Il lavoro si situa nell’ambito della tematica dei rischi in sanità e poggia su una ricerca etnografica che ha come oggetto la cartella clinica nelle organizzazioni sanitarie per ciò che essa rappresenta e produce nella vita quotidiana di medici e di pazienti. La cartella clinica, il cui ruolo ufficiale nei contesti sanitari è sia di custodire e documentare il percorso clinico del paziente sia di rendicontare da un punto di vista economico e amministrativo le prestazioni di cura erogate, può essere considerata un oggetto di rischio in quanto può talvolta contenere le tracce degli errori, assumendo in tal modo una valenza medico-legale. L’uso in pratica della cartella nei reparti ospedalieri e le attività di compilazione che si svolgono nei diversi spazi connessi con la cura del paziente sono dunque da considerarsi come possibili fonti di pericolo che si sviluppano all’interno di catene di causazione non visibili che possono condurre al verificarsi di quasi errori e talvolta eventi avversi veri e propri. A partire da tali considerazioni, la cartella clinica come oggetto manageriale nei contesti ospedalieri – ruolo che ha assunto con le politiche di aziendalizzazione della sanità – è diventato il mio punto di osservazione privilegiato per cercare di rintracciare le fonti di pericolo connesse alle sue attività di compilazione, consultazione e assemblaggio. Ciò mi ha permesso di ricostruire la rete eterogenea di elementi materiali, umani e simbolici che si attiva tramite e attorno ad essa. Ispirandomi alle più recenti ricerche etnografiche, che adottano una prospettiva simmetrica e relazionale, ho considerato la cartella clinica come un vero e proprio partner di azione che si relaziona con gli attori umani e partecipa attivamente allo svolgimento del lavoro quotidiano nei contesti ospedalieri. Sfruttando la prospettiva prossimale, la mia ricerca poggia pertanto sull’osservazione delle attività organizzative dei professionisti dei reparti ospedalieri. Ho così condotto un’etnografia multisituata e itinerante soggiornando nei diversi spazi dei reparti di Ortopedia e Traumatologia, di Chirurgia Oncologica e di Cardiologia Interventistica di tre grandi ospedali romani per osservare le attività quotidiane che gli attori svolgono relazionandosi con la cartella clinica. Ho utilizzato la tecnica dello shadowing per seguire come un’ombra la cartella clinica in movimento tra gli spazi dei reparti, dalla sua apertura fino alla sua chiusura e archiviazione, (an)notando e raccontando il ruolo attivo che svolge nel mediare e coordinare le attività dei diversi professionisti che partecipano alla cura dei pazienti. È stata la cartella a guidarmi tra gli spazi dei reparti, a farmi incontrare gli oggetti d’uso locale (carrello delle carte, lavagna promemoria) e gli altri artefatti (liste operatorie, referti, esami di laboratorio, registri) che contribuiscono con le loro azioni a tracciare la sua traiettoria e gli stessi professionisti che ‘maneggiandola’ talvolta anche in modo pericoloso, narrano e traducono la storia del percorso di cura del paziente. Seguire come si compone e prende forma questa storia mi ha permesso di cogliere le connessioni tra il sapere medico specialistico narrato in cartella e le attività che annodano il processo di cura, ma anche quelle catene di causazione che talvolta possono trasformare la cartella clinica in una fonte di pericolo, rintracciando la rete eterogenea di pratiche, attori, saperi, artefatti e strumenti del mestiere all’interno delle cure che contribuiscono a generare errori.

'La cartella clinica in azione. Etnografia in tre contesti ospedalieri' / Pedone, Ester. - STAMPA. - (2016).

'La cartella clinica in azione. Etnografia in tre contesti ospedalieri'

PEDONE, ESTER
01/01/2016

Abstract

Il lavoro si situa nell’ambito della tematica dei rischi in sanità e poggia su una ricerca etnografica che ha come oggetto la cartella clinica nelle organizzazioni sanitarie per ciò che essa rappresenta e produce nella vita quotidiana di medici e di pazienti. La cartella clinica, il cui ruolo ufficiale nei contesti sanitari è sia di custodire e documentare il percorso clinico del paziente sia di rendicontare da un punto di vista economico e amministrativo le prestazioni di cura erogate, può essere considerata un oggetto di rischio in quanto può talvolta contenere le tracce degli errori, assumendo in tal modo una valenza medico-legale. L’uso in pratica della cartella nei reparti ospedalieri e le attività di compilazione che si svolgono nei diversi spazi connessi con la cura del paziente sono dunque da considerarsi come possibili fonti di pericolo che si sviluppano all’interno di catene di causazione non visibili che possono condurre al verificarsi di quasi errori e talvolta eventi avversi veri e propri. A partire da tali considerazioni, la cartella clinica come oggetto manageriale nei contesti ospedalieri – ruolo che ha assunto con le politiche di aziendalizzazione della sanità – è diventato il mio punto di osservazione privilegiato per cercare di rintracciare le fonti di pericolo connesse alle sue attività di compilazione, consultazione e assemblaggio. Ciò mi ha permesso di ricostruire la rete eterogenea di elementi materiali, umani e simbolici che si attiva tramite e attorno ad essa. Ispirandomi alle più recenti ricerche etnografiche, che adottano una prospettiva simmetrica e relazionale, ho considerato la cartella clinica come un vero e proprio partner di azione che si relaziona con gli attori umani e partecipa attivamente allo svolgimento del lavoro quotidiano nei contesti ospedalieri. Sfruttando la prospettiva prossimale, la mia ricerca poggia pertanto sull’osservazione delle attività organizzative dei professionisti dei reparti ospedalieri. Ho così condotto un’etnografia multisituata e itinerante soggiornando nei diversi spazi dei reparti di Ortopedia e Traumatologia, di Chirurgia Oncologica e di Cardiologia Interventistica di tre grandi ospedali romani per osservare le attività quotidiane che gli attori svolgono relazionandosi con la cartella clinica. Ho utilizzato la tecnica dello shadowing per seguire come un’ombra la cartella clinica in movimento tra gli spazi dei reparti, dalla sua apertura fino alla sua chiusura e archiviazione, (an)notando e raccontando il ruolo attivo che svolge nel mediare e coordinare le attività dei diversi professionisti che partecipano alla cura dei pazienti. È stata la cartella a guidarmi tra gli spazi dei reparti, a farmi incontrare gli oggetti d’uso locale (carrello delle carte, lavagna promemoria) e gli altri artefatti (liste operatorie, referti, esami di laboratorio, registri) che contribuiscono con le loro azioni a tracciare la sua traiettoria e gli stessi professionisti che ‘maneggiandola’ talvolta anche in modo pericoloso, narrano e traducono la storia del percorso di cura del paziente. Seguire come si compone e prende forma questa storia mi ha permesso di cogliere le connessioni tra il sapere medico specialistico narrato in cartella e le attività che annodano il processo di cura, ma anche quelle catene di causazione che talvolta possono trasformare la cartella clinica in una fonte di pericolo, rintracciando la rete eterogenea di pratiche, attori, saperi, artefatti e strumenti del mestiere all’interno delle cure che contribuiscono a generare errori.
2016
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/875727
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