Pensatore di punta della Scuola semiotica di Mosca-Tartu, Jurij M. Lotman (1922-1993) può essere considerato il padre teorico della cosiddetta semiotica della cultura – prospettiva euristica che si identifica talvolta con la culturologia sovietica (kulturologija/Культурология) –. Grazie ai suoi studi sul mondo russo (dalla letteratura al cinema, dalla teoria sociale e comunicazionale alla storia del comportamento quotidiano o byt/быть), Lotman ha “accompagnato” l’universo culturale a lui contemporaneo nella transizione dal sovietismo al post. Gli scritti lotmaniani, stesi in pieno disgelo ideologico, sono una realtà particolarmente originale nel panorama umanistico sovietico per almeno tre motivi: 1) si radicano profondamente nella tradizione russa e, per questo, si configurano come una cultura liminale; 2) si aprono all’Europa, facendo penetrare il pensiero filosofico occidentale nelle pieghe di quello russo-orientale; 3) si presentano come una “strategia” scientifico-culturale silenziosamente sovversiva, in grado di portare alla luce – attraverso l’apparato concettuale della scienza semiotica – le possibili vie della ricostruzione postsovietica: una ricostruzione che, secondo Lotman, deve passare per la riscoperta dell’integralità del sapere umano. La tesi di dottorato mira alla ricostruzione dell’opera di Lotman, dividendola in quattro periodi , a ciascuno dei quali è stato assegnato un capitolo, come nello schema seguente:  PARTE I: La semiotica della cultura nella sua prima elaborazione teorica  1962-1972:  periodo “embrionale” della nascente semiotica della cultura, caratterizzato dal lavoro collegiale con la Scuola;  ricezione della tradizione formalista e apertura a quella strutturalista francese e cibernetica americana;  1973-1976:  elaborazione della semiotica della cultura;  ricezione del pensiero dialogico caratteristico della cultura russa: Florenskij (filosofia), Bachtin (teoria della letteratura), Vygotskij (psicologia).  PARTE II: La semiotica della cultura al bivio: cibernetica, organicismo, complessità  1977-1983:  revisione della semiotica della cultura e delle teorie sociali e comunicazionali alla luce delle scoperte provenienti dal mondo delle scienze naturali (in piena elaborazione della II rivoluzione scientifica)  la semiotica in rapporto alle scienze neurofisiologiche  la semiotica in rapporto alle scienze cibernetiche orientate alla nascente epistemologia della complessità  1984-1993:  scoperta del “padre” del pensiero dialogico: Vernadskij  periodo del ribaltamento epistemologico: dallo strutturalismo al post-strutturalismo (svolta organicista) La trattazione degli ultimi scritti, ossia il capitolo 5 – ovvero: PARTE III: Sulla scia di Y. Prigogine. L’ultimo Lotman - ha invece una struttura a se stante: per interpretare l’ultimo Lotman, infatti, si è scelto di dare un taglio più tematico che cronologico; questa decisione è legata al fatto che, se da una lato, la metafora organicista permane sin negli ultimi scritti – secondo la temporalizzazione 1984-1993 –, dall’altro, essa viene trasformata dal di dentro attraverso un successivo prestito teorico che Lotman chiede alle scienze naturali e, precisamente, al chimico e fisico russo I. Prigogine, l’“esploratore” della termodinamica di non equilibrio. Frutto di un dialogo per certi versi rimasto acerbo e incompiuto, la tematizzazione di questo prestito ha visto un sottile slittamento semantico del concetto di cultura e delle tematiche che ad essa fanno capo. Per tale motivo si è ritenuto più opportuno riprendere in mano le tesi-cardine di Lotman e sviscerarne i nuovi nuclei teorici (esplosi e inesplosi), cercando di capire anche l’eredità da sviluppare. Il contributo della tesi, in termini di novità, sta senz’altro nella ricostruzione organica del pensiero di Lotman, in particolare dal punto di vista epistemologico – la prospettiva filologica, invece, è stata commentata in diversi saggi italiani ed esteri e soprattutto nell’opera del tedesco-polacco Peter Grzybek Studien zum Zeichenbegriff der sowjetischen Semiotik (Moskauer und Tartuer Schule) (1989), focalizzato però non tanto sulla persona di Lotman quanto sulla Scuola semiotica di Mosca-Tartu –. Inoltre, il lavoro dottorale vede uno studio approfondito dell’ultimo Lotman (che, ad oggi, è la fase teorica meno conosciuta del semiologo russo), un’ampia ricostruzione bibliografica degli scritti in italiano, spagnolo e inglese e di quelli inediti in sola lingua russa e la traduzione di quattro saggi particolarmente importanti per capire la fase teorica finale.

La cultura fra alterità e complessità. La lezione di Jurij M. Lotman / Gherlone, Laura. - (2013 May 21).

La cultura fra alterità e complessità. La lezione di Jurij M. Lotman

GHERLONE, LAURA
21/05/2013

Abstract

Pensatore di punta della Scuola semiotica di Mosca-Tartu, Jurij M. Lotman (1922-1993) può essere considerato il padre teorico della cosiddetta semiotica della cultura – prospettiva euristica che si identifica talvolta con la culturologia sovietica (kulturologija/Культурология) –. Grazie ai suoi studi sul mondo russo (dalla letteratura al cinema, dalla teoria sociale e comunicazionale alla storia del comportamento quotidiano o byt/быть), Lotman ha “accompagnato” l’universo culturale a lui contemporaneo nella transizione dal sovietismo al post. Gli scritti lotmaniani, stesi in pieno disgelo ideologico, sono una realtà particolarmente originale nel panorama umanistico sovietico per almeno tre motivi: 1) si radicano profondamente nella tradizione russa e, per questo, si configurano come una cultura liminale; 2) si aprono all’Europa, facendo penetrare il pensiero filosofico occidentale nelle pieghe di quello russo-orientale; 3) si presentano come una “strategia” scientifico-culturale silenziosamente sovversiva, in grado di portare alla luce – attraverso l’apparato concettuale della scienza semiotica – le possibili vie della ricostruzione postsovietica: una ricostruzione che, secondo Lotman, deve passare per la riscoperta dell’integralità del sapere umano. La tesi di dottorato mira alla ricostruzione dell’opera di Lotman, dividendola in quattro periodi , a ciascuno dei quali è stato assegnato un capitolo, come nello schema seguente:  PARTE I: La semiotica della cultura nella sua prima elaborazione teorica  1962-1972:  periodo “embrionale” della nascente semiotica della cultura, caratterizzato dal lavoro collegiale con la Scuola;  ricezione della tradizione formalista e apertura a quella strutturalista francese e cibernetica americana;  1973-1976:  elaborazione della semiotica della cultura;  ricezione del pensiero dialogico caratteristico della cultura russa: Florenskij (filosofia), Bachtin (teoria della letteratura), Vygotskij (psicologia).  PARTE II: La semiotica della cultura al bivio: cibernetica, organicismo, complessità  1977-1983:  revisione della semiotica della cultura e delle teorie sociali e comunicazionali alla luce delle scoperte provenienti dal mondo delle scienze naturali (in piena elaborazione della II rivoluzione scientifica)  la semiotica in rapporto alle scienze neurofisiologiche  la semiotica in rapporto alle scienze cibernetiche orientate alla nascente epistemologia della complessità  1984-1993:  scoperta del “padre” del pensiero dialogico: Vernadskij  periodo del ribaltamento epistemologico: dallo strutturalismo al post-strutturalismo (svolta organicista) La trattazione degli ultimi scritti, ossia il capitolo 5 – ovvero: PARTE III: Sulla scia di Y. Prigogine. L’ultimo Lotman - ha invece una struttura a se stante: per interpretare l’ultimo Lotman, infatti, si è scelto di dare un taglio più tematico che cronologico; questa decisione è legata al fatto che, se da una lato, la metafora organicista permane sin negli ultimi scritti – secondo la temporalizzazione 1984-1993 –, dall’altro, essa viene trasformata dal di dentro attraverso un successivo prestito teorico che Lotman chiede alle scienze naturali e, precisamente, al chimico e fisico russo I. Prigogine, l’“esploratore” della termodinamica di non equilibrio. Frutto di un dialogo per certi versi rimasto acerbo e incompiuto, la tematizzazione di questo prestito ha visto un sottile slittamento semantico del concetto di cultura e delle tematiche che ad essa fanno capo. Per tale motivo si è ritenuto più opportuno riprendere in mano le tesi-cardine di Lotman e sviscerarne i nuovi nuclei teorici (esplosi e inesplosi), cercando di capire anche l’eredità da sviluppare. Il contributo della tesi, in termini di novità, sta senz’altro nella ricostruzione organica del pensiero di Lotman, in particolare dal punto di vista epistemologico – la prospettiva filologica, invece, è stata commentata in diversi saggi italiani ed esteri e soprattutto nell’opera del tedesco-polacco Peter Grzybek Studien zum Zeichenbegriff der sowjetischen Semiotik (Moskauer und Tartuer Schule) (1989), focalizzato però non tanto sulla persona di Lotman quanto sulla Scuola semiotica di Mosca-Tartu –. Inoltre, il lavoro dottorale vede uno studio approfondito dell’ultimo Lotman (che, ad oggi, è la fase teorica meno conosciuta del semiologo russo), un’ampia ricostruzione bibliografica degli scritti in italiano, spagnolo e inglese e di quelli inediti in sola lingua russa e la traduzione di quattro saggi particolarmente importanti per capire la fase teorica finale.
21-mag-2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/916867
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