La disseminazione tumorale sistemica è considerato uno dei passaggi cruciali della carcinosi peritoneale, complicanza che nel carcinoma dello stomaco e del colon-retto si manifesta con elevata prevalenza anche dopo il trattamento chirurgico di resezione del tumore (Sadeghi et al. 2000, Jayne et al. 2002). I meccanismi di disseminazione peritoneale prevedono l’intervento di una sequenza di eventi tra cui si annoverano il distacco di sottopopolazioni di cellule neoplastiche dalla massa del tumore primario, il loro passaggio nel fluido peritoneale, la susseguente colonizzazione del mesotelio e la formazione di una nuova massa tumorale. Uno dei passaggi critici che condiziona lo sviluppo della recidiva peritoneale consiste nell’adesione ai foglietti mesoteliali delle cellule tumorali esfoliate dal carcinoma. In questo processo risultano coinvolti diversi meccanismi molecolari imperniati soprattutto sul ruolo e sulle caratteristiche delle cellule tumorali (Harada et al. 2001, Kajiyama et al. 2008, Saito et al. 2010) mentre il contributo della controparte mesoteliale è stato, fino ad oggi, meno studiato, nonostante sembri anch’esso accreditato di un ruolo primario (Casey et al. 2003, Takatsuki et al. 2004, Alkhamesi et al. 2005). L’analisi dell’adesione tumorale al mesotelio è basata sull’impiego di modelli sperimentali sviluppati in vitro; essi, in genere, prevedono l’utilizzo di monostrati mesoteliali derivati da colture primarie su cui viene testata la capacità di adesione di linee cellulari tumorali in presenza o meno di agenti promotori o bloccanti (Jayne et al. 1999, Heyman et al. 2008, Cabourne et al. 2010). Le colture primarie mesoteliali peritoneali comunemente utilizzate per allestire questi sistemi in vitro vengono ottenute a partire da frammenti bioptici di omento, mentre un approccio meno utilizzato prevede l’impiego di campioni ottenuti da lavaggio peritoneale (Ivarsson et al. 1998). Tra le numerose molecole espresse dal mesotelio e potenzialmente coinvolte nel processo di adesione delle cellule tumorali, ICAM-1 (Intercellular Adhesion Molecule 1) sembra svolgere un ruolo chiave. L’espressione di ICAM-1 sulle cellule mesoteliali aumenta come risultato dello stress ossidativo e della senescenza e la modulazione positiva della sua espressione è in grado di promuovere l’adesione delle cellule neoplastiche al mesotelio peritoneale dei pazienti affetti da carcinoma ovarico, gastrico e del colon-retto. (Ksiazek et al. 2008, 2009, 2010). La prima parte delle attività del Dottor Danilo Ranieri, svolta con il supporto dell’Unità di Chirurgia A dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, ha avuto come obiettivo quello di definire il contributo del mesotelio nel processo di adesione delle cellule tumorali attraverso il tentativo di riprodurre in vitro nel modo più fedele possibile le condizioni presenti in vivo. A tale scopo si è deciso di utilizzare come materiale biologico di partenza il liquido di lavaggio peritoneale prelevato durante le procedure operatorie volte al trattamento chirurgico di pazienti con carcinoma gastrico o del colon-retto. Questo approccio è stato giustificato dalla peculiare composizione cellulare del liquido: da un lato la ricchezza di elementi mesoteliali di sfaldamento ha rappresentato una valida fonte per allestire colture primarie mesoteliali destinate alla messa a punto di modelli in vitro per studiare l’adesione di linee cellulari tumorali, dall’altro la presenza eventuale di cellule tumorali disseminate ha permesso una migliore definizione del comportamento biologico della neoplasia attraverso la loro identificazione e la loro caratterizzazione morfologica e molecolare. Nella sequenza metodologica sperimentale la prima fase è stata rivolta all’ottimizzazione di modelli di cocoltura in vitro su cui testare l’adesione di linee cellulari tumorali su un monostrato di mesotelio. Il monostrato mesoteliale è stato ricreato utilizzando una linea cellulare immortalizzata di mesotelioma pleurico (MeT-5A); su di esso sono state successivamente seminate cellule tumorali di linee di carcinoma gastrico (AGS) e di colon (Caco2). Per identificare le cellule utilizzate in cocoltura è stata condotta un’analisi di immunofluorescenza su specifiche proteine caratteristicamente espresse dalle cellule epiteliali (EpCAM/CD326; molecola di adesione pan epiteliale) e dal mesotelio (vimentina). Per analizzare le modalità di crescita delle linee cellulari tumorali sul monostrato di Met-5A è stata utilizzata la microscopia in contrasto di fase. Le cellule AGS hanno mostrato la tendenza a crescere come elementi isolati mentre le Caco2 hanno mostrato la tendenza a crescere in isole compatte. Queste osservazioni sono state supportate da un’analisi della proliferazione delle cellule tumorali adese al mesotelio. Utilizzando il marcatore ki67 in microscopia a fluorescenza si è visto che, diversamente dalla linea AGS, le Caco2 presentavano cellule ciclanti solo ai margini dell’isola, comportamento biologico atteso in base alla loro tendenza a differenziare in vitro (Visco et al. 2001). Per una valutazione quantitativa dell’adesione delle cellule AGS e Caco2 al monostrato di mesotelio si è deciso di utilizzare il marcatore lipofilico di membrana DiI, colorante in grado di marcare le cellule tumorali in cocoltura senza influenzare le loro proprietà di adesione. Le cellule sono state marcate in vivo, seminate sul monostrato mesoteliale e lasciate aderire per diversi intervalli di tempo. Le due linee tumorali hanno mostrato analoghe percentuali di adesione dopo la prima ora di cocoltura, mentre a tempi più lunghi le Caco2 hanno mostrato percentuali di adesione maggiori rispetto alle AGS. Questa differenza è stata attribuita essenzialmente alle diverse capacità adesive mostrate dalle due linee, visto che un’analisi della proliferazione a 48 ore non ha mostrato differenze significative tra AGS e Caco2. Una volta ottimizzato il test di adesione in vitro, il passaggio successivo ha previsto l’allestimento di colture primarie mesoteliali da lavaggi peritoneali di pazienti neoplastici. Per eliminare l’eventuale presenza di cellule neoplastiche derivate dallo sfaldamento della massa tumorale, il liquido di lavaggio è stato sottoposto ad una deplezione immunomagnetica della componente cellulare epiteliale EpCAM positiva. La frazione cellulare privata della componente epiteliale è stata seminata in appropriato mezzo di coltura per ottenere le colture primarie di mesotelio peritoneale (HPMCs). Le colture ottenute (8 da pazienti con carcinoma del colon, 4 da pazienti con carcinoma gastrico, 2 da pazienti con malattie non neoplastiche) sono state caratterizzate con tecniche di immunofluorescenza utilizzando un pannello di marcatori caratteristicamente espressi dal mesotelio, tra cui vimentina, pan-citocheratine e calretinina. La disponibilità di colture primarie ottenute da lavaggio peritoneale ha permesso di ripetere i test di adesione precedentemente ottimizzati su una serie di monostrati mesoteliali; sono stati utilizzati tre monostrati differenti rappresentativi di altrettanti microambienti: uno derivato da un paziente con carcinoma gastrico, uno da paziente con carcinoma del colon, uno da un paziente con patologia non neoplastica. L’analisi quantitativa dell’adesione delle cellule DiI+ ha confermato una maggiore capacità adesiva delle cellule Caco2 rispetto alle cellule AGS, indipendente dal microambiente, neoplastico o meno, del lavaggio peritoneale di origine. Oltre a ciò, le AGS hanno mostrato una maggiore tendenza ad aderire al monostrato mesoteliale ottenuto dal paziente con carcinoma del colon, lasciando ipotizzare la presenza di peculiari caratteristiche biologiche appartenenti al monostrato stesso. Tra le caratteristiche biologiche del mesotelio in grado di promuovere l’adesione delle cellule tumorali è stato ampiamente documentato il ruolo della senescenza il cui grado appare, inoltre, correlato con l’espressione di molecole di adesione come ICAM-1 (Ksiazek et al. 2009, 2010). Queste caratteristiche sono state valutate anche nei modelli di cocoltura precedentemente utilizzati: un’analisi quantitativa dell’espressione di ICAM-1 sulle tre colture primarie in esame ha indicato, al primo passaggio in vitro, una maggiore espressione di ICAM-1 nel monostrato mesoteliale proveniente dal paziente affetto da carcinoma del colon, lo stesso che aveva manifestato un maggior grado di permissività all’adesione per la linea tumorale AGS. Per documentare ulteriormente il ruolo giocato dalla senescenza nel processo di adesione si è provveduto ad indurre in vitro, in questa stessa coltura primaria, un maggior livello di senescenza sfruttando il principio secondo cui è possibile raggiungere questo obiettivo nel corso di passaggi di coltura successivi e ravvicinati nel tempo (Ksiazek et al. 2009). Come atteso, la coltura primaria al passaggio P4 ,oltre a mostrare una maggiore espressione di ICAM-1 rispetto alla coltura al passaggio P2, è risultata più permissiva all’adesione della linea tumorale Caco2. La progressiva inibizione dose-dipendente dell’adesione ottenuta attraverso il blocco di ICAM-1, ha dimostrato che l’aumentata capacità delle cellule neoplastiche di interagire con il monostrato mesoteliale senescente è direttamente correlata con l’espressione di questa molecola di adesione. L’insieme dei risultati ottenuti dal Dottor Ranieri in questa parte di progetto ha permesso di dimostrare che le colture primarie ottenute dai campioni di lavaggio peritoneale sono uno strumento pratico e riproducibile per analizzare in vitro i meccanismi mesoteliali coinvolti nel processo di adesione delle cellule tumorali e di documentare che l’adesione delle cellule neoplastiche al monostrato mesoteliale non è dipendente dal microambiente mesoteliale di origine della coltura o dal possibile stato di attivazione delle cellule mesoteliali associato ai diversi tipi di carcinoma, ma piuttosto dai livelli di espressione di ICAM-1 direttamente correlati al grado di senescenza cellulare. La seconda parte delle attività di ricerca del Dottor Danilo Ranieri è stata rivolta all’ottimizzazione di metodiche di rilevazione e caratterizzazione morfologica e molecolare delle cellule disseminate tumorali (FPTCs, free peritoneal tumor cells) nei lavaggi peritoneali e alla valutazione dell’impatto prognostico della loro presenza nei pazienti studiati (27 affetti da carcinoma gastrico e 48 affetti da tumore del colon-retto). I carcinomi dello stomaco e del colon-retto, tumori tra i più diffusi, possono dare entrambi origine a metastasi per via ematica, linfatica e a disseminazione peritoneale. Quest’ultima, più frequente nel tumore gastrico rispetto a quello del colon, è dovuta in entrambi i casi allo sfaldamento delle cellule dal tumore primario (Khair et al. 2007, Pantel et al. 2008). Lo studio del lavaggio peritoneale con metodiche citologiche tradizionali viene utilizzato per rilevare la presenza di cellule tumorali libere nella cavità peritoneale. La positività citologica costitusce da molto tempo un’indicazione prognostica sfavorevole (Fujiwara et al. 2007, Lee et al. 2009, Katsuragi et al. 2007) anche se la carcinosi peritoneale può svilupparsi frequentemente in pazienti con lavaggi peritoneali negativi. La scarsa sensibilità delle metodiche citologiche tradizionali è stata oggi superata dall’impiego di metodiche di diagnostica molecolare; l’analisi con real-time qRT-PCR basata sulla ricerca nel lavaggio peritoneale di tipici marcatori tumorali ed epiteliali (antigene carcinoembrionario, citocheratine CK19 e CK20) è stata impiegata con successo nei pazienti con carcinoma gastrico e la positività è risultata un valido indicatore di prognosi sfavorevole. L’approccio sperimentale multiplo disegnato dal Dottor Ranieri ha previsto l’analisi del liquido peritoneale in toto (Real Time qRT-PCR) o dopo arricchimento immunomagnetico della componente epiteliale. L’applicazione delle tecniche di arricchimento immunomagnetico è stata associata all’analisi in immunofluorescenza e, su casi selezionati, ad una valutazione ultrastrutturale condotta con microscopia elettronica a trasmissione; i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti dall’analisi citologica convenzionale e dall’analisi molecolare con real time qRT-PCR. Sono stati definiti positivi per FPTCs i liquidi di lavaggio che all’immunofluorescenza presentavano cellule caratterizzate dalla doppia positività per il marcatore epiteliale CD326/EpCAM e per il marcatore tumorale CEA o che all’analisi molecolare mostravano livelli di mRNA per CEA e/o CK20 superiori al cut-off. I liquidi di lavaggio provenienti dai pazienti con carcinoma dello stomaco hanno mostrato una positività globale in immunofluorescenza e qRT-PCR pari al 15% e al 78%. Lo studio citologico è risultato positivo solo su 4 pazienti (15%) con carcinosi peritoneale massiva. L’analisi statistica dei dati ha mostrato che la positività in immunofluorescenza è risultata associata al grading, all’invasione locale della parete gastrica, agli stadi avanzati di malattia e alla concomitante positività citologica. L’analisi molecolare con real time qRT-PCR ha mostrato una prevalenza di positività per FPTCs molto superiore a quella ottenuta con l’immunofluorescenza; il 70% dei campioni è risultato positivo al CEA, il 41% a CK20, il 36% all’associazione CEA/CK20. La positività riscontrata all’analisi molecolare non è risultata associata al grado di invasione locale o allo stadio della malattia ma solo al grading istopatologico. L’analisi delle curve di sopravvivenza e di recidiva e l’analisi multivariata hanno dimostrato il ruolo prognostico sfavorevole della positività per FPTCs ottenuta sia in immunofluorescenza che in real time qRT-PCR. Nei liquidi di lavaggio provenienti dai pazienti con carcinoma del colon-retto la positività globale in immunofluorescenza e qRT-PCR è risultata pari al 17% e al 42%. La citologia è risultata negativa in tutti i pazienti. Contrariamente a quanto osservato nei carcinomi gastrici, non è stata documentata associazione tra positività in immunofluorescenza e grading istologico, grado di invasione locale o stadio della neoplasia. L’analisi molecolare in real time qRT-PCR ha documentato una maggiore positività per il CEA (42%) a fronte di una ridotta positività per CK20 (10%). Come osservato nei pazienti con carcinoma gastrico, l’analisi delle curve di sopravvivenza e di recidiva e l’analisi multivariata hanno documentato il ruolo prognostico sfavorevole della positività per FPTCs ottenuta in qRT-PCR. L’insieme dei risultati ottenuti dal Dottor Ranieri in questa parte di progetto ha permesso di dimostrare che l’associazione di tecniche di immunoarricchimento epiteliale con metodiche di analisi di immunofluorescenza e real time qRT-PCR costituisce un valido sistema per identificare e caratterizzare le FPTCs nei liquidi di lavaggio peritoneale; l’analisi molecolare in real time qRT-PCR dei livelli di mRNA di CEA e CK20 in tali campioni può, peraltro, essere un utile strumento prognostico non solo per i pazienti affetti da carcinoma gastrico ma anche per quelli affetti da carcinoma del colon-retto. Le informazioni che possono essere ottenute da questo tipo di approccio contribuiscono complessivamente ad una migliore definizione del comportamento biologico delle neoplasie epiteliali del tratto gastrointestinale.

Role of the mesothelial microenvironment in the peritoneal dissemination of gastric and colorectal cancers / Ranieri, Danilo. - (2012 Jan 26).

Role of the mesothelial microenvironment in the peritoneal dissemination of gastric and colorectal cancers

RANIERI, DANILO
26/01/2012

Abstract

La disseminazione tumorale sistemica è considerato uno dei passaggi cruciali della carcinosi peritoneale, complicanza che nel carcinoma dello stomaco e del colon-retto si manifesta con elevata prevalenza anche dopo il trattamento chirurgico di resezione del tumore (Sadeghi et al. 2000, Jayne et al. 2002). I meccanismi di disseminazione peritoneale prevedono l’intervento di una sequenza di eventi tra cui si annoverano il distacco di sottopopolazioni di cellule neoplastiche dalla massa del tumore primario, il loro passaggio nel fluido peritoneale, la susseguente colonizzazione del mesotelio e la formazione di una nuova massa tumorale. Uno dei passaggi critici che condiziona lo sviluppo della recidiva peritoneale consiste nell’adesione ai foglietti mesoteliali delle cellule tumorali esfoliate dal carcinoma. In questo processo risultano coinvolti diversi meccanismi molecolari imperniati soprattutto sul ruolo e sulle caratteristiche delle cellule tumorali (Harada et al. 2001, Kajiyama et al. 2008, Saito et al. 2010) mentre il contributo della controparte mesoteliale è stato, fino ad oggi, meno studiato, nonostante sembri anch’esso accreditato di un ruolo primario (Casey et al. 2003, Takatsuki et al. 2004, Alkhamesi et al. 2005). L’analisi dell’adesione tumorale al mesotelio è basata sull’impiego di modelli sperimentali sviluppati in vitro; essi, in genere, prevedono l’utilizzo di monostrati mesoteliali derivati da colture primarie su cui viene testata la capacità di adesione di linee cellulari tumorali in presenza o meno di agenti promotori o bloccanti (Jayne et al. 1999, Heyman et al. 2008, Cabourne et al. 2010). Le colture primarie mesoteliali peritoneali comunemente utilizzate per allestire questi sistemi in vitro vengono ottenute a partire da frammenti bioptici di omento, mentre un approccio meno utilizzato prevede l’impiego di campioni ottenuti da lavaggio peritoneale (Ivarsson et al. 1998). Tra le numerose molecole espresse dal mesotelio e potenzialmente coinvolte nel processo di adesione delle cellule tumorali, ICAM-1 (Intercellular Adhesion Molecule 1) sembra svolgere un ruolo chiave. L’espressione di ICAM-1 sulle cellule mesoteliali aumenta come risultato dello stress ossidativo e della senescenza e la modulazione positiva della sua espressione è in grado di promuovere l’adesione delle cellule neoplastiche al mesotelio peritoneale dei pazienti affetti da carcinoma ovarico, gastrico e del colon-retto. (Ksiazek et al. 2008, 2009, 2010). La prima parte delle attività del Dottor Danilo Ranieri, svolta con il supporto dell’Unità di Chirurgia A dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, ha avuto come obiettivo quello di definire il contributo del mesotelio nel processo di adesione delle cellule tumorali attraverso il tentativo di riprodurre in vitro nel modo più fedele possibile le condizioni presenti in vivo. A tale scopo si è deciso di utilizzare come materiale biologico di partenza il liquido di lavaggio peritoneale prelevato durante le procedure operatorie volte al trattamento chirurgico di pazienti con carcinoma gastrico o del colon-retto. Questo approccio è stato giustificato dalla peculiare composizione cellulare del liquido: da un lato la ricchezza di elementi mesoteliali di sfaldamento ha rappresentato una valida fonte per allestire colture primarie mesoteliali destinate alla messa a punto di modelli in vitro per studiare l’adesione di linee cellulari tumorali, dall’altro la presenza eventuale di cellule tumorali disseminate ha permesso una migliore definizione del comportamento biologico della neoplasia attraverso la loro identificazione e la loro caratterizzazione morfologica e molecolare. Nella sequenza metodologica sperimentale la prima fase è stata rivolta all’ottimizzazione di modelli di cocoltura in vitro su cui testare l’adesione di linee cellulari tumorali su un monostrato di mesotelio. Il monostrato mesoteliale è stato ricreato utilizzando una linea cellulare immortalizzata di mesotelioma pleurico (MeT-5A); su di esso sono state successivamente seminate cellule tumorali di linee di carcinoma gastrico (AGS) e di colon (Caco2). Per identificare le cellule utilizzate in cocoltura è stata condotta un’analisi di immunofluorescenza su specifiche proteine caratteristicamente espresse dalle cellule epiteliali (EpCAM/CD326; molecola di adesione pan epiteliale) e dal mesotelio (vimentina). Per analizzare le modalità di crescita delle linee cellulari tumorali sul monostrato di Met-5A è stata utilizzata la microscopia in contrasto di fase. Le cellule AGS hanno mostrato la tendenza a crescere come elementi isolati mentre le Caco2 hanno mostrato la tendenza a crescere in isole compatte. Queste osservazioni sono state supportate da un’analisi della proliferazione delle cellule tumorali adese al mesotelio. Utilizzando il marcatore ki67 in microscopia a fluorescenza si è visto che, diversamente dalla linea AGS, le Caco2 presentavano cellule ciclanti solo ai margini dell’isola, comportamento biologico atteso in base alla loro tendenza a differenziare in vitro (Visco et al. 2001). Per una valutazione quantitativa dell’adesione delle cellule AGS e Caco2 al monostrato di mesotelio si è deciso di utilizzare il marcatore lipofilico di membrana DiI, colorante in grado di marcare le cellule tumorali in cocoltura senza influenzare le loro proprietà di adesione. Le cellule sono state marcate in vivo, seminate sul monostrato mesoteliale e lasciate aderire per diversi intervalli di tempo. Le due linee tumorali hanno mostrato analoghe percentuali di adesione dopo la prima ora di cocoltura, mentre a tempi più lunghi le Caco2 hanno mostrato percentuali di adesione maggiori rispetto alle AGS. Questa differenza è stata attribuita essenzialmente alle diverse capacità adesive mostrate dalle due linee, visto che un’analisi della proliferazione a 48 ore non ha mostrato differenze significative tra AGS e Caco2. Una volta ottimizzato il test di adesione in vitro, il passaggio successivo ha previsto l’allestimento di colture primarie mesoteliali da lavaggi peritoneali di pazienti neoplastici. Per eliminare l’eventuale presenza di cellule neoplastiche derivate dallo sfaldamento della massa tumorale, il liquido di lavaggio è stato sottoposto ad una deplezione immunomagnetica della componente cellulare epiteliale EpCAM positiva. La frazione cellulare privata della componente epiteliale è stata seminata in appropriato mezzo di coltura per ottenere le colture primarie di mesotelio peritoneale (HPMCs). Le colture ottenute (8 da pazienti con carcinoma del colon, 4 da pazienti con carcinoma gastrico, 2 da pazienti con malattie non neoplastiche) sono state caratterizzate con tecniche di immunofluorescenza utilizzando un pannello di marcatori caratteristicamente espressi dal mesotelio, tra cui vimentina, pan-citocheratine e calretinina. La disponibilità di colture primarie ottenute da lavaggio peritoneale ha permesso di ripetere i test di adesione precedentemente ottimizzati su una serie di monostrati mesoteliali; sono stati utilizzati tre monostrati differenti rappresentativi di altrettanti microambienti: uno derivato da un paziente con carcinoma gastrico, uno da paziente con carcinoma del colon, uno da un paziente con patologia non neoplastica. L’analisi quantitativa dell’adesione delle cellule DiI+ ha confermato una maggiore capacità adesiva delle cellule Caco2 rispetto alle cellule AGS, indipendente dal microambiente, neoplastico o meno, del lavaggio peritoneale di origine. Oltre a ciò, le AGS hanno mostrato una maggiore tendenza ad aderire al monostrato mesoteliale ottenuto dal paziente con carcinoma del colon, lasciando ipotizzare la presenza di peculiari caratteristiche biologiche appartenenti al monostrato stesso. Tra le caratteristiche biologiche del mesotelio in grado di promuovere l’adesione delle cellule tumorali è stato ampiamente documentato il ruolo della senescenza il cui grado appare, inoltre, correlato con l’espressione di molecole di adesione come ICAM-1 (Ksiazek et al. 2009, 2010). Queste caratteristiche sono state valutate anche nei modelli di cocoltura precedentemente utilizzati: un’analisi quantitativa dell’espressione di ICAM-1 sulle tre colture primarie in esame ha indicato, al primo passaggio in vitro, una maggiore espressione di ICAM-1 nel monostrato mesoteliale proveniente dal paziente affetto da carcinoma del colon, lo stesso che aveva manifestato un maggior grado di permissività all’adesione per la linea tumorale AGS. Per documentare ulteriormente il ruolo giocato dalla senescenza nel processo di adesione si è provveduto ad indurre in vitro, in questa stessa coltura primaria, un maggior livello di senescenza sfruttando il principio secondo cui è possibile raggiungere questo obiettivo nel corso di passaggi di coltura successivi e ravvicinati nel tempo (Ksiazek et al. 2009). Come atteso, la coltura primaria al passaggio P4 ,oltre a mostrare una maggiore espressione di ICAM-1 rispetto alla coltura al passaggio P2, è risultata più permissiva all’adesione della linea tumorale Caco2. La progressiva inibizione dose-dipendente dell’adesione ottenuta attraverso il blocco di ICAM-1, ha dimostrato che l’aumentata capacità delle cellule neoplastiche di interagire con il monostrato mesoteliale senescente è direttamente correlata con l’espressione di questa molecola di adesione. L’insieme dei risultati ottenuti dal Dottor Ranieri in questa parte di progetto ha permesso di dimostrare che le colture primarie ottenute dai campioni di lavaggio peritoneale sono uno strumento pratico e riproducibile per analizzare in vitro i meccanismi mesoteliali coinvolti nel processo di adesione delle cellule tumorali e di documentare che l’adesione delle cellule neoplastiche al monostrato mesoteliale non è dipendente dal microambiente mesoteliale di origine della coltura o dal possibile stato di attivazione delle cellule mesoteliali associato ai diversi tipi di carcinoma, ma piuttosto dai livelli di espressione di ICAM-1 direttamente correlati al grado di senescenza cellulare. La seconda parte delle attività di ricerca del Dottor Danilo Ranieri è stata rivolta all’ottimizzazione di metodiche di rilevazione e caratterizzazione morfologica e molecolare delle cellule disseminate tumorali (FPTCs, free peritoneal tumor cells) nei lavaggi peritoneali e alla valutazione dell’impatto prognostico della loro presenza nei pazienti studiati (27 affetti da carcinoma gastrico e 48 affetti da tumore del colon-retto). I carcinomi dello stomaco e del colon-retto, tumori tra i più diffusi, possono dare entrambi origine a metastasi per via ematica, linfatica e a disseminazione peritoneale. Quest’ultima, più frequente nel tumore gastrico rispetto a quello del colon, è dovuta in entrambi i casi allo sfaldamento delle cellule dal tumore primario (Khair et al. 2007, Pantel et al. 2008). Lo studio del lavaggio peritoneale con metodiche citologiche tradizionali viene utilizzato per rilevare la presenza di cellule tumorali libere nella cavità peritoneale. La positività citologica costitusce da molto tempo un’indicazione prognostica sfavorevole (Fujiwara et al. 2007, Lee et al. 2009, Katsuragi et al. 2007) anche se la carcinosi peritoneale può svilupparsi frequentemente in pazienti con lavaggi peritoneali negativi. La scarsa sensibilità delle metodiche citologiche tradizionali è stata oggi superata dall’impiego di metodiche di diagnostica molecolare; l’analisi con real-time qRT-PCR basata sulla ricerca nel lavaggio peritoneale di tipici marcatori tumorali ed epiteliali (antigene carcinoembrionario, citocheratine CK19 e CK20) è stata impiegata con successo nei pazienti con carcinoma gastrico e la positività è risultata un valido indicatore di prognosi sfavorevole. L’approccio sperimentale multiplo disegnato dal Dottor Ranieri ha previsto l’analisi del liquido peritoneale in toto (Real Time qRT-PCR) o dopo arricchimento immunomagnetico della componente epiteliale. L’applicazione delle tecniche di arricchimento immunomagnetico è stata associata all’analisi in immunofluorescenza e, su casi selezionati, ad una valutazione ultrastrutturale condotta con microscopia elettronica a trasmissione; i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti dall’analisi citologica convenzionale e dall’analisi molecolare con real time qRT-PCR. Sono stati definiti positivi per FPTCs i liquidi di lavaggio che all’immunofluorescenza presentavano cellule caratterizzate dalla doppia positività per il marcatore epiteliale CD326/EpCAM e per il marcatore tumorale CEA o che all’analisi molecolare mostravano livelli di mRNA per CEA e/o CK20 superiori al cut-off. I liquidi di lavaggio provenienti dai pazienti con carcinoma dello stomaco hanno mostrato una positività globale in immunofluorescenza e qRT-PCR pari al 15% e al 78%. Lo studio citologico è risultato positivo solo su 4 pazienti (15%) con carcinosi peritoneale massiva. L’analisi statistica dei dati ha mostrato che la positività in immunofluorescenza è risultata associata al grading, all’invasione locale della parete gastrica, agli stadi avanzati di malattia e alla concomitante positività citologica. L’analisi molecolare con real time qRT-PCR ha mostrato una prevalenza di positività per FPTCs molto superiore a quella ottenuta con l’immunofluorescenza; il 70% dei campioni è risultato positivo al CEA, il 41% a CK20, il 36% all’associazione CEA/CK20. La positività riscontrata all’analisi molecolare non è risultata associata al grado di invasione locale o allo stadio della malattia ma solo al grading istopatologico. L’analisi delle curve di sopravvivenza e di recidiva e l’analisi multivariata hanno dimostrato il ruolo prognostico sfavorevole della positività per FPTCs ottenuta sia in immunofluorescenza che in real time qRT-PCR. Nei liquidi di lavaggio provenienti dai pazienti con carcinoma del colon-retto la positività globale in immunofluorescenza e qRT-PCR è risultata pari al 17% e al 42%. La citologia è risultata negativa in tutti i pazienti. Contrariamente a quanto osservato nei carcinomi gastrici, non è stata documentata associazione tra positività in immunofluorescenza e grading istologico, grado di invasione locale o stadio della neoplasia. L’analisi molecolare in real time qRT-PCR ha documentato una maggiore positività per il CEA (42%) a fronte di una ridotta positività per CK20 (10%). Come osservato nei pazienti con carcinoma gastrico, l’analisi delle curve di sopravvivenza e di recidiva e l’analisi multivariata hanno documentato il ruolo prognostico sfavorevole della positività per FPTCs ottenuta in qRT-PCR. L’insieme dei risultati ottenuti dal Dottor Ranieri in questa parte di progetto ha permesso di dimostrare che l’associazione di tecniche di immunoarricchimento epiteliale con metodiche di analisi di immunofluorescenza e real time qRT-PCR costituisce un valido sistema per identificare e caratterizzare le FPTCs nei liquidi di lavaggio peritoneale; l’analisi molecolare in real time qRT-PCR dei livelli di mRNA di CEA e CK20 in tali campioni può, peraltro, essere un utile strumento prognostico non solo per i pazienti affetti da carcinoma gastrico ma anche per quelli affetti da carcinoma del colon-retto. Le informazioni che possono essere ottenute da questo tipo di approccio contribuiscono complessivamente ad una migliore definizione del comportamento biologico delle neoplasie epiteliali del tratto gastrointestinale.
26-gen-2012
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