -šša-, i temi verbali nei quali sono attestati, i problemi relativi alla loro etimologia e una panoramica delle precedenti ipotesi circa la loro funzione. Ad oggi, -anna/i- ricorre in una trentina temi, benché solo un ristretto numero di questi presenti costantemente il suffisso già in antico-ittita. A partire da testi medio-ittiti, si trovano anche verbi marcati dal doppio suffisso -anniške/a-, probabilmente a testimonianza del fatto che -anna/i- non era più percepito come pienamente funzionale all’espressione dell’imperfettività. L’etimologia del suffisso è dibattuta: alcuni studiosi lo riconducono ad un suffisso indoeuropeo in nasale, mentre altri ne sostengono la derivazione dal tema obliquo del sostantivo verbale in -atar-/-ann-. Le due proposte non si escludono necessariamente a vicenda; nella classe dei verbi in -anna/i-, infatti, sembrano confluire due tipi di formazioni, funzionalmente distinte: una a suffisso, verosimilmente di derivazione indoeuropea e con valore imperfettivo, l’altra denominale, che ha alla base i sostantivi in -atar-/-ann-. Questo secondo tipo non possiede però alcuna valenza aspettuale specifica, ma forma il tema imperfettivo mediante il produttivo suffisso -ške/a-. Per quanto riguarda -šša-, solamente quattro verbi ittiti risultano compatibili con tale suffisso, ma esso è molto produttivo in luvio. La sua etimologia non è chiara e non sembrano esserci elementi sufficienti per risolvere la questione, ma è probabile che ci sia una parentela con il suffisso fientivo ittita -ešš-. Quanto alla funzione, secondo una recente ipotesi di Daues, il suffisso -šš(a)- sarebbe legato alla categoria della transitività, indicando un minor grado di affectedness of the object. Tuttavia, ci sono diversi esempi contrari a questo assunto e sembra che l’ipotesi aspettuale riesca a rendere meglio conto dei dati. Nel terzo e nel quarto capitolo si presentano i dati raccolti attraverso lo spoglio sistematico dell’intero corpus dei testi ittiti. I passi contenenti le forme in -anna/i- e in -šša- sono stati suddivisi in quattro gruppi: 1) forme certamente imperfettive, che comprendono: (a) verbi che ricorrono con avverbiali distributivi (‘giorno per giorno’, ‘anno dopo anno’, ecc.), che hanno un chiaro valore abituale; (b) forme di presente accompagnate dagli avverbi kāša, kāšma e kāšatta, che indicano che l’azione si sta svolgendo nel momento stesso dell’enunciato (vale a dire che il verbo ha valore progressivo); (c) verbi che ricorrono in proposizioni temporali introdotte dalla congiunzione imperfettivizzante kuitman ‘mentre’; (d) altri contesti chiaramente imperfettivi; 2) forme che hanno la stessa valenza aspettuale di uno o più imperfettivi in -ške/a- con esse coordinati; 3) passi di incerta interpretazione; 4) forme marcate con valore apparentemente perfettivo. L’analisi mostra che solamente l’ipotesi aspettuale è in grado di rendere conto della distribuzione delle forme marcate e non marcate nella maggior parte dei contesti; per esempio, i verbi in -anna/i- e in -šša- ricorrono con gli avverbiali distributivi, che suggeriscono una lettura abituale, ma non con gli avverbiali iterativi «X volte», che impongono una visione perfettiva. Similmente, i suffissi marcano i presenti che ricorrono con l’avverbio kāša, con valore progressivo, mentre ciò non avviene nel caso dei preteriti, con i quali kāša veicola un significato perfettivo. I contesti dubbi ammettono sempre un’interpretazione imperfettiva, mentre le forme marcate con valore perfettivo sono assai scarse e possono essere spiegate in vario modo. Chiudono la tesi tre appendici: la prima raccoglie le forme non marcate che ricorrono con l’avverbiale «X volte», la seconda contiene i verbi in -anna/i- e in -šša- finora attestati in palaico e in luvio, la terza, infine, mostra che anche il raddoppiamento della radice verbale aveva, in alcuni casi, la funzione di esprimere l’aspetto imperfettivo.

I suffissi verbali ittiti -anna/i- e -(e/i)šš(a)-: studio sincronico e diacronico con particolare riferimento alla categoria funzionale dell'aspetto verbale / Pisaniello, Valerio. - (2016 Dec 16).

I suffissi verbali ittiti -anna/i- e -(e/i)šš(a)-: studio sincronico e diacronico con particolare riferimento alla categoria funzionale dell'aspetto verbale

PISANIELLO, VALERIO
16/12/2016

Abstract

Il presente lavoro mira a chiarire la funzione dei suffissi verbali ittiti -anna/i- e -(e/i)šš(a)-, spesso interpretati come suffissi azionali (durativi, iterativi o intensivi), ma che, in alcuni contesti, sembrano veicolare anche un significato aspettuale imperfettivo. Nel primo capitolo, dopo aver presentato il quadro teorico di riferimento per le categorie dell’aspetto e dell’Aktionsart, si illustrano dapprima le modalità di espressione di tali categorie in indoeuropeo e nelle lingue storiche e si discutono i problemi relativi alla loro ricostruzione e alla loro cronologia; si passa poi al sistema verbale ittita, che ha avuto un’importanza cruciale nell’elaborazione di modelli ricostruttivi per il sistema verbale indoeuropeo. È noto infatti che l’ittita ha un sistema verbale piuttosto semplice, specialmente se confrontato con quelli del vedico e del greco antico, e ciò ha portato diversi studiosi a ritenere che la situazione preistorica fosse simile a quella attestata dalla lingua indoeuropea di più antica documentazione. Tuttavia, studi recenti hanno mostrato, da una parte, che l’assenza di categorie nel sistema verbale ittita non riflette una situazione preistorica, ma si spiega meglio in termini di innovazione; dall’altra, che la “semplicità” del sistema verbale ittita non deve essere sovrastimata: alcune categorie morfologiche, che si riteneva fossero assenti in ittita, sono invece individuabili nel sistema, in particolare l’aspetto verbale, la cui espressione era affidata ad elementi suffissali. Nel secondo capitolo si presentano i paradigmi dei suffissi -anna/i- e -šša-, i temi verbali nei quali sono attestati, i problemi relativi alla loro etimologia e una panoramica delle precedenti ipotesi circa la loro funzione. Ad oggi, -anna/i- ricorre in una trentina temi, benché solo un ristretto numero di questi presenti costantemente il suffisso già in antico-ittita. A partire da testi medio-ittiti, si trovano anche verbi marcati dal doppio suffisso -anniške/a-, probabilmente a testimonianza del fatto che -anna/i- non era più percepito come pienamente funzionale all’espressione dell’imperfettività. L’etimologia del suffisso è dibattuta: alcuni studiosi lo riconducono ad un suffisso indoeuropeo in nasale, mentre altri ne sostengono la derivazione dal tema obliquo del sostantivo verbale in -atar-/-ann-. Le due proposte non si escludono necessariamente a vicenda; nella classe dei verbi in -anna/i-, infatti, sembrano confluire due tipi di formazioni, funzionalmente distinte: una a suffisso, verosimilmente di derivazione indoeuropea e con valore imperfettivo, l’altra denominale, che ha alla base i sostantivi in -atar-/-ann-. Questo secondo tipo non possiede però alcuna valenza aspettuale specifica, ma forma il tema imperfettivo mediante il produttivo suffisso -ške/a-. Per quanto riguarda -šša-, solamente quattro verbi ittiti risultano compatibili con tale suffisso, ma esso è molto produttivo in luvio. La sua etimologia non è chiara e non sembrano esserci elementi sufficienti per risolvere la questione, ma è probabile che ci sia una parentela con il suffisso fientivo ittita -ešš-. Quanto alla funzione, secondo una recente ipotesi di Daues, il suffisso -šš(a)- sarebbe legato alla categoria della transitività, indicando un minor grado di affectedness of the object. Tuttavia, ci sono diversi esempi contrari a questo assunto e sembra che l’ipotesi aspettuale riesca a rendere meglio conto dei dati. Nel terzo e nel quarto capitolo si presentano i dati raccolti attraverso lo spoglio sistematico dell’intero corpus dei testi ittiti. I passi contenenti le forme in -anna/i- e in -šša- sono stati suddivisi in quattro gruppi: 1) forme certamente imperfettive, che comprendono: (a) verbi che ricorrono con avverbiali distributivi (‘giorno per giorno’, ‘anno dopo anno’, ecc.), che hanno un chiaro valore abituale; (b) forme di presente accompagnate dagli avverbi kāša, kāšma e kāšatta, che indicano che l’azione si sta svolgendo nel momento stesso dell’enunciato (vale a dire che il verbo ha valore progressivo); (c) verbi che ricorrono in proposizioni temporali introdotte dalla congiunzione imperfettivizzante kuitman ‘mentre’; (d) altri contesti chiaramente imperfettivi; 2) forme che hanno la stessa valenza aspettuale di uno o più imperfettivi in -ške/a- con esse coordinati; 3) passi di incerta interpretazione; 4) forme marcate con valore apparentemente perfettivo. L’analisi mostra che solamente l’ipotesi aspettuale è in grado di rendere conto della distribuzione delle forme marcate e non marcate nella maggior parte dei contesti; per esempio, i verbi in -anna/i- e in -šša- ricorrono con gli avverbiali distributivi, che suggeriscono una lettura abituale, ma non con gli avverbiali iterativi «X volte», che impongono una visione perfettiva. Similmente, i suffissi marcano i presenti che ricorrono con l’avverbio kāša, con valore progressivo, mentre ciò non avviene nel caso dei preteriti, con i quali kāša veicola un significato perfettivo. I contesti dubbi ammettono sempre un’interpretazione imperfettiva, mentre le forme marcate con valore perfettivo sono assai scarse e possono essere spiegate in vario modo. Chiudono la tesi tre appendici: la prima raccoglie le forme non marcate che ricorrono con l’avverbiale «X volte», la seconda contiene i verbi in -anna/i- e in -šša- finora attestati in palaico e in luvio, la terza, infine, mostra che anche il raddoppiamento della radice verbale aveva, in alcuni casi, la funzione di esprimere l’aspetto imperfettivo.
16-dic-2016
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Tesi dottorato Pisaniello

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Tipologia: Tesi di dottorato
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