La presente tesi si pone l’arduo compito di analizzare criticamente il sistema di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico, con particolare riferimento ai casi in cui la protezione delle situazioni giuridiche soggettive lese dai pubblici poteri sia rimessa al giudice ordinario. Vista la vastità dell’argomento e la notevole quantità di contributi dottrinari a riguardo, si è voluto affrontare il tema da un’angolatura molto specifica. In particolare, oggetto della presente disamina è innanzitutto la valutazione del criterio di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico alla luce del principio della certezza del diritto. Successivamente, l’analisi si concentra sul grado di effettività della tutela giurisdizionale offerta dai giudici ordinari alle situazioni giuridiche soggettive qualora abbiano subito una lesione a fronte di episodi di esercizio del pubblico potere. In altre parole, la correttezza dell’ordinamento giuridico italiano, che ammette la giurisdizione ordinaria, oltre quella amministrativa, sulle controversie di diritto pubblico, è valutata attraverso il prisma del principio di certezza del diritto, dell'effettività e della pienezza delle tutele, secondo i dettami costituzionali e sovranazionali (Costituzione, CEDU e diritto UE) . Si è altresì voluta arricchire la ricerca attraverso uno studio comparatistico di altre esperienza europee (Francia e Germania), cercando convergenze tra queste ultime ed il sistema italiano. Deve essere infatti chiaro come alla luce degli ordinamenti sovranazionali (Cedu e UE), gli ordinamenti giuridici europei siano tenuti a configurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva per le situazioni giuridiche soggettive pregiudicate dal pubblico potere. Allo stesso modo, gli stessi ordinamenti devono assicurare l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo chiamato a svolgere tale funzione sia da influenze di poteri privati, sia dagli altri poteri sovrani dello Stato (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 6 e 13 della CEDU). In altre parole, si vuole ricercare una tendenza comune a livello europeo nella costruzione di una giurisdizione indipendente, che persegua unitariamente l’obiettivo di fornire una protezione piena alle situazioni giuridiche soggettive, sia nei rapporti interprivati che nei rapporti con la pubblica Autorità. Nell’evidenziare tale percorso convergente, ci si muove dalla nota distinzione dei modelli di Giustizia amministrativa . A riguardo, la tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, pur nella specificità delle varie esperienze nazionali di Giustizia amministrativa, ha seguito due modelli: quello monistico e quello dualistico. Nel primo (appannaggio dell’esperienza anglosassone), le liti aventi ad oggetto il corretto esercizio del pubblico potere sono rimesse alla stessa Autorità giurisdizionale che decide sulle controversie di diritto comune; nel secondo (presente in Francia, Germania ed Italia), le controversie di diritto pubblico sono devolute ad un giudice speciale, il giudice amministrativo, diverso dal giudice ordinario. Nei sistemi dualistici si registra una tendenziale “collateralità” tra il giudice amministrativo e l’Amministrazione; una vicinanza giustificata da una maggiore attenzione alle ragioni sottese alle scelte discrezionali dell’Amministrazione. Secondo un noto orientamento, la nascita della Giustizia amministrativa non trova la sua unica affermazione nello Stato di diritto e nella necessità di garantire tutela ai diritti dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri. Secondo un’affermazione che lo stesso Autore definiva “sbrigativa e brutale”, il giudice speciale amministrativo ha una sua “ragione politica”, di natura “autoritativa”, ossia quella di perfezionare la struttura del cosiddetto “stato amministrativo”, per esso intendendosi l’ordinamento statuale nel quale l’attività dei pubblici poteri sia soggetta ad un regime proprio, speciale rispetto a quello di diritto comune: chi esercita il pubblico potere è capace di incidere unilateralmente nella sfera giuridica di altri soggetti, attraverso provvedimenti “autoritativi” , per legge volti alla cura del pubblico interesse. Nel sistema monistico, invece, si ha una più intensa autonomia ed indipendenza, sia strutturale che organizzativa, del giudice rispetto all'amministrazione. Negli ordinamenti monistici anglosassoni, non esistono giudici speciali amministrativi perché per la rule of law, l’Amministrazione, seppur nell'esercizio delle sue funzioni pubblicistiche, agisce attraverso poteri non derogatori delle regole di diritto comune (salvo alcune eccezioni, dove si manifestano istituti propri dello Stato amministrativo e, conseguentemente, vengono istituiti i primi giudici speciali per dirimere le relative controversie). Nella disamina dei sistemi monistico e dualistico, si è altresì parlato di un “trade off” (ossia di un rapporto di proporzionalità inversa) tra indipendenza strutturale del giudice ed effettività della tutela . Si è dimostrato come nei sistemi monistici vi sia un tendenziale maggiore grado di deference dei giudici nel valutare l’azione discrezionale dei pubblici poteri e, conseguentemente, le valutazioni si arrestano ad una verifica formale della validità dell’atto amministrativo in relazione al modello legale. D’altro canto, nei sistemi dualistici, il giudice amministrativo esercita un sindacato più penetrante e approfondito sull'esercizio del potere amministrativo, godendo di una vicinanza maggiore alle dinamiche sottese all'esercizio dei pubblici poteri e potendo verificare la correttezza delle scelte pubbliche in relazione agli interessi perseguiti (si pensi ai casi di invalidità del provvedimento per eccesso di potere) . E si è osservato come i vari modelli nazionali dualistici (tra cui quello italiana) stiano convergendo verso il superamento di tale trade off, alla luce dei dettami sovranazionali che impongono allo stesso tempo un giudice indipendente e dotato di strumenti di tutela pieni ed effettivi, nel dare protezione alle situazioni giuridiche soggettive nei confronti dei pubblici poteri. Si vuole quindi analizzare la tendenza del processo amministrativo a perdere i vecchi tratti di “specialità”, configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente (di interesse legittimo o di diritto soggettivo), come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall'amministrazione col suo operato: e si parla allora di giudice amministrativo “specializzato” . Il modello italiano di tutela giurisdizionale sulle controversie di diritto pubblico rappresenta un caso “peculiare” ed “anomalo” rispetto alle esperienze europee, che fondano il riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa sulla natura pubblica o privata della controversia . Per alcuni, anzi, l’ordinamento giuridico italiano sarebbe “l’unico sistema che meriti il nome” di dualistico, poiché la tutela giurisdizionale sulle liti aventi ad oggetto atti manifestazione di esercizio del potere pubblico è equamente suddivisa tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla base della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio; per espressa previsione costituzionale (artt. 24 e 113, comma 1, Cost.), la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi è devoluta alla giurisdizione ordinaria, mentre quella dell’interesse legittimo alla giurisdizione amministrativa, salvo nelle particolari materie di giurisdizione esclusiva, dove può conoscere anche di diritti soggettivi (art. 103, I co. Cost.) . Riassumendo, da tale anomalia del sistema dualistico italiano discende la ragione della presente disamina. Ci si chiede se ed in quali limiti il giudice ordinario possa conoscere delle liti concernenti l’esercizio del pubblico potere. Si pongono quesiti sulla ragionevolezza di tale criterio di riparto alla luce del principio della certezza del diritto. Ci si interroga sul grado di effettività della tutela giurisdizionale da questo offerto. Si tenta di evidenziare anomalie e disfunzioni e di proporre eventuali correttivi, anche alla luce degli altri principali modelli dualistici europei (Francia e Germania). Sul punto, si cercano convergenze che possano dimostrare una tendenza verso l’affermazione dell’unità della funzione giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, volta alla cura delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere e tale da giustificare l’affermazione di un giudice amministrativo specializzato. De jure condendo, si evidenziano le ragioni di un’eventuale proposta di modifica legislativa, anche costituzionale. A tali fini, il primo capitolo ripercorre brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Italia, dal contenzioso amministrativo, alla sua abolizione nel 1865, sino alla nascita nel 1889 della giurisdizione amministrativa e del consequenziale problema del riparto di giurisdizione con quella ordinaria nelle controversie di diritto pubblico (che ancora caratterizza i nostri giorni). Come è stato osservato, l’avvento della giurisdizione amministrativa e la sua consacrazione a livello costituzionale non hanno fatto venir meno la matrice monista sulla cui base è sorto il dualismo tra giurisdizione ordinaria e amministrativa ; in altre parole, resta la possibilità per il giudice civile di conoscere delle controversie di diritto pubblico qualora abbiano ad oggetto diritti e non interessi legittimi, alla luce della Costituzione e della legge abolitiva del contenzioso ad oggi vigenti. Di qui, il secondo capitolo cerca di analizzare in maniera tendenzialmente esaustiva (vista la vastità dell’argomento) le singole controversie di diritto pubblico devolute al giudice ordinario sulla base dell’assunto (non sempre pacifico) che si faccia questione della tutela di un diritto soggettivo dinanzi ad un episodio di esercizio del potere. Si vuole così esaminare il criterio di riparto alla luce del principio di certezza del diritto. L’analisi si rivolge innanzitutto ai casi in cui sia la legge a devolvere espressamente al G.O. la cognizione di controversie di diritto pubblico. E tali casi non creano particolari questioni, poiché l'espressa previsione normativa consente all'operatore di orientarsi in maniera sufficientemente chiara nella scelta della giurisdizione (salvo le criticità registrate nel contenzioso sulle sanzioni amministrative, in materia elettorale e sulla tutela della straniero). Viceversa, assai problematica appare la disamina delle ipotesi di giurisdizione ordinaria sulle controversie di diritto pubblico, al di là dei casi eccezionali di legge ed all'interno (spesso) di materie di giurisdizione esclusiva. Si assiste ad una dequotazione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva da parte della Cassazione. Come si avrà modo di vedere, la Cassazione, svolgendo il suo ruolo di giudice ultimo della giurisdizione, ha più volte affermato la giurisdizione ordinaria sul presupposto teorico che in determinati casi il diritto non degradi ad interesse legittimo, seppur a fronte di atti esercizio di poteri pubblicistici . Come noto, il provvedimento amministrativo ha natura imperativa ed è frutto di un potere idoneo ad incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei suoi destinatari, estinguendole, modificandole o costituendone di nuove. La degradazione è dunque uno degli effetti in cui si articolerebbe l’imperatività. Conseguentemente, si considerò la carenza di potere come limite all'imperatività ed alla giurisdizione amministrativa . Tuttavia, la Cassazione ha dapprima ancorato la giurisdizione amministrativa sull'esistenza o meno del potere per poi deviare verso un criterio di riparto fondato sugli effetti degradatori del provvedimento. In altre parole, si è dichiarato competente il giudice ordinario su controversie di diritto pubblico sulla base del presupposto che nella fattispecie il provvedimento non abbia affievolito il diritto trasformandolo in interesse legittimo . L’errore concettuale del pensiero della Cassazione riposa nella circostanza che per decidere se la controversia di diritto pubblico sia ascrivibile alla giurisdizione ordinaria o amministrativa non si debba guardare alla presenza o meno del potere ma agli effetti che questo ha avuto sulla situazione giuridica in lite. Si analizzeranno alcune (anche recentissime) pronunce della Suprema Corte, in base alle quali sono state affidate alla giurisdizione ordinaria categorie di controversie di diritto pubblico ritenendo che a fronte di poteri pubblicistici la lite verta comunque sulla lesione di diritti soggettivi, in quanto non degradati o degradabili; citando sinteticamente i casi più importanti, i giudizi aventi ad oggetto gli atti nulli per difetto assoluto attribuzione (art. 21-septies l. n. 241/90), i provvedimenti vincolati rispetto ai quali non sussista alcun margine di discrezionalità in capo alla P.A. , la lesione di diritti fondamentali, i comportamenti dell’Amministrazione. Si affronteranno i casi più problematici in materia di espropri, di revoca dei contributi pubblici e di danno da provvedimento favorevole legittimamente annullato o revocato nella materia dei contratti di appalto pubblici. La tesi della degradazione, così come interpretata dalla giurisprudenza, presenta due profili applicativi: da un lato (e tradizionalmente) è stata utilizzata per escludere la giurisdizione ordinaria nei casi in cui si faccia questione dell'esercizio del potere; dall'altro, la stessa è stata applicata per escludere la giurisdizione amministrativa (anche esclusiva) sulla base del presupposto che in determinate ipotesi il potere non è in grado di degradare il diritto. Ci si è chiesti dunque se tali orientamenti non siano forieri di perplessità e dunque debbano superarsi alla luce di un criterio di riparto più lineare che guardi esclusivamente alla presenza o meno nella lite del potere pubblico e che sia maggiormente idoneo a garantire la certezza del diritto . Come evidenzia il Primo Presidente della stessa Cassazione nella relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2015, dal fatto che circa il 70% delle decisioni a Sezioni Unite abbia avuto ad oggetto questioni di giurisdizione, sembra agevole rilevare l’esistenza di oggettive criticità ordinamentali nel riparto dei plessi giurisdizionali, a loro volta generatrici di rinnovate domande di giustizia. Ci si è dunque interrogati sul se limitare notevolmente gli spazi e gli ambiti delle ipotesi di legge di giurisdizione esclusiva non sia in controtendenza con quanto affermato dalla Corte costituzionale e dal novello codice del processo amministrativo, secondo cui la cognizione del g.a. dovrebbe estendersi anche ai comportamenti, purché siano mediatamente riconducibili all'esercizio del potere. In tutti questi casi, si vuole valorizzare un criterio di riparto che guardi al giudice amministrativo come l'unica autorità chiamata a sindacare dell'esercizio del potere seppur manifestato in via indiretta attraverso comportamenti. Si vuole dimostrare come solo i comportamenti adottati dalla p.a. attraverso le cd. vie di fatto, se lesivi di situazioni giuridiche, esulano dalla giurisdizione esclusiva del g.a.. La giurisdizione esclusiva tenderebbe, dunque, a soddisfare l'esigenza di concentrazione delle controversie e di specializzazione del giudice, onde facilitare l'accesso alla tutela giurisdizionale e la certezza dei rapporti giuridici. Come si vedrà, le pronunce della Cassazione tese a limitare gli ambiti della giurisdizione esclusiva sono retaggio della concezione tralatizia secondo cui il giudice amministrativo nasce come giudice di legittimità, non adatto a dare piena soddisfazione agli interessi del ricorrente. Una tutela effettiva del diritto sarebbe possibile solo adendo la giurisdizione ordinaria. In realtà, ad oggi ed alla luce del codice del processo amministrativo, la giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico, quale espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente, offre un apparato di tutele completo ed idoneo a dare piena protezione alle situazioni giuridiche incise dal pubblico potere, anche superiore a quanto è nelle possibilità del giudice ordinario. Il codice è infatti ispirato al principio della pluralità di azioni: si è ormai consolidato il passaggio da un giudizio sull’atto ad un giudizio sul rapporto. L’azione di annullamento (art. 29 c.p.a.) si accompagna all’azione di adempimento ad un facere pubblicistico (art. 34 I co. lett c) c.p.a.) . Per suffragare tali argomentazioni, il terzo capitolo analizza dettagliatamente gli strumenti di tutela esperibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico. La giurisdizione svolge la funzione di garantire la realizzazione dell’interesse sotteso alla situazione giuridica di cui si chiede tutela. E la tutela si ritiene effettiva qualora sia in grado di raggiungere il risultato pratico consistente nella soddisfazione del bene della vita spettante al titolare della pretesa giuridicamente rilevante . Corollario dei suesposti principi è altresì la regola della pienezza della tutela giurisdizionale. Come si evidenzia, per pienezza di tutela si intende che tutte le situazioni protette debbono poter usufruire di tutti i mezzi di tutela (azioni) riconosciuti dall'ordinamento. Per effettività di tutela, si considera la predisposizione di mezzi idonei a dare concreta soddisfazione all’interesse dedotto in giudizio . I principi suddetti devono operare pienamente anche nelle controversie di diritto pubblico dinanzi al giudice ordinario. Di qui, si esamina l'incisività dei limiti che il giudice ordinario incontra nelle controversie di diritto pubblico alla luce della legge abolitiva del contenzioso (Legge n. 2248 del 1865, all. e)). E si vuole in particolare evidenziare come nell’odierno quadro costituzionale, il giudice ordinario nell’esercizio della sua funzione di tutela delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere deve incontrare il solo divieto di sostituirsi a scelte di merito dell’Amministrazione (limite esterno). In altre parole, non possono delinearsi ostacoli interni alla stessa giurisdizione, privando il g.o. di strumenti processuali ritenuti idonei a proteggere gli interessi dedotti in giudizio dalle parti. La disamina abbraccia dunque tutte le azioni di cognizione, cautelari ed esecutive proponibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico, al fine di proporre uno spettro completo sul punto. Innanzitutto, tra le azioni di cognizione, i problemi più spinosi sorgono in relazione alle azioni costitutive, in virtù dei noti limiti di cui alla legge abolitiva del contenzioso secondo cui quando la lite verte su di un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio senza poterlo revocare o modificare se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso. Il giudice ordinario può di regola disapplicare il provvedimento e non annullarlo (art. 4 L.A.C.). In realtà, come si vedrà, l’ambito di applicabilità della disapplicazione in via principale del provvedimento si è negli anni molto ristretto (in specie dopo la devoluzione dell’azione risarcitoria per lesione degli interessi legittimi al G.A.), sino a far dubitare della reale effettività della norma, se non nei limiti della disapplicazione incidentale. Nondimeno, si approfondiranno i rischi dell’emergere di ipotesi di doppia tutela (disapplicazione dinanzi al g.o. e annullamento dinanzi al g.a.) nel contenzioso sulle patologie contrattuali derivanti dall’invalidità degli atti prodromici al negozio in materi di appalti pubblici di lavori servizi e forniture. Ancora, notevoli perplessità si sono evidenziate in relazione all’esperibilità di azioni di condanna ad un facere pubblicistico, con precipuo riferimento alla tutela di diritti assoluti come la salute. Qui, la giurisprudenza (a volte in modo perplesso) sembra superare de plano i limiti della L.A.C. escludendo che si faccia questione dell’esercizio del potere pubblico e di interessi legittimi essendo in presenza di diritti cosiddetti indegradabili. Nei casi di cd. giurisdizione piena del giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico , espressamente previsti dalla legge, non si registrano invece particolari problematiche, in quanto, ai sensi dell’articolo 113, III co., della Costituzione, il Legislatore individua specifiche materie nelle quali il giudice può fintanto annullare il provvedimento impugnato in deroga a quanto previsto dall’art. 2 della lg. N. 2248 del 1865, all. E). La scelta è dettata dalla necessità di assicurare la pienezza della tutela nei casi in cui il giudice ordinario può conoscere del corretto esercizio del potere in deroga ai tradizionali criteri di riparto. Si individuano disfunzioni nella disamina della tutela esecutiva, tanto nei confronti dei provvedimenti cautelari che di merito, emessi dal giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico ed aventi ad oggetto una condanna (interinale o decisoria) ad un facere provvedimentale per sua natura infungibile. Il giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo è infatti esperibile solo nei confronti di provvedimenti del giudice ordinario passati in giudicato (art. 122 c.p.a.). Per le decisioni esecutive si possono utilizzare i meccanismi di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bic c.p.c.. Ci si chiede dunque se tale assetto non rappresenti un vuoto di tutela in contrasto con il principio di effettività e se possano prospettarsi eventuali soluzioni. Ancora, si analizzano le tutele interinali. Ed in particolare si evidenziano le criticità sottese all'orientamento prevalente in giurisprudenza che esclude l'esperibilità di una tutela cautelare atipica nei giudizi ordinari aventi ad oggetto controversie di diritto pubblico. Diversamente, nel processo amministrativo il ricorrente può chiedere l'adozione di tutte le misure che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio (art. 55 c.p.a.). Di nuovo ed alla luce di dati positivi di natura processuale, ci si chiede se il giudice amministrativo sia l’autorità naturale, “ordinaria” e “specializzata”, con poteri di cognizione, cautelari ed esecutivi “pieni”, per tutte le controversie involgenti l’esercizio di un pubblico potere. Particolare attenzione, sia nel secondo che nel terzo capitolo, è stata poi riservata alla giurisdizione ordinaria sulle controversie di pubblico impiego privatizzato, alle quali è stato dedicato un apposito paragrafo per evidenziare eventuali problematicità sia in punto di riparto di giurisdizione che di concentrazione delle tutele , (con particolare riferimento al contenzioso relativo ai cd. atti di macro-organizzazione, in materia di concorsi cd interni o nei rapporti tra diritto all'assunzione e invalidità degli atti amministrativi prodromici, laddove si paventa il rischio di doppia tutela del medesimo bene della vita dinanzi a due plessi giurisdizionali diversi). Nel quarto e quinto capitolo, in chiave comparatistica si valutano le esperienze straniere francesi e tedesche al fine di verificare la sussistenza di convergenze con il nostro sistema verso un modello unitario di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico . La Francia è da sempre ritenuto il paese più simile a noi, vista l’influenza che in passato le dominazioni Napoleoniche hanno avuto sugli Stati preunitari (in particolare quello piemontese) e come ciò si sia riflesso nell’ordinamento adottato dallo Stato Italiano. Si ritiene utile studiare brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Francia, per poi approfondirne l’organizzazione, il criterio di riparto e l’effettività delle tutele. Nel quarto capitolo si procede così ad analizzare alcune significative assonanze tra l’ordinamento francese e quello italiano utili a costruire un modello di giurisdizione subiettiva, la cui precipua funzione sia la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, anche nei confronti dei poteri pubblici. In particolare, si analizzano il recours de pleine juridiction e i referees, quali azioni rispettivamente di merito e cautelare, idonee a dare una protezione piena al ricorrente leso da atti illegittimi della Pubblica Amministrazione. Ancora, il criterio di riparto della giurisdizione fondato su i blocs de compétence consente al giudice amministrativo di pronunciarsi in specifiche materie, indicate dalla Legge o dalla giurisprudenza, come la salute, l’immigrazione, i contratti di appalto pubblici, il diritto d’asilo, in cui si fa questione della lesione di diritti da parte della puissance publique. Le questioni di giurisdizione sono poi risolte in ultimo grado dal Tribunal des Conflits, organo composto in egual numero da giudici appartenenti alle magistrature amministrative e civili, così da evidenziare ancora una volta l‘unitarietà della giurisdizione alla luce della sua funzione Tuttavia, si evidenziano anche i carattere marcatamente obiettivi della giurisdizione amministrativa francese: il recours pour exces de pouvoir, per cui sono legittimati ad agire per ottenere l’annullamento di provvedimenti amministrativi tutti i cittadini della Repubblica, senza che sia necessario dimostrare la lesione di un proprio interesse, essendo sufficiente la dimostrazione di un vulnus all’interesse generale alla legalità violata. Sulla stessa falsariga, si evidenzia la figura del Rapporteur public, sorta di pubblico ministero chiamato ad agire esclusivamente per gli interessi pubblici coinvolti in giudizio. Insomma, la giurisdizione amministrativa in Francia denota una natura oggettiva che l’allontana dall’esperienza italiana. E, non a caso, in Francia il giudice ordinario è considerato giudice naturelle delle leibertà fondamentali e della proprietà, proprio in considerazione del fatto che quest’ultimo sia più attrezzato nella tutela dei diritti. Di qui, nel quinto capitolo ci si chiede se, contrariamente alla tradizione, l’Italia sia ormai più vicina al sistema tedesco. Nel capitolo si procede dunque allo studio dell’organizzazione della giurisdizione tedesca, del suo criterio di riparto e degli strumenti messi a disposizione del ricorrente per proteggere i propri diritti nei confronti della Pubblica Autorità. Si guarda con particolare attenzione il carattere unitario della giurisdizione tedesca, divisa in 5 rami, ordinario, amministrativo, finanziario del lavoro e sociale. Al loro interno, una general klausen sancisce la competenza del giudice amministrativo nella generalità delle controversie di diritto pubblico, salvo eccezioni. L’ordinamento processuale mette poi a disposizione dell’attore tutti gli strumenti idonei a garantire una tutela piena della propria pretesa nell’alveo del giudizio amministrativo:nel merito, come si vedrà, la parte lesa può esperire una pluralità di azioni (oltre quella di annullamento (anfechtungsklage), si ha ad esempio l’azione di adempimento pubblicistica (verpflichtungsklage), l’azione volta ad ottenere prestazioni di natura non provvedimentale ma materiale (leistungsklage) e l’azione di accertamento (festellungsklage). Peraltro, il novero delle azioni previste dal codice del processo amministrativo tedesco non è tassativo. Insomma, ci si chiede se il giudizio amministrativo tedesco nel suo complesso (e ad eccezione della tutela esecutiva) assicuri una protezione piena ed effettiva ai diritti soggettivi pubblici vantati dall’attore, contro ingiustificate lesioni da parte dei pubblici poteri. E se il carattere evidentemente subiettivo del processo amministrativo tedesco possa portare all’affermazione di un concetto unitario di tutela giurisdizionale dei diritti, tanto in sede civile che amministrativa. Si evidenzia sul punto la tendenza in Germania del giudice ordinario a guadagnare sempre più spazi nella cognizione delle controversie di diritto pubblico (es. nella responsabilità per i danni determinati da funzionari della Pubblica Amministrazione in violazione dei doveri d’ufficio, nei contratti appalti pubblici, nella privatizzazione dei pubblici servizi). Ci si chiede se la suddivisione della cognizione delle controversie tra il giudice civile e quello amministrativo risentendo di questa diversa concezione della giurisdizione amministrativa avvenga più sul terreno di un “riparto di competenze”, che su quello tradizionale del “riparto delle giurisdizioni”, e quindi più in termini di “specializzazione” delle competenze, che del binomio “ordinarietà-specialità” della giurisdizione. Ci si interroga infine sul se le convergenze tra sistema tedesco e italiano debbano condurre alla valorizzazione della giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico come espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente. Il processo amministrativo sembra perdere i vecchi tratti della “specialità” e venire configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente, come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione col suo operato, come un giudice “specializzato” . A tal fine, si guardano con interesse alcune peculiarità dell’ordinamento giuridico tedesco in relazione all’indipendenza dei giudici (il reclutamento e lo status giuridico di tutti componenti dei rami della magistratura tedesca è infatti il medesimo ai sensi della legge federale sulla Magistratura ed avviene per concorso), ai meccanismi di risoluzione di conflitti di giurisdizione ( la cd. bendinde Wirkung blinda la scelta del giudice competente fatta dal giudice a quo nell’ordinanza di rimessione dando un senso di complementarietà tra le giurisdizioni), all’organo di ultima istanza chiamato a decidere sulla giurisdizione (il Gemeinsamer Senat che rispecchia in egual misura tutte i rami della giurisdizione tedesca, così garantendo una soluzione di compromesso tra le magistrature ordinaria e amministrativa). Guardando all’evoluzione storica del sistema italiano di Giustizia amministrativa, al suo attuale criterio di riparto, all’ambito della giurisdizione ordinaria nelle controversie di diritto pubblico ed al grado di effettività delle tutele da essa offerta rispetto a quanto garantito dal giudice amministrativo ed, infine, alle convergenze con gli altri sistemi dualistici (specialmente l’ordinamento tedesco), ci si interroga se in Italia la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa debbano venire in considerazione come due giurisdizioni pariordinate, ciascuna con un proprio ambito di competenza generalizzata, “ordinaria” e “naturale”, definita da clausole generali di contenuto speculare: l’una a tutela delle situazioni giuridiche nate in seno a rapporti di diritto privato; l’altra a tutela dell’interessi meritevoli di tutela in quanto lesi da episodi di esercizio del pubblico potere. E ci si chiede se una risposta affermativa al quesito possa garantire un più lineare criterio di riparto delle giurisdizioni ed una pienezza delle tutele nelle controversie di diritto pubblico. In caso di risposta affermativa, si prospettano eventuali modifiche dell’attuale assetto espresso in Costituzione.

La tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico davanti al giudice ordinario (criteri di riparto ed effettività della tutela, anche in prospettiva comparatistica) / Bellesini, Carlo. - (2016 Nov 21).

La tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico davanti al giudice ordinario (criteri di riparto ed effettività della tutela, anche in prospettiva comparatistica)

BELLESINI, CARLO
21/11/2016

Abstract

La presente tesi si pone l’arduo compito di analizzare criticamente il sistema di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico, con particolare riferimento ai casi in cui la protezione delle situazioni giuridiche soggettive lese dai pubblici poteri sia rimessa al giudice ordinario. Vista la vastità dell’argomento e la notevole quantità di contributi dottrinari a riguardo, si è voluto affrontare il tema da un’angolatura molto specifica. In particolare, oggetto della presente disamina è innanzitutto la valutazione del criterio di riparto della giurisdizione nelle controversie di diritto pubblico alla luce del principio della certezza del diritto. Successivamente, l’analisi si concentra sul grado di effettività della tutela giurisdizionale offerta dai giudici ordinari alle situazioni giuridiche soggettive qualora abbiano subito una lesione a fronte di episodi di esercizio del pubblico potere. In altre parole, la correttezza dell’ordinamento giuridico italiano, che ammette la giurisdizione ordinaria, oltre quella amministrativa, sulle controversie di diritto pubblico, è valutata attraverso il prisma del principio di certezza del diritto, dell'effettività e della pienezza delle tutele, secondo i dettami costituzionali e sovranazionali (Costituzione, CEDU e diritto UE) . Si è altresì voluta arricchire la ricerca attraverso uno studio comparatistico di altre esperienza europee (Francia e Germania), cercando convergenze tra queste ultime ed il sistema italiano. Deve essere infatti chiaro come alla luce degli ordinamenti sovranazionali (Cedu e UE), gli ordinamenti giuridici europei siano tenuti a configurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva per le situazioni giuridiche soggettive pregiudicate dal pubblico potere. Allo stesso modo, gli stessi ordinamenti devono assicurare l’indipendenza e l’imparzialità dell’organo chiamato a svolgere tale funzione sia da influenze di poteri privati, sia dagli altri poteri sovrani dello Stato (art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 6 e 13 della CEDU). In altre parole, si vuole ricercare una tendenza comune a livello europeo nella costruzione di una giurisdizione indipendente, che persegua unitariamente l’obiettivo di fornire una protezione piena alle situazioni giuridiche soggettive, sia nei rapporti interprivati che nei rapporti con la pubblica Autorità. Nell’evidenziare tale percorso convergente, ci si muove dalla nota distinzione dei modelli di Giustizia amministrativa . A riguardo, la tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, pur nella specificità delle varie esperienze nazionali di Giustizia amministrativa, ha seguito due modelli: quello monistico e quello dualistico. Nel primo (appannaggio dell’esperienza anglosassone), le liti aventi ad oggetto il corretto esercizio del pubblico potere sono rimesse alla stessa Autorità giurisdizionale che decide sulle controversie di diritto comune; nel secondo (presente in Francia, Germania ed Italia), le controversie di diritto pubblico sono devolute ad un giudice speciale, il giudice amministrativo, diverso dal giudice ordinario. Nei sistemi dualistici si registra una tendenziale “collateralità” tra il giudice amministrativo e l’Amministrazione; una vicinanza giustificata da una maggiore attenzione alle ragioni sottese alle scelte discrezionali dell’Amministrazione. Secondo un noto orientamento, la nascita della Giustizia amministrativa non trova la sua unica affermazione nello Stato di diritto e nella necessità di garantire tutela ai diritti dei cittadini nei confronti dei pubblici poteri. Secondo un’affermazione che lo stesso Autore definiva “sbrigativa e brutale”, il giudice speciale amministrativo ha una sua “ragione politica”, di natura “autoritativa”, ossia quella di perfezionare la struttura del cosiddetto “stato amministrativo”, per esso intendendosi l’ordinamento statuale nel quale l’attività dei pubblici poteri sia soggetta ad un regime proprio, speciale rispetto a quello di diritto comune: chi esercita il pubblico potere è capace di incidere unilateralmente nella sfera giuridica di altri soggetti, attraverso provvedimenti “autoritativi” , per legge volti alla cura del pubblico interesse. Nel sistema monistico, invece, si ha una più intensa autonomia ed indipendenza, sia strutturale che organizzativa, del giudice rispetto all'amministrazione. Negli ordinamenti monistici anglosassoni, non esistono giudici speciali amministrativi perché per la rule of law, l’Amministrazione, seppur nell'esercizio delle sue funzioni pubblicistiche, agisce attraverso poteri non derogatori delle regole di diritto comune (salvo alcune eccezioni, dove si manifestano istituti propri dello Stato amministrativo e, conseguentemente, vengono istituiti i primi giudici speciali per dirimere le relative controversie). Nella disamina dei sistemi monistico e dualistico, si è altresì parlato di un “trade off” (ossia di un rapporto di proporzionalità inversa) tra indipendenza strutturale del giudice ed effettività della tutela . Si è dimostrato come nei sistemi monistici vi sia un tendenziale maggiore grado di deference dei giudici nel valutare l’azione discrezionale dei pubblici poteri e, conseguentemente, le valutazioni si arrestano ad una verifica formale della validità dell’atto amministrativo in relazione al modello legale. D’altro canto, nei sistemi dualistici, il giudice amministrativo esercita un sindacato più penetrante e approfondito sull'esercizio del potere amministrativo, godendo di una vicinanza maggiore alle dinamiche sottese all'esercizio dei pubblici poteri e potendo verificare la correttezza delle scelte pubbliche in relazione agli interessi perseguiti (si pensi ai casi di invalidità del provvedimento per eccesso di potere) . E si è osservato come i vari modelli nazionali dualistici (tra cui quello italiana) stiano convergendo verso il superamento di tale trade off, alla luce dei dettami sovranazionali che impongono allo stesso tempo un giudice indipendente e dotato di strumenti di tutela pieni ed effettivi, nel dare protezione alle situazioni giuridiche soggettive nei confronti dei pubblici poteri. Si vuole quindi analizzare la tendenza del processo amministrativo a perdere i vecchi tratti di “specialità”, configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente (di interesse legittimo o di diritto soggettivo), come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall'amministrazione col suo operato: e si parla allora di giudice amministrativo “specializzato” . Il modello italiano di tutela giurisdizionale sulle controversie di diritto pubblico rappresenta un caso “peculiare” ed “anomalo” rispetto alle esperienze europee, che fondano il riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa sulla natura pubblica o privata della controversia . Per alcuni, anzi, l’ordinamento giuridico italiano sarebbe “l’unico sistema che meriti il nome” di dualistico, poiché la tutela giurisdizionale sulle liti aventi ad oggetto atti manifestazione di esercizio del potere pubblico è equamente suddivisa tra giudice ordinario e giudice amministrativo sulla base della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio; per espressa previsione costituzionale (artt. 24 e 113, comma 1, Cost.), la tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi è devoluta alla giurisdizione ordinaria, mentre quella dell’interesse legittimo alla giurisdizione amministrativa, salvo nelle particolari materie di giurisdizione esclusiva, dove può conoscere anche di diritti soggettivi (art. 103, I co. Cost.) . Riassumendo, da tale anomalia del sistema dualistico italiano discende la ragione della presente disamina. Ci si chiede se ed in quali limiti il giudice ordinario possa conoscere delle liti concernenti l’esercizio del pubblico potere. Si pongono quesiti sulla ragionevolezza di tale criterio di riparto alla luce del principio della certezza del diritto. Ci si interroga sul grado di effettività della tutela giurisdizionale da questo offerto. Si tenta di evidenziare anomalie e disfunzioni e di proporre eventuali correttivi, anche alla luce degli altri principali modelli dualistici europei (Francia e Germania). Sul punto, si cercano convergenze che possano dimostrare una tendenza verso l’affermazione dell’unità della funzione giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico, volta alla cura delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere e tale da giustificare l’affermazione di un giudice amministrativo specializzato. De jure condendo, si evidenziano le ragioni di un’eventuale proposta di modifica legislativa, anche costituzionale. A tali fini, il primo capitolo ripercorre brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Italia, dal contenzioso amministrativo, alla sua abolizione nel 1865, sino alla nascita nel 1889 della giurisdizione amministrativa e del consequenziale problema del riparto di giurisdizione con quella ordinaria nelle controversie di diritto pubblico (che ancora caratterizza i nostri giorni). Come è stato osservato, l’avvento della giurisdizione amministrativa e la sua consacrazione a livello costituzionale non hanno fatto venir meno la matrice monista sulla cui base è sorto il dualismo tra giurisdizione ordinaria e amministrativa ; in altre parole, resta la possibilità per il giudice civile di conoscere delle controversie di diritto pubblico qualora abbiano ad oggetto diritti e non interessi legittimi, alla luce della Costituzione e della legge abolitiva del contenzioso ad oggi vigenti. Di qui, il secondo capitolo cerca di analizzare in maniera tendenzialmente esaustiva (vista la vastità dell’argomento) le singole controversie di diritto pubblico devolute al giudice ordinario sulla base dell’assunto (non sempre pacifico) che si faccia questione della tutela di un diritto soggettivo dinanzi ad un episodio di esercizio del potere. Si vuole così esaminare il criterio di riparto alla luce del principio di certezza del diritto. L’analisi si rivolge innanzitutto ai casi in cui sia la legge a devolvere espressamente al G.O. la cognizione di controversie di diritto pubblico. E tali casi non creano particolari questioni, poiché l'espressa previsione normativa consente all'operatore di orientarsi in maniera sufficientemente chiara nella scelta della giurisdizione (salvo le criticità registrate nel contenzioso sulle sanzioni amministrative, in materia elettorale e sulla tutela della straniero). Viceversa, assai problematica appare la disamina delle ipotesi di giurisdizione ordinaria sulle controversie di diritto pubblico, al di là dei casi eccezionali di legge ed all'interno (spesso) di materie di giurisdizione esclusiva. Si assiste ad una dequotazione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva da parte della Cassazione. Come si avrà modo di vedere, la Cassazione, svolgendo il suo ruolo di giudice ultimo della giurisdizione, ha più volte affermato la giurisdizione ordinaria sul presupposto teorico che in determinati casi il diritto non degradi ad interesse legittimo, seppur a fronte di atti esercizio di poteri pubblicistici . Come noto, il provvedimento amministrativo ha natura imperativa ed è frutto di un potere idoneo ad incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei suoi destinatari, estinguendole, modificandole o costituendone di nuove. La degradazione è dunque uno degli effetti in cui si articolerebbe l’imperatività. Conseguentemente, si considerò la carenza di potere come limite all'imperatività ed alla giurisdizione amministrativa . Tuttavia, la Cassazione ha dapprima ancorato la giurisdizione amministrativa sull'esistenza o meno del potere per poi deviare verso un criterio di riparto fondato sugli effetti degradatori del provvedimento. In altre parole, si è dichiarato competente il giudice ordinario su controversie di diritto pubblico sulla base del presupposto che nella fattispecie il provvedimento non abbia affievolito il diritto trasformandolo in interesse legittimo . L’errore concettuale del pensiero della Cassazione riposa nella circostanza che per decidere se la controversia di diritto pubblico sia ascrivibile alla giurisdizione ordinaria o amministrativa non si debba guardare alla presenza o meno del potere ma agli effetti che questo ha avuto sulla situazione giuridica in lite. Si analizzeranno alcune (anche recentissime) pronunce della Suprema Corte, in base alle quali sono state affidate alla giurisdizione ordinaria categorie di controversie di diritto pubblico ritenendo che a fronte di poteri pubblicistici la lite verta comunque sulla lesione di diritti soggettivi, in quanto non degradati o degradabili; citando sinteticamente i casi più importanti, i giudizi aventi ad oggetto gli atti nulli per difetto assoluto attribuzione (art. 21-septies l. n. 241/90), i provvedimenti vincolati rispetto ai quali non sussista alcun margine di discrezionalità in capo alla P.A. , la lesione di diritti fondamentali, i comportamenti dell’Amministrazione. Si affronteranno i casi più problematici in materia di espropri, di revoca dei contributi pubblici e di danno da provvedimento favorevole legittimamente annullato o revocato nella materia dei contratti di appalto pubblici. La tesi della degradazione, così come interpretata dalla giurisprudenza, presenta due profili applicativi: da un lato (e tradizionalmente) è stata utilizzata per escludere la giurisdizione ordinaria nei casi in cui si faccia questione dell'esercizio del potere; dall'altro, la stessa è stata applicata per escludere la giurisdizione amministrativa (anche esclusiva) sulla base del presupposto che in determinate ipotesi il potere non è in grado di degradare il diritto. Ci si è chiesti dunque se tali orientamenti non siano forieri di perplessità e dunque debbano superarsi alla luce di un criterio di riparto più lineare che guardi esclusivamente alla presenza o meno nella lite del potere pubblico e che sia maggiormente idoneo a garantire la certezza del diritto . Come evidenzia il Primo Presidente della stessa Cassazione nella relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2015, dal fatto che circa il 70% delle decisioni a Sezioni Unite abbia avuto ad oggetto questioni di giurisdizione, sembra agevole rilevare l’esistenza di oggettive criticità ordinamentali nel riparto dei plessi giurisdizionali, a loro volta generatrici di rinnovate domande di giustizia. Ci si è dunque interrogati sul se limitare notevolmente gli spazi e gli ambiti delle ipotesi di legge di giurisdizione esclusiva non sia in controtendenza con quanto affermato dalla Corte costituzionale e dal novello codice del processo amministrativo, secondo cui la cognizione del g.a. dovrebbe estendersi anche ai comportamenti, purché siano mediatamente riconducibili all'esercizio del potere. In tutti questi casi, si vuole valorizzare un criterio di riparto che guardi al giudice amministrativo come l'unica autorità chiamata a sindacare dell'esercizio del potere seppur manifestato in via indiretta attraverso comportamenti. Si vuole dimostrare come solo i comportamenti adottati dalla p.a. attraverso le cd. vie di fatto, se lesivi di situazioni giuridiche, esulano dalla giurisdizione esclusiva del g.a.. La giurisdizione esclusiva tenderebbe, dunque, a soddisfare l'esigenza di concentrazione delle controversie e di specializzazione del giudice, onde facilitare l'accesso alla tutela giurisdizionale e la certezza dei rapporti giuridici. Come si vedrà, le pronunce della Cassazione tese a limitare gli ambiti della giurisdizione esclusiva sono retaggio della concezione tralatizia secondo cui il giudice amministrativo nasce come giudice di legittimità, non adatto a dare piena soddisfazione agli interessi del ricorrente. Una tutela effettiva del diritto sarebbe possibile solo adendo la giurisdizione ordinaria. In realtà, ad oggi ed alla luce del codice del processo amministrativo, la giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico, quale espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente, offre un apparato di tutele completo ed idoneo a dare piena protezione alle situazioni giuridiche incise dal pubblico potere, anche superiore a quanto è nelle possibilità del giudice ordinario. Il codice è infatti ispirato al principio della pluralità di azioni: si è ormai consolidato il passaggio da un giudizio sull’atto ad un giudizio sul rapporto. L’azione di annullamento (art. 29 c.p.a.) si accompagna all’azione di adempimento ad un facere pubblicistico (art. 34 I co. lett c) c.p.a.) . Per suffragare tali argomentazioni, il terzo capitolo analizza dettagliatamente gli strumenti di tutela esperibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico. La giurisdizione svolge la funzione di garantire la realizzazione dell’interesse sotteso alla situazione giuridica di cui si chiede tutela. E la tutela si ritiene effettiva qualora sia in grado di raggiungere il risultato pratico consistente nella soddisfazione del bene della vita spettante al titolare della pretesa giuridicamente rilevante . Corollario dei suesposti principi è altresì la regola della pienezza della tutela giurisdizionale. Come si evidenzia, per pienezza di tutela si intende che tutte le situazioni protette debbono poter usufruire di tutti i mezzi di tutela (azioni) riconosciuti dall'ordinamento. Per effettività di tutela, si considera la predisposizione di mezzi idonei a dare concreta soddisfazione all’interesse dedotto in giudizio . I principi suddetti devono operare pienamente anche nelle controversie di diritto pubblico dinanzi al giudice ordinario. Di qui, si esamina l'incisività dei limiti che il giudice ordinario incontra nelle controversie di diritto pubblico alla luce della legge abolitiva del contenzioso (Legge n. 2248 del 1865, all. e)). E si vuole in particolare evidenziare come nell’odierno quadro costituzionale, il giudice ordinario nell’esercizio della sua funzione di tutela delle situazioni giuridiche lese dal pubblico potere deve incontrare il solo divieto di sostituirsi a scelte di merito dell’Amministrazione (limite esterno). In altre parole, non possono delinearsi ostacoli interni alla stessa giurisdizione, privando il g.o. di strumenti processuali ritenuti idonei a proteggere gli interessi dedotti in giudizio dalle parti. La disamina abbraccia dunque tutte le azioni di cognizione, cautelari ed esecutive proponibili dinanzi al giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico, al fine di proporre uno spettro completo sul punto. Innanzitutto, tra le azioni di cognizione, i problemi più spinosi sorgono in relazione alle azioni costitutive, in virtù dei noti limiti di cui alla legge abolitiva del contenzioso secondo cui quando la lite verte su di un diritto che si pretende leso da un atto dell'autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell'atto stesso in relazione all'oggetto dedotto in giudizio senza poterlo revocare o modificare se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso. Il giudice ordinario può di regola disapplicare il provvedimento e non annullarlo (art. 4 L.A.C.). In realtà, come si vedrà, l’ambito di applicabilità della disapplicazione in via principale del provvedimento si è negli anni molto ristretto (in specie dopo la devoluzione dell’azione risarcitoria per lesione degli interessi legittimi al G.A.), sino a far dubitare della reale effettività della norma, se non nei limiti della disapplicazione incidentale. Nondimeno, si approfondiranno i rischi dell’emergere di ipotesi di doppia tutela (disapplicazione dinanzi al g.o. e annullamento dinanzi al g.a.) nel contenzioso sulle patologie contrattuali derivanti dall’invalidità degli atti prodromici al negozio in materi di appalti pubblici di lavori servizi e forniture. Ancora, notevoli perplessità si sono evidenziate in relazione all’esperibilità di azioni di condanna ad un facere pubblicistico, con precipuo riferimento alla tutela di diritti assoluti come la salute. Qui, la giurisprudenza (a volte in modo perplesso) sembra superare de plano i limiti della L.A.C. escludendo che si faccia questione dell’esercizio del potere pubblico e di interessi legittimi essendo in presenza di diritti cosiddetti indegradabili. Nei casi di cd. giurisdizione piena del giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico , espressamente previsti dalla legge, non si registrano invece particolari problematiche, in quanto, ai sensi dell’articolo 113, III co., della Costituzione, il Legislatore individua specifiche materie nelle quali il giudice può fintanto annullare il provvedimento impugnato in deroga a quanto previsto dall’art. 2 della lg. N. 2248 del 1865, all. E). La scelta è dettata dalla necessità di assicurare la pienezza della tutela nei casi in cui il giudice ordinario può conoscere del corretto esercizio del potere in deroga ai tradizionali criteri di riparto. Si individuano disfunzioni nella disamina della tutela esecutiva, tanto nei confronti dei provvedimenti cautelari che di merito, emessi dal giudice ordinario nelle controversie di diritto pubblico ed aventi ad oggetto una condanna (interinale o decisoria) ad un facere provvedimentale per sua natura infungibile. Il giudizio di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo è infatti esperibile solo nei confronti di provvedimenti del giudice ordinario passati in giudicato (art. 122 c.p.a.). Per le decisioni esecutive si possono utilizzare i meccanismi di coercizione indiretta di cui all’art. 614 bic c.p.c.. Ci si chiede dunque se tale assetto non rappresenti un vuoto di tutela in contrasto con il principio di effettività e se possano prospettarsi eventuali soluzioni. Ancora, si analizzano le tutele interinali. Ed in particolare si evidenziano le criticità sottese all'orientamento prevalente in giurisprudenza che esclude l'esperibilità di una tutela cautelare atipica nei giudizi ordinari aventi ad oggetto controversie di diritto pubblico. Diversamente, nel processo amministrativo il ricorrente può chiedere l'adozione di tutte le misure che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul ricorso, il collegio si pronuncia con ordinanza emessa in camera di consiglio (art. 55 c.p.a.). Di nuovo ed alla luce di dati positivi di natura processuale, ci si chiede se il giudice amministrativo sia l’autorità naturale, “ordinaria” e “specializzata”, con poteri di cognizione, cautelari ed esecutivi “pieni”, per tutte le controversie involgenti l’esercizio di un pubblico potere. Particolare attenzione, sia nel secondo che nel terzo capitolo, è stata poi riservata alla giurisdizione ordinaria sulle controversie di pubblico impiego privatizzato, alle quali è stato dedicato un apposito paragrafo per evidenziare eventuali problematicità sia in punto di riparto di giurisdizione che di concentrazione delle tutele , (con particolare riferimento al contenzioso relativo ai cd. atti di macro-organizzazione, in materia di concorsi cd interni o nei rapporti tra diritto all'assunzione e invalidità degli atti amministrativi prodromici, laddove si paventa il rischio di doppia tutela del medesimo bene della vita dinanzi a due plessi giurisdizionali diversi). Nel quarto e quinto capitolo, in chiave comparatistica si valutano le esperienze straniere francesi e tedesche al fine di verificare la sussistenza di convergenze con il nostro sistema verso un modello unitario di tutela giurisdizionale nelle controversie di diritto pubblico . La Francia è da sempre ritenuto il paese più simile a noi, vista l’influenza che in passato le dominazioni Napoleoniche hanno avuto sugli Stati preunitari (in particolare quello piemontese) e come ciò si sia riflesso nell’ordinamento adottato dallo Stato Italiano. Si ritiene utile studiare brevemente l’evoluzione storica della Giustizia amministrativa in Francia, per poi approfondirne l’organizzazione, il criterio di riparto e l’effettività delle tutele. Nel quarto capitolo si procede così ad analizzare alcune significative assonanze tra l’ordinamento francese e quello italiano utili a costruire un modello di giurisdizione subiettiva, la cui precipua funzione sia la tutela delle situazioni giuridiche soggettive, anche nei confronti dei poteri pubblici. In particolare, si analizzano il recours de pleine juridiction e i referees, quali azioni rispettivamente di merito e cautelare, idonee a dare una protezione piena al ricorrente leso da atti illegittimi della Pubblica Amministrazione. Ancora, il criterio di riparto della giurisdizione fondato su i blocs de compétence consente al giudice amministrativo di pronunciarsi in specifiche materie, indicate dalla Legge o dalla giurisprudenza, come la salute, l’immigrazione, i contratti di appalto pubblici, il diritto d’asilo, in cui si fa questione della lesione di diritti da parte della puissance publique. Le questioni di giurisdizione sono poi risolte in ultimo grado dal Tribunal des Conflits, organo composto in egual numero da giudici appartenenti alle magistrature amministrative e civili, così da evidenziare ancora una volta l‘unitarietà della giurisdizione alla luce della sua funzione Tuttavia, si evidenziano anche i carattere marcatamente obiettivi della giurisdizione amministrativa francese: il recours pour exces de pouvoir, per cui sono legittimati ad agire per ottenere l’annullamento di provvedimenti amministrativi tutti i cittadini della Repubblica, senza che sia necessario dimostrare la lesione di un proprio interesse, essendo sufficiente la dimostrazione di un vulnus all’interesse generale alla legalità violata. Sulla stessa falsariga, si evidenzia la figura del Rapporteur public, sorta di pubblico ministero chiamato ad agire esclusivamente per gli interessi pubblici coinvolti in giudizio. Insomma, la giurisdizione amministrativa in Francia denota una natura oggettiva che l’allontana dall’esperienza italiana. E, non a caso, in Francia il giudice ordinario è considerato giudice naturelle delle leibertà fondamentali e della proprietà, proprio in considerazione del fatto che quest’ultimo sia più attrezzato nella tutela dei diritti. Di qui, nel quinto capitolo ci si chiede se, contrariamente alla tradizione, l’Italia sia ormai più vicina al sistema tedesco. Nel capitolo si procede dunque allo studio dell’organizzazione della giurisdizione tedesca, del suo criterio di riparto e degli strumenti messi a disposizione del ricorrente per proteggere i propri diritti nei confronti della Pubblica Autorità. Si guarda con particolare attenzione il carattere unitario della giurisdizione tedesca, divisa in 5 rami, ordinario, amministrativo, finanziario del lavoro e sociale. Al loro interno, una general klausen sancisce la competenza del giudice amministrativo nella generalità delle controversie di diritto pubblico, salvo eccezioni. L’ordinamento processuale mette poi a disposizione dell’attore tutti gli strumenti idonei a garantire una tutela piena della propria pretesa nell’alveo del giudizio amministrativo:nel merito, come si vedrà, la parte lesa può esperire una pluralità di azioni (oltre quella di annullamento (anfechtungsklage), si ha ad esempio l’azione di adempimento pubblicistica (verpflichtungsklage), l’azione volta ad ottenere prestazioni di natura non provvedimentale ma materiale (leistungsklage) e l’azione di accertamento (festellungsklage). Peraltro, il novero delle azioni previste dal codice del processo amministrativo tedesco non è tassativo. Insomma, ci si chiede se il giudizio amministrativo tedesco nel suo complesso (e ad eccezione della tutela esecutiva) assicuri una protezione piena ed effettiva ai diritti soggettivi pubblici vantati dall’attore, contro ingiustificate lesioni da parte dei pubblici poteri. E se il carattere evidentemente subiettivo del processo amministrativo tedesco possa portare all’affermazione di un concetto unitario di tutela giurisdizionale dei diritti, tanto in sede civile che amministrativa. Si evidenzia sul punto la tendenza in Germania del giudice ordinario a guadagnare sempre più spazi nella cognizione delle controversie di diritto pubblico (es. nella responsabilità per i danni determinati da funzionari della Pubblica Amministrazione in violazione dei doveri d’ufficio, nei contratti appalti pubblici, nella privatizzazione dei pubblici servizi). Ci si chiede se la suddivisione della cognizione delle controversie tra il giudice civile e quello amministrativo risentendo di questa diversa concezione della giurisdizione amministrativa avvenga più sul terreno di un “riparto di competenze”, che su quello tradizionale del “riparto delle giurisdizioni”, e quindi più in termini di “specializzazione” delle competenze, che del binomio “ordinarietà-specialità” della giurisdizione. Ci si interroga infine sul se le convergenze tra sistema tedesco e italiano debbano condurre alla valorizzazione della giurisdizione amministrativa sulle controversie di diritto pubblico come espressione di una funzione giurisdizionale unitaria volta al pieno soddisfacimento degli interessi del ricorrente. Il processo amministrativo sembra perdere i vecchi tratti della “specialità” e venire configurandosi come un giudizio “ordinario” e “specializzato” in un ambito di competenza ben definito, con un giudice che deve assicurare la realizzazione della pretesa sostanziale del ricorrente, come il giudice civile, ma tenendo anche conto dell’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione col suo operato, come un giudice “specializzato” . A tal fine, si guardano con interesse alcune peculiarità dell’ordinamento giuridico tedesco in relazione all’indipendenza dei giudici (il reclutamento e lo status giuridico di tutti componenti dei rami della magistratura tedesca è infatti il medesimo ai sensi della legge federale sulla Magistratura ed avviene per concorso), ai meccanismi di risoluzione di conflitti di giurisdizione ( la cd. bendinde Wirkung blinda la scelta del giudice competente fatta dal giudice a quo nell’ordinanza di rimessione dando un senso di complementarietà tra le giurisdizioni), all’organo di ultima istanza chiamato a decidere sulla giurisdizione (il Gemeinsamer Senat che rispecchia in egual misura tutte i rami della giurisdizione tedesca, così garantendo una soluzione di compromesso tra le magistrature ordinaria e amministrativa). Guardando all’evoluzione storica del sistema italiano di Giustizia amministrativa, al suo attuale criterio di riparto, all’ambito della giurisdizione ordinaria nelle controversie di diritto pubblico ed al grado di effettività delle tutele da essa offerta rispetto a quanto garantito dal giudice amministrativo ed, infine, alle convergenze con gli altri sistemi dualistici (specialmente l’ordinamento tedesco), ci si interroga se in Italia la giurisdizione ordinaria e la giurisdizione amministrativa debbano venire in considerazione come due giurisdizioni pariordinate, ciascuna con un proprio ambito di competenza generalizzata, “ordinaria” e “naturale”, definita da clausole generali di contenuto speculare: l’una a tutela delle situazioni giuridiche nate in seno a rapporti di diritto privato; l’altra a tutela dell’interessi meritevoli di tutela in quanto lesi da episodi di esercizio del pubblico potere. E ci si chiede se una risposta affermativa al quesito possa garantire un più lineare criterio di riparto delle giurisdizioni ed una pienezza delle tutele nelle controversie di diritto pubblico. In caso di risposta affermativa, si prospettano eventuali modifiche dell’attuale assetto espresso in Costituzione.
21-nov-2016
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Tesi dottorato Bellesini

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Tipologia: Tesi di dottorato
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