Con questo lavoro di ricerca si intende ricostruire ed analizzare uno degli aspetti più interessanti della storia dei rapporti fra Santa Sede e Stati Uniti del XX secolo, cioè il ripristino delle formali relazioni diplomatiche fra i due stati. L’interesse per questa tematica è nato a seguito della lettura del volume di Ennio Di Nolfo “Vaticano e Stati Uniti 1939-1952” opera fondamentale per l’argomento, nella quale si fa particolare riferimento al carteggio di Myron Taylor, l’inviato personale del presidente Roosevelt presso Pio XII. Nel 1939, con l’inizio e successivamente l’inasprimento del secondo conflitto mondiale, il presidente statunitense Roosevelt stava entrando nell’ordine di idee di un intervento americano diretto nel conflitto, evento che avrebbe richiesto l’adozione di scelte coraggiose. Una di queste fu la decisione di ripristinare i rapporti diplomatici con la Santa Sede; il Presidente rese nota la sua volontà nel messaggio natalizio a Pio XII, il 23 dicembre 1939. Parallelamente all’invio di Myron C. Taylor in Vaticano come suo rappresentante personale, si alzò un coro di decise proteste sia da parte delle autorità fasciste, sia da parte dell’opinione pubblica che del protestantesimo americano. Per Mussolini, e per la Germania nazista, il riavvicinamento fra Usa e Santa Sede rappresentava il pericolo di consolidamento delle potenze avverse all’Asse, mentre per la gran massa dell’opinione pubblica americana esso rappresentava una violazione del principio di separazione tra Stato e Chiesa. Effettivamente, a partire dalla chiusura della legazione Usa presso la Santa Sede nel 1867, i rapporti con il pontefice erano stati complicati, a causa anche delle continue manifestazioni di anti-cattolicesimo che si erano susseguite a tutti i livelli della società statunitense. Ufficialmente la missione americana era stata soppressa dal Senato per una questione di fondi, i veri motivi erano da cercarsi altrove, innanzitutto nella visione del Vaticano come simbolo dell’oscurantismo e dell’ancien régime, e della inconciliabilità del carattere chiuso della Chiesa con il modello statunitense. La questione dei rapporti fra i due Stati tornò prepotentemente d’attualità durante la Prima guerra mondiale, soprattutto a causa dell’atteggiamento di chiusura verso il Vaticano del presidente americano, Woodrow Wilson. Egli era un fervente anti-cattolico, e la sua avversione, seppure in linea con i dettami della cultura wasp, lo portò al rifiuto di qualunque iniziativa di pace promossa da Benedetto XV, e alla decisa affermazione della diversità tra il progetto americano di rifondazione del sistema internazionale e quello del pontefice. Inoltre due ordini di problemi allontanavano la prospettiva di riavvicinamento con la Santa Sede: in primo luogo la poderosa ondata di nazionalismo che pervadeva la società statunitense negli anni successivi alla Grande Guerra, che si concretizzava nel nativismo anti-cattolico; in secondo luogo i difficili rapporti tra la Chiesa centrale di Roma e la Chiesa cattolica nordamericana, che veniva accusata di eterodossia. Nel dopo Wilson quindi tutte le amministrazioni repubblicane, ad eccezione dei piccoli segnali distensivi lanciati dalla presidenza Harding, non dedicarono tempo ed energie al dialogo con la Santa Sede. La svolta nei rapporti fra Usa e Vaticano si ebbe con la presidenza Roosevelt da una parte e la figura di Eugenio Pacelli dall’altra. Nella seconda metà degli anni Trenta ci fu una reale convergenza tra la dottrina sociale della Chiesa e i principi del New Deal rooseveltiano. Non minore fu l’importanza dell’impegno di alcuni uomini come i cardinali statunitensi Mundelein e Spellman, e gli uomini dello staff presidenziale, che resero possibile la riabilitazione del cattolicesimo nel tessuto socio-politico nazionale e la ripresa dei rapporti diplomatici. Dalla visita dell’allora cardinale Pacelli negli Usa nel 1936, all’invio a Roma di Myron Taylor nel 1940, l’avvicinamento fra i due Stati fu lungo ma proficuo. Per quanto riguarda la storiografia riguardante la ricostruzione dei rapporti politico-diplomatici tra Stati Uniti e Santa Sede, l’apporto delle fonti varia a seconda del periodo. Sulla fase che va dall’inizio dei rapporti fra i due Stati alla fase immediatamente successiva alla Grande Guerra, vanno sottolineati i lavori di Francis Leo Stock, riguardanti la raccolta di documenti delle rappresentanze consolari fino al 1867, oltre che quelli di Luigi Bruti Liberati e di Dragoljub R. Zivojinovic. Per quanto riguarda il ventennio tra le due guerre vanno citati i volumi di George Q. Flynn e di Gerald P. Fogarty. Il secondo in particolar modo analizza con precisione i motivi ed i protagonisti del riavvicinamento della seconda metà degli anni Trenta, mettendo in luce l’importanza della figura di Francis Spellman. All’interno della pubblicistica italiana lo studio più autorevole è quello del Prof. Ennio Di Nolfo, “Vaticano e Stati Uniti 1939-1952”, ma di non minore importanza risulta il recente volume di Luca Castagna, “Un ponte oltre l’oceano”, esaustivo in particolar modo nella ricostruzione delle vicende interne alla società e alla gerarchia ecclesiastica americana negli anni Venti e Trenta. Altrettanto importante è risultata la consultazione di altri volumi: “Usa e Santa Sede. La lunga strada” di Jim Nicholson, ex ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, illuminante per quanto concerne la prospettiva americana della vicenda, ed il lavoro di Massimo Franco “Imperi paralleli”. Entrambi i volumi offrono una visuale di ampio raggio dei rapporti fra Usa e Vaticano, ricostruendoli a partire dalla nascita dello stato americano fino ai nostri giorni. Per quanto concerne le fonti di carattere archivistico sono stati utilizzati per questa ricerca alcuni documenti dell’Archivio Segreto Vaticano, e segnatamente i fondi “Rappresentanze Pontificie, Delegazione Apostolica degli Stati Uniti d’America”, “Segreteria di Stato”, e “Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari”, ed i fondi “Gabinetto” e “Affari Politici, 1919-1930/1931-1945” dell’Archivio Storico-diplomatico del ministero degli Affari Esteri.

Santa Sede e Stati Uniti tra il 1936 e il 1939(2013 Jun 27).

Santa Sede e Stati Uniti tra il 1936 e il 1939

-
27/06/2013

Abstract

Con questo lavoro di ricerca si intende ricostruire ed analizzare uno degli aspetti più interessanti della storia dei rapporti fra Santa Sede e Stati Uniti del XX secolo, cioè il ripristino delle formali relazioni diplomatiche fra i due stati. L’interesse per questa tematica è nato a seguito della lettura del volume di Ennio Di Nolfo “Vaticano e Stati Uniti 1939-1952” opera fondamentale per l’argomento, nella quale si fa particolare riferimento al carteggio di Myron Taylor, l’inviato personale del presidente Roosevelt presso Pio XII. Nel 1939, con l’inizio e successivamente l’inasprimento del secondo conflitto mondiale, il presidente statunitense Roosevelt stava entrando nell’ordine di idee di un intervento americano diretto nel conflitto, evento che avrebbe richiesto l’adozione di scelte coraggiose. Una di queste fu la decisione di ripristinare i rapporti diplomatici con la Santa Sede; il Presidente rese nota la sua volontà nel messaggio natalizio a Pio XII, il 23 dicembre 1939. Parallelamente all’invio di Myron C. Taylor in Vaticano come suo rappresentante personale, si alzò un coro di decise proteste sia da parte delle autorità fasciste, sia da parte dell’opinione pubblica che del protestantesimo americano. Per Mussolini, e per la Germania nazista, il riavvicinamento fra Usa e Santa Sede rappresentava il pericolo di consolidamento delle potenze avverse all’Asse, mentre per la gran massa dell’opinione pubblica americana esso rappresentava una violazione del principio di separazione tra Stato e Chiesa. Effettivamente, a partire dalla chiusura della legazione Usa presso la Santa Sede nel 1867, i rapporti con il pontefice erano stati complicati, a causa anche delle continue manifestazioni di anti-cattolicesimo che si erano susseguite a tutti i livelli della società statunitense. Ufficialmente la missione americana era stata soppressa dal Senato per una questione di fondi, i veri motivi erano da cercarsi altrove, innanzitutto nella visione del Vaticano come simbolo dell’oscurantismo e dell’ancien régime, e della inconciliabilità del carattere chiuso della Chiesa con il modello statunitense. La questione dei rapporti fra i due Stati tornò prepotentemente d’attualità durante la Prima guerra mondiale, soprattutto a causa dell’atteggiamento di chiusura verso il Vaticano del presidente americano, Woodrow Wilson. Egli era un fervente anti-cattolico, e la sua avversione, seppure in linea con i dettami della cultura wasp, lo portò al rifiuto di qualunque iniziativa di pace promossa da Benedetto XV, e alla decisa affermazione della diversità tra il progetto americano di rifondazione del sistema internazionale e quello del pontefice. Inoltre due ordini di problemi allontanavano la prospettiva di riavvicinamento con la Santa Sede: in primo luogo la poderosa ondata di nazionalismo che pervadeva la società statunitense negli anni successivi alla Grande Guerra, che si concretizzava nel nativismo anti-cattolico; in secondo luogo i difficili rapporti tra la Chiesa centrale di Roma e la Chiesa cattolica nordamericana, che veniva accusata di eterodossia. Nel dopo Wilson quindi tutte le amministrazioni repubblicane, ad eccezione dei piccoli segnali distensivi lanciati dalla presidenza Harding, non dedicarono tempo ed energie al dialogo con la Santa Sede. La svolta nei rapporti fra Usa e Vaticano si ebbe con la presidenza Roosevelt da una parte e la figura di Eugenio Pacelli dall’altra. Nella seconda metà degli anni Trenta ci fu una reale convergenza tra la dottrina sociale della Chiesa e i principi del New Deal rooseveltiano. Non minore fu l’importanza dell’impegno di alcuni uomini come i cardinali statunitensi Mundelein e Spellman, e gli uomini dello staff presidenziale, che resero possibile la riabilitazione del cattolicesimo nel tessuto socio-politico nazionale e la ripresa dei rapporti diplomatici. Dalla visita dell’allora cardinale Pacelli negli Usa nel 1936, all’invio a Roma di Myron Taylor nel 1940, l’avvicinamento fra i due Stati fu lungo ma proficuo. Per quanto riguarda la storiografia riguardante la ricostruzione dei rapporti politico-diplomatici tra Stati Uniti e Santa Sede, l’apporto delle fonti varia a seconda del periodo. Sulla fase che va dall’inizio dei rapporti fra i due Stati alla fase immediatamente successiva alla Grande Guerra, vanno sottolineati i lavori di Francis Leo Stock, riguardanti la raccolta di documenti delle rappresentanze consolari fino al 1867, oltre che quelli di Luigi Bruti Liberati e di Dragoljub R. Zivojinovic. Per quanto riguarda il ventennio tra le due guerre vanno citati i volumi di George Q. Flynn e di Gerald P. Fogarty. Il secondo in particolar modo analizza con precisione i motivi ed i protagonisti del riavvicinamento della seconda metà degli anni Trenta, mettendo in luce l’importanza della figura di Francis Spellman. All’interno della pubblicistica italiana lo studio più autorevole è quello del Prof. Ennio Di Nolfo, “Vaticano e Stati Uniti 1939-1952”, ma di non minore importanza risulta il recente volume di Luca Castagna, “Un ponte oltre l’oceano”, esaustivo in particolar modo nella ricostruzione delle vicende interne alla società e alla gerarchia ecclesiastica americana negli anni Venti e Trenta. Altrettanto importante è risultata la consultazione di altri volumi: “Usa e Santa Sede. La lunga strada” di Jim Nicholson, ex ambasciatore statunitense presso la Santa Sede, illuminante per quanto concerne la prospettiva americana della vicenda, ed il lavoro di Massimo Franco “Imperi paralleli”. Entrambi i volumi offrono una visuale di ampio raggio dei rapporti fra Usa e Vaticano, ricostruendoli a partire dalla nascita dello stato americano fino ai nostri giorni. Per quanto concerne le fonti di carattere archivistico sono stati utilizzati per questa ricerca alcuni documenti dell’Archivio Segreto Vaticano, e segnatamente i fondi “Rappresentanze Pontificie, Delegazione Apostolica degli Stati Uniti d’America”, “Segreteria di Stato”, e “Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari”, ed i fondi “Gabinetto” e “Affari Politici, 1919-1930/1931-1945” dell’Archivio Storico-diplomatico del ministero degli Affari Esteri.
27-giu-2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/918322
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