La presente tesi di dottorato affronta l’analisi delle iconografie di Centauri e Giganti nell’artigianato artistico in Etruria seguendone il percorso evolutivo a partire dalla loro prima comparsa (primo quarto del VII secolo a.C. per i Centauri, seconda metà del VI per i Giganti) fino alle più recenti rappresentazioni di II e I secolo a.C. Il lavoro, concentrandosi su quanto finora edito, ha innanzitutto l’obiettivo di costituire un catalogo aggiornato che, suddiviso per classi di materiali, possa costituire la base per un’indagine sistematica dei soggetti iconografici in esame. Allo spoglio della bibliografia sono stati affiancati, ove possibile, la visione diretta dei materiali e il recupero della documentazione fotografica inedita, in particolare presso il Louvre, il Musée des Monnaies, Médailles et Antiques della Bibliothèque Nationale de France e il British Museum. I documenti raccolti, che costituiscono un Catalogo di circa 470 pezzi, interessano molte classi di materiali, dalla coroplastica architettonica alle diverse produzioni ceramiche (impasto ‒ white-on-red, impasti orientalizzanti con decorazione incisa e a stampo, produzione ceretana stampigliata in impasto rosso ‒, bucchero, ceramica dipinta tardo-orientalizzante, ceramica etrusco-corinzia, hydria della Polledrara, ceramica etrusca a figure nere, gruppo delle hydriai ceretane, ceramica etrusca e falisca a figure rosse, ceramica etrusca e falisca sovradipinta e ceramica a vernice nera con decorazione a rilievo), dalla pittura parietale alla statuaria in pietra, dalle stele felsinee ai lastroni “a scala”, dai sarcofagi alle urne, dalla toreutica (vasellame, specchi, elementi decorativi, armi ed elementi di armatura) agli avori (contenitori, elementi decorativi e manici di flabello), dagli oggetti di ornamento in materiali preziosi alla glittica (scarabei, scaraboidi e gemme da anello). Il lavoro si apre con un primo capitolo su “Centauri e Giganti: storia degli studi e inquadramento mitologico”, nel quale è tracciata una sintesi della storia degli studi e viene presentato un accurato quadro delle principali fonti letterarie sull’argomento che, spaziando dal ciclo troiano alla Biblioteca di Fozio, raccoglie un nutrito elenco di passi relativi non solo alle più note vicende del mito, ma anche ad episodi meno conosciuti dei quali ci si avvale utilmente nelle conclusioni, avanzando una serie proposte esegetiche. Si passa quindi nel capitolo II alle considerazioni relative alle classi di materiali interessate, ai contesti di rinvenimento (nell’intento di tener conto di specifiche associazioni) e ai dati cronologici, che vengono riassunti in una serie di grafici volti ad evidenziare prospettive sincroniche e diacroniche di diffusione dei soggetti. L’indagine iconografica (capitolo III), nella quale emerge la consapevolezza della frequente ambiguità di queste figure e della difficoltà – specie nel caso dei Giganti – di un loro preciso riconoscimento e “inquadramento”, prende l’avvio dallo studio delle tipologie iconografiche ricostruibili: dai primi ibridi identificati quali “Protocentauri” o “uomini-cavallo” alle diverse combinazioni di natura umana ed equina, dal Gigante in panoplia oplitica a quello d’aspetto selvaggio, dedicando particolare attenzione ad alcuni elementi significativi, come la figura del Centauro alato o il fenomeno dell’ibridazione dal quale scaturiscono Giganti anguipedi e, talvolta, alati. L’analisi di abbigliamento, gesti e attributi consente di approfondire alcuni dettagli, come il diffondersi, in epoca orientalizzante e arcaica, dell’iconografia del Centauro vestito. Ulteriori dati sono stati tratti dall’esame dei cicli narrativi di pertinenza, oltre che, quando presenti, dalle rappresentazioni associate. Particolarmente interessante il discorso relativo ai c.d. Protocentauri e al loro possibile rapporto con altre figure partecipanti della natura equina – come i Sileni, l’hippomigés Mares di Claudio Eliano o addirittura Odisseo che, stando ad una notizia di Fozio, sarebbe stato trasformato in cavallo da un’incantatrice tirrenica – o l’analisi di specifici tipi iconografici riferibili alle figure di Giganti, come quello dello “sputafuoco”, presente in ambiente etrusco dalla fine del VI secolo a.C., e riconosciuto di recente anche sulla coppia di schinieri da Aleria del 530-520 a.C. Una particolare attenzione è dedicata anche al tema della genesi, diffusione ed eventuali confronti riguardanti la variante alata del Centauro, generalmente nota in Etruria per la sola produzione chiusina di buccheri a cilindretto (uno dei quali potrebbe essere accostato per la sequenza delle scene ad una coppa tardo-geometrica dal Dypilon), ma in realtà presente anche su un più tardo scarabeo etrusco di stile a globolo richiamante alcuni esempi di glittica greca arcaica. Viene anche messa in evidenza la rarità, sia nel mondo greco che in ambito etrusco, di alcuni motivi, come quello della Centauressa, la cui immagine sembra presente, per il momento, in sole quattro attestazioni: tre situle a vernice nera della fabbrica di Malacena (seconda metà del IV sec. a.C.) e un’urna di produzione chiusina (II sec. a.C.). Nel capitolo conclusivo, si affrontano il rapporto con i modelli di ambiente greco, il discorso sulla destinazione e la committenza dei manufatti, fino ad arrivare ad un’ultima rielaborazione dei dati concernente le ipotesi di significato, che lasciano aperte alcune questioni che potranno essere ulteriormente riprese e approfondite in futuri studi specifici.
Centauri e Giganti nell'artigianato artistico di ambiente etrusco / Landi, Alice. - (2015 Jul 10).
Centauri e Giganti nell'artigianato artistico di ambiente etrusco
LANDI, ALICE
10/07/2015
Abstract
La presente tesi di dottorato affronta l’analisi delle iconografie di Centauri e Giganti nell’artigianato artistico in Etruria seguendone il percorso evolutivo a partire dalla loro prima comparsa (primo quarto del VII secolo a.C. per i Centauri, seconda metà del VI per i Giganti) fino alle più recenti rappresentazioni di II e I secolo a.C. Il lavoro, concentrandosi su quanto finora edito, ha innanzitutto l’obiettivo di costituire un catalogo aggiornato che, suddiviso per classi di materiali, possa costituire la base per un’indagine sistematica dei soggetti iconografici in esame. Allo spoglio della bibliografia sono stati affiancati, ove possibile, la visione diretta dei materiali e il recupero della documentazione fotografica inedita, in particolare presso il Louvre, il Musée des Monnaies, Médailles et Antiques della Bibliothèque Nationale de France e il British Museum. I documenti raccolti, che costituiscono un Catalogo di circa 470 pezzi, interessano molte classi di materiali, dalla coroplastica architettonica alle diverse produzioni ceramiche (impasto ‒ white-on-red, impasti orientalizzanti con decorazione incisa e a stampo, produzione ceretana stampigliata in impasto rosso ‒, bucchero, ceramica dipinta tardo-orientalizzante, ceramica etrusco-corinzia, hydria della Polledrara, ceramica etrusca a figure nere, gruppo delle hydriai ceretane, ceramica etrusca e falisca a figure rosse, ceramica etrusca e falisca sovradipinta e ceramica a vernice nera con decorazione a rilievo), dalla pittura parietale alla statuaria in pietra, dalle stele felsinee ai lastroni “a scala”, dai sarcofagi alle urne, dalla toreutica (vasellame, specchi, elementi decorativi, armi ed elementi di armatura) agli avori (contenitori, elementi decorativi e manici di flabello), dagli oggetti di ornamento in materiali preziosi alla glittica (scarabei, scaraboidi e gemme da anello). Il lavoro si apre con un primo capitolo su “Centauri e Giganti: storia degli studi e inquadramento mitologico”, nel quale è tracciata una sintesi della storia degli studi e viene presentato un accurato quadro delle principali fonti letterarie sull’argomento che, spaziando dal ciclo troiano alla Biblioteca di Fozio, raccoglie un nutrito elenco di passi relativi non solo alle più note vicende del mito, ma anche ad episodi meno conosciuti dei quali ci si avvale utilmente nelle conclusioni, avanzando una serie proposte esegetiche. Si passa quindi nel capitolo II alle considerazioni relative alle classi di materiali interessate, ai contesti di rinvenimento (nell’intento di tener conto di specifiche associazioni) e ai dati cronologici, che vengono riassunti in una serie di grafici volti ad evidenziare prospettive sincroniche e diacroniche di diffusione dei soggetti. L’indagine iconografica (capitolo III), nella quale emerge la consapevolezza della frequente ambiguità di queste figure e della difficoltà – specie nel caso dei Giganti – di un loro preciso riconoscimento e “inquadramento”, prende l’avvio dallo studio delle tipologie iconografiche ricostruibili: dai primi ibridi identificati quali “Protocentauri” o “uomini-cavallo” alle diverse combinazioni di natura umana ed equina, dal Gigante in panoplia oplitica a quello d’aspetto selvaggio, dedicando particolare attenzione ad alcuni elementi significativi, come la figura del Centauro alato o il fenomeno dell’ibridazione dal quale scaturiscono Giganti anguipedi e, talvolta, alati. L’analisi di abbigliamento, gesti e attributi consente di approfondire alcuni dettagli, come il diffondersi, in epoca orientalizzante e arcaica, dell’iconografia del Centauro vestito. Ulteriori dati sono stati tratti dall’esame dei cicli narrativi di pertinenza, oltre che, quando presenti, dalle rappresentazioni associate. Particolarmente interessante il discorso relativo ai c.d. Protocentauri e al loro possibile rapporto con altre figure partecipanti della natura equina – come i Sileni, l’hippomigés Mares di Claudio Eliano o addirittura Odisseo che, stando ad una notizia di Fozio, sarebbe stato trasformato in cavallo da un’incantatrice tirrenica – o l’analisi di specifici tipi iconografici riferibili alle figure di Giganti, come quello dello “sputafuoco”, presente in ambiente etrusco dalla fine del VI secolo a.C., e riconosciuto di recente anche sulla coppia di schinieri da Aleria del 530-520 a.C. Una particolare attenzione è dedicata anche al tema della genesi, diffusione ed eventuali confronti riguardanti la variante alata del Centauro, generalmente nota in Etruria per la sola produzione chiusina di buccheri a cilindretto (uno dei quali potrebbe essere accostato per la sequenza delle scene ad una coppa tardo-geometrica dal Dypilon), ma in realtà presente anche su un più tardo scarabeo etrusco di stile a globolo richiamante alcuni esempi di glittica greca arcaica. Viene anche messa in evidenza la rarità, sia nel mondo greco che in ambito etrusco, di alcuni motivi, come quello della Centauressa, la cui immagine sembra presente, per il momento, in sole quattro attestazioni: tre situle a vernice nera della fabbrica di Malacena (seconda metà del IV sec. a.C.) e un’urna di produzione chiusina (II sec. a.C.). Nel capitolo conclusivo, si affrontano il rapporto con i modelli di ambiente greco, il discorso sulla destinazione e la committenza dei manufatti, fino ad arrivare ad un’ultima rielaborazione dei dati concernente le ipotesi di significato, che lasciano aperte alcune questioni che potranno essere ulteriormente riprese e approfondite in futuri studi specifici.File | Dimensione | Formato | |
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