La ricerca analizza l’evolversi del ruolo dell’Italia nella politica estera dell’Albania tra il 1957-1985. Sono trattate le relazioni politiche e diplomatiche, economiche e culturali tra l’Albania e l’Italia, accennando anche alle relazioni tra il Partito del Lavoro albanese e il PCI, in un periodo quasi trentennale che va dalla firma dell’Accordo di attuazione del Trattato di Pace con l’Italia, all’inizio della fine del regime albanese con la scomparsa di Enver Hoxha. Le relazioni tra l’Italia e l’Albania durante la “Guerra Fredda” furono relazioni tra due paesi con ideologie, sistemi politici ed economici contrari. Furono relazioni ai confini di una guerra che con le armi non si combatté mai. E sono sempre i confini che risentono di più dell’irriducibile ostilità, poiché diventano un punto di attrito e di probabile scontro. Le relazioni bilaterali oscillarono tra momenti di tensione e distensione. Le tensioni si collocarono sul piano più ampio ideologico, politico e militare della Guerra Fredda, ma anche sulle questioni attinenti all’attuazione del Trattato di Pace. L’accordo di Roma del 1957 servì da base per risolvere definitivamente le questioni delle riparazioni, le restituzioni e altre questioni particolarmente sentite, come il trasferimento dei resti dei soldati italiani caduti durante la guerra sul territorio albanese. Le relazioni diplomatiche si elevarono a rango di ambasciata nel 1964 e l’Italia intensificò le proposte per stabilire relazioni a livello politico. Uno spazio importante è dedicato alla posizione dell’Italia all’uscita dell’Albania dal Trattato di Varsavia. Ci fu allora un “disgelo” nelle relazioni tra i due paesi, culminato nella visita del primo alto ufficiale italiano a Tirana. Questa situazione di maggior comprensione fu compromessa nel 1974 da un atto terroristico all’Ambasciata albanese a Roma, oltre ai timori che gli albanesi nutrivano su un risveglio del fascismo italiano, arrivando al punto di ritenere che l’Italia si stesse preparando a compiere un’aggressione militare contro il loro paese. L’Albania si stava dirigendo verso il totale isolamento, cominciato dal rifiuto a partecipare ai processi di distensione nell’Europa e seguito dalla rottura delle relazioni con la Cina. Nonostante l’auto-segregazione sul piano politico ed ideologico, le difficoltà economiche spinsero il paese a ricercare uno sviluppo ulteriore delle relazioni commerciali con l’Italia. Nel 1979 tra i due paesi ci furono visite reciproche dei ministri rispettivi del Commercio con l’Estero, che segnarono un punto importante non tanto economico, ma soprattutto politico nelle relazioni bilaterali. Tuttavia, l’Albania mancò l’occasione di una maggiore apertura verso l’Italia e l’occidente. Il libro “l’Eurocomunismo è anticomunismo” di Hoxha, il leader incontestabile albanese liquidò ogni asserzione su una maggiore apertura e un presunto cambiamento del corso politico del paese verso l’Italia. La “primavera” nelle relazioni tra l’Albania e l’Italia tra il 1983-1985 fu dettata soprattutto dalle forti difficoltà economiche albanesi, senza tralasciare che fosse anche il frutto di una politica estera italiana più attiva e apprezzata. Nello sviluppare questo lavoro, mi sono servita principalmente di Fonti archivistiche del Ministero Affari Esteri Albanese. Riguardo alle fonti secondarie, i volumi che trattano le relazioni italo-albanesi nel periodo della “Guerra Fredda” non sono molti, ma sono tuttavia fondamentali per comprendere l’ideologia alle basi della politica estera albanese e per collocare le relazioni tra i due paesi sul piano storico e ideologico dell’epoca.

L'Italia nella politica estera dell'Albania 1957-1985 / Dhoga, Nysjola. - (2012 Sep 27).

L'Italia nella politica estera dell'Albania 1957-1985

DHOGA, NYSJOLA
27/09/2012

Abstract

La ricerca analizza l’evolversi del ruolo dell’Italia nella politica estera dell’Albania tra il 1957-1985. Sono trattate le relazioni politiche e diplomatiche, economiche e culturali tra l’Albania e l’Italia, accennando anche alle relazioni tra il Partito del Lavoro albanese e il PCI, in un periodo quasi trentennale che va dalla firma dell’Accordo di attuazione del Trattato di Pace con l’Italia, all’inizio della fine del regime albanese con la scomparsa di Enver Hoxha. Le relazioni tra l’Italia e l’Albania durante la “Guerra Fredda” furono relazioni tra due paesi con ideologie, sistemi politici ed economici contrari. Furono relazioni ai confini di una guerra che con le armi non si combatté mai. E sono sempre i confini che risentono di più dell’irriducibile ostilità, poiché diventano un punto di attrito e di probabile scontro. Le relazioni bilaterali oscillarono tra momenti di tensione e distensione. Le tensioni si collocarono sul piano più ampio ideologico, politico e militare della Guerra Fredda, ma anche sulle questioni attinenti all’attuazione del Trattato di Pace. L’accordo di Roma del 1957 servì da base per risolvere definitivamente le questioni delle riparazioni, le restituzioni e altre questioni particolarmente sentite, come il trasferimento dei resti dei soldati italiani caduti durante la guerra sul territorio albanese. Le relazioni diplomatiche si elevarono a rango di ambasciata nel 1964 e l’Italia intensificò le proposte per stabilire relazioni a livello politico. Uno spazio importante è dedicato alla posizione dell’Italia all’uscita dell’Albania dal Trattato di Varsavia. Ci fu allora un “disgelo” nelle relazioni tra i due paesi, culminato nella visita del primo alto ufficiale italiano a Tirana. Questa situazione di maggior comprensione fu compromessa nel 1974 da un atto terroristico all’Ambasciata albanese a Roma, oltre ai timori che gli albanesi nutrivano su un risveglio del fascismo italiano, arrivando al punto di ritenere che l’Italia si stesse preparando a compiere un’aggressione militare contro il loro paese. L’Albania si stava dirigendo verso il totale isolamento, cominciato dal rifiuto a partecipare ai processi di distensione nell’Europa e seguito dalla rottura delle relazioni con la Cina. Nonostante l’auto-segregazione sul piano politico ed ideologico, le difficoltà economiche spinsero il paese a ricercare uno sviluppo ulteriore delle relazioni commerciali con l’Italia. Nel 1979 tra i due paesi ci furono visite reciproche dei ministri rispettivi del Commercio con l’Estero, che segnarono un punto importante non tanto economico, ma soprattutto politico nelle relazioni bilaterali. Tuttavia, l’Albania mancò l’occasione di una maggiore apertura verso l’Italia e l’occidente. Il libro “l’Eurocomunismo è anticomunismo” di Hoxha, il leader incontestabile albanese liquidò ogni asserzione su una maggiore apertura e un presunto cambiamento del corso politico del paese verso l’Italia. La “primavera” nelle relazioni tra l’Albania e l’Italia tra il 1983-1985 fu dettata soprattutto dalle forti difficoltà economiche albanesi, senza tralasciare che fosse anche il frutto di una politica estera italiana più attiva e apprezzata. Nello sviluppare questo lavoro, mi sono servita principalmente di Fonti archivistiche del Ministero Affari Esteri Albanese. Riguardo alle fonti secondarie, i volumi che trattano le relazioni italo-albanesi nel periodo della “Guerra Fredda” non sono molti, ma sono tuttavia fondamentali per comprendere l’ideologia alle basi della politica estera albanese e per collocare le relazioni tra i due paesi sul piano storico e ideologico dell’epoca.
27-set-2012
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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/918535
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