La presenza di attività cognitive relative alla analisi e l’utilizzo di quantità numeriche nella vita di ogni giorno è pervasiva e ben radicata nella storia culturale della specie umana. La necessità dell’uomo di utilizzare il computo numerico di stimoli od eventi è testimoniata anche da reperti archeologici: sono stati ad esempio ritrovati ossa di animale sulle quali erano stati incisi dei segni per tenere il conto delle fasi lunari (Ifrah et al. 1994). Le situazioni durante le quali facciamo ricorso alla stima della numerosità di elementi ambientali sono diverse: a volte svolgiamo queste attività in modo volontario, utilizzando le tecniche di calcolo apprese culturalmente. Tuttavia, è questo da un punto dello studio delle basi funzionali della cognizione matematica è di grande interesse, gli studi più recenti hanno suggerito che il nostro sistema nervoso può svolgere una codifica molto più automatica della numerosità di stimoli ambientali. Tale codifica, sebbene permetta solamente delle stime più imprecise di quelle fornite dal calcolo matematica formale, ha grande valore adattivo in quanto, ad esempio, permette di stabilire rapidamente se la numerosità di un gruppo di stimoli (come quella di un gruppo di elementi commestibili per una specie animale) sia più o meno grande della numerosità di un gruppo di elementi alternativo. A seguito di una serie di osservazioni pionieristiche di Sir Francis Galton (Nature, 1880a; 1880b), varie evidenze sperimentali hanno più recentemente suggerito un forte legame tra rappresentazioni numeriche e la rappresentazione dello spazio. L’esempio più famoso di tale interazione sarebbe quello secondo il quale per eseguire semplici operazioni matematiche di uso quotidiano, come ad esempio paragonare od ordinare delle quantità numeriche, le persone ricorrano automaticamente all’uso di una linea mentale numerica (LMN) nella quale la serie crescente dei numeri naturali verrebbe ordinata secondo le abitudini di lettura culturalmente definite: nella nostra cultura occidentale che adotta uno stile di lettura “da sinistra a destra” le quantità numeriche più piccole verrebbero quindi poste alla sinistra di quelle più grandi (Seron et al., 1992; Dehaene et al., 1993). Partendo da una rassegna di dati introspettivi, psicologici, neuropsicologici e neurofisiologici, in questo lavoro di tesi sono stati investigati alcuni aspetti, spaziali e non spaziali, della rappresentazione delle magnitudo numeriche nel bambino e nell’ adulto. In particolare, negli studi sui bambini abbiamo cercato di capire come la rappresentazione delle magnitudo numeriche si evolva tra l’età prescolare e le ultime fasi del ciclo educativo di scuola elementare. Nel primo capitolo sperimentale, ci siamo proposti di verificare se, come proposto da alcuni autori (Longo e Lourenco, 2007), la LMN abbia veramente un orientamento intrinseco sinistra/destra oppure se tale tipo di orientamento venga elicitato da caratteristiche specifiche del compito da svolgere. Partendo dalle osservazioni riportate in uno studio di Longo e Lourenco (2007), nel quale era stata trovata una correlazione significativa tra il bias d’errore nella bisezione di linee visive ed il bias d’errore nella bisezione mentale di intervalli numerici (che però erano stati presentati con una chiara connotazione visuo-spaziale sinistra-destra), abbiamo indagato se la stessa correlazione è presente quando la bisezione mentale venga sulla base della presentazione verbale degli stessi intervalli numerici, presentazione che non ha quindi una esplicita connotazione visuo-spaziale sinistra-destra. Nel secondo capitolo sperimentale abbiamo valutato l’affidabilità di un compito di posizionamento visuo-spaziale di magnitudo numeriche, nel riflettere le modalità funzionali di rappresentazione “cerebrale” della serie dei numeri naturali. Recenti dati neurofisiologici, hanno infatti mostrato che i neuroni che codificano grandi numerosità sono più imprecisi di quelli che codificano piccole numerosità: i primi infatti mostrano risposte anche per le numerosità adiacenti mentre i secondi sono più selettivamente sintonizzati sulla loro numerosità preferita. In altre parole, le curve gaussiane che descrivono tali modalità di scarica sono più larghe per i neuroni con preferenza per le numerosità grandi e più strette per quelle con preferenza per piccole numerosità (vedi figura qui sotto pannello A). Quando tali gaussiane vengono rappresentate su una scala logaritmica, quello che si osserva, di conseguenza, è una normalizzazione ed equivalenza tra tutte le gaussiane descritte (figura sotto pannello B) (Nieder e Miller, 2003). Tali dati neurofisiologici hanno confermato, e precisato, alcuni modelli cognitivi precedenti (Gallistel, 2000) che avevano ipotizzato l’esistenza di tale tipo di rappresentazione per spiegare gli effetti di “size” e “distance” osservati in compiti di paragone approssimativo di magnitudo numeriche. In una serie di studi più recedenti è stato utilizzato un compito consistente nell’indicare, su di una linea visiva orizzontale la cui estensione indicava un intervallo numerico (ad es. 0-100), la posizione di un numero compreso nell’intervallo stesso (compito di Number-to-Position; Siegler & Opfer, 2003; Siegler & Booth, 2004; Booth & Siegler, 2006/2008; Berteletti et al., 2010/2012; Barth & Palladino, 2011; Ashcraft & Moore, 2011). Utilizzando questo studio, diversi autori (Siegler & Opfer, 2003; Siegler & Booth, 2004; Booth & Siegler, 2006/2008; Berteletti et al., 2010/2012; Barth & Palladino, 2011; Ashcraft & Moore, 2011) hanno osservato che nei bambini in età prescolare il posizionamento dei numeri segue un andamento logaritmico: i numeri più piccoli vengono collocati più a destra della loro posizione ideale, mentre quelli più grandi verrebbero progressivamente compattati verso l’estremo destro della linea (vedi Figura qui sotto, da Siegler e Booth, 2004). E’ stato proposto che tale andamento nel posizionamento spaziale dei numeri rifletta l’andamento logaritmico centrale delle rappresentazioni (i.e. gaussiane) numeriche documentato da Nieder e Miller (2003). Tuttavia, sulla base di una attenta analisi degli studi sino ad ora eseguiti, ci siamo accorti che in tutti i casi la frequenza di campionamento sperimentale dei numeri più piccoli era costantemente molto più alta di quella riguardante i numeri grandi. Inoltre la compressione logaritmica veniva osservata per range di grandi numeri (0-100 o 0-1000) ma era molto meno evidente, se non del tutto assente, in quei pochi studi che hanno testato range più piccoli (0-10). A partire da queste premesse, abbiamo eseguito uno studio nel quale abbiamo sistematicamente manipolato il bilanciamento delle frequenze di campionamento tra numeri piccoli e grandi ed utilizzato, sia range comprendenti numeri piccoli (0-10), che grandi (0-100). Come si vedrà, i risultati di questo studio hanno portato ad un forte ridimensionamento dell’affidabilità del compito di NtoP nel rivelare la rappresentazione centrale logaritmica delle magnitudo numeriche, indicata dai lavori di neurofisiologia sulle scimmie. Nel terzo studio abbiamo cercato di verificare se un effetto comportamentale, recentemente descritto nella performance degli adulti (Number Interval Position Effect, NIPE, Doricchi et al. 2009), sia osservabile anche in età prescolare e scolare. Il NIPE consiste nella variazione sistematica del bias d’errore, in un compito di bisezione mentale di intervalli numerici. Tale effetto dimostra che, a parità di lunghezze dell’intervallo numerico, il bias d’errore di bisezione cambia in funzione della posizione dell’intervallo nella decina. Ad esempio, nel caso di intervalli da 7 unità è positivo per gli intervalli all’inizio della decina (1-7) ed è negativo per gli intervalli alla fine della decina (3-9). Gli intervalli di ampiezze più piccole presentano un NIPE con andamento leggermente diverso (vedi Figura qui sotto). Nel terzo studio abbiamo voluto indagare se il NIPE sia già presente in età prescolare e si mantenga sostanzialmente inalterato lungo il ciclo educativo di scuola elementare fino all’età adulta. Come vedremo, i risultati di quest’ultimo studio ci hanno portato ad ipotizzare che il NIPE possa essere un riflesso diretto della rappresentazione “logaritmica” centrale delle magnitudo numeriche, rappresentazione che precede l’educazione al calcolo formale e che la specie umana condivide con altre specie animali. Verrà infine abbozzata una proposta di ricerca di modellistica computazionale tesa a verificare questa ipotesi che, qualora confermata, indicherebbe che il NIPE può essere utilizzato come indicatore delle proprietà funzionali della rappresentazione delle magnitudo numeriche e della loro codifica secondo una scala logaritmica.

Codifica della linea mentale dei numeri in età evolutiva e nell'adulto / Rotondaro, Francesca. - (2014 Mar 25).

Codifica della linea mentale dei numeri in età evolutiva e nell'adulto

ROTONDARO, FRANCESCA
25/03/2014

Abstract

La presenza di attività cognitive relative alla analisi e l’utilizzo di quantità numeriche nella vita di ogni giorno è pervasiva e ben radicata nella storia culturale della specie umana. La necessità dell’uomo di utilizzare il computo numerico di stimoli od eventi è testimoniata anche da reperti archeologici: sono stati ad esempio ritrovati ossa di animale sulle quali erano stati incisi dei segni per tenere il conto delle fasi lunari (Ifrah et al. 1994). Le situazioni durante le quali facciamo ricorso alla stima della numerosità di elementi ambientali sono diverse: a volte svolgiamo queste attività in modo volontario, utilizzando le tecniche di calcolo apprese culturalmente. Tuttavia, è questo da un punto dello studio delle basi funzionali della cognizione matematica è di grande interesse, gli studi più recenti hanno suggerito che il nostro sistema nervoso può svolgere una codifica molto più automatica della numerosità di stimoli ambientali. Tale codifica, sebbene permetta solamente delle stime più imprecise di quelle fornite dal calcolo matematica formale, ha grande valore adattivo in quanto, ad esempio, permette di stabilire rapidamente se la numerosità di un gruppo di stimoli (come quella di un gruppo di elementi commestibili per una specie animale) sia più o meno grande della numerosità di un gruppo di elementi alternativo. A seguito di una serie di osservazioni pionieristiche di Sir Francis Galton (Nature, 1880a; 1880b), varie evidenze sperimentali hanno più recentemente suggerito un forte legame tra rappresentazioni numeriche e la rappresentazione dello spazio. L’esempio più famoso di tale interazione sarebbe quello secondo il quale per eseguire semplici operazioni matematiche di uso quotidiano, come ad esempio paragonare od ordinare delle quantità numeriche, le persone ricorrano automaticamente all’uso di una linea mentale numerica (LMN) nella quale la serie crescente dei numeri naturali verrebbe ordinata secondo le abitudini di lettura culturalmente definite: nella nostra cultura occidentale che adotta uno stile di lettura “da sinistra a destra” le quantità numeriche più piccole verrebbero quindi poste alla sinistra di quelle più grandi (Seron et al., 1992; Dehaene et al., 1993). Partendo da una rassegna di dati introspettivi, psicologici, neuropsicologici e neurofisiologici, in questo lavoro di tesi sono stati investigati alcuni aspetti, spaziali e non spaziali, della rappresentazione delle magnitudo numeriche nel bambino e nell’ adulto. In particolare, negli studi sui bambini abbiamo cercato di capire come la rappresentazione delle magnitudo numeriche si evolva tra l’età prescolare e le ultime fasi del ciclo educativo di scuola elementare. Nel primo capitolo sperimentale, ci siamo proposti di verificare se, come proposto da alcuni autori (Longo e Lourenco, 2007), la LMN abbia veramente un orientamento intrinseco sinistra/destra oppure se tale tipo di orientamento venga elicitato da caratteristiche specifiche del compito da svolgere. Partendo dalle osservazioni riportate in uno studio di Longo e Lourenco (2007), nel quale era stata trovata una correlazione significativa tra il bias d’errore nella bisezione di linee visive ed il bias d’errore nella bisezione mentale di intervalli numerici (che però erano stati presentati con una chiara connotazione visuo-spaziale sinistra-destra), abbiamo indagato se la stessa correlazione è presente quando la bisezione mentale venga sulla base della presentazione verbale degli stessi intervalli numerici, presentazione che non ha quindi una esplicita connotazione visuo-spaziale sinistra-destra. Nel secondo capitolo sperimentale abbiamo valutato l’affidabilità di un compito di posizionamento visuo-spaziale di magnitudo numeriche, nel riflettere le modalità funzionali di rappresentazione “cerebrale” della serie dei numeri naturali. Recenti dati neurofisiologici, hanno infatti mostrato che i neuroni che codificano grandi numerosità sono più imprecisi di quelli che codificano piccole numerosità: i primi infatti mostrano risposte anche per le numerosità adiacenti mentre i secondi sono più selettivamente sintonizzati sulla loro numerosità preferita. In altre parole, le curve gaussiane che descrivono tali modalità di scarica sono più larghe per i neuroni con preferenza per le numerosità grandi e più strette per quelle con preferenza per piccole numerosità (vedi figura qui sotto pannello A). Quando tali gaussiane vengono rappresentate su una scala logaritmica, quello che si osserva, di conseguenza, è una normalizzazione ed equivalenza tra tutte le gaussiane descritte (figura sotto pannello B) (Nieder e Miller, 2003). Tali dati neurofisiologici hanno confermato, e precisato, alcuni modelli cognitivi precedenti (Gallistel, 2000) che avevano ipotizzato l’esistenza di tale tipo di rappresentazione per spiegare gli effetti di “size” e “distance” osservati in compiti di paragone approssimativo di magnitudo numeriche. In una serie di studi più recedenti è stato utilizzato un compito consistente nell’indicare, su di una linea visiva orizzontale la cui estensione indicava un intervallo numerico (ad es. 0-100), la posizione di un numero compreso nell’intervallo stesso (compito di Number-to-Position; Siegler & Opfer, 2003; Siegler & Booth, 2004; Booth & Siegler, 2006/2008; Berteletti et al., 2010/2012; Barth & Palladino, 2011; Ashcraft & Moore, 2011). Utilizzando questo studio, diversi autori (Siegler & Opfer, 2003; Siegler & Booth, 2004; Booth & Siegler, 2006/2008; Berteletti et al., 2010/2012; Barth & Palladino, 2011; Ashcraft & Moore, 2011) hanno osservato che nei bambini in età prescolare il posizionamento dei numeri segue un andamento logaritmico: i numeri più piccoli vengono collocati più a destra della loro posizione ideale, mentre quelli più grandi verrebbero progressivamente compattati verso l’estremo destro della linea (vedi Figura qui sotto, da Siegler e Booth, 2004). E’ stato proposto che tale andamento nel posizionamento spaziale dei numeri rifletta l’andamento logaritmico centrale delle rappresentazioni (i.e. gaussiane) numeriche documentato da Nieder e Miller (2003). Tuttavia, sulla base di una attenta analisi degli studi sino ad ora eseguiti, ci siamo accorti che in tutti i casi la frequenza di campionamento sperimentale dei numeri più piccoli era costantemente molto più alta di quella riguardante i numeri grandi. Inoltre la compressione logaritmica veniva osservata per range di grandi numeri (0-100 o 0-1000) ma era molto meno evidente, se non del tutto assente, in quei pochi studi che hanno testato range più piccoli (0-10). A partire da queste premesse, abbiamo eseguito uno studio nel quale abbiamo sistematicamente manipolato il bilanciamento delle frequenze di campionamento tra numeri piccoli e grandi ed utilizzato, sia range comprendenti numeri piccoli (0-10), che grandi (0-100). Come si vedrà, i risultati di questo studio hanno portato ad un forte ridimensionamento dell’affidabilità del compito di NtoP nel rivelare la rappresentazione centrale logaritmica delle magnitudo numeriche, indicata dai lavori di neurofisiologia sulle scimmie. Nel terzo studio abbiamo cercato di verificare se un effetto comportamentale, recentemente descritto nella performance degli adulti (Number Interval Position Effect, NIPE, Doricchi et al. 2009), sia osservabile anche in età prescolare e scolare. Il NIPE consiste nella variazione sistematica del bias d’errore, in un compito di bisezione mentale di intervalli numerici. Tale effetto dimostra che, a parità di lunghezze dell’intervallo numerico, il bias d’errore di bisezione cambia in funzione della posizione dell’intervallo nella decina. Ad esempio, nel caso di intervalli da 7 unità è positivo per gli intervalli all’inizio della decina (1-7) ed è negativo per gli intervalli alla fine della decina (3-9). Gli intervalli di ampiezze più piccole presentano un NIPE con andamento leggermente diverso (vedi Figura qui sotto). Nel terzo studio abbiamo voluto indagare se il NIPE sia già presente in età prescolare e si mantenga sostanzialmente inalterato lungo il ciclo educativo di scuola elementare fino all’età adulta. Come vedremo, i risultati di quest’ultimo studio ci hanno portato ad ipotizzare che il NIPE possa essere un riflesso diretto della rappresentazione “logaritmica” centrale delle magnitudo numeriche, rappresentazione che precede l’educazione al calcolo formale e che la specie umana condivide con altre specie animali. Verrà infine abbozzata una proposta di ricerca di modellistica computazionale tesa a verificare questa ipotesi che, qualora confermata, indicherebbe che il NIPE può essere utilizzato come indicatore delle proprietà funzionali della rappresentazione delle magnitudo numeriche e della loro codifica secondo una scala logaritmica.
25-mar-2014
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