Un piano e la memoria possibile Manuela Ricci Il piano come processo; i conflitti come risorse; il piano che si costruisce per incrementi L’esperienza del Piano strutturale di Grosseto sembra parlare una lingua diversa nell’ambito consolidato della pianificazione urbanistica e degli strumenti di governo del territorio. Innanzitutto, rileva il punto di partenza: il piano è un processo, un processo di decisione complesso; i conflitti che in tale percorso si generano non sono considerati come ostacoli e barriere alla formazione dello strumento urbanistico ma fondamentali e originali risorse per arricchire la qualità della decisione. Proprio perché il piano è un processo, il suo percorso si svolge nel tempo attraverso implementazioni successive, alla luce di partecipazione e trasparenza volta alla costruzione di scelte strategiche, andando ben al di là del tradizionale schema Obiettivi-analisi-scelta. Questa linea generale appare molto chiara, sorgono, però, legittimi due interrogativi che riguardano le “aree di decisione” che, di fatto, vengono a costituire la base del piano. Il primo riguarda la trasparenza nella definizione di tali aree e l’individuazione delle opzioni decisionali possibili: l’attivazione dei Forum e delle varie formule di raccolta delle idee e delle opinioni tra gli operatori e la popolazione e il formidabile intreccio con il lavoro dell’Agenda 21. Il problema, in proposito, è ricorrente: quando si parla di partecipazione e trasparenza, ci si domanda fino a che punto questa sia possibile, quale sia il livello effettivamente raggiungibile. Credo che sia scontata l’impossibilità di arrivare ai “360 gradi”, anche se con l’andar del tempo, e a seconda delle situazioni, a volte ci si può avvicinare a questa completezza. Il secondo interrogativo concerne il metodo: le aree di decisione e relative opzioni che queste contengono possono funzionare se c’è ricchezza di humus partecipativo e progettuale e se, anche il territorio possiede insite problematiche e caratteristiche trasformative in grado di generare queste profonde articolazioni. A Grosseto, evidentemente, queste due condizioni sono entrambe soddisfatte, anche se non in tutti i contesti è dato rintracciarle. D’altro canto, questo stesso metodo può costituire il sistema per alimentare il raggiungimento della meta dei 360 gradi. Esso, dunque, non solo si attesta come metodo per organizzare il processo, ma contestualmente diviene strumento per allargare e accrescere, in forma incrementale (anche con traguardi lunghi), partecipazione e trasparenza. Elementi che si costruiscono anche attraverso un uso sapiente della “risorsa conflitti”, altro tema rilevantissimo fatto proprio dall’impostazione del Piano strutturale di Grosseto. Se è vero che i conflitti costituiscono una risorsa perché richiedono un confronto; perché dal confronto emergono opzioni che “logicamente” devono essere estromesse; perché il confronto può essere enzima di accordi e mediazioni è anche, però, evidente che i soggetti non sono tutti sullo stesso piano: la scelta è “del più forte” e quindi più è allargato il coinvolgimento maggiore è la possibilità che la conflittualità si estrinsechi e lasci libero campo alla manifestazione di idee, progetti e interessi di una “moltitudine”. Le forme di conoscenza e discussione, unitamente alla lettura integrata e trasversale dei problemi, che spacca l’autoreferenzialità, possono alla lunga riuscire a intaccare alcune forme di preponderanza arrogante della politica. Interattività e dinamicità del percorso conoscitivo: l’ambiente al centro La connessione tra Piano strutturale e Agenda 21 ha lavorato proprio sul versante dell’integrazione, consegnando, inoltre, un importante ruolo alla valutazione degli effetti ambientali. L’attenzione agli aspetti di tutela ambientale e paesaggistica sono stati peraltro un momento importante del confronto, avvenuto attraverso una fase di copianificazione, con le indicazioni del Piano territoriale di coordinamento provinciale. Del resto la sostenibilità ambientale è stato uno dei principi che ha improntato il piano e che ha spinto gli estensori a disegnare inequivocabilmente, attraverso un anello viario, il segno del confine urbano. E ancora. La certificazione EMAS ottenuta dal Comune fa trasparire l’interesse per il rispetto della normativa ambientale, per la trasparenza e comunicazione, per il miglioramento continuo. Un laboratorio dinamico, in luogo di un coacervo di analisi statiche, finalizzato ad arrivare alle decisioni di intervento sul territorio più adeguate tra quelle possibili; la strumentalità dell’analisi diretta alla progettazione e con essa interagente nel suo percorso formativo: a questo è stata finalizzata l’analisi geologica, prevista dalla normativa regionale, a cui si sono aggiunti, data la particolare conformazione del territorio grossetano, studi idrogeologici, idrologici e idraulici. Il lavoro improntato all’integrazione, che ha condotto a considerare le pericolosità geologiche anche in funzione dei valori geo-ambientali da ritenere risorse per il piano, ha interagito con le conoscenze geograficho-paesaggistiche. E’ evidente così la contestualità di analisi e progettazione. Inoltre, l’individuazione di una serie di fenomeni di cui è necessario verificare in tempi reali l’evoluzione consente di rendere dinamico il piano anche in funzione degli interventi nelle specifiche aree di decisione. Memoria e tracciabilità La tensione verso i 360 gradi, sopra accennati, è funzionale anche alla costruzione della coscienza dei cittadini e di un’identità territoriale, per le quali, comunque, sono necessarie anche altre azioni a livello di formazione civica. Memoria, dunque, e tracciabilità al di là della politica: la comunità insediata, nel mix della componente originaria e dei successivi innesti sociali, si incontra, si interrela, interagisce nel tempo e nei luoghi identificando se stessa e lasciandosi dietro una scia riconoscibile che è la sua memoria, il senso del suo “passare”: proprio quel senso sulla cui base si può edificare l’identità e modellare la tensione/desiderio al progetto che, in ultima istanza, è più importante dell’adempimento. Ah, Malte noi passiamo, così, e mi sembra che tutti siamo distratti e occupati e non prestiamo la giusta attenzione al nostro passare. Come se cadesse una stella e nessuno la vedesse e nessuno formulasse per sé un desiderio. Non dimenticarti mai, Malte, di desiderare qualcosa per te. Al desiderare non si deve rinunciare mai. Credo che non ci sia adempimento , ma ci sono desideri che durano a lungo, per tutta la vita, tanto che l’adempimento si finisce per non attenderlo più. (Rainer Mari Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge). Ed è proprio questa tensione che dovrebbe permettere alla comunità di “custodire” negli anni il valore del suo progetto (con i cambiamenti necessari che a questo dovranno essere apportati) al di là della politica. Lo Sportello di piano ha raccolto 210 opzioni e 56 aree di decisione che costituiscono un bagaglio di analisi rilevante, che sottende un forte lavoro “interpretativo” del territorio da parte dei numerosi soggetti coinvolti e una rilevante volontà di avanzare prospettive; un bagaglio da conservare non solo prescindendo dalla politica ma, paradossalmente, anche dall’urbanistica. Prescindendo, infatti, dalle questioni prettamente tecniche, il coinvolgimento dei cittadini sul “futuro” del territorio è il coinvolgimento sul “proprio” futuro, è il rincorrere un desiderio di trasformazione che deve ingrossarsi come una valanga, solo allora si potrà dire che la comunità si è “identificata”, che la comunità “resiste”, che la comunità è in grado di perseguire il proprio futuro. Dunque il “bagaglio” è una base da non relegare all’interno urbanistica, o del governo del territorio, ma da “riprendere”, nelle giuste e opportune componenti, per accrescere la coscienza dei cittadini in un senso trasversale e dare vita, in questo modo, a un circuito virtuoso di implementazione dello stesso processo strategico. Bilancio sociale, Bilancio partecipato, Bilancio ambientale, Agenda 21 possono essere tutti strumenti in grado di raccogliere e di esplodere la costruzione della cittadinanza. Il Piano strutturale di Grosseto, perfettamente consapevole dell’importanza di questo “bagaglio”, ha lavorato anche in modo che la tracciabilità delle scelte fosse accessibile da parte di tutti i cittadini attraverso la pubblicazione sul sito web delle schede sintetiche relative alle proposte presentate da tutti i soggetti, pur con i dovuti limiti segnalati nell’articolo di Paolo Scattoni. La perequazione urbanistica e la sostenibilità L’introduzione della perequazione urbanistica rappresenta un ulteriore importante elemento fondativo del piano che ha consentito di renderlo sostenibile dal punto di vista economico; il Comune, infatti, dovrebbe acquisire gratuitamente le aree necessarie per la realizzazione delle opere pubbliche diverse da quelle a scomputo (viabilità di margine, parcheggi, scambiatori, parte delle piste ciclabili, ecc.). Attraverso l’adozione di questo modello, Marco De Bianchi, valuta nel suo articolo, in circa 500 milioni di euro – ovviamente passibili di variazioni in rapporto all’andamento del mercato – la riduzione dell’incremento di valore dei suoli urbani derivato dalle nuove previsioni di piano (corrispondenti circa al 10%), che vengono “assorbiti” dall’amministrazione. Non si tratta di una percentuale particolarmente elevata, soprattutto se raffrontata ai valori, cui siamo abituati, che sono scaturiti da numerose tipologie di programmi integrati, in particolare dai primi, quelli di riqualificazione urbana , ma certamente costituisce un fattore rilevante e su una scala molto diversa dagli ambiti territorialmente limitati dei programmi integrati. Oltre alla sostenibilità economica, il Piano strutturale è improntato anche alla sostenibilità gestionale. La tensione alla costruzione di una pratica di valutazione del piano, facilitata dall’istituto della conferenza di copianificazione – che deve seguire le linee tracciate dall’esperienza dell’Agenda 21 – , unitamente alla ri-organizzazione e implementazione dell’ufficio di piano (che si è arricchito in maniera flessibile e snella di diverse competenze), aiutano questo processo che alimenta, attraverso la partecipazione, il cerchio della tracciabilità e della memoria.
Un piano e la memoria possibile / Ricci, Manuela. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 133:(2007), pp. 80-82.
Un piano e la memoria possibile
RICCI, Manuela
2007
Abstract
Un piano e la memoria possibile Manuela Ricci Il piano come processo; i conflitti come risorse; il piano che si costruisce per incrementi L’esperienza del Piano strutturale di Grosseto sembra parlare una lingua diversa nell’ambito consolidato della pianificazione urbanistica e degli strumenti di governo del territorio. Innanzitutto, rileva il punto di partenza: il piano è un processo, un processo di decisione complesso; i conflitti che in tale percorso si generano non sono considerati come ostacoli e barriere alla formazione dello strumento urbanistico ma fondamentali e originali risorse per arricchire la qualità della decisione. Proprio perché il piano è un processo, il suo percorso si svolge nel tempo attraverso implementazioni successive, alla luce di partecipazione e trasparenza volta alla costruzione di scelte strategiche, andando ben al di là del tradizionale schema Obiettivi-analisi-scelta. Questa linea generale appare molto chiara, sorgono, però, legittimi due interrogativi che riguardano le “aree di decisione” che, di fatto, vengono a costituire la base del piano. Il primo riguarda la trasparenza nella definizione di tali aree e l’individuazione delle opzioni decisionali possibili: l’attivazione dei Forum e delle varie formule di raccolta delle idee e delle opinioni tra gli operatori e la popolazione e il formidabile intreccio con il lavoro dell’Agenda 21. Il problema, in proposito, è ricorrente: quando si parla di partecipazione e trasparenza, ci si domanda fino a che punto questa sia possibile, quale sia il livello effettivamente raggiungibile. Credo che sia scontata l’impossibilità di arrivare ai “360 gradi”, anche se con l’andar del tempo, e a seconda delle situazioni, a volte ci si può avvicinare a questa completezza. Il secondo interrogativo concerne il metodo: le aree di decisione e relative opzioni che queste contengono possono funzionare se c’è ricchezza di humus partecipativo e progettuale e se, anche il territorio possiede insite problematiche e caratteristiche trasformative in grado di generare queste profonde articolazioni. A Grosseto, evidentemente, queste due condizioni sono entrambe soddisfatte, anche se non in tutti i contesti è dato rintracciarle. D’altro canto, questo stesso metodo può costituire il sistema per alimentare il raggiungimento della meta dei 360 gradi. Esso, dunque, non solo si attesta come metodo per organizzare il processo, ma contestualmente diviene strumento per allargare e accrescere, in forma incrementale (anche con traguardi lunghi), partecipazione e trasparenza. Elementi che si costruiscono anche attraverso un uso sapiente della “risorsa conflitti”, altro tema rilevantissimo fatto proprio dall’impostazione del Piano strutturale di Grosseto. Se è vero che i conflitti costituiscono una risorsa perché richiedono un confronto; perché dal confronto emergono opzioni che “logicamente” devono essere estromesse; perché il confronto può essere enzima di accordi e mediazioni è anche, però, evidente che i soggetti non sono tutti sullo stesso piano: la scelta è “del più forte” e quindi più è allargato il coinvolgimento maggiore è la possibilità che la conflittualità si estrinsechi e lasci libero campo alla manifestazione di idee, progetti e interessi di una “moltitudine”. Le forme di conoscenza e discussione, unitamente alla lettura integrata e trasversale dei problemi, che spacca l’autoreferenzialità, possono alla lunga riuscire a intaccare alcune forme di preponderanza arrogante della politica. Interattività e dinamicità del percorso conoscitivo: l’ambiente al centro La connessione tra Piano strutturale e Agenda 21 ha lavorato proprio sul versante dell’integrazione, consegnando, inoltre, un importante ruolo alla valutazione degli effetti ambientali. L’attenzione agli aspetti di tutela ambientale e paesaggistica sono stati peraltro un momento importante del confronto, avvenuto attraverso una fase di copianificazione, con le indicazioni del Piano territoriale di coordinamento provinciale. Del resto la sostenibilità ambientale è stato uno dei principi che ha improntato il piano e che ha spinto gli estensori a disegnare inequivocabilmente, attraverso un anello viario, il segno del confine urbano. E ancora. La certificazione EMAS ottenuta dal Comune fa trasparire l’interesse per il rispetto della normativa ambientale, per la trasparenza e comunicazione, per il miglioramento continuo. Un laboratorio dinamico, in luogo di un coacervo di analisi statiche, finalizzato ad arrivare alle decisioni di intervento sul territorio più adeguate tra quelle possibili; la strumentalità dell’analisi diretta alla progettazione e con essa interagente nel suo percorso formativo: a questo è stata finalizzata l’analisi geologica, prevista dalla normativa regionale, a cui si sono aggiunti, data la particolare conformazione del territorio grossetano, studi idrogeologici, idrologici e idraulici. Il lavoro improntato all’integrazione, che ha condotto a considerare le pericolosità geologiche anche in funzione dei valori geo-ambientali da ritenere risorse per il piano, ha interagito con le conoscenze geograficho-paesaggistiche. E’ evidente così la contestualità di analisi e progettazione. Inoltre, l’individuazione di una serie di fenomeni di cui è necessario verificare in tempi reali l’evoluzione consente di rendere dinamico il piano anche in funzione degli interventi nelle specifiche aree di decisione. Memoria e tracciabilità La tensione verso i 360 gradi, sopra accennati, è funzionale anche alla costruzione della coscienza dei cittadini e di un’identità territoriale, per le quali, comunque, sono necessarie anche altre azioni a livello di formazione civica. Memoria, dunque, e tracciabilità al di là della politica: la comunità insediata, nel mix della componente originaria e dei successivi innesti sociali, si incontra, si interrela, interagisce nel tempo e nei luoghi identificando se stessa e lasciandosi dietro una scia riconoscibile che è la sua memoria, il senso del suo “passare”: proprio quel senso sulla cui base si può edificare l’identità e modellare la tensione/desiderio al progetto che, in ultima istanza, è più importante dell’adempimento. Ah, Malte noi passiamo, così, e mi sembra che tutti siamo distratti e occupati e non prestiamo la giusta attenzione al nostro passare. Come se cadesse una stella e nessuno la vedesse e nessuno formulasse per sé un desiderio. Non dimenticarti mai, Malte, di desiderare qualcosa per te. Al desiderare non si deve rinunciare mai. Credo che non ci sia adempimento , ma ci sono desideri che durano a lungo, per tutta la vita, tanto che l’adempimento si finisce per non attenderlo più. (Rainer Mari Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge). Ed è proprio questa tensione che dovrebbe permettere alla comunità di “custodire” negli anni il valore del suo progetto (con i cambiamenti necessari che a questo dovranno essere apportati) al di là della politica. Lo Sportello di piano ha raccolto 210 opzioni e 56 aree di decisione che costituiscono un bagaglio di analisi rilevante, che sottende un forte lavoro “interpretativo” del territorio da parte dei numerosi soggetti coinvolti e una rilevante volontà di avanzare prospettive; un bagaglio da conservare non solo prescindendo dalla politica ma, paradossalmente, anche dall’urbanistica. Prescindendo, infatti, dalle questioni prettamente tecniche, il coinvolgimento dei cittadini sul “futuro” del territorio è il coinvolgimento sul “proprio” futuro, è il rincorrere un desiderio di trasformazione che deve ingrossarsi come una valanga, solo allora si potrà dire che la comunità si è “identificata”, che la comunità “resiste”, che la comunità è in grado di perseguire il proprio futuro. Dunque il “bagaglio” è una base da non relegare all’interno urbanistica, o del governo del territorio, ma da “riprendere”, nelle giuste e opportune componenti, per accrescere la coscienza dei cittadini in un senso trasversale e dare vita, in questo modo, a un circuito virtuoso di implementazione dello stesso processo strategico. Bilancio sociale, Bilancio partecipato, Bilancio ambientale, Agenda 21 possono essere tutti strumenti in grado di raccogliere e di esplodere la costruzione della cittadinanza. Il Piano strutturale di Grosseto, perfettamente consapevole dell’importanza di questo “bagaglio”, ha lavorato anche in modo che la tracciabilità delle scelte fosse accessibile da parte di tutti i cittadini attraverso la pubblicazione sul sito web delle schede sintetiche relative alle proposte presentate da tutti i soggetti, pur con i dovuti limiti segnalati nell’articolo di Paolo Scattoni. La perequazione urbanistica e la sostenibilità L’introduzione della perequazione urbanistica rappresenta un ulteriore importante elemento fondativo del piano che ha consentito di renderlo sostenibile dal punto di vista economico; il Comune, infatti, dovrebbe acquisire gratuitamente le aree necessarie per la realizzazione delle opere pubbliche diverse da quelle a scomputo (viabilità di margine, parcheggi, scambiatori, parte delle piste ciclabili, ecc.). Attraverso l’adozione di questo modello, Marco De Bianchi, valuta nel suo articolo, in circa 500 milioni di euro – ovviamente passibili di variazioni in rapporto all’andamento del mercato – la riduzione dell’incremento di valore dei suoli urbani derivato dalle nuove previsioni di piano (corrispondenti circa al 10%), che vengono “assorbiti” dall’amministrazione. Non si tratta di una percentuale particolarmente elevata, soprattutto se raffrontata ai valori, cui siamo abituati, che sono scaturiti da numerose tipologie di programmi integrati, in particolare dai primi, quelli di riqualificazione urbana , ma certamente costituisce un fattore rilevante e su una scala molto diversa dagli ambiti territorialmente limitati dei programmi integrati. Oltre alla sostenibilità economica, il Piano strutturale è improntato anche alla sostenibilità gestionale. La tensione alla costruzione di una pratica di valutazione del piano, facilitata dall’istituto della conferenza di copianificazione – che deve seguire le linee tracciate dall’esperienza dell’Agenda 21 – , unitamente alla ri-organizzazione e implementazione dell’ufficio di piano (che si è arricchito in maniera flessibile e snella di diverse competenze), aiutano questo processo che alimenta, attraverso la partecipazione, il cerchio della tracciabilità e della memoria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.