Sull’onda delle contestazioni del 1968 riprende vigore l’esigenza di mutamento emersa negli anni precedenti, la denuncia del sistema culturale si accompagna alla volontà di rifondazione disciplinare e all’interrogarsi sul ruolo del creativo nella società. Tra le diverse posizioni e azioni di dissenso, questa ricerca focalizza l’attenzione su quelle esperienze, individuali e collettive, che ponendosi a cavallo tra arte e architettura, hanno cercato di sviluppare un nuovo metodo di lavoro creativo e di gestione culturale nel e per lo spazio pubblico, inteso come urbano e sociale. A partire dalle dichiarazioni più radicali di distruzione dell’oggetto artistico e della progettazione tecnica, vengono considerati quei casi in cui il rifiuto della produzione e del costruire trova nell’azione partecipata e nel contesto urbano il proprio terreno di sperimentazione e proposizione. Iniziative che negli anni Settanta si sviluppano in Italia attorno alle parole chiave ‘animazione’, ‘decentramento’, ‘didattica’, e applicano differenti metodi di indagine e ‘riappropriazione’ urbana, attività di ‘laboratorio’ e progettazione ‘dal basso’, nel tentativo di incidere sul tessuto sociale e sulla gestione culturale del territorio. Esperienze documentate in parte nelle mostre “Avanguardie e cultura popolare” (G. M. Accame, C. Guenzi, Galleria d’arte moderna di Bologna, 1975) e “Ambiente come sociale” (E. Crispolti, R. De Grada, Biennale di Venezia, 1976) e nelle rassegne alla Cooperativa Alzaia (Roma, 1975-78) e al Centro Internazionale di Brera (Milano, 1976-77), ma che sono rintracciabili soprattutto grazie alle riviste e quaderni degli stessi ‘operatori estetici’, veri e propri momenti di ‘animazione’ e creazione organica di un luogo cartaceo per la realizzazione di progetti e il dibattito teorico. Scopo della ricerca è la ricostruzione storica di queste vicende, in seguito citate come ‘arte nel sociale’ (Crispolti, 1994; Pansera, Vitta, 1986), e un loro corretto collocamento non solo all’interno del dibattito critico artistico e architettonico, ma in particolare nei mutamenti politici e sociali coevi. Contestualizzazione necessaria per comprenderne le motivazioni profonde, il lessico e le metodologie di lavoro interdisciplinare sperimentate, come per chiarire le differenti posizioni e rilevarne problematicità e contraddizioni.
Dalla distruzione dell’oggetto all’ “ambiente come sociale”. Esperienze in Italia tra arte, architettura e progettazione culturale, 1969-1978 / Catenacci, Sara. - (2016 Dec 12).
Dalla distruzione dell’oggetto all’ “ambiente come sociale”. Esperienze in Italia tra arte, architettura e progettazione culturale, 1969-1978
CATENACCI, SARA
12/12/2016
Abstract
Sull’onda delle contestazioni del 1968 riprende vigore l’esigenza di mutamento emersa negli anni precedenti, la denuncia del sistema culturale si accompagna alla volontà di rifondazione disciplinare e all’interrogarsi sul ruolo del creativo nella società. Tra le diverse posizioni e azioni di dissenso, questa ricerca focalizza l’attenzione su quelle esperienze, individuali e collettive, che ponendosi a cavallo tra arte e architettura, hanno cercato di sviluppare un nuovo metodo di lavoro creativo e di gestione culturale nel e per lo spazio pubblico, inteso come urbano e sociale. A partire dalle dichiarazioni più radicali di distruzione dell’oggetto artistico e della progettazione tecnica, vengono considerati quei casi in cui il rifiuto della produzione e del costruire trova nell’azione partecipata e nel contesto urbano il proprio terreno di sperimentazione e proposizione. Iniziative che negli anni Settanta si sviluppano in Italia attorno alle parole chiave ‘animazione’, ‘decentramento’, ‘didattica’, e applicano differenti metodi di indagine e ‘riappropriazione’ urbana, attività di ‘laboratorio’ e progettazione ‘dal basso’, nel tentativo di incidere sul tessuto sociale e sulla gestione culturale del territorio. Esperienze documentate in parte nelle mostre “Avanguardie e cultura popolare” (G. M. Accame, C. Guenzi, Galleria d’arte moderna di Bologna, 1975) e “Ambiente come sociale” (E. Crispolti, R. De Grada, Biennale di Venezia, 1976) e nelle rassegne alla Cooperativa Alzaia (Roma, 1975-78) e al Centro Internazionale di Brera (Milano, 1976-77), ma che sono rintracciabili soprattutto grazie alle riviste e quaderni degli stessi ‘operatori estetici’, veri e propri momenti di ‘animazione’ e creazione organica di un luogo cartaceo per la realizzazione di progetti e il dibattito teorico. Scopo della ricerca è la ricostruzione storica di queste vicende, in seguito citate come ‘arte nel sociale’ (Crispolti, 1994; Pansera, Vitta, 1986), e un loro corretto collocamento non solo all’interno del dibattito critico artistico e architettonico, ma in particolare nei mutamenti politici e sociali coevi. Contestualizzazione necessaria per comprenderne le motivazioni profonde, il lessico e le metodologie di lavoro interdisciplinare sperimentate, come per chiarire le differenti posizioni e rilevarne problematicità e contraddizioni.File | Dimensione | Formato | |
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