Negli ultimi anni sta crescendo l’interesse verso una “medicina di genere” in vari ambiti, sia clinici che di ricerca. Anche per quanto riguarda il dolore, ed in particolare il dolore cronico, diversi studi hanno suggerito come i meccanismi che sottendono i processi alla base di questo stato patologico possano differire in funzione del genere e dello stato gonadico dei soggetti. Le differenze sessuali nella percezione del dolore possono essere determinate da diversi fattori, sia biologici (genetici e fisiologici) che sociali/ambientali, che interagiscono tra loro. Una delle cause principali va cercata nelle differenze degli ormoni sessuali i cui recettori sono presenti nel sistema nervoso centrale anche in aree notoriamente deputate alla modulazione del dolore. Questo dato suggerisce una diretta modulazione dell’input nocicettivo da parte degli ormoni gonadici. Studiare i meccanismi tramite i quali gli ormoni possono influenzare l’andamento di una neuropatia in individui appartenenti a generi diversi, potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione della patogenesi delle neuropatie stesse e per individuare valide terapie farmacologiche che ad oggi non sono disponibili. Lo scopo del mio progetto è lo studio delle differenze sessuali nella risposta a stimoli nocicettivi, e nella modulazione farmacologica dei livelli ormonali in topi maschi e femmine a cui sia stata indotta una neuropatia. Il primo anno del dottorato è stato dedicato allo studio di eventuali differenze sessuali nel recupero funzionale e nelle trasformazioni strutturali legate alla degenerazione e rigenerazione nervosa, in seguito allo sviluppo di dolore neuropatico indotto dalla legatura del nervo sciatico secondo il modello animale della Costrizione Cronica (CCI) di Bennet e Xie. L’andamento temporale della neuropatia è stato esaminato per 121 giorni analizzando l’insorgenza dell’allodinia. Nel secondo anno ho invece verificato se e come le risposte comportamentali osservate, potessero essere modulate dagli ormoni gonadici sia in topi maschi che femmine. A questo scopo ho studiato l’effetto di somministrazioni in acuto e in cronico di diversi farmaci agonisti (17ß-Estradiolo, Testosterone) ed antagonisti (ICI 182,780 e Flutamide) dei recettori per gli estrogeni e per gli androgeni. Dall’analisi dei dati comportamentali sono emerse delle differenze sessuali sia nell’insorgenza del dolore neuropatico, che nel recupero funzionale. E’ stato osservato che mentre i maschi hanno un completo e rapido recupero funzionale, le femmine impiegano più tempo a ripristinare i valori di base e tale recupero, nelle nostre condizioni sperimentali, è solo parziale. E’ inoltre emerso l’importante effetto del 17ß-Estradiolo che sembra favorire la rigenerazione nervosa e il completo recupero funzionale sia nei maschi che nelle femmine. Per confermare tale ipotesi ho cercato nel terzo anno di avere un riscontro qualitativo dei miei dati comportamentali, tramite tecniche di immunofluorescenza e di proteomica. Ho infatti analizzato, sia a livello periferico che centrale, nelle corna dorsali del midollo spinale, l’espressione di diversi markers neuronali e gliali associati ai processi di neurodegenerazione e rigenerazione come p-38 (p38 mitogen-activated protein kinase MAPkinasi), P0 (marker per la milina), S100beta (marker per le cellule di Schwann), Neurofilament 200 (marker per i neuro filamenti), l’espressione di GFAP (marker per gli astrociti), CD11b (marker dei macrofagi e microglia), NeuN (marker per i neuroni). Tali analisi sono state effettuate sia su topi non lesionati, per vedere eventuali differenze di genere di base, sia a 7 e 121 giorni dall’induzione della neuropatia. Dai numerosi dati ottenuti è possibile ipotizzare le cause del diverso recupero funzionale osservato nei due gruppi sperimentali. In particolare è emerso che nei maschi a 7 giorni dalla legatura, vi è una maggiore espressione di proteine associate con i processi di rimielinizzazione, come P0 e Neurofilament 200, ma anche una maggiore proliferazione delle cellule di Schwann. Nei topi maschi sembra dunque esserci un’accelerazione dei processi di rimielinizzazione, importanti per garantire la corretta rigenerazione nervosa. Anche a livello spinale i maschi sembrano essere in grado di modulare meglio l’attivazione delle cellule gliali la cui cronica e tardiva attivazione osservata nelle femmine può rappresentare un’altra delle possibili spiegazioni del mancato recupero funzionale. Lo studio condotto fino ad ora evidenza importanti differenze di genere nella capacità di risposta ad una lesione. Questo può rappresentare un utile approccio sperimentale per la comprensione dei meccanismi alla base del dolore cronico e quindi potrebbe contribuire in modo significativo ad importanti sviluppi terapeutici.
DIFFERENZE SESSUALI NEL DOLORE NEUROPATICO: RISPOSTE COMPORTAMENTALI, ALTERAZIONI IMMUNOISTOCHIMICHE ED EFFETTI DI TRATTAMENTI FARMACOLOGICI IN MODELLI ANIMALI(2012 Dec 18).
DIFFERENZE SESSUALI NEL DOLORE NEUROPATICO: RISPOSTE COMPORTAMENTALI, ALTERAZIONI IMMUNOISTOCHIMICHE ED EFFETTI DI TRATTAMENTI FARMACOLOGICI IN MODELLI ANIMALI
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18/12/2012
Abstract
Negli ultimi anni sta crescendo l’interesse verso una “medicina di genere” in vari ambiti, sia clinici che di ricerca. Anche per quanto riguarda il dolore, ed in particolare il dolore cronico, diversi studi hanno suggerito come i meccanismi che sottendono i processi alla base di questo stato patologico possano differire in funzione del genere e dello stato gonadico dei soggetti. Le differenze sessuali nella percezione del dolore possono essere determinate da diversi fattori, sia biologici (genetici e fisiologici) che sociali/ambientali, che interagiscono tra loro. Una delle cause principali va cercata nelle differenze degli ormoni sessuali i cui recettori sono presenti nel sistema nervoso centrale anche in aree notoriamente deputate alla modulazione del dolore. Questo dato suggerisce una diretta modulazione dell’input nocicettivo da parte degli ormoni gonadici. Studiare i meccanismi tramite i quali gli ormoni possono influenzare l’andamento di una neuropatia in individui appartenenti a generi diversi, potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione della patogenesi delle neuropatie stesse e per individuare valide terapie farmacologiche che ad oggi non sono disponibili. Lo scopo del mio progetto è lo studio delle differenze sessuali nella risposta a stimoli nocicettivi, e nella modulazione farmacologica dei livelli ormonali in topi maschi e femmine a cui sia stata indotta una neuropatia. Il primo anno del dottorato è stato dedicato allo studio di eventuali differenze sessuali nel recupero funzionale e nelle trasformazioni strutturali legate alla degenerazione e rigenerazione nervosa, in seguito allo sviluppo di dolore neuropatico indotto dalla legatura del nervo sciatico secondo il modello animale della Costrizione Cronica (CCI) di Bennet e Xie. L’andamento temporale della neuropatia è stato esaminato per 121 giorni analizzando l’insorgenza dell’allodinia. Nel secondo anno ho invece verificato se e come le risposte comportamentali osservate, potessero essere modulate dagli ormoni gonadici sia in topi maschi che femmine. A questo scopo ho studiato l’effetto di somministrazioni in acuto e in cronico di diversi farmaci agonisti (17ß-Estradiolo, Testosterone) ed antagonisti (ICI 182,780 e Flutamide) dei recettori per gli estrogeni e per gli androgeni. Dall’analisi dei dati comportamentali sono emerse delle differenze sessuali sia nell’insorgenza del dolore neuropatico, che nel recupero funzionale. E’ stato osservato che mentre i maschi hanno un completo e rapido recupero funzionale, le femmine impiegano più tempo a ripristinare i valori di base e tale recupero, nelle nostre condizioni sperimentali, è solo parziale. E’ inoltre emerso l’importante effetto del 17ß-Estradiolo che sembra favorire la rigenerazione nervosa e il completo recupero funzionale sia nei maschi che nelle femmine. Per confermare tale ipotesi ho cercato nel terzo anno di avere un riscontro qualitativo dei miei dati comportamentali, tramite tecniche di immunofluorescenza e di proteomica. Ho infatti analizzato, sia a livello periferico che centrale, nelle corna dorsali del midollo spinale, l’espressione di diversi markers neuronali e gliali associati ai processi di neurodegenerazione e rigenerazione come p-38 (p38 mitogen-activated protein kinase MAPkinasi), P0 (marker per la milina), S100beta (marker per le cellule di Schwann), Neurofilament 200 (marker per i neuro filamenti), l’espressione di GFAP (marker per gli astrociti), CD11b (marker dei macrofagi e microglia), NeuN (marker per i neuroni). Tali analisi sono state effettuate sia su topi non lesionati, per vedere eventuali differenze di genere di base, sia a 7 e 121 giorni dall’induzione della neuropatia. Dai numerosi dati ottenuti è possibile ipotizzare le cause del diverso recupero funzionale osservato nei due gruppi sperimentali. In particolare è emerso che nei maschi a 7 giorni dalla legatura, vi è una maggiore espressione di proteine associate con i processi di rimielinizzazione, come P0 e Neurofilament 200, ma anche una maggiore proliferazione delle cellule di Schwann. Nei topi maschi sembra dunque esserci un’accelerazione dei processi di rimielinizzazione, importanti per garantire la corretta rigenerazione nervosa. Anche a livello spinale i maschi sembrano essere in grado di modulare meglio l’attivazione delle cellule gliali la cui cronica e tardiva attivazione osservata nelle femmine può rappresentare un’altra delle possibili spiegazioni del mancato recupero funzionale. Lo studio condotto fino ad ora evidenza importanti differenze di genere nella capacità di risposta ad una lesione. Questo può rappresentare un utile approccio sperimentale per la comprensione dei meccanismi alla base del dolore cronico e quindi potrebbe contribuire in modo significativo ad importanti sviluppi terapeutici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.