Questa ricerca si occupa della retorica della guerra e della pace negli scritti di Ralph Waldo Emerson. Da un punto di vista storico–culturale, difatti, questo studio inserisce Emerson nell’ambito dei movimenti di riforma – in particolare i movimenti per la pace - fioriti a Boston nella prima metà dell’Ottocento.Contrariamente a quanto si è fino a pochi anni fa pensato, Emerson, pur rimanendo indipendente da qualsiasi associazione, seguiva con interesse i dibattiti sulla pace e sulla schiavitù offrendo spunti di riflessione talvolta provocatori, ma sicuramente originali. Per quanto concerne l’aspetto prettamente letterario il lavoro ha origine dalla grande attrazione di Emerson per la guerra e qualsiasi forma di conflitto o di lotta, interesse che egli espone in maniera variegata, multiforme e talvolta contraddittoria. Per questo si cerca di fare chiarezza nell’enorme campo semantico della guerra creato da Emerson, un universo costellato da vari e, tra loro stessi, assai diversi impieghi dei termini bellici. Per far ciò ci si è avvalsi di una minuziosa analisi linguistica e dell’approfondimento del rapporto di Emerson con i suoi contemporanei, al fine di indagare sia i tratti condivisi con il periodo storico – culturale, sia quelli marcatamente più personali. Esplorando i lati più oscuri ed intricati della questione “bellica” sono emersi contemporaneamente, però, anche elementi legati ad un aspetto meno conosciuto del pensiero di Emerson, il lato più “pacifico”, affatto secondario e strettamente intrecciato, come si vedrà, all’attrazione per la guerra in tutte le sue forme. E’ questo, in realtà, l’aspetto che si vuole evidenziare e investigare a fondo, e per far ciò ci si è rivolti ad un metodologia interpretativa proveniente dai Peace Studies, un ambito accademico multidisciplinare che si studia i meccanismi strutturali sottesi alle varie forme di conflitto e tenta di scorgere i motivi alla base delle molteplici manifestazioni di violenza. Se applicato alla letteratura, questo tipo di approccio consente di scoprire, come afferma Laurence Lerner, “how far militarism informs our conceptualizing of other experiences”, al fine di determinare fino a che punto tutto ciò che viene presentato in termini di scontro celi davvero una volontà reale di lotta o si avvalga, invece, di una retorica della guerra per rappresentare battaglie metaforiche, morali o spirituali. Studiato sotto questa nuova luce, il pensiero di Emerson non solo ha assunto sfumature nuove, originali ed interessanti, ma si è aperto a nuove strade che sono arrivate a mete inaspettate. Difatti il suo discorso sulla guerra e sulla pace non solo si è rivelato estremamente attuale, ma ha mostrato ancor più le sue potenzialità quando messo in relazione con Foucault e Gandhi, personalità molto diverse tra di loro che hanno indagato, in maniera approfondita e articolata, la natura e la struttura dei concetti di guerra e di pace. In uno scenario contemporaneo come il nostro, dilaniato da conflitti politici, sociali e culturali, sembra sempre più difficile individuare una soluzione concreta che aiuti a gestire le divergenze e le differenze in modo costruttivo, e il pensiero di Emerson offre sicuramente un punto di vista degno di attenzione. La prima parte del lavoro inserisce Emerson nel suo contesto storico, sociale e culturale. Si entra poi nel vivo della questione, con un’analisi testuale che si addentra nell’universo bellico emersoniano e che tenta di cogliere le varie sfumature al suo interno e il tipo di legame che intercorre tra i concetti di guerra e di pace.Correlata alla retorica della guerra segue una parte dedicata alla più ampia retorica del potere, dalla cui ricerca Emerson appare realmente ossessionato. Quando arriva la guerra civile, per Emerson il momento si configura estremamente critico non solo da un punto di vista politico e sociale ma anche personale, perché l’evento storico determina uno scontro drammatico tra le sue considerazioni filosofiche sulla guerra e la guerra reale. I Journals ci conducono invece in un viaggio molto affascinante nel mondo interiore di Emerson, quel “Wide World”, come egli lo chiama, che non appare nelle opere pubblicate ma che egli abita, vive e trascrive ogni giorno -dall'adolescenza fino a poco prima della sua morte - con costanza, passione e dedizione. Nel mondo dei suoi diari, abitato da pensieri, dubbi, citazioni e riflessioni, scopriamo un Emerson più autentico, in alcuni momenti più inquieto e dubbioso di quanto si possa immaginare, senza il quale però avremmo una visione soltanto parziale del suo pensiero e della sua personalità. La seconda parte della tesi fa interagire Emerson con due personaggi contemporanei: Foucault e Gandhi, due universi lontani che in alcuni punti si intersecano però con il mondo di Emerson, generando prospettive dalle quali il suo pensiero, che per natura e per scelta rimane a tratti oscuro e indefinito, trae beneficio. Ad Emerson Foucault è vicino per le sue riflessioni sul potere e sulla guerra vista come paradigma fondante sia delle relazioni inter-personali, sia del rapporto tra individuo e società. Emerson si dimostra però molto vicino anche a Gandhi, alla sua idea di pace e alla sua filosofia della nonviolenza e, come solo lui può fare, questo secondo aspetto del suo pensiero non entra in contraddizione con quello che lo avvicina a Foucault, ma risulta ad esso complementare. Soprattutto, sia il confronto con Foucault che quello con Gandhi, oltre a rivelare somiglianze e differenze tra i vari autori, si mostra proficuo per un discorso attuale sulla conflittualità, sulla guerra e sulla pace, un argomento su cui abbiamo estrema necessità di andare a fondo e su cui Emerson ha molto da dirci. E’ la parte che dà ragione, forse, alla tesi stessa, in quanto svela i motivi dell’importanza di uno studio su Emerson a più di due secoli dalla sua nascita.

La retorica della guerra e della pace negli scritti di Ralph Waldo Emerson / Marchetti, Marina. - (2011).

La retorica della guerra e della pace negli scritti di Ralph Waldo Emerson

MARCHETTI, MARINA
01/01/2011

Abstract

Questa ricerca si occupa della retorica della guerra e della pace negli scritti di Ralph Waldo Emerson. Da un punto di vista storico–culturale, difatti, questo studio inserisce Emerson nell’ambito dei movimenti di riforma – in particolare i movimenti per la pace - fioriti a Boston nella prima metà dell’Ottocento.Contrariamente a quanto si è fino a pochi anni fa pensato, Emerson, pur rimanendo indipendente da qualsiasi associazione, seguiva con interesse i dibattiti sulla pace e sulla schiavitù offrendo spunti di riflessione talvolta provocatori, ma sicuramente originali. Per quanto concerne l’aspetto prettamente letterario il lavoro ha origine dalla grande attrazione di Emerson per la guerra e qualsiasi forma di conflitto o di lotta, interesse che egli espone in maniera variegata, multiforme e talvolta contraddittoria. Per questo si cerca di fare chiarezza nell’enorme campo semantico della guerra creato da Emerson, un universo costellato da vari e, tra loro stessi, assai diversi impieghi dei termini bellici. Per far ciò ci si è avvalsi di una minuziosa analisi linguistica e dell’approfondimento del rapporto di Emerson con i suoi contemporanei, al fine di indagare sia i tratti condivisi con il periodo storico – culturale, sia quelli marcatamente più personali. Esplorando i lati più oscuri ed intricati della questione “bellica” sono emersi contemporaneamente, però, anche elementi legati ad un aspetto meno conosciuto del pensiero di Emerson, il lato più “pacifico”, affatto secondario e strettamente intrecciato, come si vedrà, all’attrazione per la guerra in tutte le sue forme. E’ questo, in realtà, l’aspetto che si vuole evidenziare e investigare a fondo, e per far ciò ci si è rivolti ad un metodologia interpretativa proveniente dai Peace Studies, un ambito accademico multidisciplinare che si studia i meccanismi strutturali sottesi alle varie forme di conflitto e tenta di scorgere i motivi alla base delle molteplici manifestazioni di violenza. Se applicato alla letteratura, questo tipo di approccio consente di scoprire, come afferma Laurence Lerner, “how far militarism informs our conceptualizing of other experiences”, al fine di determinare fino a che punto tutto ciò che viene presentato in termini di scontro celi davvero una volontà reale di lotta o si avvalga, invece, di una retorica della guerra per rappresentare battaglie metaforiche, morali o spirituali. Studiato sotto questa nuova luce, il pensiero di Emerson non solo ha assunto sfumature nuove, originali ed interessanti, ma si è aperto a nuove strade che sono arrivate a mete inaspettate. Difatti il suo discorso sulla guerra e sulla pace non solo si è rivelato estremamente attuale, ma ha mostrato ancor più le sue potenzialità quando messo in relazione con Foucault e Gandhi, personalità molto diverse tra di loro che hanno indagato, in maniera approfondita e articolata, la natura e la struttura dei concetti di guerra e di pace. In uno scenario contemporaneo come il nostro, dilaniato da conflitti politici, sociali e culturali, sembra sempre più difficile individuare una soluzione concreta che aiuti a gestire le divergenze e le differenze in modo costruttivo, e il pensiero di Emerson offre sicuramente un punto di vista degno di attenzione. La prima parte del lavoro inserisce Emerson nel suo contesto storico, sociale e culturale. Si entra poi nel vivo della questione, con un’analisi testuale che si addentra nell’universo bellico emersoniano e che tenta di cogliere le varie sfumature al suo interno e il tipo di legame che intercorre tra i concetti di guerra e di pace.Correlata alla retorica della guerra segue una parte dedicata alla più ampia retorica del potere, dalla cui ricerca Emerson appare realmente ossessionato. Quando arriva la guerra civile, per Emerson il momento si configura estremamente critico non solo da un punto di vista politico e sociale ma anche personale, perché l’evento storico determina uno scontro drammatico tra le sue considerazioni filosofiche sulla guerra e la guerra reale. I Journals ci conducono invece in un viaggio molto affascinante nel mondo interiore di Emerson, quel “Wide World”, come egli lo chiama, che non appare nelle opere pubblicate ma che egli abita, vive e trascrive ogni giorno -dall'adolescenza fino a poco prima della sua morte - con costanza, passione e dedizione. Nel mondo dei suoi diari, abitato da pensieri, dubbi, citazioni e riflessioni, scopriamo un Emerson più autentico, in alcuni momenti più inquieto e dubbioso di quanto si possa immaginare, senza il quale però avremmo una visione soltanto parziale del suo pensiero e della sua personalità. La seconda parte della tesi fa interagire Emerson con due personaggi contemporanei: Foucault e Gandhi, due universi lontani che in alcuni punti si intersecano però con il mondo di Emerson, generando prospettive dalle quali il suo pensiero, che per natura e per scelta rimane a tratti oscuro e indefinito, trae beneficio. Ad Emerson Foucault è vicino per le sue riflessioni sul potere e sulla guerra vista come paradigma fondante sia delle relazioni inter-personali, sia del rapporto tra individuo e società. Emerson si dimostra però molto vicino anche a Gandhi, alla sua idea di pace e alla sua filosofia della nonviolenza e, come solo lui può fare, questo secondo aspetto del suo pensiero non entra in contraddizione con quello che lo avvicina a Foucault, ma risulta ad esso complementare. Soprattutto, sia il confronto con Foucault che quello con Gandhi, oltre a rivelare somiglianze e differenze tra i vari autori, si mostra proficuo per un discorso attuale sulla conflittualità, sulla guerra e sulla pace, un argomento su cui abbiamo estrema necessità di andare a fondo e su cui Emerson ha molto da dirci. E’ la parte che dà ragione, forse, alla tesi stessa, in quanto svela i motivi dell’importanza di uno studio su Emerson a più di due secoli dalla sua nascita.
2011
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/917374
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