Il lavoro di ricerca ha voluto offrire un contributo in merito alla disamina del nesso di causalità esistente tra la patologia di mente e l’acting di comportamenti aggressivo-violenti e/o criminosi. Primo obiettivo di ricerca era il tentativo di comprendere se sia oggi risolta, ed in che modo, l’annosa diatriba sulla liceità di associare alla malattia mentale la presenza di un potenziale di rischio per l’adozione di condotte violente e/o criminose. Nello specifico, era in intento di annoverare quali certezze esistano nelle controverse indicazioni poste in oggetto dalla letteratura, che da un lato intende impossibile prevedere la recidiva di un comportamento violento e/o criminoso, e dall’altro ammette la possibilità di un giudizio obiettivo, se frutto dell’adozione di strumenti scientificamente validi. A monte di tale disamina si collocava la personale curiosità scientifica, culturale e professionale, verso il percorso che conduce a mutare un rischio (di comportamenti aggressivo-violenti) in qualcosa che nella sua sussistenza o permanenza (la pericolosità sociale) vede il protrarsi di uno stato che vorrebbe accogliere in sé il rispetto del diritto costituzionale alla cura del malato ed il rispetto della necessità di garantire la difesa di una società “civile”. Secondo obiettivo di ricerca, connesso al precedente, era la volontà di approfondire quale scenario sia oggi indicativo delle possibilità e delle necessità di trattamento di autori di reato affetti da malattia di mente, nell’analisi del contrasto che sorge dall’incontro di due discipline molto diverse: da un lato la psichiatria forense, che ha onere di condurre l’indagine sulla personalità di un soggetto malato, prima ancora che autore di reato, e che in uno scenario così vasto lascia aperti molteplici percorsi; dall’altro la giurisprudenza, che stabilisce invece limitate possibilità al trattamento/contenimento di tale particolare utenza. In tale prospettiva, si è ritenuto necessario porre una riflessione sull’odierno impegno scientifico e normativo volto al tentativo di definire quale organizzazione funzionale e strutturale deve essere data alle sedi, vecchie (gli OPG) e nuove (le strutture territoriali cosiddette Residenze Psichiatriche ad Alta Sorveglianza), atte alla presa in carico di soggetti penalmente prosciolti in quanto malati di mente.
Rischio di Violenza e Pericolosità Sociale: quali influenze? Applicazione delle Scale HCR-20 e PCL-R ad un campione di internati presso gli OPG di Italia / Pomilla, Antonella. - (2012 Oct 24).
Rischio di Violenza e Pericolosità Sociale: quali influenze? Applicazione delle Scale HCR-20 e PCL-R ad un campione di internati presso gli OPG di Italia
POMILLA, ANTONELLA
24/10/2012
Abstract
Il lavoro di ricerca ha voluto offrire un contributo in merito alla disamina del nesso di causalità esistente tra la patologia di mente e l’acting di comportamenti aggressivo-violenti e/o criminosi. Primo obiettivo di ricerca era il tentativo di comprendere se sia oggi risolta, ed in che modo, l’annosa diatriba sulla liceità di associare alla malattia mentale la presenza di un potenziale di rischio per l’adozione di condotte violente e/o criminose. Nello specifico, era in intento di annoverare quali certezze esistano nelle controverse indicazioni poste in oggetto dalla letteratura, che da un lato intende impossibile prevedere la recidiva di un comportamento violento e/o criminoso, e dall’altro ammette la possibilità di un giudizio obiettivo, se frutto dell’adozione di strumenti scientificamente validi. A monte di tale disamina si collocava la personale curiosità scientifica, culturale e professionale, verso il percorso che conduce a mutare un rischio (di comportamenti aggressivo-violenti) in qualcosa che nella sua sussistenza o permanenza (la pericolosità sociale) vede il protrarsi di uno stato che vorrebbe accogliere in sé il rispetto del diritto costituzionale alla cura del malato ed il rispetto della necessità di garantire la difesa di una società “civile”. Secondo obiettivo di ricerca, connesso al precedente, era la volontà di approfondire quale scenario sia oggi indicativo delle possibilità e delle necessità di trattamento di autori di reato affetti da malattia di mente, nell’analisi del contrasto che sorge dall’incontro di due discipline molto diverse: da un lato la psichiatria forense, che ha onere di condurre l’indagine sulla personalità di un soggetto malato, prima ancora che autore di reato, e che in uno scenario così vasto lascia aperti molteplici percorsi; dall’altro la giurisprudenza, che stabilisce invece limitate possibilità al trattamento/contenimento di tale particolare utenza. In tale prospettiva, si è ritenuto necessario porre una riflessione sull’odierno impegno scientifico e normativo volto al tentativo di definire quale organizzazione funzionale e strutturale deve essere data alle sedi, vecchie (gli OPG) e nuove (le strutture territoriali cosiddette Residenze Psichiatriche ad Alta Sorveglianza), atte alla presa in carico di soggetti penalmente prosciolti in quanto malati di mente.File | Dimensione | Formato | |
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