Fare il punto su uno degli aspetti più interessanti e meno indagati dell’arte degli anni Settanta: il suo rapporto con la società. È l’obiettivo del convegno dal titolo Arte fuori dall’arte. Incontri e scambi fra arti visive e società negli anni Settanta promosso dalle Università Cattolica del Sacro Cuore, degli Studi di Parma e Sapienza di Roma. Il convegno - a cura di Cristina Casero (Università degli Studi di Parma), Elena Di Raddo (Università Cattolica del Sacro Cuore), Francesca Gallo (Sapienza Università di Roma) - attraverso una trentina di relazioni scientifiche, raccolte nelle sessioni Politica, Collettivi, Territorio e Comunicazione, e due tavole rotonde con gli artisti dedicate a Interventinella città e lavoro di gruppo e Media e società cerca di far luce su una stagione particolarmente vitale e ricca di spunti interessanti sul fronte della produzione artistica. Quel decennio, infatti, rappresenta per l’Italia una fase di riflusso economico coincidente con le trasformazioni tipiche del postfordismo, con un conseguente periodo di lotte politiche e sindacali che incrociano la strategia della tensione in diverse occasioni. Il ribollire di energie intellettuali segna la diffusione delle Neoavanguardie, pratiche artistiche eterodosse, in cui il corpo, il video, la parola, la musica si mescolano alle arti visive tradizionalmente intese, per dialogare e competere con il linguaggio della comunicazione di massa e, in tal modo, avviare un rinnovamento non solo linguistico, ma anche di statuto dell’arte. Uno dei dati più evidenti di questa stagione, infatti, è la ricerca di nuovi spazi e nuove forme di rapporto con il pubblico, le istituzioni, il contesto sociale e urbano. In un clima di profonda riflessione sullo statuto dell’arte e, soprattutto, del significato del fare arte in rapporto alla società – di cui la Biennale di Venezia del 1976 è uno degli esiti più eclatanti – molti artisti abbandonano il sistema dell’arte per trasformarsi in animatori sociali o in operatori estetici (come il celebre Gruppo Salerno 75), ibridando le proprie competenze con quelle più spiccatamente politiche. Altri rivolgono uno sguardo “estetico” ai problemi del momento: inquinamento e tutela della salute, tempo libero e tempo di lavoro, modelli alternativi di istruzione e di socialità, organizzazione urbana, emancipazione femminile e così via. Lungo queste strade la figura dell’artista in molti casi si mimetizza dentro i collettivi politici e non o nell’associazionismo di base.
Arte fuori dall'arte. Incontri e scambi fra arti visive e società negli anni Settanta / Gallo, Francesca. - (2016). (Intervento presentato al convegno Arte fuori dall'arte tenutosi a Milano. Università Cattolica del Sacro Cuore nel 12-13 ottobre 2016).
Arte fuori dall'arte. Incontri e scambi fra arti visive e società negli anni Settanta
GALLO, FRANCESCA
2016
Abstract
Fare il punto su uno degli aspetti più interessanti e meno indagati dell’arte degli anni Settanta: il suo rapporto con la società. È l’obiettivo del convegno dal titolo Arte fuori dall’arte. Incontri e scambi fra arti visive e società negli anni Settanta promosso dalle Università Cattolica del Sacro Cuore, degli Studi di Parma e Sapienza di Roma. Il convegno - a cura di Cristina Casero (Università degli Studi di Parma), Elena Di Raddo (Università Cattolica del Sacro Cuore), Francesca Gallo (Sapienza Università di Roma) - attraverso una trentina di relazioni scientifiche, raccolte nelle sessioni Politica, Collettivi, Territorio e Comunicazione, e due tavole rotonde con gli artisti dedicate a Interventinella città e lavoro di gruppo e Media e società cerca di far luce su una stagione particolarmente vitale e ricca di spunti interessanti sul fronte della produzione artistica. Quel decennio, infatti, rappresenta per l’Italia una fase di riflusso economico coincidente con le trasformazioni tipiche del postfordismo, con un conseguente periodo di lotte politiche e sindacali che incrociano la strategia della tensione in diverse occasioni. Il ribollire di energie intellettuali segna la diffusione delle Neoavanguardie, pratiche artistiche eterodosse, in cui il corpo, il video, la parola, la musica si mescolano alle arti visive tradizionalmente intese, per dialogare e competere con il linguaggio della comunicazione di massa e, in tal modo, avviare un rinnovamento non solo linguistico, ma anche di statuto dell’arte. Uno dei dati più evidenti di questa stagione, infatti, è la ricerca di nuovi spazi e nuove forme di rapporto con il pubblico, le istituzioni, il contesto sociale e urbano. In un clima di profonda riflessione sullo statuto dell’arte e, soprattutto, del significato del fare arte in rapporto alla società – di cui la Biennale di Venezia del 1976 è uno degli esiti più eclatanti – molti artisti abbandonano il sistema dell’arte per trasformarsi in animatori sociali o in operatori estetici (come il celebre Gruppo Salerno 75), ibridando le proprie competenze con quelle più spiccatamente politiche. Altri rivolgono uno sguardo “estetico” ai problemi del momento: inquinamento e tutela della salute, tempo libero e tempo di lavoro, modelli alternativi di istruzione e di socialità, organizzazione urbana, emancipazione femminile e così via. Lungo queste strade la figura dell’artista in molti casi si mimetizza dentro i collettivi politici e non o nell’associazionismo di base.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.