La carenza di vitamina D è una condizione molto diffusa nella popolazione generale in diverse aree geografiche, anche se tale fenomeno è generalmente sottovalutato. Numerose evidenze sperimentali e cliniche dimostrano come la carenza di vitamina D rappresenti non soltanto un importante fattore condizionante la salute scheletrica, ma anche una possibile concausa nella patogenesi di numerose malattie croniche. La corretta determinazione dello stato vitaminico D, espresso in termini di concentrazione sierica di 25-idrossivitamina D (25OHD), rappresenta pertanto una problematica ancora aperta. I metodi comunemente utilizzati per la determinazione della 25OHD, pur essendo provvisti di adeguata sensibilità, presentano tuttavia diversi svantaggi, tra i quali, in particolare: lo smaltimento del materiale radioattivo richiesto per l’analisi, il pretrattamento dei campioni, il costo della strumentazione e l’impiego di personale tecnico specializzato. Tali caratteristiche si traducono in un costo generalmente elevato delle analisi. Questa tesi di dottorato si è articolata attraverso uno studio sia analitico che farmacologico sulla 25OHD. In particolare, lo studio analitico ha riguardato lo sviluppo di un nuovo metodo di determinazione della 25OHD basato sull’impiego di sensori ottici ed elettrochimici, allo scopo di valutarne il possibile impiego nella pratica clinica. Abbiamo pertanto inizialmente sviluppato un metodo per la determinazione diretta della 25OHD attraverso una reazione antigene-anticorpo, utilizzando un immunosensore di tipo ottico che impiega la risonanza plasmonica superficiale (SPR) come elemento di trasduzione. Impiegando questo dispositivo è stato ottenuto un limite di rivelabilità (LOD) di ca. 2 µg/ml, che tuttavia rappresenta un valore troppo elevato per consentirne l’impiego nella pratica clinica. Allo scopo di aumentare la sensibilità, la 25OHD è stata modificata con una nanoparticella d’oro (AuNPs): ciò ha permesso di raddoppiare la sensibilità e di ridurre il LOD a ca. 1 µg/ml. L’impossibilità di determinare la 25OHD mediante l’impiego di anticorpi, sia direttamente che tramite funzionalizzazione, ha spostato la ricerca verso una determinazione indiretta mediante l’impiego della Vitamin D Binding Protein (VDBP): in questo caso la 25OHD è stata immobilizzata sulla superficie del sensore SPR utilizzando la molecola O-(2-aminoetil)-O′-(2-maleimidoetil) etilene glicol trifluoroacetato (AMEG) che reagisce con la vitamina D attraverso una reazione di Diels-Alder. Quindi la 25OHD è stata determinata mediante un saggio di tipo competitivo che ha abbassato il LOD a ca. 45 ng/ml che apre concrete e interessanti prospettive per l’utilizzo di questa metodica su matrici reali. Al fine di poter realizzare dispositivi per analisi portatili, è stato ideato un immunosensore elettrochimico utilizzando come trasduttori elettrodi d’oro realizzati mediante stampa serigrafica (Screen Printed Electrodes, SPE). Non avendo la 25OHD natura chimica elettroattiva è stato necessario funzionalizzare la 25OHD con una molecola opportuna: a tale scopo è stato utilizzzato il 4-ferrocenilmetil-1,2,4-triazolin-3,5-dione (FMTAD), molecola che lega la 25OHD attraverso una reazione di Diels-Alder, rendendo possibile l’analisi voltammetrica della 25OHD grazie alle proprietà elettroattive della sua funzione ferrocenilica, portando il LOD a 10 ng/ml, ovvero un valore che può considerarsi adeguato per l’applicazione di questa metodica alla determinazione della vitamina D in campioni reali. Scopo dello studio di intervento è stato di valutare gli effetti della somministrazione ripetuta di calcidiolo (25OHD3) sui principali parametri biochimici del metabolismo scheletrico in 18 soggetti normali di sesso femminile. Abbiamo pertanto somministrato una singola dose di 500 microgrammi al mese di calcidiolo, per 4 mesi consecutivi, al fine di valutarne il possibile utilizzo in alternativa alla somministrazione del colecalciferolo (vitamina D3) nella pratica clinica. Tale impiego infatti potrebbe rappresentare un vantaggio soprattutto in quei soggetti nei quali, in presenza di particolari condizioni cliniche, la somministrazione della vitamina D potrebbe non essere il migliore intervento terapeutico.

Studi analitici e farmacologici sulla 25-idrossivitamina D / Carlucci, Luciano. - (2012 May 17).

Studi analitici e farmacologici sulla 25-idrossivitamina D

CARLUCCI, LUCIANO
17/05/2012

Abstract

La carenza di vitamina D è una condizione molto diffusa nella popolazione generale in diverse aree geografiche, anche se tale fenomeno è generalmente sottovalutato. Numerose evidenze sperimentali e cliniche dimostrano come la carenza di vitamina D rappresenti non soltanto un importante fattore condizionante la salute scheletrica, ma anche una possibile concausa nella patogenesi di numerose malattie croniche. La corretta determinazione dello stato vitaminico D, espresso in termini di concentrazione sierica di 25-idrossivitamina D (25OHD), rappresenta pertanto una problematica ancora aperta. I metodi comunemente utilizzati per la determinazione della 25OHD, pur essendo provvisti di adeguata sensibilità, presentano tuttavia diversi svantaggi, tra i quali, in particolare: lo smaltimento del materiale radioattivo richiesto per l’analisi, il pretrattamento dei campioni, il costo della strumentazione e l’impiego di personale tecnico specializzato. Tali caratteristiche si traducono in un costo generalmente elevato delle analisi. Questa tesi di dottorato si è articolata attraverso uno studio sia analitico che farmacologico sulla 25OHD. In particolare, lo studio analitico ha riguardato lo sviluppo di un nuovo metodo di determinazione della 25OHD basato sull’impiego di sensori ottici ed elettrochimici, allo scopo di valutarne il possibile impiego nella pratica clinica. Abbiamo pertanto inizialmente sviluppato un metodo per la determinazione diretta della 25OHD attraverso una reazione antigene-anticorpo, utilizzando un immunosensore di tipo ottico che impiega la risonanza plasmonica superficiale (SPR) come elemento di trasduzione. Impiegando questo dispositivo è stato ottenuto un limite di rivelabilità (LOD) di ca. 2 µg/ml, che tuttavia rappresenta un valore troppo elevato per consentirne l’impiego nella pratica clinica. Allo scopo di aumentare la sensibilità, la 25OHD è stata modificata con una nanoparticella d’oro (AuNPs): ciò ha permesso di raddoppiare la sensibilità e di ridurre il LOD a ca. 1 µg/ml. L’impossibilità di determinare la 25OHD mediante l’impiego di anticorpi, sia direttamente che tramite funzionalizzazione, ha spostato la ricerca verso una determinazione indiretta mediante l’impiego della Vitamin D Binding Protein (VDBP): in questo caso la 25OHD è stata immobilizzata sulla superficie del sensore SPR utilizzando la molecola O-(2-aminoetil)-O′-(2-maleimidoetil) etilene glicol trifluoroacetato (AMEG) che reagisce con la vitamina D attraverso una reazione di Diels-Alder. Quindi la 25OHD è stata determinata mediante un saggio di tipo competitivo che ha abbassato il LOD a ca. 45 ng/ml che apre concrete e interessanti prospettive per l’utilizzo di questa metodica su matrici reali. Al fine di poter realizzare dispositivi per analisi portatili, è stato ideato un immunosensore elettrochimico utilizzando come trasduttori elettrodi d’oro realizzati mediante stampa serigrafica (Screen Printed Electrodes, SPE). Non avendo la 25OHD natura chimica elettroattiva è stato necessario funzionalizzare la 25OHD con una molecola opportuna: a tale scopo è stato utilizzzato il 4-ferrocenilmetil-1,2,4-triazolin-3,5-dione (FMTAD), molecola che lega la 25OHD attraverso una reazione di Diels-Alder, rendendo possibile l’analisi voltammetrica della 25OHD grazie alle proprietà elettroattive della sua funzione ferrocenilica, portando il LOD a 10 ng/ml, ovvero un valore che può considerarsi adeguato per l’applicazione di questa metodica alla determinazione della vitamina D in campioni reali. Scopo dello studio di intervento è stato di valutare gli effetti della somministrazione ripetuta di calcidiolo (25OHD3) sui principali parametri biochimici del metabolismo scheletrico in 18 soggetti normali di sesso femminile. Abbiamo pertanto somministrato una singola dose di 500 microgrammi al mese di calcidiolo, per 4 mesi consecutivi, al fine di valutarne il possibile utilizzo in alternativa alla somministrazione del colecalciferolo (vitamina D3) nella pratica clinica. Tale impiego infatti potrebbe rappresentare un vantaggio soprattutto in quei soggetti nei quali, in presenza di particolari condizioni cliniche, la somministrazione della vitamina D potrebbe non essere il migliore intervento terapeutico.
17-mag-2012
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/918029
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