La fortuna passata di Capua, dovuta alla sua felice posizione nel sistema geografico Sacco-Liri-Garigliano verso l’Etruria e ben nota anche dalle fonti classiche, ha giocato paradossalmente in suo sfavore: la ricerca archeologica a Capua è stata difatti fino al volgere dell’Ottocento ricca, ma mal condotta e indiscriminata. In seguito sono stati effettuati interventi che non sempre hanno fornito dati sicuri e attendibili, per mancanza di una pianificazione unitaria, dovuta essenzialmente alla tumultuosa espansione edilizia che ha interessato il Casertano a partire dagli anni ’60 del Novecento. Nei limiti delle risorse disponibili appena descritte, la ricerca è fondata su una base documentaria ampia e per lo più inedita (409 sepolture, relative a quattro differenti necropoli , di cui 284 a catalogo e 125 fuori catalogo ) che, nei limiti delle risorse disponibili, ambisce a fornire un quadro globale della prima età del Ferro a Capua. La difficoltà principale deriva essenzialmente dall’entità stessa delle sepolture in esame, che include diversi nuclei sepolcrali afferenti a tre diverse necropoli, indagate a loro volta con metodi e in tempi diversi; tale assunto ha comportato una difformità anche sostanziale nella ricostruzione del record archeologico da parte degli scavatori, che ha frapposto ostacoli spesso difficilmente superabili nella restituzione dei dati e nella loro esegesi interpretativa. A ciò si contrappone, d’altro canto, un possibile e pericoloso livellamento nella gestione delle specificità proprie di ogni sepolcreto e, di riflesso, del gruppo umano cui esso fa riferimento. Altro problema non secondario è quello relativo ai rapporti quantitativi interni al campione, costituito in maggioranza da sepolture relative alla II fase locale, condizione che potrebbe alterare il quadro d’insieme in una sottorappresentazione delle sepolture del IX secolo a.C., che è solo apparente. Si tratta di un problema che ha sostanzialmente ragioni pratiche: solo negli anni 2005-2006, dopo il limitato intervento degli anni 1986-88, è stata messa in luce buona parte della necropoli del Nuovo Mattatoio, principale nucleo relativo alla prima fase capuana, e i lavori, sia di scavo che di restauro dei materiali, sono tuttora in corso. A tale problema non vi è momentaneamente rimedio sebbene le tombe esaminate relative alla I fase risultino, nel complesso, rappresentative per cogliere le linee di sviluppo della comunità nel periodo pre-protourbano. Resta comunque incontrovertibile il fatto che lo studio rappresenti essenzialmente un contributo alla conoscenza della II fase e, in generale, al processo formativo della facies locale meno legata alla componente villanoviana. Uno degli obiettivi della ricerca che parrà banale ma che riveste un grande significato, se calato negli studi protostorici dell’Italia centro-meridionale, è quello di dare una pallida conoscenza dell’imponente mole di dati e materiali venuti alla luce negli ultimi cinquant’anni a Capua e di cui si ha tutt’oggi solo una vaga idea nel panorama scientifico, pur essendo più volte e da più parti sottolineato il ruolo centrale che rivestiva il centro campano nelle dinamiche di sviluppo dell’Italia protostorica. Capua, grazie alla sua posizione chiave, è interessata fin dall’origine da una vivacità culturale dovuta ad apporti eterogenei che provenivano da più direzioni; il repertorio ceramico e metallico locale difatti riflette contributi afferenti a diversi aspetti culturali che prevalgono in tempi e con modalità diverse, dall’aspetto più propriamente villanoviano etrusco (fase IA) a quello prettamente laziale (fase IA2-IIA), dalla forte componente relativa alla Fossakultur tipo Cuma-Torre Galli (fase IA2-IIB) all’impatto che rivestono le vicine colonie greche di Pithecusa e Cuma (fase II). La tesi è strutturata in modo tale da procedere partendo dall’analisi dei dati microscopici (manufatto) e macroscopici (tomba, necropoli) fino a spingersi a una valutazione complessiva di entrambi in termini teoretici, con l’intento di delineare, nell’ottica di uno sviluppo diacronico, le caratteristiche del costume funerario della comunità in esame. Si è tentato quindi di operare, in prima istanza, un trattamento di sintesi globale e unitaria dei dati, soprattutto quelli concernenti la cultura materiale, lasciando spazio in un secondo tempo ad un’analisi che distinguesse e diversificasse le peculiarità specifiche di ogni necropoli e, ove possibile, di ogni nucleo sepolcrale. Il lavoro è stato organizzato in sei capitoli: il primo riguarda la contestualizzazione del sito sotto l’aspetto metodologico, geografico e storico-archeologico; i tre capitoli successivi sono dedicati all’analisi dei corredi: la cultura materiale viene valutata sotto una prospettiva descrittiva, tipologica , analitica e associativa, con una lettura dei dati presentati attraverso un approccio di tipo statistico che non si limita all’uso esclusivo delle analisi di seriazione ma che utilizza anche tecniche multivariate, pervenendo infine all’articolazione di una cronologia relativa e, attraverso un ampio quadro di correlazioni con altre serie cronologiche italiane, a una cronologia assoluta del sito. Difatti, tra gli obiettivi principali del lavoro vi è anzitutto una revisione complessiva dell’inquadramento cronologico del sito per le prime fasi attraverso uno studio più articolato del materiale, edito e inedito. Quando W. Johannowsky pubblicò il suo imponente lavoro su Capua nel 1983, stilando la periodizzazione tuttora in uso, non disponeva di punti di riferimento così stringenti e così ben studiati quali, ad esempio, Pontecagnano o Pithecusa: è inevitabile dunque che la cronologia relativa e assoluta di Capua sia da rivedere alla luce delle nuove ricerche e scoperte. È da sottolineare, a questo proposito, il riconoscimento di nuove sottofasi (IB1-IB2) per Capua con una periodizzazione che risulta coerente con quelle individuate per altri siti e con un tendenziale abbassamento della cronologia assoluta stilata da Johannowsky (Johannowsky 1965; Johannowsky 1996). Il quinto capitolo è riservato alle necropoli indagate (organizzazione, sviluppo diacronico e sincronico) e ai singoli «contesti» tombali, considerati nel loro insieme come il risultato dell’associazione reciproca fra le varie parti del corredo, della loro consistenza strutturale e posti in relazione al più ampio tessuto della necropoli, evidenziando, ove possibile, la dimensione ideologica e rituale del record funerario. Lo squilibrio tra la sezione dedicata al materiale e quella dedicata alle manifestazioni concrete e alle sovrastrutture ideologiche del culto funerario potrebbe essere un limite della ricerca: si tratta di uno squilibrio dovuto tuttavia ai fattori esterni succitati, come la frammentarietà dei dati a disposizione e, in alcuni casi, alla loro dubbia affidabilità; in tal senso, uno dei punti salienti del lavoro sta nel tentativo di chiarire alcune discrasie riconoscibili in contesti considerati in precedenza affidabili da W. Johannowsky, come la t. 248 o la 253 di Fornaci (Johannowsky 1983). Tale consapevolezza traspare anche nel sesto capitolo nel quale i dati sono calati in una dimensione storicizzata e critica, volta ad evidenziare non solo gli elementi acquisiti in positivo quanto piuttosto le numerose lacune della documentazione che limitano le possibilità interpretative. Va detto anche che tale capitolo finale vede, accanto a uno sforzo di sintesi degli aspetti culturali, così come emersi dall’analisi della documentazione, momenti di approfondimento volti a indagare i rapporti culturali e gli scambi commerciali con le facies contermini e del Mediterraneo. È in questo quadro che si inserisce uno studio dettagliato e compendiario di alcune categorie di oggetti quali gli aegyptiaca e la prima ceramica di importazione e imitazione greca particolarmente abbondanti a Capua, consentendo di individuare, in tre/quattro fasi distinte, flussi commerciali ad ampio raggio di tali materiali. Ciascuna delle parti precedentemente citate trova riscontro in un impianto metodologico solido ed espressamente delineato nelle diverse scansioni del lavoro che costituisce il cuore della ricerca e, allo stesso tempo, ne rappresenta l’ossatura concettuale. Da sottolineare infine la qualità e completezza degli apparati grafici che vedono, accanto a una dettagliata illustrazione dei materiali, l’elaborazione personale di carte tematiche e tabelle sinottiche che integrano in maniera strumentale il testo, costituendo un valido ausilio espositivo e interpretativo per la sua fruizione.

L'età del Ferro a Capua - aspetti distintivi del contesto culturale e suo inquadramento nelle dinamiche di sviluppo dell'Italia protostorica / Melandri, Gianluca. - (2010 Jun 14).

L'età del Ferro a Capua - aspetti distintivi del contesto culturale e suo inquadramento nelle dinamiche di sviluppo dell'Italia protostorica

MELANDRI, GIANLUCA
14/06/2010

Abstract

La fortuna passata di Capua, dovuta alla sua felice posizione nel sistema geografico Sacco-Liri-Garigliano verso l’Etruria e ben nota anche dalle fonti classiche, ha giocato paradossalmente in suo sfavore: la ricerca archeologica a Capua è stata difatti fino al volgere dell’Ottocento ricca, ma mal condotta e indiscriminata. In seguito sono stati effettuati interventi che non sempre hanno fornito dati sicuri e attendibili, per mancanza di una pianificazione unitaria, dovuta essenzialmente alla tumultuosa espansione edilizia che ha interessato il Casertano a partire dagli anni ’60 del Novecento. Nei limiti delle risorse disponibili appena descritte, la ricerca è fondata su una base documentaria ampia e per lo più inedita (409 sepolture, relative a quattro differenti necropoli , di cui 284 a catalogo e 125 fuori catalogo ) che, nei limiti delle risorse disponibili, ambisce a fornire un quadro globale della prima età del Ferro a Capua. La difficoltà principale deriva essenzialmente dall’entità stessa delle sepolture in esame, che include diversi nuclei sepolcrali afferenti a tre diverse necropoli, indagate a loro volta con metodi e in tempi diversi; tale assunto ha comportato una difformità anche sostanziale nella ricostruzione del record archeologico da parte degli scavatori, che ha frapposto ostacoli spesso difficilmente superabili nella restituzione dei dati e nella loro esegesi interpretativa. A ciò si contrappone, d’altro canto, un possibile e pericoloso livellamento nella gestione delle specificità proprie di ogni sepolcreto e, di riflesso, del gruppo umano cui esso fa riferimento. Altro problema non secondario è quello relativo ai rapporti quantitativi interni al campione, costituito in maggioranza da sepolture relative alla II fase locale, condizione che potrebbe alterare il quadro d’insieme in una sottorappresentazione delle sepolture del IX secolo a.C., che è solo apparente. Si tratta di un problema che ha sostanzialmente ragioni pratiche: solo negli anni 2005-2006, dopo il limitato intervento degli anni 1986-88, è stata messa in luce buona parte della necropoli del Nuovo Mattatoio, principale nucleo relativo alla prima fase capuana, e i lavori, sia di scavo che di restauro dei materiali, sono tuttora in corso. A tale problema non vi è momentaneamente rimedio sebbene le tombe esaminate relative alla I fase risultino, nel complesso, rappresentative per cogliere le linee di sviluppo della comunità nel periodo pre-protourbano. Resta comunque incontrovertibile il fatto che lo studio rappresenti essenzialmente un contributo alla conoscenza della II fase e, in generale, al processo formativo della facies locale meno legata alla componente villanoviana. Uno degli obiettivi della ricerca che parrà banale ma che riveste un grande significato, se calato negli studi protostorici dell’Italia centro-meridionale, è quello di dare una pallida conoscenza dell’imponente mole di dati e materiali venuti alla luce negli ultimi cinquant’anni a Capua e di cui si ha tutt’oggi solo una vaga idea nel panorama scientifico, pur essendo più volte e da più parti sottolineato il ruolo centrale che rivestiva il centro campano nelle dinamiche di sviluppo dell’Italia protostorica. Capua, grazie alla sua posizione chiave, è interessata fin dall’origine da una vivacità culturale dovuta ad apporti eterogenei che provenivano da più direzioni; il repertorio ceramico e metallico locale difatti riflette contributi afferenti a diversi aspetti culturali che prevalgono in tempi e con modalità diverse, dall’aspetto più propriamente villanoviano etrusco (fase IA) a quello prettamente laziale (fase IA2-IIA), dalla forte componente relativa alla Fossakultur tipo Cuma-Torre Galli (fase IA2-IIB) all’impatto che rivestono le vicine colonie greche di Pithecusa e Cuma (fase II). La tesi è strutturata in modo tale da procedere partendo dall’analisi dei dati microscopici (manufatto) e macroscopici (tomba, necropoli) fino a spingersi a una valutazione complessiva di entrambi in termini teoretici, con l’intento di delineare, nell’ottica di uno sviluppo diacronico, le caratteristiche del costume funerario della comunità in esame. Si è tentato quindi di operare, in prima istanza, un trattamento di sintesi globale e unitaria dei dati, soprattutto quelli concernenti la cultura materiale, lasciando spazio in un secondo tempo ad un’analisi che distinguesse e diversificasse le peculiarità specifiche di ogni necropoli e, ove possibile, di ogni nucleo sepolcrale. Il lavoro è stato organizzato in sei capitoli: il primo riguarda la contestualizzazione del sito sotto l’aspetto metodologico, geografico e storico-archeologico; i tre capitoli successivi sono dedicati all’analisi dei corredi: la cultura materiale viene valutata sotto una prospettiva descrittiva, tipologica , analitica e associativa, con una lettura dei dati presentati attraverso un approccio di tipo statistico che non si limita all’uso esclusivo delle analisi di seriazione ma che utilizza anche tecniche multivariate, pervenendo infine all’articolazione di una cronologia relativa e, attraverso un ampio quadro di correlazioni con altre serie cronologiche italiane, a una cronologia assoluta del sito. Difatti, tra gli obiettivi principali del lavoro vi è anzitutto una revisione complessiva dell’inquadramento cronologico del sito per le prime fasi attraverso uno studio più articolato del materiale, edito e inedito. Quando W. Johannowsky pubblicò il suo imponente lavoro su Capua nel 1983, stilando la periodizzazione tuttora in uso, non disponeva di punti di riferimento così stringenti e così ben studiati quali, ad esempio, Pontecagnano o Pithecusa: è inevitabile dunque che la cronologia relativa e assoluta di Capua sia da rivedere alla luce delle nuove ricerche e scoperte. È da sottolineare, a questo proposito, il riconoscimento di nuove sottofasi (IB1-IB2) per Capua con una periodizzazione che risulta coerente con quelle individuate per altri siti e con un tendenziale abbassamento della cronologia assoluta stilata da Johannowsky (Johannowsky 1965; Johannowsky 1996). Il quinto capitolo è riservato alle necropoli indagate (organizzazione, sviluppo diacronico e sincronico) e ai singoli «contesti» tombali, considerati nel loro insieme come il risultato dell’associazione reciproca fra le varie parti del corredo, della loro consistenza strutturale e posti in relazione al più ampio tessuto della necropoli, evidenziando, ove possibile, la dimensione ideologica e rituale del record funerario. Lo squilibrio tra la sezione dedicata al materiale e quella dedicata alle manifestazioni concrete e alle sovrastrutture ideologiche del culto funerario potrebbe essere un limite della ricerca: si tratta di uno squilibrio dovuto tuttavia ai fattori esterni succitati, come la frammentarietà dei dati a disposizione e, in alcuni casi, alla loro dubbia affidabilità; in tal senso, uno dei punti salienti del lavoro sta nel tentativo di chiarire alcune discrasie riconoscibili in contesti considerati in precedenza affidabili da W. Johannowsky, come la t. 248 o la 253 di Fornaci (Johannowsky 1983). Tale consapevolezza traspare anche nel sesto capitolo nel quale i dati sono calati in una dimensione storicizzata e critica, volta ad evidenziare non solo gli elementi acquisiti in positivo quanto piuttosto le numerose lacune della documentazione che limitano le possibilità interpretative. Va detto anche che tale capitolo finale vede, accanto a uno sforzo di sintesi degli aspetti culturali, così come emersi dall’analisi della documentazione, momenti di approfondimento volti a indagare i rapporti culturali e gli scambi commerciali con le facies contermini e del Mediterraneo. È in questo quadro che si inserisce uno studio dettagliato e compendiario di alcune categorie di oggetti quali gli aegyptiaca e la prima ceramica di importazione e imitazione greca particolarmente abbondanti a Capua, consentendo di individuare, in tre/quattro fasi distinte, flussi commerciali ad ampio raggio di tali materiali. Ciascuna delle parti precedentemente citate trova riscontro in un impianto metodologico solido ed espressamente delineato nelle diverse scansioni del lavoro che costituisce il cuore della ricerca e, allo stesso tempo, ne rappresenta l’ossatura concettuale. Da sottolineare infine la qualità e completezza degli apparati grafici che vedono, accanto a una dettagliata illustrazione dei materiali, l’elaborazione personale di carte tematiche e tabelle sinottiche che integrano in maniera strumentale il testo, costituendo un valido ausilio espositivo e interpretativo per la sua fruizione.
14-giu-2010
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