Centri storici minori risorsa del sistema insediativo Manuela Ricci I comuni italiani con meno di 10.000 abitanti sono 6.989 (l'86,2% ), raggruppano una popolazione pari a 18.631.613 (il 32,7% del totale); quasi tutti questi centri sono imperniati su un patrimonio storico significativo . I centri con meno di 15.000 abitanti costituiscono ben il 91.83% dei comuni italiani con una corrispondente superficie territoriale pari a circa il 79,4%. Tali insediamenti raccolgono il 42,2% della popolazione . Tra il 2001 e il 2009, la popolazione cresce mediamente, nel Paese, del 5,3%; in tale contesto i centri con meno di 5.000 abitanti sono cresciuti del 4,6%. Con percentuali differenziate tra Nord (7,51), Centro (4,44) e Sud (-1,8). Questi dati evidenziano che la popolazione, se pur con tassi di sviluppo differenziati a livello di aree geografiche, aumenta anche nei piccoli centri e che forse ─ è evidente che l’analisi va approfondita su vari piani ─ i fenomeni di abbandono potrebbero essere, mediamente, in via di riduzione. Ciò significa che la “nuova” popolazione potrebbe trovare i propri riferimenti residenziali, nonché le attività, anche all’interno dei centri storici minori, attraverso operazioni di riqualificazione e rivitalizzazione, riducendo al minimo il consumo di suolo per nuove edificazioni nelle vaste aree che ad essi competono. Queste realtà, quindi, non sembrano connotarsi più, unicamente, come anello debole del sistema ma anche come una vera e propria risorsa da sviluppare nel contesto delle politiche di trasformazione territoriale del Paese, considerando la molteplicità e la ricchezza delle situazioni sia dal punto di vista geografico che socio-economico. Il problema è tenere conto e “rispettare” le risorse nel concepire il disegno di valorizzazione, considerando anche i fabbisogni del Paese e dei territori specifici dove sono localizzati questi centri. E’ su tale tema che gli articoli di questa sezione della rivista intendono attestarsi, mostrandone le pieghe, a volte nascoste, come tappa del percorso di ricerca e di sperimentazione che stanno conducendo il Master Act, “Valorizzazione e gestione dei centri storici minori. AmbienteCultutaTerritorio, azioni integrate” e il Centro di ricerca FoCuS (Formazione, Cultura, Storia) della Sapienza, Università di Roma. Si intende evidenziare come la valorizzazione delle risorse versus la rigenerazione dei territori storici sia un insieme di azioni complesse che investe diversi campi d’intervento e diversi attori e che, proprio data tale caratteristica, è necessario agire in un quadro di contesto “ampio”, all’interno del quale posizionare gli interventi e attivare i relativi monitoraggi sugli effetti diretti e indiretti. In tal senso, la recente legge della Regione Umbria sui centri storici promuove la realizzazione di uno strumento che punta alla definizione di strategie di valorizzazione che coinvolgano non solo i borghi ma anche i rispettvi territori. Scendendo di livello, in una lettura interscalare, si affronta l’argomento della riqualificazione degli spazi pubblici interni ai centri come fulcro di alcune politiche di valorizzazione (dei contesti identitari) attivate dagli enti locali. A tal fine è necessario che si adottino forme di diversa natura per preservare il patrimonio. La prevenzione sismica, in un Paese come l’Italia, costituisce sicuramente uno degli aspetti principali da considerare, in una politica di gestione delle risorse, che consenta di spendere non per ricostruire ─ con tutto quello che tale attività comporta ─ ma per preservare. Del resto non è detto che l’azione del “preservare” si incardini soltanto sulla “conservazione” del patrimonio fisico. Anche l’utilizzazione dei centri storici minori da parte dei migranti come soluzione autonoma del “problema casa” può essere considerata una forma di prevenzione che, al di là di possibili riqualificazioni, investe i temi della “tenuta in vita” di numerosi piccoli centri, del governo della distribuzione demografica sul territorio, dell’interculturalità, del sostegno degli enti locali, anche minori, alle politiche internazionali per l’accoglienza ai rifugiati. La questione dell’identità, che spesso è affibbiata come un’etichetta imprescindibile agli spazi storici, viene in quest’ambito, rimessa in discussione, nel senso che l’identità degli spazi pubblici cessa di essere solo fisica e diventa anche sociale; la loro diversa frequentazione all’interno di contesti multietnici ne rimette in discussione valori e ruoli. Il caso della Transilvania può aiutarci a riflettere sulle differenti declinazioni , rispetto al nostro Paese, che le popolazioni “altre” pongono nel’uso dei patrimoni storici e sulla difficoltà di programmare (per quanto possibile) e gestire situazioni di convivenza multietnica.

Centri storici minori risorse del sistema insediativo, introduzione al servizio / Ricci, Manuela. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 142:LXII 142 serie storica(2010), pp. 7-8.

Centri storici minori risorse del sistema insediativo, introduzione al servizio

RICCI, Manuela
2010

Abstract

Centri storici minori risorsa del sistema insediativo Manuela Ricci I comuni italiani con meno di 10.000 abitanti sono 6.989 (l'86,2% ), raggruppano una popolazione pari a 18.631.613 (il 32,7% del totale); quasi tutti questi centri sono imperniati su un patrimonio storico significativo . I centri con meno di 15.000 abitanti costituiscono ben il 91.83% dei comuni italiani con una corrispondente superficie territoriale pari a circa il 79,4%. Tali insediamenti raccolgono il 42,2% della popolazione . Tra il 2001 e il 2009, la popolazione cresce mediamente, nel Paese, del 5,3%; in tale contesto i centri con meno di 5.000 abitanti sono cresciuti del 4,6%. Con percentuali differenziate tra Nord (7,51), Centro (4,44) e Sud (-1,8). Questi dati evidenziano che la popolazione, se pur con tassi di sviluppo differenziati a livello di aree geografiche, aumenta anche nei piccoli centri e che forse ─ è evidente che l’analisi va approfondita su vari piani ─ i fenomeni di abbandono potrebbero essere, mediamente, in via di riduzione. Ciò significa che la “nuova” popolazione potrebbe trovare i propri riferimenti residenziali, nonché le attività, anche all’interno dei centri storici minori, attraverso operazioni di riqualificazione e rivitalizzazione, riducendo al minimo il consumo di suolo per nuove edificazioni nelle vaste aree che ad essi competono. Queste realtà, quindi, non sembrano connotarsi più, unicamente, come anello debole del sistema ma anche come una vera e propria risorsa da sviluppare nel contesto delle politiche di trasformazione territoriale del Paese, considerando la molteplicità e la ricchezza delle situazioni sia dal punto di vista geografico che socio-economico. Il problema è tenere conto e “rispettare” le risorse nel concepire il disegno di valorizzazione, considerando anche i fabbisogni del Paese e dei territori specifici dove sono localizzati questi centri. E’ su tale tema che gli articoli di questa sezione della rivista intendono attestarsi, mostrandone le pieghe, a volte nascoste, come tappa del percorso di ricerca e di sperimentazione che stanno conducendo il Master Act, “Valorizzazione e gestione dei centri storici minori. AmbienteCultutaTerritorio, azioni integrate” e il Centro di ricerca FoCuS (Formazione, Cultura, Storia) della Sapienza, Università di Roma. Si intende evidenziare come la valorizzazione delle risorse versus la rigenerazione dei territori storici sia un insieme di azioni complesse che investe diversi campi d’intervento e diversi attori e che, proprio data tale caratteristica, è necessario agire in un quadro di contesto “ampio”, all’interno del quale posizionare gli interventi e attivare i relativi monitoraggi sugli effetti diretti e indiretti. In tal senso, la recente legge della Regione Umbria sui centri storici promuove la realizzazione di uno strumento che punta alla definizione di strategie di valorizzazione che coinvolgano non solo i borghi ma anche i rispettvi territori. Scendendo di livello, in una lettura interscalare, si affronta l’argomento della riqualificazione degli spazi pubblici interni ai centri come fulcro di alcune politiche di valorizzazione (dei contesti identitari) attivate dagli enti locali. A tal fine è necessario che si adottino forme di diversa natura per preservare il patrimonio. La prevenzione sismica, in un Paese come l’Italia, costituisce sicuramente uno degli aspetti principali da considerare, in una politica di gestione delle risorse, che consenta di spendere non per ricostruire ─ con tutto quello che tale attività comporta ─ ma per preservare. Del resto non è detto che l’azione del “preservare” si incardini soltanto sulla “conservazione” del patrimonio fisico. Anche l’utilizzazione dei centri storici minori da parte dei migranti come soluzione autonoma del “problema casa” può essere considerata una forma di prevenzione che, al di là di possibili riqualificazioni, investe i temi della “tenuta in vita” di numerosi piccoli centri, del governo della distribuzione demografica sul territorio, dell’interculturalità, del sostegno degli enti locali, anche minori, alle politiche internazionali per l’accoglienza ai rifugiati. La questione dell’identità, che spesso è affibbiata come un’etichetta imprescindibile agli spazi storici, viene in quest’ambito, rimessa in discussione, nel senso che l’identità degli spazi pubblici cessa di essere solo fisica e diventa anche sociale; la loro diversa frequentazione all’interno di contesti multietnici ne rimette in discussione valori e ruoli. Il caso della Transilvania può aiutarci a riflettere sulle differenti declinazioni , rispetto al nostro Paese, che le popolazioni “altre” pongono nel’uso dei patrimoni storici e sulla difficoltà di programmare (per quanto possibile) e gestire situazioni di convivenza multietnica.
2010
migranti; sistemi insediativi; spazi pubblici
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Centri storici minori risorse del sistema insediativo, introduzione al servizio / Ricci, Manuela. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 142:LXII 142 serie storica(2010), pp. 7-8.
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