La sentenza in commento permette un’analisi particolarmente approfondita dell’attuale assetto del processo amministrativo e, in particolare, delle azioni esperibili in seno ad esso. Da un lato, infatti, il Consiglio di Stato, con questa pronuncia, ha affermato la cittadinanza di un’azione di accertamento dell’inerzia della P.A. che non si risolve in un ricorso avverso il silenzio, un’azione, cioè, la cui esperibilità non richiede il previo avvio di un iter procedimentale e il conseguente decorso del termine per provvedere. Dall’altro, si è data nuovamente applicazione al potere del giudice di condannare l’Amministrazione ad adottare l’atto dovuto, secondo il modulo ormai noto dell’azione di adempimento. Nel caso di specie, l’esperimento dell’azione di condanna ad un facere è stato possibile per la sua contestuale proposizione con l’azione di accertamento dell’inerzia, non essendo ammissibile, ai sensi dell’art. 30, co. 1, c.p.a., la proposizione in via autonoma di un’azione di condanna diversa da quella risarcitoria o non riconducibile a materie ricomprese nella giurisdizione esclusiva del g.a. A nostro avviso, tuttavia, le conclusioni della sentenza, sotto tali aspetti, devono essere rimeditate. Non convince del tutto, infatti, la proposizione di un’azione di accertamento atipica dell’inerzia della P.A., che sembra essere stata configurata unicamente per rispettare il requisito processuale prescritto dal richiamato art. 30. Da questo punto di vista, dovrebbe avviarsi un’attenta riflessione in relazione alla differenza tra un’azione volta ad ottenere il provvedimento richiesto alla P.A. e da questa implicitamente o esplicitamente negato e la diversa azione avente ad oggetto la condanna dell’Amministrazione all’adozione di un atto che essa avrebbe dovuto emanare a prescindere da qualsiasi richiesta di parte (e che invece non ha adottato, ovvero che ha adottato, ma in difformità da quanto prescritto dalla legge). Quale di esse si voglia indicare come azione di adempimento, appare chiaro, infatti, che solo per la prima, e non per la seconda, la struttura complessa dell’azione risponde ad esigenze di carattere logico, in quanto funzionale al superamento di un diniego o di un silenzio-inadempimento. Nel caso in cui non vi sia invece alcun legame procedimentale tra la parte ricorrente e il provvedimento lesivo, non vi sarà neppure un’istanza rimasta disattesa, in relazione alla quale l’azione di annullamento o il ricorso avverso il silenzio rinvengono la loro ragion d’essere. In quest’ultima ipotesi, allora, ciò che la pretesa del privato richiederebbe – ma non può ottenere nell’attuale quadro processuale – è un’azione autonoma di condanna ad un facere, rispetto alla quale un’azione di accertamento perde la propria autonomia. Quanto detto permette di fornire lo spunto per una completa rimeditazione degli spazi di applicabilità dell’azione di mero accertamento nel processo amministrativo, problema troppo spesso accomunato a quello più generale del contenuto di accertamento delle sentenze del g.a. Spazi che, si deve ammettere, risultano piuttosto angusti, in quanto, come si ha modo di spiegare nel corso della trattazione, le peculiarità proprie del giudizio di ottemperanza non permettono di configurare un accertamento funzionale ad una condanna che tuttavia non sia eseguibile. Si perviene così alla conclusione che nel processo amministrativo un’azione di mero accertamento è ammissibile solo laddove non sussista alcun interesse all’esecuzione dello stesso, altrimenti qualificandosi la relativa pronuncia necessariamente in termini di condanna: in altri termini, ciò che differenzia, dinnanzi al g.a., il mero accertamento dalla condanna non sarebbe l’eseguibilità dell’una e non dell’altro, ma l’esigenza di esecuzione (spontanea o coattiva) insita nella decisione, che, se manca per le pronunce meramente dichiarative, è invece caratteristica di quegli accertamenti a cui corrispondono sentenze di condanna. In relazione a tale assunto si cercano poi di delineare le ipotesi in cui un’azione o una sentenza di mero accertamento possano effettivamente considerarsi ammissibili, tenendo conto anche delle posizioni giurisprudenziali sul punto.

Pluralità delle azioni e tutela di mero accertamento nel nuovo processo amministrativo / Carbone, Andrea. - In: DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO. - ISSN 0393-1315. - STAMPA. - 3(2013), pp. 864-920.

Pluralità delle azioni e tutela di mero accertamento nel nuovo processo amministrativo

CARBONE, Andrea
2013

Abstract

La sentenza in commento permette un’analisi particolarmente approfondita dell’attuale assetto del processo amministrativo e, in particolare, delle azioni esperibili in seno ad esso. Da un lato, infatti, il Consiglio di Stato, con questa pronuncia, ha affermato la cittadinanza di un’azione di accertamento dell’inerzia della P.A. che non si risolve in un ricorso avverso il silenzio, un’azione, cioè, la cui esperibilità non richiede il previo avvio di un iter procedimentale e il conseguente decorso del termine per provvedere. Dall’altro, si è data nuovamente applicazione al potere del giudice di condannare l’Amministrazione ad adottare l’atto dovuto, secondo il modulo ormai noto dell’azione di adempimento. Nel caso di specie, l’esperimento dell’azione di condanna ad un facere è stato possibile per la sua contestuale proposizione con l’azione di accertamento dell’inerzia, non essendo ammissibile, ai sensi dell’art. 30, co. 1, c.p.a., la proposizione in via autonoma di un’azione di condanna diversa da quella risarcitoria o non riconducibile a materie ricomprese nella giurisdizione esclusiva del g.a. A nostro avviso, tuttavia, le conclusioni della sentenza, sotto tali aspetti, devono essere rimeditate. Non convince del tutto, infatti, la proposizione di un’azione di accertamento atipica dell’inerzia della P.A., che sembra essere stata configurata unicamente per rispettare il requisito processuale prescritto dal richiamato art. 30. Da questo punto di vista, dovrebbe avviarsi un’attenta riflessione in relazione alla differenza tra un’azione volta ad ottenere il provvedimento richiesto alla P.A. e da questa implicitamente o esplicitamente negato e la diversa azione avente ad oggetto la condanna dell’Amministrazione all’adozione di un atto che essa avrebbe dovuto emanare a prescindere da qualsiasi richiesta di parte (e che invece non ha adottato, ovvero che ha adottato, ma in difformità da quanto prescritto dalla legge). Quale di esse si voglia indicare come azione di adempimento, appare chiaro, infatti, che solo per la prima, e non per la seconda, la struttura complessa dell’azione risponde ad esigenze di carattere logico, in quanto funzionale al superamento di un diniego o di un silenzio-inadempimento. Nel caso in cui non vi sia invece alcun legame procedimentale tra la parte ricorrente e il provvedimento lesivo, non vi sarà neppure un’istanza rimasta disattesa, in relazione alla quale l’azione di annullamento o il ricorso avverso il silenzio rinvengono la loro ragion d’essere. In quest’ultima ipotesi, allora, ciò che la pretesa del privato richiederebbe – ma non può ottenere nell’attuale quadro processuale – è un’azione autonoma di condanna ad un facere, rispetto alla quale un’azione di accertamento perde la propria autonomia. Quanto detto permette di fornire lo spunto per una completa rimeditazione degli spazi di applicabilità dell’azione di mero accertamento nel processo amministrativo, problema troppo spesso accomunato a quello più generale del contenuto di accertamento delle sentenze del g.a. Spazi che, si deve ammettere, risultano piuttosto angusti, in quanto, come si ha modo di spiegare nel corso della trattazione, le peculiarità proprie del giudizio di ottemperanza non permettono di configurare un accertamento funzionale ad una condanna che tuttavia non sia eseguibile. Si perviene così alla conclusione che nel processo amministrativo un’azione di mero accertamento è ammissibile solo laddove non sussista alcun interesse all’esecuzione dello stesso, altrimenti qualificandosi la relativa pronuncia necessariamente in termini di condanna: in altri termini, ciò che differenzia, dinnanzi al g.a., il mero accertamento dalla condanna non sarebbe l’eseguibilità dell’una e non dell’altro, ma l’esigenza di esecuzione (spontanea o coattiva) insita nella decisione, che, se manca per le pronunce meramente dichiarative, è invece caratteristica di quegli accertamenti a cui corrispondono sentenze di condanna. In relazione a tale assunto si cercano poi di delineare le ipotesi in cui un’azione o una sentenza di mero accertamento possano effettivamente considerarsi ammissibili, tenendo conto anche delle posizioni giurisprudenziali sul punto.
2013
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Pluralità delle azioni e tutela di mero accertamento nel nuovo processo amministrativo / Carbone, Andrea. - In: DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO. - ISSN 0393-1315. - STAMPA. - 3(2013), pp. 864-920.
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